CHIUSI IN CASA … SI SOGNA UNA GIRAGLIA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Aprile, 2020 @ 7:43 pmDetto altrimenti. E se non avessi motore, radio e GPS? (post 3839)
Chiusi in casa- causa virus … ecche ca … spita può fare uno se non sognare? E io sogno a vela, in bicicletta, sugli sci e sui libri. Oggi tocca alla vela.
Anteprima a vela
1 miglio marino: 1852 m. – 1 nodo: 1 miglio all’ora – Da miglia/nodi a km/kmh, calcolo veloce: moltiplicare per due e sottrarre il 10%
La Giraglia è un importantissimo campionato di regate veliche nel Mar Ligure centro-occidentale: alcune costiere e l’ultima da Genova allo scoglio della Giraglia (Capo Corso), sino a Saint Tropez. La regata, in caso di maltempo, è assai pericolosa. Infatti la zona di Capo Corso, insieme al più famoso Capo Horn e al Golfo di Marsiglia, è una delle tre zone più pericolose in assoluto al mondo in caso di tempeste da nord. Ciò in quanto a Capo Horn si scontrano due oceani! Nel Golfo di Marsiglia il fondale è molto irregolare, a gradoni, e le masse d’acqua vi si scontrano innalzandosi in onde enormi e assolutamente imprevedibili, pericolose anche per le grosse navi! A Capo Corso il motivo della pericolosità è un altro: in quella zona infatti si scontra la tramontana che proviene da 0° cioè da Nord con il Mistral che proviene da 280-290°, cioè da Nord ovest. Da questo scontro nasce un mare “impazzito” con onde “incrociate” (che “non corrispondono” alla direzione del vento): il che crea non pochi problemi ai velisti regatanti.
Fine dell’Anteprima. Ora parla il Fun
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Capirete quindi che “l’eroe” del sogno che vi sto per raccontare, deciso a traversare da Genova a Capo Corso, in solitaria, senza strumenti elettronici, senza motore ausiliario, a bordo di “Whisper”, un FUN (che poi sono una barchetta a vela da regata di sette metri che discloca solo 1.000 Kg ha corso un bel rischio. Ma questo è un sogno: lasciate che a raccontarlo sia proprio io stesso, in prima persona, si fa per dire. Eccomi qui, nella foto.
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Ha deciso. Questa volta Riccardo non userà motore, telefonino, radio e sistema satellitare di posizionamento se non in caso di assoluta necessità. Vuole veleggiare provando la sensazione della navigazione esclusivamente a vela, stimata ed in solitario senza scalo. Già perchè lui di traversate in solitaria ne ha già fatte sei, S. Stefano (LI) – Palau – S. Stefano, ma in tre-quattro giorni ognuna con scalo-pastasciutta-a-terra- la-sera-e-notte-in-porto. Userà quindi solo l’orologio, il log, la bussola e le carte nautiche. Quale barca userà? Ma me stesso, che sono un FUN dal nome Whisper che poi sono di origine francese e voglio dire Formule Un, Formula Uno e non “divertimento” all’inglese, ci mancherebbe altro! Meta stabilita: Capo Corso, il nostro piccolo Horn personale: circa 85 miglia da Genova in linea d’acqua.
Primo giorno
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E’ una fresca mattina di luglio. Prima di lasciare l’ormeggio, lui si concede l’ultima verifica: la lettura del bollettino meteo. Da giorno lo sta studiando. Infatti quello che è da evitare è il Mistral che soffia quando sul golfo Ligure ci sia bassa pressione a alta pressione sulla Spagna: in tal caso partire sarebbe un vero e proprio suicidio programmato. E invece, per fortuna, le previsioni meteo sono ok.
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Riccardo espone quindi randa piena e fiocco autovirante e procede al traverso in direzione Portofino Punta Chiappa, a cinque nodi costanti, mure a sinistra (vento sulla parte sinistra delle mie vele) sotto una brezza da nord che fa il pelo all’acqua senza alzare onda, una meraviglia. Io scivolo felice, senza rumore (non per niente mi chiamo Whisper!) e lui con me. Saluto alcuni gozzi intenti a pescare e mi godo il panorama della mia costa d’origine. Alle sette si abbatte, cioè “si vira verso destra”, con gli sci si direbbe cristiania a valle, rotta verso sud ovest al lasco, allargando l’andatura, mure a dritta (vento sulla parte destra delle mie vele). La velocità scende a quattro nodi.
Alle 11 la terra è sparita all’orizzonte ed il vento cala. Riccardo calcola che io mi sia abbassato verso sud di 15 miglia e ne approfitta per mangiare e riposarsi un po’. Dopo il caffè (dell’unico termos), si alza la brezza di mare, da sud. Lui fissa il timone sopravvento con un elastico e sottovento con una scottina. Dopo qualche tentativo funziona! Ho il timone “automatico”, come mi ha insegnato a navigare sul Garda (v. foto poco più sotto). Riccardo può quindi riordinare le idee e mettermi in ordine, diamine! Inoltre aggiorna la rotta ed il libro di bordo. Terminate queste incombenze, va a prua e si siede davanti al fiocco, sul pulpito, con le gambe di fuori. Mi sento un cavallo da corsa con in groppa il fantino tanto siamo entrambi sensibili agli spostamenti impostici dalle onde!
Improvvisamente due delfini emergono dall’acqua ed iniziano a giocare con la mia prua: ho il cuore in gola dall’emozione, fortissima, che sto provando. Dopo un po’ mi salutano e se ne vanno. Riccardo rientra nel pozzetto. Devo intendere anch’egli con l’animo colmo di gioia e di serenità. Grazie delfini! Nel frattempo procedo verso sud di bolina tirando bordi di due ore ognuno, scadenzati dal timer del suo orologio da polso. In totale percorro altre 32 miglia, ma considerando il bordeggio penso di essere sceso solo di 20. Dovrei quindi trovarmi a 35 miglia un po’ a sud ovest di Portofino. Ormai è sera, il vento è calato, lui è stanco ed ha fame. Riccardo ammaina il fiocco, prende due mani di terzaroli e comunque ammaina tutta la randa. Quindi cena e va subito a nanna! Io non ho bisogno di dormire, non ho bisogno di ormeggi, cime, parabordi, sonniferi o tappi antirumore per le orecchie (che non ho!) anche perché qui dove mi trovo non ci sono discoteche dalle quali difendersi. La serata è tranquilla. Qualche pesciolino salta intorno al mio scafo e mi augura la buonanotte. Ricambio di cuore.
Secondo giorno
Riccardo si sveglia presto, riposatissimo ed affamato. Placa la fame, indi prenda un bel bagno divertendosi a rimorchiarmi da prua, nuotando sul dorso, con le pinne, per una mezz’oretta (gli avevano assicurato che i pescecani non attaccano i funnisti!). Verso le 9 si alza il ponentino da 270°. Benissimo, e noi facciamo rotta 180° al traverso per circa sette ore. E sono altre 28 miglia che sommate a quelle di ieri fanno 63. Dovrei essere al traverso della Gorgona, ma è troppo piccola (o lontana?) per essere visibile. Mi restano altre 20 miglia, che dovrei coprire in un sol giorno, se tutto va bene.
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Seconda notte. Calma assoluta. Riccardo è meno stanco della prima e va a letto tardi, alle 22, in tempo per preoccuparsi un po’ al passaggio di due navi: ho le luci accese ed il riflettore radar. Tuttavia lui non è del tutto tranquillo. Ci avranno visto? Ci avranno cercato sul canale 16? Non lo sapremo mai. Alla fine si va a dormire, facendo affidamento sulla legge della probabilità, quella dei grandi numeri, dei grandi spazi ma soprattutto del gran culo.
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Terzo giorno
Scirocco teso. L’anemometro registra 15 nodi a livello del mare. Riccardo lascia filare a poppa una cima di trenta metri: non si sa mai, se cadesse in acqua … Prende una mano di terzaroli e alla via così, bolinazza bagnata con onda, ora dopo ora, bordo dopo bordo, virando quando squilla l’orologio. Per fortuna che la cacca lui la fa regolarmente alla mattina presto e per il resto, meno impegnativo, si arrangia anche mentre timona! Ad un certo punto mi accorgo che lui ha perso il conto dei bordi. Li ricostruisce calcolando il tempo trascorso. In totale sono nove ore, sei con mure a dritta, verso Est e tre con mure a sinistra verso ovest. ll log dice che ho percorso a 35 miglia, che dovrebbero corrispondere circa altre 10 miglia questa volta verso sud est, che sommate alle precedenti fanno circa 73. Dovrei quindi essere quasi arrivato e trovarmi a circa 10 miglia da Capo Corso, ma è sera, la visibilità è scarsa e lui è stravolto dalla stanchezza. Ammaina le vele, prua al vento, cala in acqua l’ancora galleggiante che aveva costruito a terra con i paioli dei gavoni di prua (è brevettata, attenzione!). L’ancora pare funzionare, io scarroccio poco, almeno così mi sembra. Basta, si arrangerà, che la corrente mi si spinga dove vuole. L’onda è fastidiosa ma non pericolosa. Lui “cena” (formaggio grana e scatoletta di simmenthal. Una pesca) e va a dormire, ma passa la notte nel dormiveglia. Parla da solo: dice che si balla troppo per dormire del tutto. Pazienza … si rifarà all’arrivo.
Quarto giorno
Il mio skipper si alza alle prime luci dell’alba, aggiorna la nostra posizione per prudenza “retrocedendoci” nei suoi calcoli delle dieci miglia guadagnate il giorno prima. Continuo quindi ad essere a circa 20 miglia dal Capo, ma l’onda è meno forte di ieri ed io rispondo meglio ai comandi. Venti miglia di bolina, più o meno quanto che da Punta San Vigilio a Riva del Garda, dico a me stesso per consolarmi, coraggio! Devi farcela prima di sera, a tutti i costi. Lui fa una ricca colazione ipercalorica (marmellata, banane, biscotti e pompelmo), recupera l’ancora galleggiante e mi fa ripartire terzarolato a 3,5 nodi.
Sono molto inclinato: infatti sono una barca da regata e presupporrei il peso mobile di ben quattro persone di equipaggio e Riccardo da solo più di tanto non può contro bilanciare: per sicurezza passa un braccio dietro la draglia. Ogni tanto è vinto da un colpo di sonno ma non ci sono auto o guard rail nelle vicinanze, per fortuna. E’ molto più sicuro che guidare in autostrada, checchè se ne dica … Dalle sei di mattina sino a quando? Semplice, sino a quando lui avvista la terra, alle 12. Quando l’ha vista ha provato un’emozione fortissima, un vero tuffo al cuore. Sarà Capo Corso o cos’altro? Fatto sta che lui si è messo a saltellare dalla gioia! Anch’io del resto, mi sento come il cavallo che verso sera avverte l’odore della stalla e sente moltiplicarsi le forze pur di raggiungerla al più presto.
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Ormai è fatta, mi dico, qualunque terra sia quella che lui vede all’orizzonte sulla mia prua, ad una distanza che non sa calcolare. Man mano che mi avvicino la terra, la costa gli appare per quello che è: un promontorio slanciato verso nord! E’ lui, il nostro Horn domestico, che raggiungo dopo altre tre ore di bolina. Sfioriamo lo scoglio della Giraglia e dirigiamo, ormai ridossati, verso Saint-Florent. Lui è stanco, felice e … cosa dite? Soprattutto molto fortunato!?… D’accordo … ho capito … ho capito … prometto glielo dirò di non farlo più … va bene così?
P.S.: Signori velisti, voi che veleggiate su barche di 12 e più metri, in equipaggio … signori, appunto … cosa? Quattro giorni sono troppi per coprire 85 miglia? Allora faciamo così: ventite a prendermi, mi portate a Genova e ripetete voi il tragitto in solitaria, senza scalo, senza gips e senza motore. Poi ne riparliamo. Vedremo chi ha ragione, parola di Whisper!
Buon vento a tutti!
Whisper
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