ALTRO ESEMPIO DI FINANZA VISSUTA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 26 Aprile, 2020 @ 11:14 am

Detto altrimenti: dopo quello di cui al post del 25 aprile “Un esempio di finanza possibile”    (post 3870)

Non sempre servono soluzioni complesse. Spesso le soluzioni migliori sono anche le più semplici. A testimonianza di ciò, vi porto un esempio vissuto. Come avete appreso dal post citato qui sopra, ero a capo della Direzione Finanza Italia della Stet, Società Finanziaria telefonica per Azioni, Torino, all’epoca la più grande società finanziaria del paese. Erano anni difficilissimi: stretta creditizia e valutaria opprimevano le oltre venti società del gruppo le quali, fra l’altro, erano obbligate per legge a pagare le loro importazioni contro accensione di conti anticipi in divisa estera a debito. Decine di società, migliaia di operazioni di import, migliaia di conti debitori in molte divise estere a debito, decine di banche interessate. Come gestire consapevolmente il rischio di cambio in un simile marasma di operazioni?

Ternengo (Biella): inaugurazione della Biblioteca “Ruggero Cengo Romano”, grazie alla donazione del suo cittadino benefattore

Premesso che che non avevamo ancora la diffusione dei dati e dei contatti on line a mezzo di una rete di computer, ebbi un ‘idea, semplice, tipo l’uovo di Colombo, che funzionò.  Imposi alle società del gruppo che i conti anticipo in divisa estera che dovevano accendere, fossero accesi con scadenza (ovviamente obbligatoriamente rinnovabile) alla dfine del mese corrente, se accesi prima di una certa date fissa (assunsi come riferimento il giorno dei riporti di borsa); con fine mese successivo se accesi dopo quel termine. Dopo un po’, tutte le migliaia di conti “anticipi” avevano la stessa scadenza e potemmo riscontrare l’andamento del cambio di ogni valuta rispetto alle altre e il diverso costo applicatoci da ogni banca per ogni singola valuta rispetto alle altre banche.  Ciò mi consentì di avere una visione completa e aggiornata dell’andamento del rischio di cambio e di dare istruzioni alle nostre società, con semplici telefonate, di cambiare la valuta del loro indebitamento o di cambiare la banca che li stava assistendo.

Perché vi racconto questo caso? Solo per dire che non occorre essere super maghi della finanza per trovare soluzioni logiche; che non è necessario essere a capo di un impero economico per avere idee buone. Spesso basta avere un po’ di fantasia, di esperienza, di buon senso ed occupare un posto che vi dia la giusta visibilità per arrivare a proporre soluzioni a problemi che sembrano irrisolvibili.

E la motivazione che mi anima è il desiderio di diffondere e fare accettare le ipotesi di adozione di emissioni di titoli di debito pubblico irredimibili di cui al mio recente libro e ai miei molti post sull’argomento.

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UN LIBRO CO-SCRITTO DAL VOSTRO BLOGGER

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Aprile, 2020 @ 5:35 pm

Ieder Tag, der nicht gut angewendet wird, ist verloren.
Ogni giorno non impiegato bene è un giorno perso. Anche per un blogger.
Il Covid19 ci tiene in casa? E noi scriviamo un libro!  (post 3869)

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https://www.amazon.com/dp/B087L8DX4V?ref =pe 3052080 397514860

Finanza? Il mio vecchio amico e nuovo co-autore Gianluigi De Marchi (vedi Wikipedia)  è un Ligure come me (e quando si tratta di soldi, quelli i Liguri bisogna lasciarli stare!) ed   è uno sperimentato pubblicatore di libri. Io, dopo molti saggi e post, sono alla mia prima esperienza: doppiamente grazie quindi se presterete attenzione alle mie/nostre sudate carte, questa volta non solo elettroniche bensì proprio “di carta”!

Prenotate il libro con sconto al 335 5487516

Questo libro è co-scritto insieme ad un coscritto, nel senso che Gianluigi ed io siamo entrambi classe 1944, entrambi UniGE (lui economia, io giurisprudenza), “entrambi amici” da una vita. Un libro che ne contiene molti: uno di cronaca (la nascita e la diffusione del virus); uno di storia (le crisi economiche finanziarie degli ultimi trecento anni); uno governativo e UE (i provvedimenti adottati contro il Covid19); uno finanziario (l’organizzazione della “Fase 2” ovvero come gestire al meglio l’enorme indebitamento che si sta generando); uno politico (le ulteriori auspicate possibili azioni di ogni governo); uno aziendale (con riferimento ad Adriano Olivetti e a Pier Luigi Celli); uno morale (la finanza etica); uno filosofico (la logica che si deve mettere in ciò che si fa); uno europeista (W l’UE, W gli Stati Uniti d’Europa!).

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Non potendo pedalare, è chiaro che uno scrive un libro …

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Gianluigi ed io, due 76enni che da 50 anni (a testa!) hanno lavorato dal livello iniziale di impiegati di banca (lavoro abbandonato molto presto!) a quello di top manager aziendali e finanziari. E oggi il nostro non è solo un “modo nuovo” di affrontare la finanza su antiche esprienze, bensì qualcosa di ben più ampio: è la nostra consapevolezza, anzi, il nostro contributo alla “riconversione” del sistema messo a nudo dal virus e quindi alla sua “ricostruzione creativa” non solo economica e finanziaria, ma sopratttuto sociale e morale. Quanto alla finanza, be’ … ci piace dire che quanto suggeriamo non è altro che la ripresa di una “creatività già favorevolmente sperimentata” ed una iniezione di democrazia all’interno degli attuali sistemi finanziari (qui a fianco, io dopo la Trento-Bondone).

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Scrive Gianluigi: “Questo libro NON è un instant book sulla crisi finanziaria del 2020, ma è il frutto di riflessioni maturate dagli autori in 50 anni di attività professionale nel mondo della finanza. Infatti, in posizioni diverse ed in aziende diverse, gli autori hanno potuto vivere da vicino i meccanismi dell’economia e della finanza; hanno vissuto le principali vicende degli ultimi 50 anni; hanno potuto apprezzare le potenzialità della finanza ma anche valutarne i difetti e le distorsioni. Prendendo spunto dalle crisi che hanno sconvolto il mondo negli ultimi trecento anni, gli autori propongono la loro visione di un mondo diverso, partendo dalle posizioni di imprenditori illuminati e di grandi personaggi storici”.


Leggendolo non vi annoierete! Comunque se eventualmente ci saremo sbagliati, vorrà dire che … che ci corigerete!

Buona lettura e … liberi tutti, e presto, speriamo!

Pubblicato il 25 aprile, il giorno della “Resistenza”: anche oggi dobbiamo essere animati da quegli stessi valori: lo spirito di solidarietà; la volontà di riprendere in mano la nostra libertà, il nostro presente, il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti.

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UN ESEMPIO CONCRETO DI FINANZA POSSIBILE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Aprile, 2020 @ 12:57 pm

Detto altrimenti: quando la flessibilità è sostanza       (post 3868)

In molti post recenti sto patrocinando l’emissione di titoli di debito pubblico irredimibili, e non è finita … Oggi voglio parlarvi della flessibilità. Innanzi tutto di quella del cervello. E vi racconto un episodio di finanza vissuta (da me).

Seconda metà degli anni ’70. A Torino, 36enne, ero a capo della Direzione Finanza Italia della Stet-Società Finanziaria telefonica per Azioni, la maggiore società finanziaria del paese. La SIP, nostra maggiore società controllata, aveva le tariffe bloccate ed aveva interrotto gli acquisti dalla sua corrispondente consorella industriale, nostra controllata, la Italtel, la quale aveva accumulato un magazzino merci pari al fatturato di un anno (!). Eravamo in presenza di una feroce stretta creditizia e valutaria.  Come Capogruppo avevamo come compito primario quello di procurare al Gruppo il necessario credito bancario.

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Omnibus”, operazione finanziaria con entrata e uscita per tutti.

Uno dei tanti interventi fu il seguente (ideato e realizzato da vostro blogger). Le banche potevano prestarci denaro solo a breve termine. Noi avevamo bisogno di denaro a medio/lungo termine.  Io misi insieme un gruppo di banche che erogarono, ognuna, alcuni miliardi di prestito con durata sei mesi. Dopo di che invitai altre banche ad erogare a loro volta altre quote semestrali, all’inizio di ogni mese successivo. In parallelo chiesi ed ottenni dalla Banca Popolare di Milano (Vice Direttore Generale, Rag. Rizzo) un affidamento a medio lungo termine, nel senso che la banca sarebbe intervenuta con sue erogazioni a saldo ove l’ammontare erogato a rotazione dalle altre banche fosse sceso sotto un certo livello (20 miliardi). In tal modo le banche erogavano “a breve”; noi disponevamo di un credito a medio/lungo termine; la linea di credito della Banca Popolare di Milano era solo di firma non di cassa e comunque non fu mai attivata per cassa. Battezzai l’operazione “Omnibus”.

Foto esposta nella biblioteca del suo Comune d’origine (Ternengo, Biella)

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Quando la proposi in Stet, il mio capo era il dr. Ruggero Cengo Romano, persona purtroppo  scomparsa diciannove anni fa e che io continuo a ricordare e a stimare come il mio terzo genitore, tanto mi ha fatto crescere sul piano umano e professionale! All’inizio il dr. Cengo era era contrario all’idea, che comunque io sviluppai ugualmente nonostante questo suo parere. Alla fine, dopo il successo dell’operazione, mi fece i complimenti, a modo suo – era una persona molto “dura” – ma me li fece: colpendosi il palmo della mano sinistra con le nocche della mano destra e accennando un lievissimo sorriso, mi disse: “Ma lo sa che lei, dottore, ha una testa …”. Molto dura, intendeva.

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Cengo lasciò in testamento la sua cospicua eredità alla Parrocchia ed al Comune di Ternengo (Biella), il suo paese d’origine.

Sarà forse da questa mia esperienza che mi è rinata la voglia di cimentarmi con la finanza necessaria oggi, in particolare con la proposta di sollecitare l’ emissione di una serie successiva di titoli di debito pubblico irredimibili(cfr. i molti post in materia). Sarà forse per questo che non demordo …

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DEBITO PUBBLICO IRREDIMIBILE 3

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Aprile, 2020 @ 2:02 pm

(Si vedano gli interventi dei lettori in calce al post)

Detto altrimenti: finanza pubblica, cioè di ognuno di noi    (post 3867).

  • Deficit. Si verifica quando le uscite sono maggiori delle entrate. Il deficit va ad aumentare il debito. L’UE ci consentiva un deficit non superiore al 2,5% del PIL. Ora siamo al 10,4.
  • Debito pubblico. Lo Stato Italia è indebitato per circa €43.000 a cittadino, neonati inclusi, per un totale di €2.580 miliardi, pari a oltre una volta e mezzo (+155,75%) il PIL.
  • PIL-Prodotto interno lordo. Il PIL è di €1.720 miliardi,  pari a 2/3 del debito. Il PIL nel 2020 sta scendendo dell’8,2 % rispetto all’anno precedente.
  • Rapporto debito-PIL. Il rapporto peggiora del 10,4% all’anno.
  • Risparmio privato nelle banche: ammonta ad €1.400 miliardi. Ma … come sono distribuite queste risorse?

Riportando queste cifre a livello familiare, una famiglia di tre persone ha un debito di €129.000 e dovrebbe avere un reddito annuo di €86.000,00 e idealmente paga €2.580,00 all’anno di soli interessi. A questo ritmo il debito cresce di €13.416 all’anno. Ma non tutte le famiglie hanno un reddito così elevato anzi, ve ne sono sempre di più che non hanno alcun reddito nè alcuna somma sul conto corrente bancario: anzi, non hanno nemmeno un conto corrente.

Ciò premesso, si passerà presto dalla fase “troviamo le risorse finanziarie per indennizzare i danneggiati dal coronavirus e per rilanciare l’economia” alla fase “come fare a gestire  l’enorme debito pubblico?”.

Per diminuire il debito pubblico si deve agire con estrema urgenza:

“Burro o cannoni: decidetevi!”
  • rivedere subito l’ordine delle priorità di spesa e investimento. Il grande economista Paul Samuelson direbbe. “Burro o cannoni”?
  • trasformare il debito in un flusso di interessi mediante sostituzione volontaria dei titoli del debito pubblico redimibili con titolo irredimibili.
  • Con la finanza che si renderebbe disponibile, riconvertire il Paese sempre di più verso la sua industria “naturale”: la bellezza, la cultura, la natura, il turismo.

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Esempio di riduzione del debito a mezzo emissioni di titoli irredimibili (a rendimento maggiore) in sostituzione volontaria dei titoli redimibili (a rendimento inferiore): un’emissione anche in più tranches fino ad €580 miliardi ridurrebbe il debito ad €2.000 miliardi pari al 116% (ex 155,75) del PIL. Una seconda emissione … etc. . E così via.

1 – Dice: caro blogger, ma i tuoi irredimibili sono un debito perpetuo! Rispondo: no amico, perchè gli irredimibili NON sono un debito! Per contro, il debito perpetuo è proprio il tuo, quello di oggi, perchè le rate che noi stiamo pagando sono solo di interessi in quanto in linea capitale sostituiamo regolarmente una quota di debito con una nuova: debito sostanzialmente perpetuo!

2 – Dice: caro blogger, tuttavia i flussi di interessi che dovresti pagare sarebbero eterni! Rispondo: no, amico, perchè l’Ente emittente si riserva un’opzione al loro riacquisto, quando e se la sua finanza sarà migliorata.

3 – Dice: ma la tua, caro blogger, è solo una sistemazione formale delle voci di bilancio. Rispondo: no, caro amico, perchè adottando gli irredimibili si liberano importanti quote di finanza che possono essere destinate alla riparazione dei danni, alla riconversione ed alla ricostruzione del sistema.

4 – Dice: caro blogger, la priorità è far ripartire le imprese, non ristrutturare il debito! Rispondo: amico, ma, con quali denari? E poi, la velocità del peggioramento finanziario è ben superiore a quella della ricostruzione! Con rispetto parlando, mi sembra che tu suggerisca ad uno sciatore inseguito da una valanga di sciare lungo la via della massima pendenza, senza tener conto che la sua velocità è inferiore a quella della valanga: fai un po’ tu …

5 – Dice: ma … quando un investitore volesse recuperare il proprio capitale? Siamo sicuri che in Borsa Valori si sia creato il necessario mercato? Rispondo: amico, si potrebbe prevedere che le banche fossero “consigliate” di sottoscrivere ognuna alcune traches di irredimibili da immettere poi sul mercato borsistico! Infatti da parte loro sarebbe un modo per dire “grazie” per i tanti aiuti pubblici ricevuti per i loro salvataggi.

6 – Dice: ma come potresti fare a tradurre in numeri tutto ciò? Rispondo: la base è l’elenco completo delle scadenze delle tranche di debito pubblico già emesse. A questo elenco di esborsi in linea capitale, si aggiungano gli esborsi per interessi. Si deve ipotizzare di fare “aggredire” questo sistema da una serie di emissioni di titoli irredimibili a rendimento maggiore, in sostituzione dei titoli redimibili in scadenza. Man mano che si procede il confronto sarà fra due flussi di denaro in uscita: quello “vecchio” e quello intermedio (misto). Si tratta di simulazioni facilmente realizzabili a computer. Poi saranno i numeri a parlare.

7 – Dice: ma allora se è così semplice, perchè nessuno lo ha ancora fatto? Rispondo: anche prima che Colombo scoprisse l’America nessuno l’aveva mai scoperta!

8 – Dice: e se alla fine dovesse risultare che ti sei sbagliato? Rispondo: direi che almeno io ho tentato di risolvere il problema. Sicuramente avrò fatto meglio di chi nemmeno ci ha provato!

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Dice. …. coraggio lettori, il confronto è aperto! Continuate a scrivermi: risponderò a tuttti!

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DEBITO PUBBLICO IRREDIMIBILE 2

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Aprile, 2020 @ 3:30 pm

Ieder Tag, der nicht gut angewendet wird, ist verloren
Ogni giorno non impiegato bene è un giorno perso.

Anche per un blogger

Detto altrimenti: “tanto tuonò che piovve 2” (post 3866)

  1. In coda al post del 2013 io stesso proponevo i Monti Bond irredimibili per risolvere la crisi dell’ILVA.
    http://www.trentoblog.it/riccardolucatti/?p=13355
  2. Da un mese Gianluigi De Marchi ed io stiamo proponendo
    qui nei miei post l’emissione di titoli UE e  Italia irredimibili.
  3. Il 21 aprile la Spagna – utilizzando un ossimoro – sta cercando di ottenere l’emissione di un debito senza scadenza (il titolo irredimibile NON è un debito!).
  4. Il 22 aprile sul Sole 24 Ore alle pagg. 1 e 25 il finanziere George Soros propone all’UE gli irredimibili.
  5. Entro un paio di settimane uscirà per Amazon un libro sulla finanza post coronavirus (scritto da De Marchi e da me) e tratterà questi titoli nelle tre dimensioni UE, Italia, Enti Pubblici Territoriali Locali.

George Soros è un imprenditore ungherese naturalizzato USA, presidente del Soros Fund, sostenitore del movimento liberal del Partito Democratico USA e finanziatore di gruppi per i diritti umani con un marcato interesse per la filosofia. Soros è uno degli investitori di maggior successo nel mondo. Al maggio 2017 Soros aveva un patrimonio netto stimato in 25,2 miliardi di dollari, ed era una delle trenta persone più ricche del mondo. Dopo aver donato una parte della propria ricchezza in beneficenza, a fine 2017 è al 195° posto della classifica di Bloomberg con un patrimonio netto di “soli” 8 miliardi di dollari. 

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“Che cosa significa difendere la democrazia oggi? Quali pericoli sta affrontando lo Stato di diritto? La visione che ci offre George Soros è quella, unica, di chi sa di essere il nemico pubblico per eccellenza dei sovranisti e populisti di tutto il mondo. Personaggio odiato e invidiato, è a capo di un impero finanziario colossale ma, allo stesso tempo, in prima linea per combattere le tendenze autoritarie a livello globale. Attraverso le sue fondazioni ha donato 14 miliardi di dollari per promuovere i diritti umani. Ed è diventato il bersaglio prediletto di movimenti antisemiti, complottisti, oltre che di Donald Trump, Viktor Orbán e Matteo Salvini. Oggi Soros vede a serio rischio anche le conquiste democratiche in Occidente. È tempo di reagire. Cosí, in queste pagine sferzanti, critica apertamente i suoi nemici, indaga una varietà di temi attualissimi – dall’uso delle nuove tecnologie come strumenti di controllo sociale, all’andamento dei mercati finanziari, al futuro dell’UE – e ci consegna un distillato del suo pensiero a difesa dell’ideale di società aperta”.

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In questi giorni l’UE decide le molte forme di intervento per contrastare gli effetti del coronavirus e gli Irredimibili non ci saranno perchè il pensiero non è stato “maturato”. Tuttavia in un immediato futuro, quando si passerà dalla fase di “troviamo i soldi da spendere” alla fase “dobbiamo diminuire il debito” (che nel frattempo avà superato il 150% del PIL), allora, forse, qualcuno ci rifletterà un poco di più. E li avremo. Meglio tardi che mai. Nel frattempo mi sfogo con gli Irredimibili locali.

  • Localmente propongo emissioni locali di titoli di debito pubblico irredimibili a fronte del difficile problema del reperimento della finanza pubblica del dopo coronavirus, per la realizzazione delle grandi iniziative comunali/provinciali che sono in programma, quali ad esempio la Funivia e l’interramento della ferrovia.
  • Titoli/bond irredimibili: sono i titoli rispetto ai quali  l’Ente emittente 1) non è tenuto alla restituzione del capitale investito; 2) paga solo interessi; 3) riduce i propri esborsi finanziari; 4) riduce il proprio livello di indebitamento (gli irredimibili non sono un debito!); migliora la propria disponibilità finanziaria per investimenti; 5) mantiene il diritto al riacquisto dei titoli, ove la sua finanza sia migliorata.  L’investitore gode di un rendimento più elevato; può recuperare il suo capitale vendendo i titoli in borsa.
  • La legge 23/12/94 n.724 (art. 35), già prevede il vincolo delle risorse ottenute al finanziamento di investimenti in specifici progetti esecutivi. Queste emissioni sono convertibili in obbligazioni o in azioni di società possedute dagli enti emittenti. Il loro rendimento non può essere superiore di oltre un punto rispetto a quello del corrispondente titolo statale.
  • Come si vede, esistono tutti i presupposti a che una nuova legge statale/provinciale estenda l’emissione di titoli irredimibili anche da parte degli Enti Pubblici Territoriali per la realizzazione di una specifica opera pubblica.
  •  La certezza dei flussi di rendimento dei titoli irredimibili locali potrebbe essere garantita in favore dei sottoscrittori (anche di fuori provincia!) dalla fidejussione di un pool di banche locali.
  • Quanto sopra potrebbe essere congiunto alla piena riattivazione di istituti già esistenti quali le società di scopo, di general management, miste pubblico private e alle tecniche del project financing.

E bravo Soros, ci hai copiato! Sarebbe interessante sapere 
 in quali altre testate giornalistiche finanziarie straniere Soros sia intervenuto.

Firmato: un blogger “Vivo”!

I “Soros Irredimibili”: Soros cita la GB che ci finanziò le guerre napoleoniche, riscattando i titoli nel 2015. In USA dal 1870 ne furono emesse alcune serie per consolidare emissioni redimibili già esistenti ed evitarne l’onere del rimborso. Egli dimentica di citare l’emissione italiana del 1935 per 42 miliardi di lire. Quali vantaggi degli irredimibili Soros cita:
1) eliminazione delle restrizioni per la BCE all’acquisto di titoli; 2) l’onere finanziario lieve per la UE malgrado la loro notevole “potenza di fuoco”: come unità di misura riporta l’esempio di un calcolo, e cioè che un bond irredimibile da 1000 miliardi al tasso dello 0,5 costerebbe all’UE 5 mildi l’anno, pari al 3% del suo bilancio totale; 3) a bilancio UE non si richiederebbero accantonamenti nè ammortamenti; 4) l’emisisone può essere più facilmente emessa a scaglioni frazionati successivi; 5) la BCE non sarebbe più costretta a ribilanciare continuamente il proprio portafoglio titoli dei vari paesi aderenti.

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IEDER TAG, DER NICHT GUT ANGEWENDET WIRD, IST VERLOREN

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Aprile, 2020 @ 7:36 am

Detto altrimenti: ogni giorno che non è ben usato è perduto     (post 3865)

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Quant’è vero! Figuratevi poi per un blogger che ha la pretesa di pubblicare un post al giorno, sì, quello che ha comunque un significato, quello di levare l’ignavia di torno! Sì, d’accordo, ma di cosa scrivo oggi? Pensa e ripensa … ecco, ci sono! Oggi voglio raccontarvi una favola, una favola inventata da me e pubblicata nel libro di Enrico Fuochi. qui a fianco. Si intitola …

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PASSEPARTOUT

C’era una volta un ragazzino che si chiamava … be’ a dire il vero erano gli altri che lo chiamavano: “Passpartout, Passpartout … dove ti sei cacciato?” Infatti gli avevano affibbiato questo strano nome che vuol dire “Passa dappertutto” per via che sin da piccolo era solito infilarsi in qualsiasi cunicolo, attraverso le sbarre dei cancelli … insomma, in qualsiasi piccola apertura. Da grandicello poi, aveva imparato ad intrufolarsi nelle case, nelle cantine, nei magazzini altrui per prendere … ma no, chiamiamo le cose con il loro nome, per rubare oggetti d’ogni sorta. Per entrare nelle case altrui usava mille espedienti: chiavi false, veri e propri passpartout, un piccolo grimaldello, un piede di porco.

I suoi genitori si erano accorti dei continui furti perché vedevano la sua cameretta riempirsi degli oggetti più strani e diversificati: pacchi di fatture false, uno scatolone di schede elettorali in bianco, estratti conto bancari di conti correnti cifrati esteri, tanto per fare alcuni esempi. Essi lo rimproveravano, cercavano per quanto possibile di restituire la refurtiva ai legittimi proprietari, lo rinchiudevano in castigo nella sua cameretta. Ma così come egli era abile nell’intrufolarsi nelle case altrui, altrettanto era bravo ad uscire dalla sua “prigione” anche se chiusa a doppia mandata.

Un bel giorno Passepartout si chiese perché mai venisse punito quando si impossessava delle cose che gli piacevano. Infatti aveva notato che tutta la gente che conosceva si procurava tutto ciò che faceva loro gola: dai cibi migliori, dalle auto più lussuose, dai vestiti di marca e così via, ben oltre il soddisfacimento delle proprie reali necessità. Per cercare di capire, andò in un’altra favola e interrogò il Saggio Grillo Parlante. “Grillo Parlante, gli chiese, perché la gente si procura tutte queste cose in sovrappiù e quando io mi impossesso di qualche piccolo oggetto mi danno del ladro e mi puniscono?”

Dal libro “Fotofiabe” di Enrico Fuochi

Il Grillo saggio gli rispose: “Passepartout, ma la gente non ruba quegli oggetti, bensì li compera con il denaro che ha guadagnato con il proprio lavoro”.Ah, ho capito, disse Passepartout, la gente lavora per guadagnare del denaro con il quale comperarsi ciò di cui ha bisogno. Ma no … aspetta Grillo … il più delle volte la gente si compera anche cose che desidera possedere solo per soddisfare un proprio capriccio. E allora capriccio per capriccio, siamo uguali, loro come me ed io come loro”.“No, disse il Grillo Saggio, la tua argomentazione non regge. Tu devi smettere di rubare e basta! Ed ora scusami, ma devo tornare nella mia favola, dove sono atteso per una riunione importante sulla CAV, Carrozza ad Alta Velocità che deve essere realizzata per trasportare velocemente la verdura e la frutta dai campi al mercato del paese”. E con un gran salto da grillo esperto balzò via.

Passepartout restò solo a riflettere e pensò che c’erano molti modo di rubare: il suo, che consisteva nel sottrarre qualche oggetto alle persone, era il più semplice. Ma era un furto ben più complesso e grave quello di chi non remunerava adeguatamente il lavoro dei propri dipendenti; quello di chi evadeva le imposte; quello di chi, ricoprendo importanti cariche di governo, “rubava il futuro ai giovani”, nel senso che non si preoccupava di costruire un futuro per i giovani come lui. “Ma allora, pensò, come mai tutti se la prendono solo con me e non con tutti questi miei colleghi che sono ben più ladri di me?”Un giorno, rovistando in una soffitta nella quale si era intrufolato di nascosto, trovò un piccolo quadro, con la cornice in finto legno ad inquadrare un motto … “Chi ruba poco va in galera, chi ruba tanto fa carriera”. Entusiasta della scoperta corse dai suoi genitori: “Mamma, papà, ecco … ho capito perché mi sgridate: perché io rubo poco! Ma se miglioro e mi metto a rubare molto, farò carriera e voi sarete orgogliosi di me!”Non l’avesse mai detto! Papà e mamma montarono su tutte le furie … poi si calmarono e cercarono di spiegargli che quel quadretto era solo uno scherzo, un piccolo scherzo che qualcuno aveva inteso fare ad un amico … e lo mandarono nella sua cameretta a riflettere sui loro insegnamenti.

Passepartout questa volta non scappò di casa, anche perché la porta della cameretta non era stata chiusa a chiave e quindi … che gusto ci sarebbe stato a … forzarla? Pensa che ripensa, decise di tornare a parlare con il Saggio Grillo Parlante e tornò a fargli visita nella favola di pagina …. Il Grillo lo accolse con un sorriso: “Passepartout, che bello vederti! Sono sicuro che hai riflettuto su ciò che ti ho detto e non rubi più, vero?”. “No, Grillo, è che ho trovato un quadretto che mi ha creato un grosso problema”. E glie lo mostrò. “Eh, no, caro mio, gli disse il Grillo, si tratta di uno scherzo. La verità è che le regole della convivenza civile e del buon governo sono custodite in una cassaforte assai robusta che si chiama “Morale”, così ben chiusa che nessuno mai ha nemmeno provato ad aprire.

Ma cos’è la Morale?” Chiese Passpartout. E il Grillo rispose: “La risposta è chiusa nella cassaforte, caro mio … bisognerebbe proprio che qualcuno si decidesse ad aprirla! Posso solo dirti che se quelle regole fossero applicate, nel mondo non ci sarebbero più malattie, fame e guerre”. Passpartout pensò “Troppo bello per essere vero!” e volle capire se il Gufo diceva la verità. Decise quindi di aprire quella famosa cassaforte, per divulgare a tutti le regole della Morale. Un giorno, quando si fu ben accertato che da tempo nessuno più si interessava ai contenuti della Morale, per cui nessuno stava nemmeno cercando di aprirla quella cassaforte, si avvinò alla cassaforte e dopo qualche tentativo andato a vuoto, riuscì a forzarne la serratura. Quale stupore quando lesse le Regole Morali per così tanto tempo ignorate. Ecco, per comodità di voi che leggete questa favola, lui stesso mi pregò di ritrascriverle integralmente:

  1. Si deve ricercare il “bene comune” e non solo il bene di alcune persone.
  2. La Politica deve essere un Servizio per gli Altri e non per se stessi.
  3. La ricchezza deve essere distribuita fra tutti in modo non obbligatoriamente uguale ma in modo obbligatoriamente equo.
  4. La modernità consiste nel prendere atto che il mondo è di tutti, che le risorse del mondo sono limitate e che quindi occorre sobrietà nei consumi ed apertura verso chi ha più bisogno di te.
  5. Occorre dare un futuro a tutti, soprattutto ai giovani.

Passpartout fu sorpreso che un numero così limitato di regole potesse avere la capacità di rendere felice il mondo, ma tant’è ci volle provare. Stampò un gran numero di copie delle Regole Morali, le distribuì a tutti i suoi concittadini, le fece trasmettere dalle televisioni di tutto il mondo e … quale miracolo! Il Grillo Saggio aveva ragione: improvvisamente sparirono dalla faccia dalla terra malattie, povertà, guerre.

La morale della favola sulla Morale? E’ che la favola è finita, ma che il racconto deve continuare  non come favola ma come cronaca di una nuova realtà.

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LA CONQUISTA DELLA LONGITUDINE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Aprile, 2020 @ 1:04 pm

Detto altrimenti: la maggiore conquista dell’  “illuminismo nautico”     (post 3864)

A 2000 anni di distanza dalla rilevabilità della latitudine, restava irrisolto il problema della longitudine, sino allora semplicemente stimata con un enorme grado di approssimazione ed errore. Infatti:

  • Anche i più famosi navigatori (Cristoforo Colombo, James Cook con il veliero Endeavour; Sir Francis Drake, etc.), navigavano soprattutto grazie a complessi calcoli astronomici ed alla stima di rotte calcolate (cosiddetta navigazione stimata) sulla base della velocità della nave, dei venti e delle correnti, con risultati molto approssimativi sui quali contava moltissimo la componente “buona sorte”.
  • L’incertezza sulla rotta comportava ritardi nella navigazione dal che derivavano moltissime morti per scorbuto da esaurimento delle scorte. Nel settembre 1740: la Centurion del Commodoro George Anson, vagò dal 7 marzo al 9 giugno 1741 ad est ed ovest di Capo Horn, subendo una tempesta di 55 giorni, prima di riuscire ad individuare e ad attraccare all’isola Juan Fernandez: nel frattempo lo scorbuto aveva ucciso 250 di 500 uomini di equipaggio! Solo nel 1772 James Cook scoprì che i crauti marinati si mantenevano anche un anno e quindi fornivano le vitamine necessarie a prevenire l’insorgere della malattia (e forse fu proprio per questo motivo che quei crauti furono chiamati “marinati”!). La dieta era arricchita da malto e marmellata di carote.
  • In mancanza della determinazione della longitudine, tutte le rotte erano tracciate e seguite per uguali latitudini con il risultato di far incontrare anche navi che non si volevano o non si dovevano incontrare, provocando inutili scontri militari o agevolando atti di pirateria.
  • I naufragi per errori di rotta erano moltissimi. Uno per tutti: quello di quattro delle cinque navi da guerra inglesi al comando dell’ Ammiraglio Sir Clowdisley, alle isole Scilly, nelle acque territoriali inglesi, il 22 ottobre 1707, nel quale persero la vita circa 2.000 marinai. Il naufragio avvenne subito dopo che l’Ammiraglio aveva fatto impiccare per ammutinamento un marinaio che si era permesso di avvisarlo del suo errore di rotta!

8 luglio 1714: a questo punto la regina Anna fece emanare dal Parlamento inglese il Longitudine Act che offrì a chi avesse scoperto un metodo semplice ed efficace per determinare la longitudine di una nave in mezzo all’oceano i seguenti premi:

  • Lgs20.000, per approssimazioni di mezzo grado (34 miglia all’equatore, 17 miglia a 45° di latitudine; 0 miglia ai poli);
  • Lgs15.000 per approssimazione di 2/3 di grado (45 miglia all’equatore; 22,5 miglia a 45° di latitudine; 0 miglia ai poli;
  • Lgs10.000 per approssimazioni di un grado (68 miglia all’equatore, 34 miglia a 45° di latitudine; 0 miglia ai poli).

La soluzione non era stata trovata da Isacco Newton, da Galileo Galilei, da Gian Domenico Cassini, da Edmond Halley, etc., bensì da un artigiano autodidatta orologiaio inglese, John Harrison (1693-1776), il quale, superati i preconcetti contro una soluzione troppo “uovo di Colombo”, capì che il percorso longitudinale compiuto da una nave in un certo lasso di tempo, poteva essere individuato per mezzo delle differenze dei fusi orari. Quindi, oltre che a rilevare correttamente la propria latitudine basandosi sull’altezza del sole sull’orizzonte, sarebbe bastato che ogni nave avesse un orologio (presto chiamato cronometro) che continuasse a segnare l’ora esatta del e dal porto di partenza per confrontare il mezzogiorno dell’orologio con il mezzogiorno solare del luogo ove si trovava la nave per sapere di quanti gradi e miglia ci si era spostati in longitudine, sulla base di queste equivalenze:

  • 1 giro della terra in 24 ore corrisponde a 360° di longitudine;
  • 1 h equivale a 15° di longitudine;
  • ad 1 minuto corrispondono 22,5 primi di grado di longitudine in tutto il mondo;
  • ad 1 minuto all’equatore corrispondono 17 miglia;
  • ad 1 minuto a 45° di latitudine corrispondono 8,5 miglia;
  • ad 1 grado di longitudine corrispondono 4 minuti in tutto il mondo;
  • ad 1grado di longitudine all’equatore corrispondono 68 miglia;
  • ad 1grado di longitudine a 45° di latitudine corrispondono 34 miglia.

Quindi, conoscendo l’ora esatta secondo il fuso orario del e dal luogo di partenza (questo era il problema!) e confrontandola con il mezzogiorno solare locale della nave, si calcola – per ogni latitudine – la distanza longitudinale angolare e la distanza in miglia est-ovest compiuta dalla nave rispetto al porto di partenza, a sua volta già relazionato al meridiano fondamentale. In molti anni di lavoro, costruì cinque successivi modelli di un cronometro molto preciso e resistente ai fattori esterni (temperatura, oscillazioni, etc.) denominati Harrison1, e cioè H1, H2, H3, H4, H5.

Un esempio

Supponiamo che una nave rilevi col sestante di trovarsi a 45° di latitudine e riscontri una differenza di 12 minuti fra il mezzogiorno di partenza e il proprio mezzogiorno solare; poiché ad ogni 4 minuti di differenza corrisponde 1 grado di longitudine, lo scostamento è 3 gradi; la nave si trova quindi a 102 miglia est/ovest dal meridiano che passa dal porto di partenza (68 miglia per ogni grado all’equatore; diviso 2 in quanto si è a metà strada fra l’equatore ed il polo; moltiplicato per i 3 gradi riscontrati).

Ma quale grado di precisione deve avere l’orologio marino? I migliori orologi terrestri dell’epoca erravano di 1 minuto al giorno! Orbene, un orologio marino che fosse riuscito a mantenere anche in navigazione questa “precisione” (cosa assolutamente impossibile), in 40 giorni di navigazione (Inghilterra – Caraibi) avrebbe errato di 40 minuti e condotto ad un errore di 340 miglia!

  • Gli H1 erravano di 3 secondi al giorno per cui nell’esempio l’errore sarebbe stato di sole 16,8 miglia.
  • Gli H4 (1753 – 1759, peso kg.1,3) erravano di 4 secondi in 81 giorni! Quindi in 40 giorni di navigazione a 45° di latitudine l’errore all’arrivo fu di 360 metri e si aggiudicò il premio, la cui prima rata di Lgs10.000 fu pagata solo nel 1765, un anno prima della morte del suo inventore.

La commissione incaricata dell’assegnazione del premio fu sciolta solo dopo oltre un secolo, nel 1828. A quella data, per assegnare Lgs20.000, ne aveva spese oltre 100.000! Tutto il mondo è paese.

Gli orologi di Harrison sono esposti al National Maritime Museum di Londra.

(Etratto da “Makan anghiem” (in polinesiano “masticare aria”, l’equivalente del nostro andare a zonzo senza una meta, in questo caso per mare. Risposta data dal navigatore solitario giramondo dei mari, Bernard Moitessier, alla polizia che lo credeva un contrabbandiere di droga o altro – Conferenza del vostro blogger Riccardo dal titolo “Breve storia della navigazione a vela”)

Buon vento a tutti i velisti!

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DEBITO PUBBLICO IRREDIMIBILE 1

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Aprile, 2020 @ 7:20 am

Detto altrimenti: tanto tuonò che piovve ….   (post 3863)

Per chi si fosse messo in ascolto in questo momento: bond irredimibile è quello sul quale l’Ente emittente paga solo l’interesse (ad un livello più elevato dei colelghi redimibili); non è tenuto a rimborsare il capitale (che l’investitore può recuperare vendendo il titolo in borsa); che ha incorporata l’opzione di riacquisto da parte dell’Ente emittente (quando avesse avanzi finanziari da utilizzare). Vantaggi per l’Ente emittente: miglioramento della tesoreria; diminuzione del livello dell’indebitamento; migliore rating; migliore spread; migliore disponibilità finanziaria. Vantaggi per l’investitore: maggiore reddito. Nel 1935 l’Italia emise un prestito irredimibile di 42 miliardi di lire (oggi circa 45 miliardi di euro) al 5%, cedola semestrale, che andò letteralmente a ruba!)

Adelante Epana! Dopo mesi che anche qui sul blog scrivo di bond irredimibili, ieri sulla stampa leggo del “debito perpetuo” invocato dalla Spagna. Innanzi tutto diciamo che dire “debito perpetuo” è un ossimoro, sarebbe un po’ come dire “tacito tumulto” o “assordante silenzio”, in quanto se è un debito ha comunque una scadenza; se non ha scadenza, non è un debito.

Procedendo con ordine, occorrerebbe procedere come segue:

  • ogni Stato indebitato inizia ad emettere propri bond irredimibili nazionali (con un rendimento interessante per l’investitore) in sostituzione volontaria dei bond redimibili in scadenza, quindi senza drenare risparmio bancario;
  • ogni Stato inizia ad emettere anche nuove emissioni di irredimibili, drenando risparmio bancario;
  • un primo gruppo di Stati emette Eurobond irredimibili con un rendimento interessante (drenando anche il risparmio degli Stati non aderenti!) e ne trasferisce il ricavato agli Stati membri emittenti, anche in proporzione alla quota di irredimibili statali emessi e vincolando il trasferimento a specifici progetti concretamente verificabili.

Dice … ma quante risorse andrebbero trasferite agli Stati membri? Di più o di meno di adesso? Rispondo: di meno, in quanto nel frattempo ogni Stato membro avha già attivato i propri bond nazionali irredimibili. In tal caso infatti diminuirebbe il complessivo esborso del servizio finanziario di ogni Paese, non dovendosi rimborsare i capitali sottoscritti, per cui le maggiori risorse interne farebbero diminuire la necessità di trasferimenti dall’UE.

Dice ... ma allora questi irredimibili … sono come una tassa perpetua patrimonial a carico dell’Ente emitente? Rispondo: no, perchè l’Ente emittente paga interessi ed ha pur sempre l’opzione di riacquisto.

Dice … ma l’UE, dove troverebbe la finanza necessaria a far fronte al pur limitato servizio degli interessi?  Rispondo: poiché il ricavato dalle emissioni dei Eurobond UE irredimibili andrebbe trasferito ai singoli Stati, diminuirebbero i fondi oggi trasferiti dall’UE a ciascuno Stato secondo le regole attuali.

Dice ... ma son tutte rose e fiori? Rispondo: no, ci sono anche le spine. Una prima difficoltà è quella nella quale si potrebbero trovare le banche nazionali di fronte ad un calo dei loro depositi. L’altra difficoltà, che non avvenga come avvenne quando l’8 luglio del 1714,  dopo il naufragio della propria flotta alle Isole Scilly, nel quale l’Ammiraglio Sir Clowdisley Shovell, per un errore nel calcolo della longitudine, perse quattro navi su cinque e 2.000 uomini, il Parlamento inglese bandì una gara (“Longitudo act”)con un premio di 20.000 sterline per chi avesse inventato il metodo di calcolare con esattezza  la longitudine. La gara fu vinta dall’orologiaio John Harrison nel 1765, anno in cui gli fu pagata una prima rata di 10.000 sterline. La commissione valutatrice si sciolse nel 1828 dopo avere consuntivato proprie spese per 100.000 sterline. (Allo specifico riguardo si veda apposito post “Longitudine”)

Dice ... ma nel caso di bond italiani, quale sarebbe la novità più rilevante? Rispondo: al di là del rendimento e del possìbile riacquisto del titolo da parte dello stesso Ente emittente, la grande novità sarebbe che si drena il denaro che giace nello stagno dei conti correnti bancari a far da base alle operazioni speculative delle banche che – quale altro piatto della bilancia -vedrebbero (finalmente, n.d.r.) ridotta la loro possibilità di fare credito “facile”, con i vantaggi che ne seguirebbero.

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Dice … analogamente, nel caso di Eurobond, quale sarebbe il vantaggio concettuale significativo? Rispondo: si introdurrebbe una finanza democratica, cioè ad “azionariato” diffuso, sottraendo ai grandi investitori finanziari quella sorta di “potere ricattatorio” che hanno in occasione delle Forche Cudine delle scadenze e dei rinnovi delle grandi tranche di titoli redimibili.

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Tutto ciò comporta un serio impegno di studio dell’intero progetto che non può essere affossato sul nascere sulla base di affermazioni generiche. In ogni caso, anche a prescindere dalla realizzazione dell’intero sistema sopra adombrato, sarebbe interesse di ogni singolo Stato emettere i suoi bond irredimibili nazionali, regionali, provinciali e comunali. E poi, anche l’iniziare a studiare seriamente questo progetto, indurrebbe gli Stati “ricchi” a qualche riflessione circa la possibile fuga verso gli Stati “poveri” delle proprie risorse finanziarie private, attratte dal maggior rendimento.

Per ulteriori info, si leggano i tanti post pubblicati da metà marzo in poi.

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DESTRA, SINISTRA, CENTRO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Aprile, 2020 @ 6:00 am

Detto altrimenti: ex libris      (post 3862)

(oggi, 21 aprile 2773 ab Urbe condita)

Dal libro di Gustavo Zagrebelsky “Il diritto mite” (Ed. Einaudi, 1992)

Molti sono i concetti elaborati ed esposti neI libri che sto “studiando”. Ve ne riassumo innanzi tutto alcuni, quelli che riguardano un’evoluzione a tre stadi del rapporto legge-diritti.

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  1. L’état, c’est moi, lo stato sono io è l’espressione comunemente attribuita al re di Francia Luigi XIV, instauratore di una monarchia assoluta per diritto divino. Da lui derivava anzi “discendeva” tutto: leggi, doveri, diritti.
  2. Ma anche nelle monarchie costituzionali (Statuto Albertino) le leggi e soprattutto i diritti erano “creati” dallo Stato, appena temperati dall’esistenza dello Statuto.
  3. Con la nostra Costituzione sono stati riconosciuti diritti fondamentali (alla libertà di espressione, alla vita, al lavoro, alla salute, alla famiglia etc.) che non sono creati da leggi ma che sono preesistenti.

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Dal libro “Laicità grazie a Dio” di Stefano Levi Della Torre – G. Einaudi Ed., 2012

Questi diritti possono essere divisi, per certi aspetti, in due categorie: diritti civili (ad esempio, il diritto di voto, alla libertà personale e di espressione, etc.) e diritti sociali (diritto al lavoro, alla salute). Orbene, a fianco dei diritti vi sono i doveri: ad esempio il dovere di lavorare per contribuire alla vita della società, il dovere di assistere anziani e malati e così via, il dovere di votare. Si tratta di diritti e doveri che riconosciamo come innati, parte di una morale sopravvissuta ai tentativi anche recenti di ucciderla (fascismo, nazismo) ed in parte purtroppo anche attuali (non soccorrere in mare gli immigrati!) e che per i credenti si rifanno ai  contenuti morali di una religione che nel nostro caso non “è” morale, ma “ha” una morale: una morale che non è quella di non commettere i peccati contenuti nell’ “elenco dei peccati veniali e mortali” di una improbabile libretta, ma che si rifà alla strada segnata dal Vangelo delle Beatitudini (cfr. ivi). Ma restiamo sul piano non-religioso (non utilizzo il termine laico perché per me, credente, “laicità” non è l’opposto di religiosità, bensì significa pluralismo e tolleranza reciproca, nel che consiste la morale dell’ateo).

POLITICA OGGI. Vi è chi afferma che il binomio destra-sinistra non esiste più; chi ne afferma l’esistenza; chi crede nell’esistenza di una terza forza, il centro. Sta di fatto che da destra si insiste molto sui doveri: ad esempio sul dovere di “difendere i sacri confini della patria” da una sorta di secondo sbarco in Normandia ad opera di una “pericolosa flotta di gommoni semi sgonfi”! Da sinistra si insiste sulla difesa dei diritti civili e sull’antifascismo; un po’ meno – purtroppo – su quella dei diritti sociali (almeno così mi pare che sia accaduto negli ultimi decenni). Dice … e il CENTRO? Be’ se non altro non corre il rischio di essere accusato di estremismo (una sorta di etichettatura reciproca delle due ali) e si può dedicare alla difesa paritetica dei diritti (innanzi tutto recuperando terreno nel campo dei diritti sociali) e dei doveri.

Dal libro “Destra e sinistra – Ragioni e significati di una distinzione politica” di Norberto Bobbio. Ed Saggine/10, 1994.

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Norberto Bobbio fa una puntuale analisi delle tesi dei sostenitori e dei negazionisti della permanenza di questa distinzione dualistica, pur non nascondendo “da che parte sta”

Ed io, pur non nascondendo da che parte sto, mi sono permesso di accostare i libri dei 3 Autori (3+ 1, un semplice, umile blogger!) per invitare chi legge ad una riflessione: l’alternativa è destra-sinistra oppure destra-sinistra-centro? E se mi sbaglio nel porre la questione … mi corigerete!

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INCONTRI: PROF. MICHELE ANDREAUS – 2

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 20 Aprile, 2020 @ 11:12 am

Detto altrimenti: post (dopo) la Tempesta Covid19       (post 3861)

L’isolamento fisico non ci impedisce di far muovere la nostra mente, la nostra attenzione, il nostro desiderio di cercare di capire ciò che potrà accadere dopo l’attuale tempesta. Quale Presidente dell’ Associazione Restart Trentino (voluta quattro anni fa dalla Dr.ssa Donatella Conzatti, oggi Sen. Conzatti) ho pensato di utilizzare lo strumento di Trentoblog per promuovere un

EVENTO RESTART CON DISTANZIAMENTO SOCIALE

… ovvero un’intervista via e-mail al Prof. Michele Andreaus, Professore di Economia Aziendale presso l’Università di Trento, in merito ai possibili  contraccolpi che l’attuale pandemia avrà sul pensiero, sui  comportamenti sociali ed economici del domani. A tal fine la presente iniziativa in una qualche misura può essere considerata lo sviluppo ideale della precedente intervista che il professore volle gentilmente concedermi tempo fa (http://www.trentoblog.it/riccardolucatti/?p=46223).

1 – Professore, stagnazione, inflazione, deflazione, stagflazione, recessione … Oggi di cosa soffriamo? E domani?

Oggi soffriamo una crisi non nuova in assoluto, ma nuova nel senso che la nostra generazione non l’aveva mai vista. Si tratta di una crisi che colpisce il mondo intero, bloccando la gente in casa e bloccando i consumi. Senza entrare nel merito della crisi sanitaria, dal punto di vista economico la crisi parte sul lato dell’offerta, bloccando le catene di fornitura a livello mondiale e bloccando la produzione. L’emergenza sanitaria in molti paesi costringe la gente a restare in casa e quindi ora vi è un crollo dei consumi. Quando si uscirà dall’emergenza sanitaria, probabilmente la crisi sarà ancora sui consumi: meno viaggi, più timori, meno disponibilità e quindi un mondo che consuma meno e quindi un esubero di capacità produttiva e crisi aziendali. Più che crisi o recessione, io parlerei proprio di depressione, potrebbe essere la peggiore depressione della storia moderna, aggravata dal fatto che viviamo in un mondo globalizzato ed è quindi difficile da isolare e circoscrivere. Un incendio che sta bruciando il mondo intero.

2 – Una prima differenza che mi pare si possa cogliere rispetto alle crisi del passato è che per quelle si sono innanzi tutto studiate e individuate le cause scatenanti. Per quella odierna la causa è nota: occorre concentrarsi sulle conseguenze.

UniTN- Economia

La causa principale è l’impreparazione del mondo. Abbiamo speso migliaia di miliardi in armamenti e non abbiamo investito pochi miliardi per metterci prima in sicurezza. Le avvisaglie ci sono state, dalla Sars del 2001, all’aviaria, tutte risolte per il rotto della cuffia. Tutti i rapporti dell’OMS, l’ultimo di settembre 2009, sono rimasti inascoltati. La politica lavora sul consenso di brevissimo termine e stanziare risorse per un qualcosa che forse non avrà un ritorno elettoralmente, non si fa, dato che il politico non sa se quando scoppierà il problema lui ci sarà ancora. Poi … chiaro: il virus … un’economia globalizzata … un mondo che procede in ordine sparso … ormai siamo alle ordinanze rionali. Tutto il contrario di quello che avrebbe dovuto essere fatto. Le conseguenze potranno essere drammatiche se prevarrà la visione piccola e “di ombelico”, con default di banche e paesi interi e una desertificazione dell’economia che potrebbe durare molto a lungo. Se invece prevarrà una visione alta, che arrivi anche a prendere in considerazione una parziale ristrutturazione dei debiti futuri, si potrebbero anche contenere i danni. E’ evidente che bisognerà trovare un equilibrio tra l’azzeramento dei rischi sanitari e l’azzeramento dell’economia. A volte non si considera che la depressione economica ha effetti mortali che potrebbero essere più consistenti di quelli del virus.

3 – Il problema odierno può essere affrontato da diversi punti di vista: gli interventi da attuare con urgenza; come finanziarli con disponibilità e/o in deficit; gli interventi dell’UE all’interno dell’attuale sistema UE; come ricostruire il sistema. Molto meno si parla di come dovrebbe/potrebbe essere organizzata una nuova UE.

L’Italia è entrata nella crisi in braghe di tela: non ha disponibilità, crescita economica, margini di manovra.  In compenso ha un debito elevatissimo e la decrescita demografica. Il problema non sono i debiti futuri, ma la sostenibilità del debito passato, stante il crollo del PIL. L’Europa si è mossa molto, ed è stato necessario un periodo, breve, di presa di coscienza da parte della politica. Ora abbiamo a disposizione vari strumenti e altri ne verranno. Io sono dell’idea che tutto ciò che può essere attinto dall’Europa, vada preso. E di fatto stiamo anche già parlando di debito europeo, perché sarà questo che di fatto finanzierà il SURE per gli ammortizzatori sociali, o il recovery fund, per la ripartenza. Ma la condivisione di un debito europeo dovrà essere basata sulla condivisione di una fiducia reciproca, altrimenti siamo morti.

4 – Potrei porre la domanda in altro modo: prima del problema della copertura finanziaria, viene l’individuazione del fabbisogno; prima ancora la definizione della strategia; prima ancora il tipo di strumento (il soggetto) che dovrò operare. Non Le pare che si stia procedendo a ritroso?

Sì, perché manca la visione di insieme. Abbiamo una politica, soprattutto in Italia, che è caratterizzata da un’assenza di visione strategica e in parte da pulsioni antisistema. Riprendendo il discorso fatto nella domanda precedente, il debito europeo ci obbligherà di fatto a rivedere il concetto stesso di Europa, superando la finzione che sia l’Euro il collante. No, l’Euro è strumento, il collante siamo noi. E considero l’Euro una finzione perché fu un compromesso, il massimo del minimo per l’Europa del futuro. I padri dell’Euro (per l’Italia Ciampi e Prodi), ritennero che l’Euro fosse l’unico punto di partenza possibile, per arrivare poi a condividere altre funzioni: la politica economica e fiscale, del lavoro, previdenziale. Pensate quanto avremmo gestito meglio questa situazione con una politica sanitaria europea. Ma come pensiamo poter di gestire una pandemia mondiale con le ordinanze regionali o addirittura comunali, siamo semplicemente ridicoli, in un delirio di onnipotenza del sindaco di turno.

5 – Il soggetto: non sarebbe utile che un soggetto internazionale, ad esempio uno Stato, provasse a fare una analisi articolata dell’ ist (l’essere) ed una del soll (il dover essere) della nostra UE? E ciò per superare la fase delle semplici affermazioni di principio. Infatti non vorrei che non si progettasse una nuova UE nel timore che poi non sarebbe realizzata; e che non la realizzi perché appena abbozzata).

Le strisce! Mettiamole le strisce! (N.d.r.)

In parte ho già risposto prima. Se chiediamo, o pretendiamo, di condividere un debito senza pensare di condividere la fiducia, non andiamo da nessuna parte. Forse è la grande occasione, o forse l’ultima occasione che abbiamo per contare ancora qualcosa. Io sono ormai tra i pochi che si considera europeo prima che Italiano, perché è la nostra dimensione, fatta di culture e tradizioni diverse, ma è la nostra dimensione. Al di là del dibattito ignorante che talvolta leggiamo, Italia e Germania hanno molto più in comune di quel che pensiamo; stesso discorso per la Francia. Però dobbiamo fidarci, smetterla di vedere complotti e giocare la nostra partita. Poi è chiaro, se i nostri rappresentanti non vanno alle riunioni, se talvolta mandiamo a giocare in Europa la nostra serie C e perdiamo, non sono gli altri ad essere cattivi, ma siamo noi che ci diamo la zappa sui piedi (si potrebbe usare un’altra espressione, ma teniamo buona questa per decenza).

6 – Dopo il fallimento dei due sistemi economici opposti, comunismo e capitalismo globalizzato, ci sarà spazio per una riconversione verso un terzo sistema non estremizzato e più equilibrato?

Io credo nel capitalismo, ma in questi anni non abbiamo vissuto il capitalismo, ma il “finanziarismo”. La finanza di breve termine anteposta alla produzione di beni e servizi ed alla dignità dell’uomo. Ecco, un capitalismo attento all’umanesimo, se vogliamo che si rifà anche alla dottrina sociale della Chiesa, che mette al centro l’Uomo e non la performance finanziaria. Forse potremmo provarci, altrimenti avremo un mondo ancora più diviso, con una clessidra sempre più sottile al centro, con molte fasce della popolazione ai limiti della sussistenza e pochi super ricchi, e al centro la scomparsa della famosa middle-class, che probabilmente scivolerà verso il basso, non salirà certo in alto.

7 – Sul piano concreto: quali saranno gli effetti della pandemia sulla struttura sociale, sulla organizzazione e produzione aziendale, sul consumo?

E’ presto per dirlo, ci sono troppe variabili in gioco. Per un paio d’anni vivremo in un mondo che consuma meno e nel quale sarà molto più costoso vivere, perché sarà più costoso produrre. Se per il distanziamento un ristorante deve dimezzare i coperti, i suoi costi fissi rimangono gli stessi, anzi, probabilmente aumentano. Stesso discorso per i viaggi di lavoro e per quei pochi di turismo. Quindi si consumerà meno e la depressione morderà e parecchio.

8 – Dopo la seconda guerra mondiale furono creati IRI e IMI. Oggi forse occorrerebbe un IRI-Istituto per la Riconversione Industriale, magari anche -UE?

Certamente bisognerà fare delle scelte strategiche ed alcuni settori potrebbero essere nazionalizzati. Si tratta di fare delle scelte. Io non ho mai creduto nello stato imprenditore, ma talvolta e per periodi limitati è necessario. Bisogna stare attenti però a non considerare l’aiuto alle imprese come strumento di politica sociale. Tenere in vita un’impresa (penso ad esempio ad Alitalia) solo per tutelare i lavoratori, non risolve il problema, lo sposta un po’ in avanti, generalmente ingrandendolo.

9 – Occorre una riconversione che parta dalle persone e non dalle aziende. Infatti se un’azienda si riconverte tout court (Unicredito), licenzia 5.000 persone che non potranno riconvertirsi.

Il discorso che ho fatto poco sopra: un capitalismo che mette al centro l’uomo, con il profitto come mezzo e non come fine. Facile a dirsi, ma molto difficile nei fatti. Unicredit, tanto per fare l’esempio, non licenzia perché i vertici sono cattivi, ma perché se non fanno così, il mercato licenzia la banca. Loro non rispondono ad un azionista con nome e cognome, ma al mercato finanziario. Se i nostri piccoli investimenti rendono meno perché è stato messo al centro l’uomo, siamo contenti o ci lamentiamo? Prima o poi dovremo anche arrivare ad elaborare le nostre ipocrisie, piccole e grandi che siano.

10 – La prima riconversione riguarda la scuola che deve dare agli alunni non solo la capacità di eseguire i lavori attuali, ma anche la conoscenza che permetterà loro di imparare i lavori futuri.

La scuola italiana non è male, ma ha perso quella funzione anche di ascensore sociale che aveva in passato. Dobbiamo credere nella bontà del nostro sistema formativo, che prepara bene, pur lavorando in un contesto molto complicato. Se solo incominciassimo a credere veramente nella formazione come investimento e non come costo da tagliare … Ma è soprattutto qui che si vede che l’Italia è un paese morto, dove non si penalizza chi lavora male e non si premia chi lavora bene.

11 – L’etica aziendale del risultato ha condotto al cinismo delle multinazionali; per converso l’etica dei soli principi condurrebbe al fondamentalismo (Norberto Bobbio, Elogio della mitezza e altri scritti morali). Può esistere un’etica aziendale frutto di un compromesso, come ci ricorda Paolo Mieli nel suo bel volume “I conti con la Storia”?

La vita è fatta di compromessi, il compromesso è il cemento che tiene assieme i pezzi della nostra vita. Guai se non ci fosse. Poi a volte lo si cerca a tutti i costi, viene visto come il mezzo per raggiungere il fine. Se invece che la parola compromesso usassimo l’espressione “punto di equilibrio”, la sensazione sarebbe migliore. Però è necessario trovare un compromesso alto tra etica e valori: in passato siamo riusciti, in molte aziende ci sono imprenditori illuminati che ci riescono. Quindi è possibile.

12 – Mi risulta che per le loro posizioni apicali molte aziende ricerchino laureati in filosofia e sociologia. Mi rifaccio al libro di Pier Luigi Celli “Il potere, la carriera e la vita – Un mestiere vissuto controvento”: Celli, un manager alla Adriano Olivetti, il quale fra l’altro fu il primo ad assumere per la posizione di DG un laureato in filosofia.

Laureati in filosofia e matematici. Per la capacità di ragionamento e per la flessibilità nell’affrontare problemi nuovi. Le tecnicalità si possono sempre imparare ed evolvono nel tempo. La capacità di analisi o la impari a scuola e all’università, o dopo è dura …

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Adriano Olivetti

13 – Ultima domanda. Democrazia e democrazia aziendale: interconnesse? Reali o fittizie? La maschera democratica dell’oligarchia (Canfora-Zagrebelksky) trova un riscontro anche nella democrazia aziendale, la quale consiste nella vittoria del funzionigramma sull’ organigramma e nella vittoria dell’intelligenza collettiva su quella individuale?

La democrazia aziendale è molto difficile da attuare. In azienda tendenzialmente ci deve essere la democrazia della responsabilità. Il processo decisionale può essere partecipato, ma alla fine la responsabilità della decisione deve cadere su poche persone. Forme di governance democratiche sulla carta, scontano spesso un bias di democrazia e di trasparenza proprio per la deresponsabilizzazione dei vertici, soprattutto nel caso di imprese di grandi dimensioni. Qui infatti il meccanismo per occupare i posti di responsabilità è spesso slegato dal merito e molto più vicino alle dinamiche dell’elezione politica, che non fa certo del merito uno dei valori prevalenti. E questa è a mio avviso la negazione della democrazia aziendale. In definitiva secondo me la democrazia aziendale deve essere basata sui valori e sulla responsabilizzazione.

Grazie professore per la Sua disponibilità e i Suoi contributi, anche da parte degli associati Restart e dei lettori dei miei post! Comunque a sentirci europei prima che italiani siamo almeno in due!

Scrive Ernesto R.: “Complimenti!  Purtroppo, con molta più competenza di me, esprime in modo articolato quanto ho compreso e penso della “depressione “ grave che seguirà ed accompagnerà la emergenza sanitaria. La Politica mi pare decisamente “balbettante “ ed incredibilmente incapace di un minimo denominatore comune. Che tempi duri ci aspettano! Buona serata con cari saluti”. Rispondo: grazie dell’intervento, Ernesto R.: la Politica siamo anche noi piccole gocce, e questo nostro agire e questa tua attenzione rappersentano piccole gocce che vanno in un ruscello che va in un fiume che va in un mare che va in un oceano!

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