PRESTO TORNERANNO I VINCOLI DI BILANCIO …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Maggio, 2021 @ 4:25 am

Detto altrimenti: … che dovremo rispettare se vorremo restare nell’Euro    (POST 4261)

Mai come adesso la “Finanza” è “mista”, cioè mai come adesso quella pubblica dipende da quella privata. Inoltre la finanza pubblica comunale dipende da quella provinciale, regionale, statale, UE, mondiale. Quindi è lecito e doveroso occuparsi in ogni sede dello stato di salute di ogni suo anello, pubblico e privato, ad ogni livello.

La moneta, quella vera (non certo le criptovalute) ha un “valore” in quanto rappresenta la ricchezza del paese che la emette. L’Euro rappresenta la ricchezza media dei paesi che l’hanno adottata e pertanto ogni paese deve mantenersi ad un certo livello di equilibrio, situazione che viene “misurata” anche sulla base del rapporto fra indebitamento e PIL.

Tale rapporto viene ritenuto ottimale non oltre al 60%, cioè il debito della “famiglia Stato” (oggi 2700 mildi) non dovrebbe essere superiore al 60% di quanto questa “famiglia” produce in un anno (oggi 1600 mildi). Prima del Covid eravamo al 135% ora siamo al 160%. Orbene, poiché l’UE intende ripristinare il Patto di Stabilità (cioè i vincoli di bilancio) nel 2023 per farci rientrare al 135% entro il 2030. Per arrivare poi a quel sospirato 60% dovremmo ridurre il debito di 5 punti all’anno, pari ad 1/20 della quota eccendente quel 60%, cioè 1/20 di 100 cioè 5.

Se noi non rispettassimo questo andamento, potremmo essere messi fuori dall’Euro e costretti a tornare alla lira, il che comporterebbe le condizioni veramente pesanti che abbiamo vissuto nella seconda parte degli anni ’70: forte svalutazione della nostra moneta, feroce stretta creditizia e valutaria, costo del denaro altissimo.

Orbene, oggi si parla (parla, appunto) di riforme e di fondi Recovery come degli strumenti che ci consentiranno di raggiungere tale traguardo. Io credo che a fianco di questi strumenti occorra porne altri, quali l’emissione di Titoli di Stato Irredimibili di Rendita e la vendita – attraverso un apposito Fondo Immobiliare – del patrimonio immobiliare pubblico oggi non a reddito. Il mio non vuol essere un “piano B” alternativo, ma un complemento del piano “A”.

I Titoli Irredimibili NON sono un debito e la loro eventuale classificazione come tale deve essere cambiata: infatti la loro sostanza non dipende dalla loro classificazione, bensì vale il contrario: devono essere classificati per quello che sono, cioè la vendita di una rendita.

La loro emissione in sostituzione volontaria delle quote di Titoli di debito in scadenza e di ulteriori tranche riduce il debito pubblico;e aumenta la liquidità del Tesoro; consente allo Stato di erogare alle imprese contributi a fondo perso. Essa inoltre rappresenta un argine alla “fuga di capitali verso le criptovalute” (la quale indebolisce pericolosamente  il nostro sistema bancario e la capacità dello Stato di collocare Titoli di debito); attirera volontariamente verso il nostro settore pubblico la finanza privata italiana (oggi pari a 4400 mildi di cui 1700 nei c/c bancari) ed estera, laddove qualsiasi forma di “patrimoniale” (compresa quella sui trasferimenti ereditari invocata dal PD) rappresenta la captazione forzosa della sola finanza privata italiana.

Il 20 agosto 2020 Banca Intesa Sanpaolo ha emesso 1,5 mildi di propri Irredimibili ricevendo richieste di acquisto per 6.5 mildi. Ciò significa che lo stesso sistema bancario, ove questa prassi di diffondesse, potrebbe rappresentare una forte concorrenza alla capacità dello Stato di collocare i propri titoli di debito.

La finanza pubblica comunale dipende da quella provinciale, regionale, statale, UE, mondiale. Quindi è lecito e doveroso occuparsi in ogni sede dello stato di salute di ogni suo anello, ad ogni livello.