DEMOCRAZIA E SEGRETO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Agosto, 2020 @ 5:23 am

Detto altrimenti: Democrazia come governo visibile  (post 3974)

“Democrazia e segreto” un piccolo grande libro di tale Bobbio dr. Umberto (Einaudi, Saggi, 2011, 53 paginette per €9,00).

Democrazia come governo visibile: Bologna, Ustica, Piazza Fontana. E se ci sono “servizi segreti” questi devono essere visibili da parte del Governo. Non che gli Anglosassoni brillino per democrazia (vera), ma almeno “fuori al portone” hanno apposto la targa che indica che quelli sono gli uffici dei loro servizi “segreti”. Ora Bobbio non nega la funzionalità e la necessità dei servizi segreti, purchè non operino atti politicamente rilevanti senza avere potere e responsabilità politica, anzi, “cercando di sottrarsi alle normali responsabilità civili, amministrative e penali (pag. 14, op., cit.) … tralasciando io di trattare in questa sede il pur grave aspetto morale”. E continua (pag. 16): “ Non esiste democrazia senza opinione pubblica, senza la formazione di un pubblico che pretende di avere diritto a essere informato delle decisioni che vengono prese nell’interesse collettivo e di esprimere su di esse la propria libera critica”.

Democrazia come governo visibile: Trentino. Smetto di citare l’opera di Bobbio, tanto scommetto che andrete a comperare questo libretto.  Vengo al nostro Trentino. Il Presidente della Giunta Provinciale mantiene il segreto su come intende spendere i 350 milioni che sono arrivati dallo Stato. Lo mantiene fino a quando deciderà ci comunicare ex post cosa avrà deciso.  Eppure la nostra democrazia si fonda – fra l’altro – sul principio della separazione dei poteri e il potere esecutivo (il governo, qui da noi la giunta provinciale) dovrebbe dare esecuzione alle decisioni del potere legislativo cioè del parlamento (qui da noi del consiglio provinciale).

Democrazia come governo visibile: Genova. Smetto di parlare del nostro governo autonomo (in questo caso “troppo” autonomo) e vengo alla “mia” Genova (d’origine). Ieri alle 18,00 abbiamo assistito in diretta TV alla cerimonia dell’inaugurazione del Ponte Genova S. Giorgio. Brava Genova che hai sofferto vittime, danni economici e disagi d’ogni tipo, brava Genova che ce l’hai fatta ancora una volta! Qui non ci saranno segreti: chi ha sbagliato deve pagare. E già che ci sono, pur essendo io sampdoriano, sono contento che il Genoa non sia astato retrocesso in serie B. A parte l’inno nazionale suonato all’arrivo del Presidente della Repubblica Mattarella, la colonna sonora della cerimonia è stata la canzone di Fabrizio de Andre Creuxa de ma: eccola qui, a beneficio dei non-Liguri

Creuxa de ma’

Umbre de muri muri de mainè / dunde ne vegni duve l’è ch’anè./ De ‘n scitu duve a lun-a a se mustra nua / e a neutte a n’a puntou u cutellu a ghua. / E a munta l’ase u gh’è restou Diu / u diau l’è in ce e se ghe faetu u niu. / Ne sciurtimu da u ma’ pe sciugà e ossa da u Dria / a funtan-a di cumbi nta ca’ de pria. / E in ta ca’ de pria chi ghe saià / in ta ca’ du Dria che u nu l’è mainà. / Gente de Luganu facce da mandillà / quei che de luassu preferiscian l’a./ Figge de famiggia udù de bun / che ti peu ammiale sensa u gundun. / E a ste panse veue cose ghe daià / Cose da beive cose da mangià. / Frittua de pigneu, giancu de Portufin / cervelle de bae ntu u meiximu vin. / Lasagne da fiddià ai quattro tucchi / paciughi in agrouduse de levre de cuppi. / E’ n sca barca du vin ghe navughiemu ‘n sci scheuggi / emigranti du rie cu’ i cioi ‘nti euggi./ Finchè u matin crescià da pueilu recheugge / praticament fre du ganeuffeni e de figgie. / Baccan da corda marsa d’aegua e de sa / che a ne liga a ne porta nte ‘na creuxa de ma.

Creuxa di mare

Ombre di facce, facce di marinai / da dove venite dov’è che andate./ Da un posto dove la luna si mostra nuda / e la notte ci ha puntato il coltello alla gola. / E a montare l’asino ci è rimasto Dio / il diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido. / Usciamo dal mare per asciugare le ossa dall’Andriano / alla fontana dei colombi  nella casa di pietra. / E nella casa di pietra chi ci sarà / nella casa dell’Andriano che non è marinaio. / Gente di Lugano facce da tagliaborse / quelli che della spigola preferiscono l’ala. / Ragazze di famiglia odore di buono / che le puoi guardare senza il preservativo. / E a queste pance vuote cosa gli darà / cose da bere cose da mangiare. / Frittura di pesciolini, bianco di Portofino / cervella di agnello nello stesso vino. / Lasagne da tagliare ai quattro sughi / pasticci in agrodolce di lepre delle tegole (gatto, n.d.r.). / E nella barca del vino ci navigheremo sugli scogli / emigranti della risata con i chiodi negli occhi. / Finchè il mattino crescerà da poterlo raccogliere / praticamente fratello dei garofani e delle ragazze. / Padrone della corda marcia d’acqua e di sale / che ci lega e ci porta in una creuxa di mare.

P.S.: la creuxa è la stradicciola che scende dalle alture verso il mare, spesso “vista mare”, spesso fra muri che delimitano le “ville”, cioè i poderi/masi dei baccan (contadini), muri spesso sormontati da offendicoli realizzati con cocci di bottiglia.

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FOTOBICIPOST

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Agosto, 2020 @ 6:22 am

Detto altrimenti: quasi senza parole       (post 3973)

Chardonnay con antifurto
Ieri e oggi ad Appiano
Autunno un Valsugana
Baia di Sogno sul Garda
Bianco, rosso e verde
Borghetto all’Adige
Barbeque al Lago di Cavedine
Dialoghi a Toblino
Donne e motori
Il Lago di Tenno visto dall’altra parte
Trasporto intermodale
Ravennate
Al mare … ma non esageriamo!
Noi siam come le lucciole, pedali nelle tenebre …

Tramonto a Malcesine
E’ l’Ora del Garda!
“Nonno, mi comperi questa?”
Terlago-Ranzo-Molveno e ritorno: laggiù il Maso Limarò
Incontri
IWO JMA in Val Concei
Fiab Bolzano e Trento sulla Ponale
Fondo, Val di Non: “Ma quella … non è la bici di Riccardo?”
Mission impossible
La bandiera sul campanile (di Pomposa)
Prima del Pordoi
Strada romana al passo del Ballino
Antiquariato
Traversata del Lago di Cavedine
Verso Cortina
Le Cavre (da Ceniga a Pietramurata)
Rovereto Borgo Sacco
Un Buon Consiglio: visitate Trento in bici!
Il Duomo di Trento
Iguazu in Val di Sarca
Lago di Toblino
In laguna
Il ponte delle Zigherane a Rovereto

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TITOLI DI DEBITO O DI RENDITA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Agosto, 2020 @ 6:25 am

Detto altrimenti: un articolo scritto da me due mesi fa … (post 3972)

Sono balzati recentemente alla ribalta i BOC-Buoni Ordinari Comunali e i Titoli Irredimibili di Rendita. Parliamone un po’. I BOC sono titoli di debito – ovvero redimibili – emessi dal Comune secondo l’art. 35 della L. 724 del 23.12.94 con durata non inferiore a cinque anni, il cui ricavato è utilizzabile solo per investimenti, aventi un rendimento per l’investitore fino ad 1 punto superiore al rendimento dei titoli di debito di Stato (quindi oggi potrebbero rendere 3,4%) ed un regime fiscale ridotto al 12,50%.

Questi titoli sono convertibili nelle azioni delle società di scopo pubblico-private create per la realizzazione dei relativi investimenti.

Questo strumento sarà oggetto della mia proposta quale candidato di Trento Viva alle prossime elezioni comunali, in quanto tende a trasformare il capitale privato degli investitori da capitale di credito in capitale di rischio, cioè in azioni di SpA e a convogliare verso investimenti anziché verso la spesa corrente di gestione le risorse finanziarie private raccolte dal settore pubblico.

Il problema non è indebitarsi si/no, ma come gestire la finanza disponibile e/o raccolta attraverso l’indebitamento. To be or non to be able … essere o non essere capaci … di fare fruttare il denaro. That is the question )

In parallelo si è molto discusso di un’altra caratteristica dei titoli pubblici, ovvero della loro possibile irredimibilità: sono titoli irredimibili quelli rispetto ai quali l’Ente emittente è impegnato solo al pagamento degli interessi ma non alla restituzione del capitale, rispetto al quale mantiene l’opzione al riscatto. Si tratta di uno swap, uno scambio: l’investitore riceve un rendimento maggiore (oggi potrebbe essere intorno al 4%, con formula rivedibile ad esempio ogni 5 anni) e in cambio concede che il rimborso del capitale non gli sia dovuto dall’ente emittente bensì dalla vendita dei suoi titoli nella borsa valori. Sono evidenti i vantaggi per le due parti in causa: l’una riceve una rendita maggiore; l’altra non è tenuta ai rilevanti esborsi in linea capitale ed inoltre può annoverare queste emissioni al di fuori del computo del livello del proprio indebitamento. I TIR-Titoli Irredimibili Rendita potrebbero iniziare ad essere emessi in Italia gradualmente, in sostituzione volontaria delle tranche di titoli redimibili in scadenza. Successivamente nuove emissioni potrebbero essere collocate tramite le banche, le quali percepirebbero una loro commissione ma soprattutto – contribuendo ad avviare la trattazione in borsa dei titoli in questione – potrebbero attivarsi   “sdebitandosi” verso il sistema pubblico degli aiuti ricevuti a sanatoria della loro mala finanza del recente passato.

Titoli patriottici, come missili Patriot lanciati contro chi li emette

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Recentemente sull’idea e sulla scia di cui sopra, riportata all’attenzione da un libro di De Marchi/Lucatti- “Ricostruire la Finanza – riflessioni e proposte sull’emergenza”, si è inserita una proposta diversa e assolutamente non condivisibile di far emettere dallo Stato Titoli prima a lunga scadenza (quindi redimibili) poi senza scadenza (irredimibili) con due particolarità: riservati agli investitori italiani (“patriottici”) ed esentasse. Al che osservo quanto segue:

  • la lunghissima scadenza non toglie al titolo la caratteristica di debito;
  • escludere gli investitori stranieri significherebbe rinunciare ad un importante flusso di investimenti esteri, e “scontentare” chi da anni e per anni ha contribuito al buon esito delle aste dei nostri titoli pubblici di debito; inoltre significa scavare un solco fra l’Italia e l’UE con una finanza che divide anzichè colmarlo con una finanza che unisca;
  • se poi queste emissioni riservate fossero per di più esentate da ogni forma di tassazione, esse rappresenterebbero un ingiusto regalo ad una fetta (ricca) della cittadinanza e attrarrebbero a sé i depositi bancari, mettendo in crisi il nostro sistema bancario.

A livello UE, ove questi titoli Rendita a livello UE fossero emessi anche solo da una parte degli stati, essi attrarrebbero a se’ gli investimenti della finanza privata anche degli stati non partecipanti all’emissione. Sarebbero quindi uno stimolo all’emissione di Bond UE irredimibili/redimibili da parte di tutti i paesi UE.

L’OBIETTIVO DELL’AGIRE E LA SUA RAGIONE

Le strisce! Mettiamole le strisce!

La conclusione: di ogni iniziativa occorre aver chiaro l’obiettivo dell’agire e la ratio, ovvero la ragione dell’agire. L’obiettivo è procurare agli Enti pubblici il denaro necessario alla realizzazione degli investimenti necessari a riconvertire lo sviluppo verso il nuovo modello che ci è imposto “anche” dal dopo pandemia; la ratio che induce ad utilizzare questi strumenti è duplice: 1) l’opportunità di attivare l’enorme disponibilità finanziaria privata (in Italia due volte superiore al livello del debito pubblico!) verso scopi pubblici senza imporre alcuna tassa patrimoniale, bensì su base volontaria e 2) la necessità di avvicinarci sempre di più all’UE anziché prenderne le distanze.

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ELETTORALE 22 – I SOGGETTI, I LUOGHI E DI TEMPI DEL PENSIERO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 31 Luglio, 2020 @ 7:57 am

Detto altrimenti: forse sbaglio a definire questi miei post “elettorali”: in realtà evidenziano problemi di sempre     (post 3971)

I soggetti. A 29 anni ero impiegato di banca, istruito in tutti i settori, con stipendio x; a 30 anni ero dirigente in un piccolo gruppo privato, con stipendio 2,5 x ; a 32 anni ero dirigente capo finanza in una grande finanziaria pubblica con stipendio 5 x.; a 34 anni tenevo conferenze alla Milano finanziaria. Perdonate questo antipatico riferimento personale, lo faccio solo per dire che … io ero sempre lo stesso, che le nozioni, le idee che avevo appreso durante i miei primi impieghi, applicate in ambiento sempre più grandi, mi consentirono di avere una visibilità molto maggiore e di produrre grandi risultati. Ma io ero sempre la stessa persona. Traduco: le grandi idee possono venire a chiunque, anche a chi non è sindaco o presidente della provincia. Solo che se hai una buona visibilità, le puoi diffondere e realizzare molto più facilmente.

In banca ho gestito il rischio di cambio di qualche cliente. Lo stesso ho fatto – fra le altre cose – nel piccolo gruppo privato. Nalla grande finanziaria pubblica – fra le altre cose – ho impostato e gestito il rischio di cambio del più grande gruppo finanziario e industriale delle telecomunicazioni e dell’elettronica del paese, comprendente decine di SpA controllate: la STET-Società Finanziaria Telefonica per Azioni, Torino/Roma. Ed io ero sempre la stessa persona.

I luoghi. Già parlando dei soggetti ho accennato ai luoghi del pensiero. Ora voglio concentrarmi sui luoghi amministrativi del pensiero, e cioè sulla catena degli enti pubblici Comune, Provincia, regione, Stato, UE. Spesso si pensa – erroneamente – che coloro che si occupano di un Comune debbano limitare il proprio pensiero ai problemi “comunali”: i marciapiedi, i servizi pubblici locali, etc.. Per farmi capire meglio, si pensa che debbano “pensare da sei” come quello studente non molto impegnato che dichiara di volere “studiare da sei”, così, tanto per raggiungere la sufficienza. Eppure ogni decisione assunta negli Enti Pubblici Successivi (che non definisco “superiori”: Provincia, Regione, Stato, UE) in ultima analisi producono effetti sulle persone cioè sui cittadini. Ecco che interviene il principio di sussidiarietà “Non faccia l’Ente “superiore” (io avrei scritto “successivo”) ciò che può fare (meglio) l’ente “inferiore” (io avrei scritto “anteriore”). Ma non basta stabilire l’ordine delle priorità e delle titolarità del “fare”: occorre stabilire anche l’ordine delle priorità e delle titolarità del “pensare”. Due esempi: si deve decidere se e come dotare l’Università del capoluogo di una nuova facoltà. I professori, gli studenti, gli addetti vivono e lavorano in città. Gli edifici sono urbani. La decisione chi la deve prendere: la città o la provincia? Io direi la città, anche se la provincia potrà-dovrà finanziare in buona parte l’operazione. Lo stesso ragionamento vale per una funivia che colleghi la città alla sua montagna. Lo stesso vale per la decisione di chiudere o meno i negozi la domenica o per dire se il capoluogo sia città turistica o meno. In altre parole, la città è il soggetto ma è anche il luogo del primo pensiero e della prima decisione.

I tempi. Il pensiero deve maturare sempre. Il problema è “quando renderlo pubblico” per evitare l’azione cappellificio. Cos’è questa azione? Quella di colui che è pronto a mettere il proprio cappello sull’idea altrui. Dice … ma tu caro blogger sei un malpensante! Ebbene sì, lo confesso, solo che a pensar male si fa peccato ma si indovina. E poi anch i nostri cugino spagnoli lo dicono: piensa mal y acertaras!

Alle prossime elezioni comunali grazie se crocetti questo simbolo e se a fianco scrivi: Riccardo Lucatti, Elisabetta Zanella, Roberto Sani.

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ELETTORALE 21 – SOGGETTI, LUOGHI E LINGUAGGI DELLA POLITICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 30 Luglio, 2020 @ 3:45 pm

Detto altrimenti: i soggetti, luoghi e i linguaggi della politica       ( post 3970)

I soggetti. Politica, dal greco teknè politikà, tecnica di amministrazione della polis, della città stato, dello stato. Noi da tempo abbiamo sostantivato l’aggettivo e abbiamo perso per strada non solo la componente lessicale, ma spesso anche quella sostanziale. Cosa? Mi accusate di pensare e scrivere che molti “politici” non hanno teknè? Be’ … lo confesso, lo sto pensando e già che ci sono lo scrivo anche: d’altra parte se per “essere un politico” ad esempio un parlamentare, basta avere raccolto chessò 200-300 like su una rete web!  Dice … ma allora tu sei un classista elitario, un “aristocratico”. Ebbene, yes I am, aristocratico nel senso letterale: “il potere (politico) ai migliori”. Traduco: vi fareste mai operare di appendicite da uno che non fosse un chirurgo? Mettereste mai alla guida di un bus di linea una persona senza la patente del giusto grado e con la comprovata esperienza? Accettereste che a insegnare la matematica ai vostri figli fosse una persona digiuna della materia? O che a progettare la vostra casa fosse un sarto? No di certo! Come vedete, in questi casi occorre una laurea ed una specializzazione oppure tanta comprovata esperienza in materia. Insomma, non è sempre necessario “essere studiati” come si dice italianizzando una simpatica espressione dialettale trentina; in certi casi basterebbe almeno avere l’esperienza necessaria in materia.

Matteo Renzi e il nostro candidato sindaco Franco Ianeselli

I luoghi. Ora, parlando di una materia oggi all’ordine del giorno, e cioè la riapertura dei cantieri e il rilancio di opere pubbliche, occorre vedere quali debbano essere i luoghi dello studio, dell’approfondimento, della progettazione da un lato , e quali quelli della decisione dall’altro. Matteo Renzi spiega così il problema: “L’ingegnere progetta il ponte, la politica decide se e dove realizzarlo”. Un ponte o una una funivia: vi sono molte modalità tecniche e finanziarie per realizzare queste opere. Ebbene, sta all’ingegnere, al manager, all’esperto di finanza “aiutare” il politico nel senso di predisporre autonomamente tutte le possibili soluzioni e di sottoporle poi alla sua scelta politica. E guai se un campo invade l’altro: guai se il tecnico pretende di fare la scelta finale o se il politico pretende di trasformarsi in ingegnere, in manager, in esperto di finanza. Nel primo caso, il tecnico pretende di esercitare un potere che non possiede ne’ originariamente né come potere delegato; nel secondo caso, il politico, per competente che sia in materia egli stesso, conduce la discussione del problema in un ambiente (una commisione o un consiglio comunale, ad esempio) nel quale molto spesso solo una minoranza si è preparata sul tema specifico, mentre la maggioranza lo sosterrà o lo contrasterà solo su basi ideologiche e strumentali.

Matteo, classe 1974, dedica una copia del suo libro a me (classe 1944)

I linguaggi. Ve ne sono di tipi assai diversi. Innanzi tutto abbiamo il politichese, quel dico e non dico che dice tutto e il contrario di tutto, quello che nel caso migliore non sa andar oltre un’affermazione di principio. Poi vi è il tecnocratese, il linguaggio del tecnocrate, il quale, data la complessità della materia che egli tratta, anche se è in buona fede utilizza un linguaggio che – a differenza del politichese – ha sì dei contenuti, ma che risulta assolutamente incomprensibile da parte di chi dovrebbe controllarne l’operato che descrive, cioè da parte di Cittadini. Il che fa del tecnocrate un despota a sua insaputa. Vi è infine il  linguaggio giusto, pieno di contenuti e assolutamente comprensibile da parte di tutti. Ecco, questo dovrebbe essere il vero, l’unico linguaggio del politico e del tecnocrate. Esso si divide in due stili: quello della lingua scritta e quello della lingua parlata. Vanno bene entrambi.

Riccardo e Franco: attenti a quei due!

Alle prossime elezioni comunali di Trento, il 20 e 21 settembre 2020, grazie se crocettate il simbolo della lista +TRENTOVIVA (a sostegno del candidato sindaco FRANCO IANESELLI) e grazie se accanto scrivete tre nomi: Riccardo Lucatti, Elisabetta Zanella, Roberto Sani.

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ELETTORALE 20

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 29 Luglio, 2020 @ 6:52 am

Detto altrimenti: oggi manifesti strappati. A quando i manganelli?    (post 3969)

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Regime fascista: manifesti strappati, libri bruciati, censura totale. Tristi ricordi. Umberto Eco nel suo splendido breve ma fondamentale libro “Il fascismo eterno” (La Nave di Teseo ed. €5,00) ci avverte: “Non dobbiamo avere la pretesa di vedere sfilare plotoni di camice nere o sentire odore di olio di ricino per capire chi e cosa sta arrivando. Molti altri sono i segnali sotto traccia ma ugualmente puntuali premonitori del pericolo imminente”.

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E ieri una mia collega, Nusrat Jahan Khan candidata come me alle prossime elezioni provinciali, nata in estremo oriente e trentina da oltre trent’anni, ha sorpreso due ragazz(acc)i a strappare i nostri manifesti elettorali in via Fratelli Bronzetti, poco lontano dalla farmacia S. Giuseppe. Ha protestato fermamente e garbatamente, ma è stata insultata con epiteti razzisti (“Qui c’è posto solo per …! Torna al tuo paese, ….!) al punto che – pur spaventata – ha cercato di fotografarli ma i due “coraggiosi” sono scappati a gambe levate.

Noi sosteniamo Matteo Renzi e il candidato sindaco di Trento Franco Ianeselli. Quei tali un altro Matteo e un altro candidato sindaco.

Ah … scusate, dimenticavo: la razza è una sola, quella umana!

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ELETTORALE 19

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 28 Luglio, 2020 @ 6:59 am

Detto altrimenti: alle prossime elezioni comunali, andiamo tutti a votare!  (post 3968)

  • Il mio candidato sindaco: FRANCO IANESELLI
Riccardo è per Franco
  • La mia lista che lo sostiene: PIUTRENTOVIVA che si scrive anche così +TRENTOVIVA
  • A fianco del simbolo grazie se scrivetre tre nomi, purchè sia rispettato il genere diverso come segue, ovvero, una delle due seguenti terne:
  • Riccardo Lucatti, Elisabetta Zanella, Roberto Sani
  • Riccardo Lucatti, Elisabetta Zanella, Ileana Olivo.

Cosa voglio portare all’interno del Comune?

Alla scuola, non solo capacità ma anche conoscenza; all’ Università, un campus diffuso; al sociale: l’attenzione anche agli invisibili alle anagrafe; alla città: essere sempre più bella, sicura, turistica, montana, storica, regionale, euroregionale, UE; alla lira, di non tornare; all’Euro: di restare; al quartiere  Bondone: la funivia e il gas metano; alle SpA comunali: maggiore managerialità; alla finanza 1: di coinvolgere volontariamente la finanza privata; alla progettualità: di essere progettata bene così da essere finanziabile; alla finanza 2: di finanziare le buone progettazioni; al potere, essere sempre unito alla responsabilità; alla responsabilità, essere sempre unita al potere; alla burocrazia, non essere più un potere ma un dovere; al linguaggio, essere sempre comprensibile; al modo di fare politica: non essere retorica, demagogica, populista, sovranista; alla democrazia 1, essere sempre più vera e parlamentare-rappresentativa, non “diretta” da qualcuno; alla democrazia 2: di non essere il potere sul popolo; alla democrazia 3, di non essere lo strapotere delle reti; alle leggi: di essere semplici e veramente uguali per tutti; ai giovani, il frutto dell’esperienza della mia vita; agli anziani, la vicinanza dei giovani e delle istituzioni; alle RSA, l’indipendenza dalla Provincia; all’ordine delle priorità, essere continuamente aggiornato; ai disoccupati, il lavoro non i sussidi; alla Valdastico, l’intermodalità trentina; all’ intermodalità trentina, la Valdastico; alla mobilità urbana, le biciclette; al turismo, il cicloturismo, il ciclo escursionismo e i dislivelli anche in estate; al Comune, essere una fucina di pensiero; al pensiero, essere sempre più dialogante e diffuso; al rapporto Comune-Provincia, il principio di sussidiarietà; alla libertà, essere partecipazione.

La libertà non è star sopra un albero      (stare semplicemente a guardare)
Non è neanche il volo di un moscone     (il pensiero di un leader)
La libertà non è uno spazio libero           (fare ciò che si vuole)        
Libertà è partecipazione                            è   partecipare al voto!

Ancora un pensiero

Il Comune è il luogo geometrico dei punti nel quale vivono i Cittadini, ovvero tutti e solo coloro sui quali ricadono gli effetti delle decisioni comunali, provinciali, regionali, euroregionali, statali, europee. Ecco che il nostro pensiero di Cittadini Comunali non può essere relegato a “pensare da sei”, come quell’alunno che si accontentava di “studiare da sei”, cioè di studiare solo quel tanto che bastasse a fargli prendere la sufficienza, bensì deve essere catalizzatore del pensiero e delle decisioni degli Enti Successivi (Provincia, Regione, etc.). Noterete che non a caso io non ho definito questi Enti come “Superiori”. E il principio di sussidiarietà che afferma che non deve fare l’ente superiore ciò che può fare (meglio) l’ente inferiore, a mio avviso può essere meglio tradotto come segue: “Non pensi l’ente successivo ciò che può pensare (meglio) l’ente che precede”.

Un esempio: la Provincia Autonoma di Trento ha decretato che i negozi di Trento e Rovereto devono restare chiusi la domenica. La provincia? E i due sindaci che ci stanno a fare? Via … siamo seri!

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ELETTORALE 18 – IMMOBILI DI ENTI PUBBLICI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 26 Luglio, 2020 @ 11:18 am

Detto altrimenti: una proposta per mettere a reddito molti di essi     (post 3967)

Lista +Trentoviva a sostegno del candidato Sindaco FRANCO IANESELLI
ALLE COMUNALI VOTATE ROBERTO SANI, ELISABETTA ZANELLA, RICCARDO LUCATTI
Matteo (Renzi, non l’altro, per carità!) mi dedica il suo libro

E’ stato calcolato che il patrimonio immobiliare dello Stato vale 250 miliardi. Ma … quale? Evidentemente quello non funzionale all’esercizio delle funzioni pubbliche. Lo Stato potrebbe creare un fondo immobiliare e mettere in vendita progressivamente, anno per anno, tranche di questi suoi bene immobili e immobilizzati, nel senso che oggi non fruttano alcun reddito.

La parte bella di Cesenatico
La vela della barca storica di un pescatore ciclista

Veniamo a qualche caso concreto di beni che potrebbero essere utilizzati anzichè abbandonati a loro stessi. Anche quest’anno mi sono concesso alcuni giorni di mare Adriatico, non tanto per il mare quanto per le pedalate nelle sue pinete e nelle prime colline del bellissimo entroterra. E pedalando pedalando che vedo? in Milano Marittima, Cervia e Cesenatico (ma quanti altri ve ne sono in Italia?)“scopro” che vi è una quantità di grandi edifici assolutamente abbandonati, disastrati, diroccati, ovviamente inutilizzati insieme ai grandi parchi che li circondano, aree recintate a meno di essere trasformate in parcheggi per le auto più o memo autorizzati.

Ecco uno dei tanti cantieri da aprire …

Si noti: edifici in aree preziose, a ridosso della spiaggia, di proprietà di … demanio militare, Comuni (ex loro case vacanze), demanio marittimo etc.: insomma, di enti pubblici. Ora queste rovine fanno bruttissima mostra di loro stesse e deturpano l’ambiente. Mi chiedo: il Comune nel cui territorio si trovano, non potrebbe intimare agli enti di risanare a riattivare tali strutture-brutture? In casi contrario potrebbe confiscarle e lanciare una gara pubblica per reperire il privato che le riceva in regalo contro un suo impegno – garantito da banche – di riattivarle secondo il piano urbanistico del Comune. Dice … ma la legge non lo prevede … la legge che difende la proprietà privata … Replico: la proprietà privata, appunto, non quella pubblica così sperperata inutilmente!

… un altro …

Dice, si, ma non esiste una legge che … Ah si? Non esiste? Sentite questa: il sindaco di Firenze Giorgio La Pira stava assegnando le case popolari secondo equità. I suoi gli fecero osservare che la legge prevedeva altri criteri. Lui rispose: “Io assegno le case. Voi andate a modificare la legge”.

… ancora uno, e tanti altri così!

Immaginate un po’ quanti cantieri si aprirebbero, quanti lavoratori sarebbero assunti, quanto ci guadagnerebbe il turismo e ogni tipo di indotto! Tutto a costo zero per l’Ente pubblico, ma semplicemente attivando volontariamente “fette” rilevanti della ricchezza finanziaria privata, che i Italia ammonta a 4500 miliardi! E allora, perchè no?

E se mi sbaglio, mi corigerete.

Grazie se crocetterete questo simbolo e a fianco scriverete quei tre nomi

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I SOCI FIAB RACCONTANO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 26 Luglio, 2020 @ 6:28 am

Detto altrimenti: una pedalata guidata dall’amico (locale) Stefano Mariotti     (post 3966)

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Il Ravennate. Le pinete famose, quelle che nascosero la fuga di Garibaldi e furono testimoni della morte della sua amata moglie Anita. Oggi sono (molto) meno estese di quelle di due secoli fa, eppure, a studiare un po’ i percorsi, ancora oggi è possibile fare lunghe pedalate fra pinete e strade poderali.  Un esempio. parto da Pinarella, a sud di Cervia. Una fascia di pineta fra la prima fila delle costruzioni e la duna costiera. Poi devo traversare il lungomare (senza pineta) di Cervia fino al porto canale, superato il quale riprendo vie cittadine alberate sino alla parrocchia Stella Maris di Milano Marittima. E sono circa 8 km. Qui entro in pineta per 3 km, esco a nord, poderali fino al Lido di Savio e oltre, supero il fiume Bevano e rientro in pineta che abbandono pochi km prima di raggiungere la Basilica di S. Apollinare in Classe. Totale 30 km.

Niente da fare: non ne hanno voglia!

Si prosegue per 3 km in ciclabile-pieno-sole in direzione nord e arrivati all’inizio di Ravenna si volta a destra (direzione est) e su ciclabile e strada poco frequentata si raggiunge il Lido di Dante. Qui una graditissima sorpresa: hanno rimboscato la pineta che era stata dolosamente incendiata e ne consentono l’attraversamento nei periodi di non-nidificazione. Una vera meraviglia! Si pedala su un fondo compatto di terra battuta fra gli abbracci del verde giovane dei nuovi pini!  Alla fine di questo paradiso con una breve deviazione a sinistra si raggiunge la sponda sinistra (orografica) della foce del Bevano. Anche qui il panorama è semplicemente stupendo. Tornando sui nostri passi, si ripassa il Bevano e si rifà la strada dell’andata, in senso opposto. Totale 60-70 km e secondo del computo o meno delle deviazioni.

Lo so, questa non è una relazione tecnica, ma solo una relazione-invito, scritta di getto da chi ha avuto la fortuna a pedali, oggi, di riempirsi gli occhi, i polmoni ed il cuore di autentica bellezza: i panorami, il silenzio, i fiumi, i profumi, gli incontri: daini, aironi, fenicotteri rosa, fagiani, gabbiani e … ciclisti!

Grazie, Stefano!

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POST ELETTORALE 17 – ALCUNI MIEI CONTENUTI OVE MI ELEGGESTE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Luglio, 2020 @ 1:58 pm

Alle prossime elezioni comunali del 20 settembre 2020,  votate e fate votare ROBERTO SANI, ELISABETTA ZANELLA, RICCARDO LUCATTI della lista PIUTRENTIVIVA a sostegno del candidato sindaco FRANCO IANESELLI

Con il candidato sindaco Franco Ianeselli

Detto altrimenti: se uscissimo dall’Euro e altre storie     (post 3965)

E SE USCISSIMO DALL’EURO? DIO NON VOGLIA!

Il nostro coordinatore provinciale, comandante pilota del B52 Italia Viva Trento

Sovranisti, lend me your ears, datemi ascolto: uscire dall’Euro in una certa misura equivarrebbe per l’Italia a quando il nostro Paese fu privato della copertura dell’ombrello degli accordi di Bretton Woods.  Luglio 1944, le potenze ormai quasi vincitrici si riunirono in quella località (oggi stazione sciistica) USA e stabilirono il regime dei cambi fissi rispetto all’oro, a sua volta fissato a 35 dollari USA l’oncia. Questi accordi garantirono stabilità fino a quando non furono cancellati nel 1971 e ciò avvenne anche perché molti paesi acquistavano oro dagli USA a quel prezzo e lo rivendevano sui mercati ad un prezzo non calmierato, realizzando notevoli utili, mentre gli USA si impoverivano delle loro riserve auree.  E la lira?  Fino al 1971 un dollaro USA valeva 625 lire. Poi tutto cambiò, nel senso che emerse il vero valore (inferiore) della lira solitaria, abbandonata a se stessa e di fronte ai provvedimenti di legge restrittivi iniziò a dilagare l’arte italica di arrangiarsi. 

Ma cominciamo dai provvedimenti:

  • forte svalutazione;
  • aumento dei tassi bancari a livello di usura (25-35% quale costo effettivo annuo);
  • divieto di possedere valuta estera, con l’obbligo di cessione entro sette giorni all’ Ufficio Italiano dei Cambi al minor tasso di cambio del periodo;
  • feroce stretta creditizia e valutaria;
  • obbligo per gli importatori di pagare all’estero le importazioni con fondi obbligatoriamente prelevati da conti debitori denominati “anticipi” in divisa estera e obbligo di versare alla Banca d’Italia in un conto infruttifero vincolato per sei mesi una somma pari alla metà del prezzo pagato all’estero.

Come cercarono di arrangiarsi gli Italiani?

I singoli privati diedero inizio ad una molteplicità di mini atti di evasione valutaria, acquistando regolarmente in banca quel minino di valuta estera che la legge consentiva loro  – acquisto registrato sul passaporto e che mi pare di ricordare fosse la contropartita di 500.000 lire  – per poi rivendere “in nero” quella valuta a cambiavalute compiacenti che in tal modo raccoglievano rilevanti quantità di banconote estere che poi contrabbandavano all’estero per conto di clientela facoltosa.

Fra le società ed i gruppi di società di maggior dimensioni solo pochissimi riuscirono a farsi concedere l’uso di “conti in divisa estera autorizzati” creando una ingiusta disparità di trattamento rispetto alla concorrenza in applicazione della massima che “la legge è uguale per tutti tranne le eccezioni di legge”.

E gli altri gruppi-società? Di fronte al proliferare delle posizioni debitorie in molte divise estere, dovettero organizzare un particolare sistema di controllo del rischio di cambio: uno fu quello di accendere le migliaia dei singoli conti anticipi debitori con scadenze compattate in modo da potere gestire masse omogenee di rinnovi e di rinegoziazioni (STET Società Finanziaria Telefonica per Azioni, Torino).

Di fronte alla stretta creditizia, proliferarono o le operazioni di concessione di crediti in pool: ovvero si organizzava un certo gruppo di banche coordinate da una banca capofila, ognuna di esse erogata una parte del credito e il gruppo industriale riceveva complessivamente un credito dimensionato rispetto alle proprie esigenze. Fra queste operazioni merita un cenno una in particolare, organizzata dalla citata STET, operazione denominata “Omnibus”: poiché le banche potevano prestare denaro  solo “a breve termine” mentre la STET aveva bisogno di un credito a medio termine, si ideò di raccogliere ogni mese un certo numero di quote di finanziamento con scadenza, ognuna, di sei mesi mentre la banca capofila, la Banca Popolare di Milano, per cinque anni garantiva (credito il suo al momento non per cassa e quindi non contingentato dalla legge) che sarebbe intervenuta per cassa al fine di garantire un livello predeterminato di concessione del credito. Al che la Stet classificava l’intero ammontare quale debito a medio termine.

Le banche poi idearono un ulteriore strumento per “arrangiarsi” nella erogazione di un credito altrimenti vietato: lanciarono lo strumento delle “accettazioni bancarie” ovvero accettarono tratte emesse su loro stesse, tratte che poi il cliente poteva scontarsi presso chi avesse una buona liquidità. Per dare l’immagine del fenomeno, una delle banche maggiori, la Banca Commerciale Italiana, decise di accettare e di rilasciare un plafond di 200 miliardi di lire di accettazioni che andarono “bruciate” in pochi giorni.

E il Tesoro, come reagì? Nella necessità continuare a collocare i propri titoli di debito pubblico, ne innalzò il rendimento al punto che ad un certo punto alle imprese convenne indebitarsi in banca e investire in titoli di stato, lucrando sulla differenza dei due tassi: in altre parole, usarono il denaro per fare denaro e non quale strumento della produzione industriale.

Quanto sopra esposto è storia vissuta in prima persona da chi scrive ed è solo una pallida immagine di ciò che potrebbe accadere se l’Italia uscisse dall’Euro. Quanti di chi oggi vorrebbero il ritorno alla lira hanno vissuto e/o conoscono e/o sono disponibili a studiare e riflettere su quanto avvenne? Storia maestra di vita … e di scelte di politica finanziaria ed economica!

Con la co-candidata Elisabetta Zanella

I VALORI DELLA FINANZA ITALIA E LA LORO MIGLIORE GESTIONE

Di cosa e di quanto stiamo parlando? Il PIL Prodotto Interno Lordo vale 1800 miliardi l’anno (e sta diminuendo). Il nostro debito pubblico ammonta a 2400 miliardi (e sta aumentando). Il nostro deficit finanziario annuo ammonta al 2,4% del PIL. La ricchezza finanziaria privata degli Italiani vale circa 4500 miliardi (il patrimonio immobiliare dello stato vale 250  miliardi e quello dei privati, un valore multiplo, ma in questa sede ci occupiamo di dati finanziario e non patrimoniali). Ora … si tratta di agire su due fronti: su quello dell’economia reale che produce un prodotto, un utile o una perdita e non è materia di questa trattazione; su quello della materia “finanza”, ovvero della disponibilità del denaro e del suo migliore utilizzo, e ci proveremo qui di seguito.

Innanzi tutto occorre ridurre il debito pubblico anche attraverso strumenti finanziari e ne abbiamo ampiamente discusso nel capitolo nel quale abbiamo illustrato i titoli irredimibili, i TIR- Titoli Irredimibili di Rendita.

Poi occorre dare centralità al valore ed al significato delle particolari caratteristiche dei BOC-Buoni Ordinari Comunali (Provinciali, Regionali) di cui alla legge 23.12.1994 art. 35 (v. relativo capitolo) e cioè al fatto che non possono avere scadenza inferiore a cinque anni; che sono emessi solo a fronte di investimenti; che hanno un rendimento maggiore dei titoli di Stato; che hanno un trattamento fiscale interessante e soprattutto che  sono convertibili nelle azioni delle SpA di scopo create per realizzare l’investimento.

Infatti occorre condurre la disponibilità finanziaria dei privati a concorrere alle esigenze dello Stato senza l’applicazione di alcuna tassa patrimoniale. Ciò si può ottenere proprio con l’emissione di TIR-Titoli Irredimibili di Rendita il cui ricavato sia destinabile esclusivamente a investimenti. La loro emissione, inizialmente, potrebbe essere fatta in sostituzione volontaria di tranche di titolo redimibili in scadenza.

Agli scettici di questa sia pure parziale soluzione propongo: si dotino di una calcolatrice HP finanziaria tascabile del costo di circa €50,00 e calcolino di quanto i mancati flussi in uscita per mancati rimborsi di titoli redimibili siano enormemente superiori ai maggiori flussi in uscita per la corresponsione di interessi ad un tasso di rendimento più elevato.

Occorre però dare centralità ad un altro aspetto, alla denuncia dei “falsi irredimibili” proposti da una certa parte politica sulla scia dell’idea originaria, e cioè alla denuncia di quei pseudo irredimibili chiamati “titoli patriotici”. Si tratta di titoli a lunghissima scadenza, quindi di debito; riservati agli italiani e esentasse. Questi titoli sarebbero uno sgarbo per gli stranieri che ci hanno finanziato da decenni, quindi ci allontanerebbero dall’UE; escluderebbero l’apporto della finanza estera; drenerebbero i conti correnti bancari mettendo in crisi le nostre  banche; sono un regalo ai ricchi nostrani. Assolutamente da evitare sul piano finanziario e sul piano politico.

Occorre infine  fare un cenno a possibili TIR Semi-UE, ovvero a quegli Irredimibili “veri”  che potrebbero essere emessi solo da alcuni stati dell’UE: in tal caso, poiché il livello di rendimento sarebbe assai interessante, questi TIR-Semi UE sarebbero sottoscritti anche dalla finanza privata dei paesi non emittenti (ad esempio, in Germania i tioli di stato hanno un rendimento … negativo!) inducendoli a convincersi all’idea che tutto sommato converrebbe anche a loro partecipare a quelle emissioni: ed ecco che questi TIR semi UE diventerebbero TIR UE a tutti gli effetti e sarebbero un fattore di coesione del sistema finanziario di tutta l’UE e quindi dell’UE. Esattamente l’opposto di ogni sovranismo politico, economico e finanziario.

Pet completezza ed onestà di ragionamento v’è da dire che un paragrafo della normativa di bilancio UE definisce “debito” i titoli irredimibili. Questa norma è una “decisione di estetica contabile”, non rappresenta la realtà, è datata, non è funzionale alle crisi dei nostri tempi, è modificabile e deve essere modificata, evitando di fare confusione con fra costi e dati patrimoniali. Infatti se voi accendete un mutuo per acquistare un immobile per la vostra attività commerciale, nella vostra situazione patrimoniale avrete due voci: un bene immobile e un debito. Ma se quell’immobile lo prendete in affitto, nella situazione patrimoniale non avrete né l’immobile né il debito, bensì solo un costo mensile, il canone di affitto (voce del conto economico – finanziario e non dello stato patrimoniale). Sotto il profilo strettamente finanziario, il TIR è uno swap, uno scambio: l’investitore riceve una rendita maggiore rispetto ai titoli redimibili e in cambio consente che a restituirgli il capitale non sia più l’ente emittente bensì la borsa valori.

E chi è contrario per principio anche solo a sentire parlare di “debito pubblico”, di “gestione del debito pubblico” e/o di “miglioramento della struttura del debito” solo perché per fare tutto ciò occorre usare la parola “debito”, agisce sulla base di un principio (negazionista) e come tale tende a diventare un integralista.

E mentre scriviamo. oggi, 22 luglio 2020, apprendiamo che la Commissione UE a partire dal 2021 potrà emettere obbligazioni UE finanziandosi direttamente sui mercati con emissioni congiunte per finanziare la spesa corrente. Per finanziare gli investimenti resta la possibilità della proposta TIR, Titoli Irredimibili Rendita. Inoltre è stato varato il piano Recovery Fund che per l’Italia vale 82 miliardi a fondo perso (un vero e proprio regalo) e per 127 miliardi quale prestito a tasso vantaggioso. Uscire dall’UE? Ma chi lo dice?

SOCIETA’ MISTE PUBBLICO PRIVATE, DI SCOPO E DI GENERAL MANAGEMENT

La Sen.ce Donatella Conzatti, ispiratrice e animatrice di TRENTOVIVA

La forma giuridica di società di capitali, tipicamente la SpA, Società per Azioni, è tipica del settore privato. Il suo obiettivo – fino a poco tempo fa – è stato quello di produrre il maggiore utile possibile: in altre parole, l’etica che “doveva” animare chi era a capo di quelle entità, era l’etica del risultato economico, con il risultato (scusate il gioco di parole) di trasformare il capo azienda in un cinico: occorre perseguire il massimo utile economico, costi quel che costi: ai dipendenti, alla società in genere.

Sul fronte opposto troviamo i sistemi comunisti che in ossequio al principio della negazione della proprietà privata e al (presunto) bene di tutta la collettività, sacrificavano la ricerca dell’utile economico. Operando in base all’etica dei principi, i capi di quel sistema tendevano a diventare integralisti.  Sullo stesso lato metodologico si collocano oggi quei servizi pubblici che “operiamo in base alle finanze disponibili, poi chiudiamo bottega, cioè blocchiamo la nostra attività, anche se non abbiamo realizzato tutte le opere e fornito tutti i servizi necessari alla comunità e/o programmati”; come pure quagli altri settori pubblici nei quali si realizzano comunque opere e si prestano servizi senza la minima preoccupazione del costo finale (in termini di volume di risorse finanziaria impegnate e di perdite economiche causate al sistema).

Ed allora, che fare? In medio stat virtus, diceva quel tale: infatti occorre arrivare ad un compromesso e i compromessi – come ci ricorda Paolo Mieli in un capitolo del suo bel libro “I conti con la storia” – possono ben essere virtuosi come i tanti compromessi che “hanno fatto la storia”. In altri termini: occorre che la SpA privata si ponga sempre di più il perseguimento anche dell’utile sociale e che la SpA/servizio pubblico abbia più attenzione anche agli aspetti finanziari ed economici.

Ed ecco nascere le SpA miste con azionariato pubblico privato come pure le SpA cosiddette inhouse, cioè con forma giuridica privata. Orbene, sia nel caso di SpA miste che di Spa inhouse occorre che ognuna delle parti in causa – azionisti privati e pubblici nelle Spa miste; azionisti pubblici e manager societari, nelle SpA inhouse – riconosca e sia rispettoso dei legittimi interessi, del ruolo e della funzione della controparte. In altre parole: nelle SpA miste non deve accadere che il pubblico neghi la componente di interesse privata e viceversa; nelle SpA inhouse non deve accadere che il pubblico dia “ordini politici” al management societario che siano in contrasto con le finalità statutarie e/o con l’equilibrio funzionale, finanziario ed economico delle stesse.

Ma … come si programma all’interno di una SpA mista di scopo? Ogni programmazione che si rispetti ha un obiettivo statutario che poi si sviluppa in un piano triennale scorrevole, con ogni anno dotato di un budget. Orbene, all’interno di questo sistema si avviano i progetti. E qui “casca l’asino” perché spesso non si progetta bene perché non si è sicuri del successivo finanziamento; e spesso non si finanzia perché il progetto non è redatto in forma completa. Come si ovvia a tutto questo? Per le grandi opere – soprattutto pubbliche – occorre investire inizialmente su una società-start up-strumentale, la SpA di scopo che abbia l’obiettivo di organizzare e gestire il general management del progetto inquadrando tutte le sue componenti interne ed esterne, 1) per poi diventare essa stessa la SpA operatrice oppure 2)  per promuovere la società operatrice: ad esempio una SpA di Project Financing. Nel primo caso la Spa di scopo dovrà anche provvedere alla propria capitalizzazione per arrivare a finanziare essa stessa i propri investimenti. Nel secondo caso la finanza sarò fornita da chi interverrà come finanziatore, realizzatore e gestore dell’opera. In ogni caso, nella SpA di scopo di entrambi i tipi vanno fatte tassativamente confluire tutte le componenti di interesse e tutte le conoscenze relative al progetto che si vuole eseguire. Va da se’ poi che il Project Financing è applicabile sono nei casi in cui l’investimento sia previsto essere produttivo di utili economici.

Progetto Funivia Trento-Bondone

E i BOC attuali, redimibili ma quasi già irredimibili visto che sono convertibili in azioni delle SpA di scopo? Io credo che siano un ottimo strumento per coinvolgere il capitale privato in opere pubbliche, senza dovere applicare alcuna tassa patrimoniale.

Un’ultima considerazione: essere indebitati non è una negatività, purchè le risorse finanziarie acquisite siano produttive. Quindi il problema non è impuntarsi a criticare chi cerca in ogni modo di migliorare il sistema finanziario, ma destinare ogni energia nella programmazione, nella gestione e nel controllo dell’impiego delle risorse finanziarie generate direttamente o acquisite attraverso l’indebitamento.

QUESTI SONO ALCUNI DEGLI APPORTI CHE VORREI REGALARE ALLA MIA COMUNITA’ OVE FOSSI ELETTO –VIVA ITALIA VIVA, VIVA +TRENTO VIVA, VIVA L’UE!

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