BITCOIN: IL NUOVO ORO O LA VECCHIA CATENA DI SANT’ANTONIO?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Maggio, 2021 @ 9:23 am

di Gianluigi De Marchi

Detto altrimenti: Una pizza da un milione di dollari   (post 4258)

N.B.: questo è un “postaltrui”. Seguirà un “postmio” di integrazione

Bitcoin, Ethereum, Litecoin e tante altre criptovalute sono definite la moneta del futuro. Da una quindicina d’anni il mercato finanziario ha assistito ad un fenomeno impensabile fino all’avvento dell’era digitale che ha spazzato via vecchi canoni e modi di operare tradizionali. Il punto di svolta si colloca nel 2004, quando si affaccia la prima valuta virtuale, il Bitcoin (che oggi è una delle tante criptovalute, ma che resta la protagonista del mercato). Inventore è un certo Satoshi Nakamoto (ma la sua identità è da anni messa in discussione perché nessuno la ha mai conosciuto; probabilmente è un nome di fantasia di un gruppo di esperti informatici statunitensi). La storia racconta che il primo utilizzo del Bitcoin avvenne a New York, quando un giovane ordinò una pizza ed offrì al ristorante di pagare con questo strumento; passato il comprensibile momento di smarrimento, il pizzaiolo accettò, e così incassò una ventina di bitcoin, consegnando la pizza. Valore della moneta in quel momento: 40 centesimi di dollaro. Nessuno ha mai raccontato cosa fece il pizzaiolo dell’incasso (probabilmente corse subito a trasformare tutto in dollari). Quella pizza andrebbe incorniciata in qualche museo, perché oggi varrebbe la bellezza di un milione di dollari, al prezzo di fine marzo di circa 55.000 dollari per ogni Bitcoin!

Facciamoci qualche domanda

Da allora la criptovaluta ha fatto molta strada: ha conquistato le prime pagine dei giornali, è oggetto di dibattiti e convegni, ha un mercato mondiale sul quale si incrociano transazioni frenetiche e, soprattutto, ha fatto ricco il suo inventore ed un gruppo di speculatori che vi hanno puntato somme anche consistenti. E molti ormai lo definiscono “il nuovo oro”, il modo migliore per difendersi da crisi finanziarie, un bene rifugio cui aggrapparsi per superare le difficoltà mettendo al sicuro il capitale. Hanno ragione? Proviamo a ragionarci ponendoci alcune domande.

La prima: il bitcoin è una moneta? La definizione la traiamo da un comune vocabolario, che così si esprime: “Mezzo di scambio per realizzare compravendite; strumento di pagamento accettato in virtù della fiducia accordata all’emittente”. L’euro o il dollaro sono monete perché si possono usare per comprare beni e servizi, per acquistare un’auto, fare un viaggio, andare al cinema o al teatro e perché chi li accetta ha fiducia negli Stati Uniti o nell’Europa. Inoltre all’interno di ogni Stato i cittadini sono obbligati ad accettare la moneta nazionale che ha valore legale. Nulla di tutto ciò si riscontra con il Bitcoin, che non è emesso da nessuno (si estrae utilizzando un misterioso algoritmo usando centri di calcolo che necessitano quantità di energia enormi); non può essere imposto a nessuno e soprattutto non circola e non alimenta transazioni commerciali. Basta fare un’indagine sui siti che elencano gli esercizi commerciali che accettano in pagamento il bitcoin per scoprire che in tutta Italia sono meno di 1.000 su un totale di 4 milioni! Dopo 15 anni e dopo tutto lo sforzo pubblicitario posto in essere, la montagna ha partorito un topolino.

La seconda: il bitcoin è un bene rifugio? Un bene rifugio è un modo di investire in maniera sicura, solida, slegata da movimenti speculativi: tipici esempi gli immobili, l’oro, gli oggetti d’arte. Nulla di tutto ciò si riscontra con il bitcoin, la cui quotazione è soggetta a fluttuazioni abnormi al rialzo ed al ribasso non solo nel corso di un anno, ma addirittura nel corso di una giornata (picchi di oscillazione superiori anche al 10%). Possiamo ascrivere la criptovaluta fra gli strumenti adatti alla speculazione più sfrenata, non certo all’investimento conservativo!

La terza: qual è il valore del bitcoin? A giudicare dai prezzi registrati sulle varie piattaforme operative, il trend di breve periodo è fortemente positivo (tanto che alcuni osservatori preconizzano un livello di 100.000 dollari entro fine anno!) ma nei suoi 15 anni di vita vi sono state fasi di tracollo (fra il 2013 ed il 2015 la quotazione si è sbriciolata da 1.150 a 200; dal 2017 al 2019 è passata da 20.000 a 3.000). La quotazione è influenzata semplicemente dalla domanda e dall’offerta: se milioni di persone corrono a comprare Bitcoin, il prezzo sale, se cominciano a vendere il prezzo scende, e non ci sono parametri oggettivi per fissarne un valore “reale”. Il Bitcoin vale perché qualcuno lo vuole, ma che sia giusto il prezzo di 1.000 dollari, di 250.000 dollari o zero è affidato al caso ed al grado di “febbre d’acquisto”. L’esempio precedente è quello dei famosi bulbi di tulipano che nel 1600 costituirono un fenomeno simile alle criptovalute, con centinaia di migliaia di persone impazzite che si strappavano dalle mani i preziosi bulbi, si indebitarono per comprarne il più possibile, vendettero anche la casa (un bulbo arrivò all’astronomica cifra di 3.000 fiorini, il valore di un appartamento!) e nel 1637, in tre giorni, videro la quotazione sprofondare a zero semplicemente perché ormai tutti possedevano i bulbi e volevano venderli, ma nessuno era più interessato a comperarli!

E per finire: perché Internet pullula di siti che reclamizzano il bitcoin, con foto di VIP (citiamo fra i tanti Totti, Cannavacciuolo, Brignano) che dichiarano di essere diventati ancora più ricchi grazie a programmi automatici di negoziazione? Ad esempio il grande chef dichiara: ” Al momento, ciò che mi fa guadagnare di più è un nuovo programma di trading automatico di criptovalute. Si tratta della più grande opportunità che io abbia mai visto in vita mia, e che può far guadagnare una fortuna rapidamente. Invito tutti ad approfittarne, prima che le banche la blocchino”. Peccato che si tratti di una fake news, utile solo a far abboccare ingenui risparmiatori che si chiedono: “Antonino sta guadagnando, perché non poso farlo anch’io?”. Probabilmente la gigantesca azione di marketing posta in essere per stimolare l’acquisto di criptovalute ha un obiettivo: far guadagnare cifre enormi a chi dispone di ingenti capitali e riesce a trascinare tanti pesci piccoli che gli danno inconsapevolmente una mano a far lievitare le quotazioni. E’ stata costituita addirittura un’Associazione, Bitcoin Foundation Italia, per sostenerne la diffusione. Diciamoci la verità: una montagna di miliardi in circolazione per bere una birra a Roma (unica birreria in Italia che accetta bitcoin) o dormire in un decoroso albergo vicino a Bolzano vale la pena?

Attenti ai “vantaggi”

La realtà viene alla luce leggendo i messaggi all’interno dei siti che reclamizzano il bitcoin. Si leggono frasi come: “Non c’è alcuna banca che pretenda spese esorbitanti o che blocchi il trasferimento. È possibile trasferire dei bitcoin ai propri vicini di casa o trasferirli ad un membro della propria famiglia, che viva in un altro continente.” E infine: “E’ anche possibile inviare un pagamento senza rivelare la tua identità, proprio come avviene con i soldi veri.”

Ecco i “vantaggi” che sono stati sfruttati per alimentare transazioni illegali; la frase magica “senza rivelare la tua identità” stimola sicuramente più un criminale che un normale risparmiatore… Il rischio maggiore, però, non è tanto quello dell’oscillazione del prezzo, quanto dell’intervento delle autorità monetarie e degli Stati, che, dopo anni di “benign neglect” stanno valutando se e come intervenire per regolamentare il mondo delle criptovalute. In Italia Consob e Banca d’Italia hanno aperto indagini, hanno effettuato ponderosi studi, hanno inserito avvertimenti sui loro siti, ma non hanno preso alcun provvedimento; se avverrà, le conseguenze non potranno che essere negative.