CULTURA = INSIEME DI CONOSCENZE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 28 Marzo, 2021 @ 5:03 pm


Detto altrimenti: amarcord … mi ricordo …
(post 4634)

Io, nato, cresciuto, studiato e sposato a Genova. Tuttavia quei 30-40 giorni l’anno passati fino all’età di 11 anni in Toscana dai nonni (S. Angelo in Colle, frazione di Montalcino, Siena), giorni nei quali ho vissuto “dentro” la civiltà contadina dei poderi dei nostri parenti, mi hanno impresso un “senso di appartenenza” che la civiltà cittadina non mi ha dato.

Io ho trascorso giornate intere scavalcando il solco precedente per camminare faticosamente a fianco del contadino che arava; nella bottega del fabbro-falegname che costruiva da zero il famoso carro toscano, quello con le grandi ruote destinato ad essere trainato dai grandi buoi maremmani; ho partecipato alla trebbiatura del grano, solo però dalle otto la mattina in poi, cioè da quando  le donne portavano una minestra ai loro uomini che stavano lavorando sin dalle quattro del mattino; ho “vendemmiato” con loro (“spiccati pure un grappolo d’uva, ma non spilluzzicare singoli acini da molti grappoli”); sono stato “a veglia” nel podere, cioè dalla 18,00 alle 21,00 cena compresa poi tutti a nanna; ho raccolto le ulive su una scala a pioli; ho “aiutato” chi rigovernava le bestie (i “bovi”) muovendomi pauroso fra quei giganti innocui. Dicono che un essere umano si forma nei primi sette anni di vita: allora io sono un contadino toscano mancato!

Dice, ma Genova? Manco dalla mia città da oltre 45 anni. Di Genova ricordo soprattutto l’essere io parte del suo mare. Noi si abitava a circa 2 km dal mare, sulla collina di Albaro. In mezz’ora a piedi s’era al Lido di Albaro, cioè “in acqua”, in quell’acqua il cui stato si scrutava dal balcone di casa: “Mare calma piatta; leggermente mosso, agitato…” andava sempre bene per noi! Si indossava il costumino già a casa per non perdere tempo a cambiarsi una volta arrivati allo stabilimento balneare! Zoccoli? Crema da sole? Cosa sono queste cose? Ore e ore in acqua tutti i giorni per alcuni mesi l’anno: per forza che ora gli abiti e le camice che acquisto mi sono sempre un po’ cortini di manica! Per forza che ho scoperto di avere i timpani “rinforzati” cioè inspessiti dalle tante immersioni in apnea per praticare pesca subacquea!

La faccio breve: quando alla fine dell’estate (abbiamo fatto i bagni sino al 12 ottobre: ricordo, era la ricorrenza della scoperta dell’America) dovevo dare l’addio al mare, mi sdraiavo a pancia all’ingiù nel bagnasciuga e abbracciavo i ciottoli accarezzati dalla risacca, come si abbraccia una fidanzata in partenza per … l’America, appunto!

CAMPAGNA TOSCANA

La luce accecante
sprigiona profumo di terra
da zolle rimosse ne’ campi.
Le pietre a contorno son ricche
di more spinose e di fichi:
in siepi sinuose costeggiano il bianco tratturo
che porta ad antico podere.
Ascolti cicale.
Sull’aia
un popolo gaio rincorre il mangime.
All’ombra d’un fitto pagliaio sonnecchiano cani.
C’è acqua nel pozzo
e lunga catena stridente vi cala una brocca di rame.
Profumano i pani appena sfornati
e ‘l fuoco rallegra la propria fascina.
Un fiasco di vino sul desco richiuso con foglie seccate.
Nell’aria le mosche.
La stalla è vicina: giumente imponenti frantuman pannocchie,
corone regali sovrastano candidi corpi giganti
e gran carri stanchi riposan le ruote dal duro lavoro.
Filari frequenti ed ulivi perforan la coltre del grano.
Colori:
la terra di Siena
il giallo del sole
il verde d’olivo.
Prezioso convivio, colture scomparse,
memorie scolpite per sempre da tratti d’amore

LA CASA DEI NONNI

Profuma il colore
di pietra toscana
colorata dal giallo del sole
dal rosso dell’uva matura
danzante
al canto di una cicala
che un pergolato difende
da mani voraci bambine.
E dal fondo valle
salendo
tu scruti ogni ombra
del dolce profilo del Colle
diadema prezioso
intorno al prezioso ricordo.

LA MIA AFRICA

Disegni a fumetti
sogni tascabili
in bianco ed in nero
riletti cento volte
poemi infantili.
Vola fra le folte liane
spinta ondeggiante altalena
nel greto di un dondolìo
che cela e che svela
infiniti confini
sopra i muretti
di cinta ai giardini
ed ai campanili
di chiese lontane.
Ossa di pollo od umane
spilloni preziosi
trattengono chiome
del capo tribù o di mamma.
Guerrieri mai dòmi
orde difese da scudi di rami intrecciati
stuoie toscane usate da nonna
per stendere i fichi al sole a seccare.
Lance appuntite per meglio colpire
canne recise nell’orto vicino
con la zagaglia da tasca
comprata alla fiera
a tre cento lire d’un tempo.
Zittite le piagge assolate
caldo il silenzio
striato soltanto
dal profumo di Terra Maremma
canto di antiche cicale alla sera
tigre di casa
a forma di gatto
in cerca dell’ombra dietro le scale
in questo meriggio ormai tardo
che sembra in attesa
di un qualche evento.
Ed ecco
appare improvviso allo sguardo
dell’esploratore bambino
il calabrone che vola
armato del nero suo spillo
e feroce la testa
d’un lucertolone
spacciato ai compagni di gioco
per un coccodrillo neonato.
Colori di Siena
scolpiti dal tratto
dell’acqua de’ fossi
etrusca e preziosa
linfa africana
culla a girini
e ad una rana.
E sogni anche tu
di vivere forse un domani
questa avventura lontana.
E invece
ti svegli cresciuto
e scopri di non correr più
nemmeno le strade de’ buoi maremmani
che lenti trascinano il carro
e spingono avanti pazienti
il loro orizzonte profilo d’un colle
e che l’ossatura di legno
di un molle divano
ormai è la bara
di sogni per sempre finiti
all’ombra di un fico
non tanto convinto
nel recitare il ruolo un po’ stanco
di finto
e per sempre immaturo
banano.

RICORDO DI GENOVA

Pensavi ad un mondo inventato
ed alto volava il pensiero
che prima era tuo.
Il corpo restava seduto
davanti ad un libro di scuola
e dentro di te
esplodeva la gioia
per quella tua fuga segreta.
Ricordi? Ti vedi?
La penna tormenti coi denti
di legno e l’inchiostro ti sporca le dita.
La guardi segnare con tratti azzurrini
la coltre di neve
del bianco quaderno.
Raccolto nel caldo d’un’unica stanza
da un cielo segnato dai graffi
dell’ombra nascente
da piccola luce sospesa ad un filo ritorto
amica discende la voce
del vecchio apparecchio sonoro.
Conservi da giorni
la carta stagnola del cioccolatino
e credi che possa brillare
da sola
nel buio che attende silente l’evento
appena al di fuori dell’uscio
di questa cucina.
Ti vesti, vai fuori.
C’è buio in inverno, fa freddo.
Tu, speri che piova.
Ti piace che lavi le strade, i palazzi
che spazzi la costa
quell’acqua che il vento impetuoso
solleva ancor prima
che baci la terra.
Ti piace vedervi riflesse
le luci stradali ed i fari.
Il tram è stracolmo:
tu resti schiacciato ad un vetro
e soffi il calore del corpo
sui molti colori dei neon
che adornan fuggenti il tuo finestrino
a Natale.
E dalle sbandate
dal peso che ondeggia del corpo,
del tram che ora scende ora sale
conosci l’intero percorso
E’ tua la città che ti parla
e suo il ricordo che scrivi.

Amarcord … mi ricordo …