PAGHETTA A TUTTI OPPURE LAVORO?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Febbraio, 2021 @ 8:24 am

Detto altrimenti: la difesa dell’indifendibile   (post 4588)

La disoccupazione protratta nel tempo non è solo una perdita di produzione (di prodotto per il datore di lavoro; di reddito per il lavoratore): è anche una privazione della libertà dell’individuo. Infatti, vivere del sussidio della disoccupazione è per il lavoratore una vera e propria umiliazione.
Inoltre, mentre si lavora, oltre a “produrre un prodotto”, si aumenta la propria capacità lavorativa, ovvero se ne crea di nuova: e questo è un ulteriore “prodotto” dell’attività lavorativa.
Ancora: lavorando, il lavoratore acquisisce la capacità di “organizzare se stesso“ in vista di lavorare non solo per un “processo lavorativo”, bensì per un’ “opera-risultato”.

Tutto deve e può iniziare dalla scuola, che non deve insegnare a lavorare “per qualcuno”, bensì “per realizzare qualcosa”. Ogni lavoratore, anche dipendente, è una “piccola impresa” e l’impresa è la via maestra per creare lavoro. Per arrivare a ciò, si deve abbandonare la cultura della dipendenza, la quale impedisce la diffusività della cultura d’impresa privata e anche dell’impresa civile (imprese cooperative, no profit, sociali).

Tutto ciò è l’opposto del semplice assistenzialismo.

Ho ricavato i concetti sopra esposti dal libro di Stefano Zamagni “Laudata economica”, Ed. Vitrend 2020, capitolo “Economia e etica nel pensiero di Giovanni Paolo II. Questi concetti trovano preciso riscontro nel libro assolutamente “laico” di Pier Luigi Celli (top manager e imprenditore) “Il potere, la carriera e la Vita” Ed. Chiarelettere 2020.

Il termine latino “liber” significava “libro” e “libero”.

P.S.: di mio aggiungo che la scuola non deve insegnare solo capacità di svolgere il lavoro dell’oggi, ma anche e soprattutto la conoscenza per potere imparare a svolgere i lavori del domani. Se leggi un brano del Manzoni e lo sai ripetere, hai capacità. Se ne sai trarre le conseguenze, hai conoscenza.