PROSSIMAMENTE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Febbraio, 2020 @ 10:12 pm

Detto altrimenti: di che vi scriverò da domattina      (post 3750)

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Lo so raga, vi ho abituato male con i miei 1,4 post in media al giorno dal dicembre 2011 ed ora … ora sono tre giorni che taccio, cioè non pubblico se non un validissimo “postaltrui” quello a firma del mio amico Fabio Pipinato!  Ma ho la giustificazione. Infatti sono stato di Servizio Nonno da Trento a Bologna, a badare due splendide nipotine (a Bologna “badare” regge l’accusativo): Bianca di 2,4 anni e Matilde di 6 mesi!

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Questa volta ero in treno. Ad una stazioncina ai piedi della collina, San Ruffillo, ai margini della città, incontrare e parlare con la gente, in questo caso una giovane veneta, dottoressa in sociologia dal nome floreale, Silene quella bianca“, la Silene alba, mi dice. Poi si scopre che il padre fa l’apicultore: e ti pareva, con quel bel nome! Biglietto da visita, aspetto che il papà si faccia vivo e gli dedicherò volentieri un post sulla sua attività.

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Ma veniamo a noi ed ecco il “Prossimamente”, come per i film. Politica, oggi aggettivo sostantivato: per i Greci antichi era tekne politika, tecnica del (buon) governo della polis. Ma il buon governo … qual è? Quello democratico, liberale? Si vabbè ma non basta: infatti per riempire di contenuti coerenti quel “buon”, la politica deve essere anche e soprattutto “morale”. Ed allora ecco che il prossimo post (di domani mattina) sarà “del  se e del come la politica si debba rapportare alla morale” cioè ad un’ etica laica o non laica. Quello successivo sarà sui risultati della mancanza della morale, cioè una riflessione sul “male”. II terzo “Fra ottimismo e pessimismo, ovvero: capire prima di giudicare”. Dice … ma che? Tu vecchio manager sei diventato improvvisamente filosofo? No raga, scialla, calma: vi ho già detto nei post precedenti che sto cercando di tradurre in poche righe i messaggi più importanti che Norberto Bobbio ha affidato alle pagine del suo capolavoro “Elogio della mitezza e altri scritti morali”.

Febbraio 2020: grande Donatella! Questa sera un brindisi. “Prossimamente” alle nostre “comunali”. Poi …

Questa sera, appena arrivato da Bologna, sono stato in Vicolo del Vo’ all’inaugurazione della nuova sede del mio gruppo politico per le prossime elezioni comunali, quello della-da-anni-amica-Sen. Donatella Conzatti, per intendersi.

Febbraio 2017: nasce Restart (quanta strada, insieme!)

“Ieri”, 4 febbraio 2017, la costituzione dell’Associazione Restart Trentino voluta dall’allora dottoressa Donatella Conzatti che mi volle alla sua presidenza, Associazione che continua a trattare temi di pre-politica e di Politica non partitica. Quanta strada, insieme!

Dopo, una pizza con il mio amico co-sciatore Claudio Colbacchini alla Pizzeria Veruska di Via Grazioli a Trento, gestita dal mio compaesano ligure Marco. Ciao Marco cume anemu? Amenu ben? Un picccolo tuffo nel dialetto d’ordigine. E lui, gentilissimo, dalla cucina al nostro tavolo a parlare di come si mettono sotto sale le acciughe “che vanno pescate adesso, quando sono belle grasse”, di come si preparano per la salamoia “devi levare la testa e con lei le interiora senza aprire la pancia”, un piccolo gesto seplice ma pieno di antica esperienza. E poi la pre salatura, lo sgoggiolamento in un grande colapasta, la messa sotto sale, il peso sopra, il ripristino della salamoia. Arte ligure.

Bagnun di acciughe a Riva Trigoso

E allora, Marco, ce lo fai una volta il bagnun? Quella zuppa di pesce una volta dei poveri oggi una sciccheria, vedere in internet di che si tratta. Marco si allontana, la cameriera, una signora bionda, figura elegante, serba. Ed eccoci a parlare della guerra dei Balcani, del perchè è nata, di come è finita, della mia attività di volontariato a Prjedor e a Banja Luka con l’ Associazione Trento-Prjedor, subito dopo la guerra. La Gente, una miniera di relazioni, di storie di vita. Non bisogna avere paura di aprirsi alla Gente.

Aprirsi alla Gente per la gente: torniamo alla Politica – A fianco del nostro tavolo una coppia di persone, marito e moglie: uno sguardo, un sorriso … ma sì, sono disponibili ad uno scambio di idee. “La gente è stanca della politica” mi si dice … Ed io “Forse della politica si, ma non della Politica”. Solo che il vocìo dei commensali è elevato e non abbiamo potuto approfondire. Ho dato loro un mio biglietto da visita invitandoli a frequentare il mio blog e magari a telefonarmi 335 5487516. Infatti si stupiscono che io sia così “innamorato” di Norberto Bobbio che non sarebbe stato del mio stesso gruppo politico.

Dalla politica alla Politica

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Ma che volete … quando leggere ti apre la mente, quando si condividono i concetti di democrazia vera, di libertà, di laicità intesa nel senso di pluralismo, di valori morali preesistenti e sopravviventi a qualsiasi ondata populista-sovranista … be’ … è sicuramente utile leggere; è sicuramente importante approfondire non solo l’informazione, non solo la comunicazione ma soprattutto – con le Persone che incontri – è necessario e utile il confronto ed il dialogo, nel rispetto delle reciproche posizioni: già … perchè la massima espressione della morale laica è la tolleranza. Altro che “io tiro dritto!”

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Come nasce un post? Così, dal “nulla” (e chiamala Nulla la Gente!). Una giornata piena, che ne dite? Ora vado a dormire e … buona notte a tutte e a tutti!

Ah, dimenticavo: non è un’iniziativa Restart o Italia Viva ma noi la condividiamo. Sabato prossimo 15 febbraio, ad ore 18,00 nella Sala Falconetto in Via Belenzani 20 a Trento avremo a Trento la presentazione del libro “Nei conflitti strade di pace – Una vita spesa a servizio degli uomini”: Staffan de Mistura e Roberto Savio incontrano la città di Trento.

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LEGITTIMARE LA POLITICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 7 Febbraio, 2020 @ 8:10 am

Detto altrimenti: questo è un “postaltrui” del mio amico Fabio Pipinato   (post 3749)

Inizia

La politica è tante cose. Per Aristotele è l’amministrazione della polis. Per Max Weber è l’ “aspirazione al potere e conseguente legittimazione all’uso della forza”. Per David Easton e, per certi versi, Giovanni Sartori è l’allocazione di decisioni collettive nell’ambito di una comunità.

La politica ci riguarda. Riguarda tutti i soggetti di una polis e non solo chi fa “politica attiva” ma anche chi scende in piazza a dimostrare il proprio assenso o dissenso o raccoglie una carta da terra, per parafrasare Pino Daniele. Affinchè non diventi “il mestiere di chi non ha mestiere” (Max Weber) nelle democrazie più consolidate si è posto un limite di mandati alla “politica attiva”. E in democrazia, per dirla con Gandhi, “nessun fatto di vita si sottrae alla politica”.

La politica è evoluzione. Nell’antica Grecia si opponeva alla Politeia (simil attual democrazia) la sua corruzione (demagogia) ove a comandare è la massa. Scomparivano i dotti e, oggi come allora, “la mia ingnoranza è pari alla tua cultura”. Il populismo non è quindi dell’oggi e dell’on line ma serpeggiava già sotto il Partenone. Per distanziarsi e ri-sollevarsi si tentò l’Aristocrazia dove gli Aristoi (i migliori – più adatti) si contrapponevano all’ Oligarchia da Oligoi (pochi e non necessariamente bravi) alla Pericle. Una degenerazione, prima societaria e poi linguistica, portò l’Aristocrazia ad essere il governo dei nobili da contrapporre all’ Oclocrazia – “governo della feccia del popolo”. Il Tiranno era colui che s’impossessava illegalmente del potere e non è da confondere con il Monarca (Monos) che indica il governo di un sol uomo. Quand’erano un paio di uomini era la diarchia – Sparta.Nel 1500 Machiavelli intese dare alla politica un’autonomia che il clero dell’epoca non era disposto a conceder, clero al quale il  “fine che giustifica i mezzi” non apparteneva in quanto aveva una concezione alta dell’etica statuale. Gli fece eco, un secolo dopo, Thomas Hobbes, che pur credendo nel Sovrano assoluto non lo considerava affatto derivante dalla volontà divina ma da un patto tra uomini liberi. L’evoluzione ha subìto un’accelerazione con Montesquieu “L’ésprit des lois” (lo spirito delle leggi) dove vengono distinti i 3 poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) al fine di evitare la tirannide.

Nell’età contemporanea è Karl Marx a dare una chiave di lettura economica alla “cosa pubblica”. L’economia rappresenta la base fondamentale ed essenziale della società, che viene ad essere modellata e influenzata dai rapporti economici (la struttura), la quale concorre in maniera basilare a determinarne i vari assetti sociali, culturali ed ideologici del sistema capitalista borghese (sovrastruttura) o “forma”.

Nel XX° secolo l’arte della politica è diventata laboratorio pratico. Si sono sviluppati una moltitudine di sistemi diversi di gestire la cosa pubblica. Accanto alle monarchie d’inizio secolo si svilupparono le prime democrazie borghesi e i primi esperimenti di applicazione pratica del socialismo, la maggior parte dei quali sfociati in sistemi oppressivi. Nella prima metà del secolo a queste forme si affiancarono i totalitarismi ed autoritarismi di destra, derivanti dalla crisi delle fragili democrazie.

La fisiologica lotta politica tra maggioranza e opposizione usa diverse armi tra le quali la “delegittimazione dell’avversario” che sbaglia a prescindere. Nel delegittimare il politico si delegittima non solo la persona ma si contribuisce a delegittimare la politica stessa in un circolo vizioso assai rischioso. La delegittimazione sistematica appartiene a categorie non sempre proprio nobili: i falliti (che delegittimano chi ha avuto successo), i vecchi (che delegittimano i giovani inesperti), i maschi (che delegittimano le donne), gli ex (che non vogliono andarsene e delegittimano gli attuali).

Vi sono alcune realtà che intravvedo come “pericolose” per la politica: la magistratura, il quarto potere (informazione), la satira e i tecnici. Vado con ordine. La delegittimazione sovradescritta talvolta non rimane dentro la dialettica di palazzo ma si serve della magistratura per demolire non tanto l’avversario quanto il compagno di cordata. Chi utilizza la magistratura permette un’invasione di campo e va ricercato soprattutto tra le file del “fuoco amico”. Da coloro che, privi di idee, si mobilitano per smontare le idee altrui. Ed è per questo motivo che oggi non vedo con favore né l’impeachment di Trump né un Salvini a processo. Nel tentativo di affondarli con la magistratura li si rendono più forti di prima. 

Mani pulite è stato un passaggio controverso della storia italiana. Pur sollevando un polverone fatto di corruzione ha delegittimato in modo irreparabile la politica che allora fu rappresentata, tra gli altri, da Arnaldo Forlani già segretario DC, Ministro della Difesa e Primo Ministro. Vedere un Pubblico Ministero “popolano” smontare un “popolare” fu un vero dolore per noi che ci occupiamo di politologia. Lo stesso dicasi delle monetine lanciate dai populisti davanti all’hotel Raphael di Roma nei confronti dello statista Bettino Craxi. A coloro che ancor oggi dubitano della sua statura consiglio di ripassare Sigonella.

Ma restando nell’oggi è stato il discorso del senatore Matteo Renzi a ridisegnare un limite tra i poteri di Montesquieu, tra stato etico e stato di diritto, tra giustizia e “peloso giustizialismo”. Discorso pronunciato dopo l’arresto e conseguente scarcerazione dei genitori, l’arrivo di 300 finanzieri alle 5 del mattino verso tutti i finanziatori della fondazione Open e l’analisi di tutti i bonifici e prestiti (tutti regolari, bonificati e registrati) della sua casa privata. Il tutto a firma di un solo giudice che, come ai tempi di Berlusconi, anziché delegittimarlo lo si rafforzava politicamente.

Discorso, quello di Renzi, che non delegittima la magistratura; anzi. Da lì a poco, infatti, si congratula con il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri per aver condotto la più importante retata contro la criminalità organizzata dopo “Cosa Nostra” che risale ai tempi di Falcone e Borsellino.

Tratterò il “quarto potere” con un sol paragone tra i 2 fatti succitati. Tutti i media italiani avevano aperto la prima pagina sulla Fondazione Open a titoli cubitali per poi narrare il “nulla di fatto” in sedicesima o giù di lì. Solo un paio hanno dato lo stesso rilievo alla retata di Gratteri ed è giusto nominarli: Avvenire e Fatto Quotidiano. Gli altri hanno scandalosamente riportato la notizia nelle stesse pagine dove si narrano, in trafiletti minuscoli, il “nulla di fatto” della Open. Non aggiungo altro. Si commenta da sola.

Veniamo alla la satira. Per la nazione più ignorante d’Europa dove 6 italiani su 10 non leggono nemmeno un libro all’anno, la satira televisiva diventa l’unica fonte di apprendimento della vita politica del loro paese. Un Crozza può non far danni in Norvegia dove la popolazione frequenta la biblioteca come da noi i bar sport ma in Italia v’è stato il reale rischio che un comico come Grillo fondi un partito per poi scoprire che servono gli Aristoi (i più adatti) se non vuoi rischiare l’Oclocrazia ad oltranza.

Infine i tecnici. Li credo necessari e importanti. Devono essere ben remunerati, fare bene il proprio mestiere e fermarsi lì. Calenda, per esempio, è stato un competente Ministro del governo italiano ma la politica, l’arte del compromesso per il bene dei più, è un’altra cosa. Lasciamola fare ai pIù adatti, agli Aristoi.

Finisce

In alcuni recenti post mi sono occupato della positività dei compromessi (Paolo Mieli, “I conti con la Storia”), di Democrazia, di Politica, della llibertà, della Morale e del loro reciproco rapporto. Continuerò presto nel mio lavoro di cercare di semplificare concetti  e messaggi che potrebbero risultare ostici per la maggior parte dei cittadini. E non mi riferisco a miei lettori: Infatti Voi, amici, state “leggendo” e questo è già molto, anzi, direi quasi “tutto”, perchè come insegna Norberto Bobbio in un capitolo del suo splendido libro “Elogio della mitezza”, occorre capire prima di giudicare. Buone Letture, buona Democrazia, buona Libertà, buona Politica (le maiuscole non sono usate a caso) a tutte e a tutti! Dice … e buona Morale no? Amici, la Morale merita un post tutto per lei, lo scriverò presto. Già, perchè la Morale, laica o meno che si pretenda che sia, deve essere alla base della Politica la quale, se ne prescinde, è solo politica (le maiuscole e le minuscole mnon sono utilizzate a caso).

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ACCADEMIA DELLE MUSE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Febbraio, 2020 @ 5:12 pm

Detto altrimenti: serata del 3 febbraio     (post 3748)

Camilla Clementel

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Chi siamo? E dai … me lo chiedete ogni volta! Ma se potte trovare molti post su di noi … Comunque: circolo culturale privato che sta vivendo il suo undicesimo anno d’età. Ieri sera serata di Carnevale, anche se il 3 febbraio ricorre la strage del Cermis (quella dell’aereo USA, per capirsi). Ma bando alla tristezza. Ieri sera dunque … ah si, innanzi tutto il benvenuto a quattro nuovi associati: mamma e papà Paola e Claudio Clementel con la figlia violinista Camilla Clementel, e quindi Mara Colbacchini, giovane mamma anch’essa, figlia di un nostro noto socio, Claudio anch’esso.

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I Musici dell’allegria Luciano, Cristina, Patrick

Prima parte della serata dedicata al “Perchè ridiamo” a cura di Alfonso Masi and friends (così ha chiamato lui stesso la rappresentazione). Una rassegna di passi letterari, teatrali, musicali dedicati all’allegria, ivi compreso l’esecuzione al violino del capriccio di Paganini n. 13, quello in cui lo strumento emette una serie di sonore risate: bravissima l’esecutrice! Gli altri? Giovanna a la sua voce; Maria Teresa ed Alfonso nello” Sketch Paganini”; Patrick e Luciano, chitarra, fisarmonica e voce; Sergio, voce; Umberto e la caricatura; Cristina al piano. Insomma una carrellata esilerante di nostri “Accademici”

Per ragioni di tempo abbiamo saltato l’Angolo delle Anteprime: chi vorrà segnalarle per l’inserimento nel post “Prossimi Eventi”, invii a riccardo.lucatti@hotmail.it un sintetico estratto degli stremi dell’evento e le eventuali locandine, grazie.

“La fantesca”: alcuni “attori”

Intervallo eno-gastro-astronomico. Come di consueto, anzi di più. Solo che noi attori nella seconda parte della serata, abbiamo mangiato in fretta e siamo saliti nei “camerini” per indossare i costumi di scena. Infatti abbiamo rappresentato, in forma ridotta da Maria Teresa, la commedia cinquecentesca La fantesca del napoletano Giovanni Battista Della Porta. La trama? Eh no, dai che la trovate in internet.  Diciamo che la sua riduzione a 50 minuti di rappresentazione è opera di Maria Teresa, delle nove prove “normali” e delle due prove generali in costume dell’epoca.

La rappresentazione è stata preceduta dalla elencazione delle nostre precedenti opere “teatrali” (tutte su iniziativa e conduzione di Maria Teresa): La riforma della commedia, con brani da “Il ventaglio” di Carlo Goldoni (2012) – “La Mandragola” di Niccolo’ Machiavelli (2015) – I “Menecmi” di Plauto (2017) – La “Lisistrata” di Aristofane (2018) – La “Locandiera” di Carlo Goldoni (2019)

La Fantesca, Personaggi (ed interpreti): Nepita (Ernesto); Fioretta d Essandro (Giovanni); Cleria (Gianfranco); Gerasto (Alfonso); Panurgo, falso Narticoforo, falso Gerasto (Mirna); Morfeo (parassita, falso Cintio, falsa Cleria); Santina (Riccardo); Narticoforo (Maria Teresa); Speziale (Giovanna); Cintio in viaggio (Giovanna). Presentatrici: Gigliola, Rina, Rosetta – Costumi: Cristina – Musica: Luciano – Regìa: Maria Teresa, Alfonso e tutti.

Fra di noi “girano”: il quadro bozzetto “originale” ad olio dipinto da Giovanni; le 100 foto scattate da Alfonso durante le prove della Fantesca e le tante scattate dagli amici durante la rappresentazione, della quale, grazie a Bruno Bruni, sarà disponibile anche un filmato integrale.  Presto una replica altrove: sarete avvisati. Il grazie della serata, quindi a chi ci ha aiutato, a chi si è prestato e a chi è intervenuto. Il Grazie “maiuscolo” per la nostra Associazione alla Presidente Cristina, Super Cris ospite d’eccezione!

Prossima Accademia: Lunedì 2 marzo 2020 ore 20,30 – Omaggio alle DONNE in poesia e musica con le Accademiche Giovanna, Giacinta, Cristina –  “Kamishibay”, teatrino giapponese a cura di Valentina Lucatti.

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RAZZISMO OGGI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Febbraio, 2020 @ 3:22 pm

Detto altrimenti: continua la mia “cavalcata” attraverso il Libro di Norberto Bobbio “Elogio della mitezza” Ed. Il Saggiatore.          (post 3747)

Con l’auspicio che lo comperiate, questo Libro (la maiuscola non è usata a caso!)

Dalla puntata (post) precedente (“Il pregiudizio”), oggi scrivo (io) e leggete (voi) del razzismo. Bobbio (pagg. 103-114) inizia con un’osservazione di fondo: “Nel secolo scorso le migrazioni andavano verso paesi poco popolati (USA, Argentina, Australia). Oggi verso paesi già sovrappopolati: da qui più facile l’insorgere di fenomeni di razzismo”.

Il pregiudizio razzista è articolato e monotono, ovvero africani come i nostri meridionali:

  • generalmente: “Hanno più difetti che pregi”;
  • culturalmente: “Hanno cultura differente” (e se mai sarebbe un arricchimento! N.d.r.);
  • economicamente: “Sono scansafatiche”;
  • personalmente: “Sono maleducati”.

La base mentale del razzismo è l’etnocentrismo ed in ispecie l’eurocentrismo, che pretende di elevare a valori assoluti i nostri valori assolutamente relativi.

Banalizzo: esiste anche l’auto-centrismo, nel senso che quando siamo nella nostra auto(mobile) bloccati in un ingorgo cittadino, ce la prendiamo con tutti gli altri: contro di loro che generano l’ingorgo. Noi no, noi siamo le loro vittime, noi siamo smaterializzati, la nostra auto non contribuisce a creare quell’intasamento: noi abbiamo il “diritto assoluto” allo spazio libero. Noi si. Gli altri no. (Questa è tutta mia, Bobbio non c’entra, per carità, non coinvolgiamolo in queste divagazioni!)

 Esiste poi una forma mitigata di eurocentrismo: i nostri valori non sono assoluti, ma ognuno si tenga i suoi (cosiddetto relativismo culturale): questa forma non produce avversione, ma solo separazione.

Gli stadi di evoluzione del razzismo si sviluppano in successione: dileggio verbale (“Terroni!”); evitamento: “Io ti evito”; discriminazione: “Tu non hai uguali diritti”; segregazione: “Devi stare nel ghetto”; aggressione: “Ti anniento”. All’inizio di tratta di razzismo spontaneo. Poi, negli ultimi stadi, il razzismo diventa ideologia: “Le razze sono tante e diverse; la mia è superiore alla tua: io posso/devo educarti e/o posso/devo dominarti”.

Il razzismo si combatte:

  1. Con un’educazione orientata verso valori universali (Cristianesimo; Kant; Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo);
  2. con la democrazia: democrazia e razzismo sono incompatibili in quanto la democrazia si ispira a principi universali ed è inclusiva perché non può rinunciare ad essere una società aperta;
  3. con l’azione del volontariato sociale.

(continua)

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IL PREGIUDIZIO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Febbraio, 2020 @ 7:31 am

Detto altrimenti: la sua natura secondo Norberto Bobbio      (post 3746)

Ho appena finito di scrivere su “Democrazia, libertà, buon governo” ed ecco che parlando dei pregiudizi … insomma, inizio con le due conclusioni alla quale perviene Bobbio (pagg. 99 e 101) nell’ornai citata opera “Elogio della mitezza” nel capitolo “La natura del pregiudizio”, (pagg. 89-101):

  1. In genere il gruppo che esprime un pregiudizio” è numericamente superiore al gruppo che lo subisce, con un’unica eccezione: il pregiudizio contro il genere femminile, per cui “il movimento per l’emancipazione femminile delle donne e per la conquista della parità dei diritti e delle condizioni è la più grande se non l’unica rivoluzione del nostro tempo”.
  2. …  ”credo che la democrazia possa servire anche a questo: la democrazia, vale a dire una società in cui le opinioni sono libere e quindi sono costrette a scontrarsi e scontrandosi a depurarsi. Per liberarsi dai pregiudizi, gli uomini hanno bisogno prima di tutto di vivere in una società libera”.

Ed ora possiamo iniziare.

Il pregiudizio  è un’opinione, una somma di opinioni o una dottrina accolta passivamente , acriticamente per inerzia o per timore, creduta per vera perché corrisponde ai nostri desideri/passioni/interessi.

Pregiudizio individuale (poco dannoso): la superstizione – Pregiudizio collettivo: quello condiviso da un gruppo di persone verso un altro gruppo, quale il pregiudizio raziale, nazionale, di classe. E’ pericoloso perché genera violenza: guerra fra nazioni, popoli, razze, classi sociali.

Le disuguaglianze non naturali o sociali. Le naturali (io bianco, tu nero; io uomo tu donna) sono molto più difficili da vincere di quelle sociali (io civile, tu barbaro). I partiti di destra ritengono che la maggior parte delle disuguaglianze siano naturali e quindi come tali invincibili. Al contrario i partiti di sinistra. Rousseau: “gli uomini sono uguali. La civiltà li ha resi disuguali”. Nietzsche: ”Gli uomini sono disuguali per natura, la società tende a trasformarli in uguali”. Il pregiudizio nasce dal sovrapporre alla disuguaglianza naturale una disuguaglianza sociale senza riconoscerla come tale.

La discriminazione (differenziazione illegittima) presuppone un giudizio di valore: io superiore tu inferiore; etc. . Dalla discriminazione può derivare un effetto positivo: “Io mi sforzo di farti crescere”: così i genitori nei confronti dei figli: Purtroppo spesso deriva un effetto negativo: “Io ti schiaccio!” (v. la cosiddetta soluzione finale nazista nei confronti degli Ebrei).

Il pregiudizio si “evolve” come segue: discriminazione giuridica (leggi raziali); emarginazione (i ghetti); persecuzione (campi di sterminio). Prossimo post: “Razzismo oggi”.

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DEMOCRAZIA, LIBERTA’, BUON GOVERNO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Febbraio, 2020 @ 7:51 pm

Detto altrimenti: “Libertà vo cercando ch’è sì cara come sa chi per lei vita refiuta”     (Purg. I°, vv. 70-72)    (post 3745)

Chi mi segue sul blog e comunque i miei amici sanno che sono un patito della democrazia ovvero della libertà, intesa nel senso relativo e cioè di quella che non si scontra con la libertà altrui. A me piace definire tutto ciò “democrazia”. Orbene, nei millenni il termine ha assunto in successione significati ben diversi. Il primo “democrator” era il dittatore che esercitava il potere “sul” popolo.

Who opened the door for the democrator? / And how come he let in the market-conquistadors? / Why is he acting as if he has something to hide? / The privilege of the stupid is to be taken for a ride… Chi ha spalancato le porte al democrator? E perché egli si è collocato nel novero dei conquistadores? Perché si muove come se avesse qualcosa da nascondere? Il privilegio dello stupido è quello di essere preso in giro.

Successivamente il termine ha significato “strapotere del popolino” a detta delle classi nobili escluse dal potere. Oggi finalmente significa potere del popolo (a meno che non si sia regrediti allo strapotere del popolino … delle reti!). Ma facciamo un passo avanti grazie a quanto scritto da Norberto Bobbio nel libro “Elogio della mitezza” (pagg. 73-85). Chiarito chi deve avere il potere resta da definire per fare cosa. E le prime indicazioni ci derivano dalle regole morali, le quali ci inducono a diminuire le sofferenze e a proteggere beni fondamentali quali la libertà, la giustizia, la salute ed un minimo di benessere per tutti.

Le regole morali hanno una portata generale e distinguono il buono dal cattivo. Tuttavia singole categorie si sono create, ognuna, il loro metro etico professionale: nell’arte, il bello e il brutto; nella scienza, il vero e il falso; in economia, l’utile e l’inutile; nel mondo degli affari, l’efficace e l’inefficace. Tanto per fare qualche esempio. E in politica cosa è successo? Non si è adottato il criterio morale generale buono/cattivo bensì l’opportuno-inopportuno rispetto ad uno scopo: il raggiungimento/mantenimento del potere. Per fare cosa? E ci risiamo! Per un buon governo. Ma qual è il buon governo? Quello in cui politica e morale tendono a coincidere. Orbene, la democrazia è il sistema politico che permette il maggiore avvicinamento fra le esigenze della morale e quelle della politica. Perché? E’ semplice: perché 1) permette la soluzione dei conflitti sociali senza ricorrere alla violenza reciproca; 2) perché riduce lo spazio della simulazione e dell’agire segreto; 3) perché induce a decisioni prese in accordo fra le parti.

Rimarrò con Norberto Bobbio (pagg. 89 – 101 op. cit.) e nel prossimo post tratterò del pregiudizio. Successivamente (pagg. 103-125) di come dal pregiudizio si passi al razzismo.

Quanto al rapporto politica-morale, questo post prosegue concettualmente al post n. 3751 “Morale alias etica” del giorno 8 febbraio 2020.

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LA SUOCERA DI TERENZIO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Febbraio, 2020 @ 9:24 am

Detto altrimenti: no, non si tratta di un mio amico e della sua suocera …  (post 3744)

Martedì 11 febbraio (anniversario dei Patti Lateranensi del 1929 ma questo è solo un caso)  ci sarà la riunione del Gruppo di Lettura dei classici della prof (senza puntino) Maria Lia Guardini, presso la Sala Multilingue a piano terra della biblioteca Comunale di Trento, ad ore 10,00 entrata libera. Per allora parleremo della commedia “La suocera” di Terenzio.

Un immigrato di successo

Publio Terenzio Afro nasce (in Africa) nel 184 a.C. anno della morte di Plauto. Sono anni di grandi successi politici (cioè militari) di Roma contro Cartagine, la Macedonia, la Siria. Anni in cui Roma ritira i presidi militari dalla Grecia ed in Grecia si reca ben due volte Terenzio alla ricerca delle opere di Menandro, sino a morire per un naufragio durante una traversata di ritorno. Terenzio dopo Plauto. Plauto voleva solo far divertire il pubblico. Terenzio contra. La sua Suocera è forse il primo “dramma borghese” e ben poco spazio è lasciato alla comicità (“ La suocera è il primo dramma borghese della letteratura mondiale” – Ettore Paratore). I personaggi plautini durante lo spazio della rappresentazione “non maturano”. I personaggi di Terenzio invece maturano in corso d’opera e soprattutto ne escono bene le donne contro il falso perbenismo dei vecchi e degli uomini in genere; le donne che sanno soffrire in silenzio pur di -; le donne che sanno modificare se stesse, vincere se stesse pur di -. Le donne e coloro che vivono ai margini della società: sono costoro che sanno trovare la forza per un rinnovamento morale capace di modificare abitudini le più incancrenite e di indurre il lettore alla ricerca di se stesso, del proprio intimo al di là del comune pensare di chi era abituato al panem et circenses.  Infatti le sue prime rappresentazioni andarono “buche” in quanto gli spettatori furono distratti da funamboli e giochi gladiatori che si tenevano nelle vicinanze. Mi riservo di tornare in argomento dopo la lectio magistralis che su La Suocera ci terrà la nostra prof senza puntino Maria Lia Guardini il giorno 11 febbraio prossimo.

Ottima edizione (BUR) 

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Solo mi permetto di sottoporre all’attenzione delle lettrici e dei lettori due sottolineature: 1) Terenzio contribuisce ad una sorta di rinnovamento morale inaspettato soprattutto dati i tempi delle vittorie militari (cioè della politica tradizionale che altro non era che politica di guerra), tempi che inducevano alla retorica del trionfalismo ed ai fasti della sempre maggiore ricchezza e potenza di una Roma muscolare: il che per fortuna ci lascia oggi ben sperare di fronte alla discultura di una parte della politica odierna fatta di slogan e ostentazione di muscoli gladiatori ad (alto) livello fisico e (basso) livello intellettuale. 2) la seconda è una domanda che mi pongo: questa “commedia” era forse nota a Theodore Dreiser, autore dell’opera “Una tragedia americana”, romanzo del 1925 d.C.?

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Il testo della BUR (di cui alla foto) da me utilizzato, ha introduzione, traduzione e note della Dr.ssa Prof. Marina Cavalli, ricercatrice di Lingua e Letteratura greca presso l’Università degli Studi di Milano.

Ne riparliamo dopo l’11 febbraio.

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LA MOBILITA’ IN POLITICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Febbraio, 2020 @ 9:24 am

Detto altrimenti: essere o non essere … immutabili?    (post 3743)

Il cittadino elettore può liberamente cambiare il proprio orientamento politico. I partiti politici possono modificare i propri obiettivi. Il parlamentare agisce senza vincolo di mandato. Liberi tutti, dunque? Ma se un parlamentare cambia partito, viene definito voltagabbana, traditore del mandato ricevuto dagli elettori. Come la mettiamo?

Io ero alpinista. Sono velista. Durante le tempeste o montane o marine la prima regola da seguire è “durare”. Tradotto in politica: “esserci”: da fiume impetuoso (capo politico, parlamentare, amministratore della cosa pubblica) o da semplice goccia (persona attiva, quale io mi sforzo di essere).

Mi chiedo: occorre rimanere fedeli all’etica dei principi o all’etica dei risultati? Il mio “amico” filosofo del diritto, l’austriaco Hans Kelsen che studiai oltre mezzo secolo fa (1967) all’università di Genova per l’esame di Filosofia del Diritto (Prof. Luigi Bagolini), insegna che per valutare un concetto occorre portarlo alle sue estreme conseguenze, salvo poi ritornare sul piano della realtà. Orbene, l’esasperazione dell’ etica dei principi conduce al fanatismo; l’esasperazione dell’etica dei risultati conduce al cinismo. E allora? Vogliamo dei politici fanatici o cinici o essere noi stessi tali? No di certo.

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Infatti “Nell’azione del grande politico, etica della convinzione (circa i propri principi, n.d.r.) ed etica della responsabilità (nei confronti dei risultati che si vogliono raggiungere, n.d.r.) non possono andare disgiunte l’una dell’altra” (Weber in Norberto Bobbio, “Elogio della mitezza” pag. 65). In altre parole meno filosofiche: credo in una mia pluralità di idee; non trovo nessun partito politico che le rappresenti tutte; mi inquadro in un partito che ne condivide alcune, quelle che per me sono le più importanti; voglio comunque “esserci” per contribuire a raggiungere almeno alcuni dei miei risultati prefissati.

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Se poi vedo che all’interno di quel mio partito qualcuno vuole fare del nostro simbolo una sua proprietà personale a costo di spaccare l’unità del partito; che al suo interno sono violate regole e principi democratici (contro le regole dello Statuto, si candida chi fa parte della Commissioine elettorale, per dirne una), mi trasferisco in un altro partito (in cui opera da una persona che conosco e stimo molto) e raggiungo il compromesso fra la mia etica della convinzione e la mia etica della responsabilità dei risultati. Il mio fine (il mantenimento del massimo grado di democrazia e libertà vera e morale) può giustificare i mezzi (cambio di partito) se i fini – come nel mio caso – sono moralmente giustificati (sul rapporto fra morale e democrazia scriverò un apposito post). Rispetto a tutto quanto sopra descritto, domando: chi è il voltagabbana?

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“Simboli al potere – Politica, fiducia, speranza” Ed. Giulio Einaudi. Un piccolo ma grande (great) libro di Gistavo Zagrebelsky.  Il simbolo è fattore di unione, è di tutti coloro che ci si riconoscono. Tuttavia, se taluno, fosse pure il suo ideatore, ne vuola fare una sua proprietà privata
espropriandone gli altri e governandone i contenuti, ciò distrugge la fiducia reciproca e la speranza comune e il simbolo diventa segnale di guerra, fattore di divisione, strumento di trasformazione degli uomini in masse fanatizzate. Questo nuovo simbolo-diabolo è un diapason del potere totalitario. Peggio mi dice quando il capo è un demagogo: il popolo nel suo capo, il capo nel suo popolo. Il capo è il simbolo, cioè il simbolo-diabolo, cioè il diabolo.

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Il compromesso: Paolo Mieli, nel suo bel libro “I conti con la Storia” (Ed. Rizzoli, 2013) nelle pagine 38-48, al capitolo “Mosche e scarafaggi: quando i compromessi fanno la storia”, afferma che “Il compromesso è la cosa migliore che ci sia” e che Albert Einstein affermava che gli unici compromessi inammissibili sono quelli “sordidi”. Mieli cita poi il filosofo israeliano Avishai Margalit per il quale scacciare con la mano una mosca che si fosse  posata sull’unguento di una vostra ferita sarebbe compromesso accettabile, anzi necessario; mangiare una minestra nella quale fosse entrato uno scarafaggio, sarebbe invece uno “sporco compromesso”, quindi da rifiutare. Seguono poi alcuni esempi di compromessi virtuosi e di altri sordidi, sporchi (cfr. ivi). Nella sostanza: il compromesso, non è ipso facto da condannare. Piuttosto inviterei a distinguere bene tra le espressioni “scendere a compromessi” e “raggiungere faticosamente un compromesso”: la prima adatta ai compromessi sordidi; la seconda a quelli virtuosi, come è virtuoso il compromesso raggiunto da chi, in politica, vuole continuare ad esserci, conciliando la propria etica della convinzione sui princìpi con la propria etica della responsabilità dei risultati.

Un commento: un amico mi dice che a parer suo esisterebbe una terza categoria “etica”: l’opportunismo. Ma a parte che il termine ha un doppio significato, positivo o negativo (“è giusto, doveroso, moralmente necessario e quindi opportuno che io faccia così” – “tu sei un opportunista!”), esso comunque non rappresenta una categoria, bensì un tramite, un ponte verso un’altra sponda, uno strumento (comunque double face) per realizzare l’uno o l’altro dei due obiettivi etici di cui sopra: restare assolutamente fedele alle proprie immutabili idee di base o raggiungere comunque certi risultati. In altri termini, l’opportunista di per sè non mi spaventa: solo, devo capire dove vuole andare a parare. E qui ci risiamo: infatti se si comporta in tal modo per diventare un integralista o un cinico, allora ecco che in entrambi i casi l’opportunismo mi spaventa.

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SALVATAGGIO E ACCOGLIENZA IMMIGRATI, e non solo

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Febbraio, 2020 @ 7:33 am

Detto altrimenti: obblighi morali o derivanti dal diritto positivo?   (post 3742)

Hammurabi (Louvre)

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Da sempre ci governiamo con le leggi. Alcune sono di diritto naturale, altre morali, altre ancora del diritto positivo. Il diritto naturale sembra una cosa bella. Sembra, appunto, perché così non è. Infatti il più forte prevale sul più debole, la proprietà privata è un valore assoluto (asso piglia tutto e gli altri si arrangino). La morale. Taluno la confonde con la religione: agire secondo morale significherebbe seguire gli insegnamenti della nostra religione. E invece no. La nostra religione “ha” una morale, non “è” una morale. Pensate un po’ che già nel Codice di Hammurabi, 1800 anni prima di Cristo, era incisa sulla roccia una piccola grande legge: “Non fare agli altri … fai agli altri …”. La nostra religione è altra cosa: essenzialmente Creazione (Chi ci ha creati?) e Resurrezione (verso Chi andremo dopo la morte?). Ma questa è un’altra storia. Il diritto positivo, be’ quello è il più ssemplice da capire: basta aprire i Codici, leggere le varie leggi …

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Ma vediamo il rapporto fra morale, diritto positivo e politica. Taluno pone un sistema di legge al di sopra dell’altro (per Benedetto Croce prevale la morale; per Hegel il contrario). Altri si concentrano sul diritto positivo che sarebbe l’unico ad essere applicabile, salvo prevedere al suo interno deroghe per particolari situazioni (fare eccezioni alla legge – ad esempio – nei casi di stato di necessità) o per particolari categorie di persone alle quali non si applica lo ius commune bensì lo ius singulare che ad esempio è quello che sta alla base delle etiche professionali: il medico che “può mentire” e non dire tutta la verità ad un malato di una malattia incurabile. E la politica? E il “diritto della politica”… esiste? Come e dove si colloca rispetto al diritto positivo comune e alla morale? Gode anch’esso di uno speciale ius singulare? Le sue azioni sono univoche o si dividono in “azioni finali”, da valutarsi di per se stesse e in “azioni strumentali”, da valutarsi in relazione ai fini che si propongono, nel senso che “il fine giustifica i mezzi”? E ammesso e non concesso che il fine – tiut court – giustifichi i mezzi, chi e cosa giustifica i fini?

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Orbene, salvare in mare vite umane in pericolo di vita a mio avviso rappresenta comunque un adempimento morale. Inoltre, anche sul piano del diritto positivo è un’azione dovuta e quindi legittima (cioè da non condannarsi, mentre da condannarsi sono tutti i comportamenti ad essa contrari) di politica finale e strumentale, da valutarsi sia perchè compiuta in uno stato di necessità sia in quanto valutata in relazione al fine che si propone. Ma c’è di più: c’è il diritto positivo della navigazione, degli accordi internazionali, c’è il codice etico del comandante di ogni nave. Tutte leggi che impongono il dovere del salvataggio.

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Ma … salvare sì, e poi? Salvare per … trattenere i naufraghi sulle navi sine die? Che senso ha?

Accogliere poi! Chi nega il dovere dell’accoglienza si rifà in modo sostanziale al diritto naturale: io sono nato qui, io vivo qui, questo territorio è mio, l’ho segnato con precisi confini di leggi e di filo spinato e farò di tutto per respingere ogni intruso. Come i leoni della savana che segnano il loro territorio con l’urina! Ma noi, amici  “… nati non fummo a viver come bruti …”! Immigrati? Risaliamo alle origini delle immigrazioni, alle cause di ieri e di oggi: ieri, colonialismo antico. Oggi multinazionali cioè colonialismo moderno. E allora, di che ci lamentiamo?

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Dice … caro blogger, belle parole le tue, ma nel breve periodo, che fare? Aiutiamoli a casa loro è pur sempre un progetto di lungo periodo, ammesso che lo si voglia e possa fare. E allora? Allora Unione Europea! La risposta deve essere dell’UE non dei singoli paesi dell’Unione. Ecchè? Devo fare tutto io?

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MILES GLORIOSUS

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 28 Gennaio, 2020 @ 2:42 pm

Detto altrimenti: una commedia di Plauto    (post 3741)

La commedia italiana ha preso molto dalla commedia latina che ha preso molto dalla commedia greca: Graecia capta ferum victorem cepit!  Ma veniamo a noi. Plauto, chi era costui? Direbbe il manzoniano Don Abbondio, così come si chiese di quel tal Carneade. Plauto (Sarsina circa 250 a.C.- forse Roma 184 a.C.) nato come attore di successo, alieno della politica, ma non insensibile agli avvenimenti del tempo (la sua produzione si svolse, del resto, praticamente durante la seconda  guerra punica, quella contro tale Annibale), visse interamente della sua arte, praticata con instancabile fervore creativo: egli, insomma, scriveva per vivere e per divertire il pubblico.

Il soldato spaccone

Oggi, con la nostra prof (senza puntino) Maria Lia Guardini (con il puntino sarebbe prof. , n.d.r.), nella Sala Multilingue al piano terra della Biblioteca Comunale di Trento, abbiamo discusso sulla sua commedia Miles gloriosus, il Soldato fanfarone, spaccone. Plauto e i suoi “nomi parlanti” greci latinizzati, per cui il soldato fanfarone è “colui che distrugge mura e città”, lo scroccone è “colui che rode il pane” etc.. E già qui si vede l’influenza greca. Il soldato fanfarone che si vanta oltre ogni limite e non si accorge di essere preso in giro quando un adulatore gli attribuisce incredibili imprese da super eroe dei giorni  nostri (a fumetti) dotato di super poteri. In altre parole, contro chi nega a Plauto ogni intento moralistico e politico, questa è la rivincita del popolino che prende per i fondelli un potente. Di un popolino della provincia romana che parla “in dialetto”. Quindi se nelle sue commedie proprio non vogliamo parlare di “moralità”, nemmeno si può parlare di “amoralità”, cioè di mancanza di un un qualcosa che ci possa essere insegnato dalla muzos, quella della o muzos deloi oti, la favola ci insegna che … che anche oggi possiamo e dobbiamo analizzare e criticare attentamente qualsiasi miles glosiosus (della odierna politica) il quale, anche se non ha i super poteri, quanto meno anelerebbe ad avere i “pieni poteri”. Ma non facciamo nomi … questa è un’altra storia!

Sarsina, teatro Plautino

Gli intrecci di Plauto sono prevedibili e conducono alla ricostituzione del come “deve essere”: cioè, si parte da una situazione di disordine per arrivare all’ordine. Il tutto secondo uno schema arcaico: il giovane contro il vecchio … un genitore … un potente … per la conquista del denaro o di una donna.  I suoi personaggi non maturano, psicologicamente sono interamente uguali a loro stessi alla fine come all’inizio della commedia: Plauto ce li presenta “fisicamente” e attraverso li loro agire. Nella commedia una particolarità: il servo intelligente imbastisce una commedia nella commedia (e qui mi piace citare la cinquecentesca “La fantesca” di Giovanni Battista Dalla Porta che la nostra Compagnia dei Guitti sta allestendo a Trento in un Circolo culturale privato, in forma ridotta, nella quale si ricalcano situazioni plautine e analoghi interventi di una regia creativa). Una modernità di Plauto: egli usa le parole con molta disinvoltura, liberamente e se manca la parola che “gli serve”, ne crea una lui stesso, un po’ come fanno oggi i nostri giovani quando chattano al telefonino.

Prossimo appuntamento martedì 11 febbraio ore 10,00 stessa sala, partecipazione libera: tratteremo “La Suocera” di Terenzio: preparatevi a dovere!

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