DanteDì, 25 marzo.
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 25 Marzo, 2020 @ 7:15 amDetto altrimenti: in inglese DanteDay. In tedesco DanteTag. In francese DanteJour. In spagnolo DanteDìa, etc. (post 3824)
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25 marzo, l’Annunciazione dell’Angelo. 25 marzo (2019): si vede che mi sentivo anch’io un angelo (delle nevi), ho fatto un volo (con gli sci!) e atterrando mi sono rotto la testa dell’omero sinistro ed il relativo trochite. Evvabbè … 25 marzo, la prima giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri.
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Ebbene sì, sono un dantista. Cosa? No, non un dentista che ha sbagliato a scrivere, figurarsi! Con la “a”: dantista, appassionato di Dante, al punto che “a me mi” viene spontaneo scrivere in endecasillabi a rima incatenata e per di più con la cadenza degli accenti musicalmente corretta.
Ed allora tanti anni fa – era il 1994 – ho allentato le briglie della fantasia ed ho scritto in dieci canti per un totale di 1500 versi la Fraglina Commedia, chiamata così dalla Fraglia Vela Riva, il mio club velico di Riva del Garda, dove ho collocato l’ Inferno; per il Purgatorio sono andato in Val di Non e per il Paradiso a Trento: PAT, Paradiso Autonomo di Trento.
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Nella Fraglina infatti non trovate solo la vela, bensì anche molto altro: “Nonesi e Solandri” per esempio, un intero Canto. E poi molti politici del tempo: Paolo Piccoli, Lorenzo Dellai, Bazzanella, Pietro Monti, Tarcisio Andreolli, Carlo Andreotti, Pierluigi Angeli, Bruno Kessler, Mario Malossini, Walter Micheli, Cesare Moreni, Guglielmo Valduga, Paola Conci, etc.. Cosa? Dove li ho messi? In Inferno, Purgatorio o Paradiso? Non ve lo dico!
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L’ultimo canto è dedicato alla castagnata di Dante e Virgilio sul Monte Bondone. L’opera è firmata Riccardante Lucattieri ed è arricchita da disegni originali dell’Autore. Da qui poi è nata una piacevole consuetudine: e cioè, che io e il mio caro amico Giovanni Soncini da anni ci scriviamo mail solo in terzine dantesche che Giovanni sta raccogliendo in preziosi volumetti: il primo è già uscito, il secondo è in fieri. Ma … e il testo completo della Fraglina? Scialla, raga, tranquilli, non ve la trascrivo qui tutta, solo alcuni passaggi.
Chi lo volesse ricevere (ovviamente in regalo) me lo scriva a riccardo.lucatti@hotmail.it: “siccome che” l’ho scannerizzato, la invierò per e-mail.
L’incipit: l’alba a Riva del Garda
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E appena che al mattin passato il sonno
lo sol scavalca il monte per lo quale
i Rivani veder Mori non ponno
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E’ chiaro qui il riferimento al Dante vero quando cita il monte Pisanino, come quello che impedisce ai Pisani di vedere Lucca (Inferno XXXII, IX cerchio, cfr. ivi).
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L’alba su Trento
Bruma leggera possedea le calli
ancora addormentate nel mattino
della beata Urbe e le sue Valli.
E tacito aspirai quell’aere fino
volto lo viso in suso a nova luce
come a scrutar lo ciel fa ‘l contadino.
Dorata era la trama che ricuce
la notte al dì e dolce risvegliava
lo campanile, me ed il mio duce.
E sanza pondo il domo alta stagliava
la torre sua ergente sovra i tetti
qual dolomite che lo sol baciava.
Il tramonto su Trento
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Venne sera e la luna col suo opale
chiarior d’argento sostuiva il sole
che lento iva all’ingiù per le sue scale
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del Bondone a dormir dietro la mole.
E poi ch’alcun momenti ebbimo conti
la luce disparì come far suole.
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La notte quinci scese giù da’ monti
con quattro cime che le fean corona
sovra Tridento assieme a li suoi ponti
addormentati al par de la padrona.
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Riva del Garda, la nascita dell’Ora, la famosa brezza
E quale lo Benaco ampio e lucente
da lungi prima tigne suo orizzonte
d’onda più scura, e attira umana mente
a discovrir del suo ‘ncrespar la fonte;
quinci scintilla d’argentina trama
le chiare squame che mai niun ha conte
e infin impregna di ventosa lama
fertile vela sin che non sia tesa
per ricovrarla ove nocchiero brama
lieve sì come cosa che non pesa,
così noi fora da le triste rotte
fummo sospinti dopo lunga attesa
lo duca mio al timon ed io alle scotte.
E l’Ora fea planar carena alata
verso polar, da dove oscure grotte
d’onda atesina avrebbero inondata
de’ Torbolan la manca, se la piova
perigliosa rendesse sua vallata.
E ‘l dica mi parlò: “Che tu non mova
la scotta della randa né te stesso
sin quando nostra via la luce nova
vedrà suso all’uscir, e fatto fesso
lo periglioso andar, il nostro legno
di vita ricca a noi diventi messo”.
Sì disse. Ed orzando sino al segno
dall’angolo del vento consentito
strallò lo spi e consegnoci in pegno
all’antro oscuro omai d’acqua empinito.
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Insomma, una descrizione del formarsi della famosa brezza, l’Ora del Garda, ed una vera e propria lezione di vela per andarsi ad infilare, barca compresa (il mio Fun da regata Whisper ITA 526) dentro la galleria Adige-Garda e così risalire, veleggiando (!), sino alla valle dell’Adige e raggiungere il PAT-Paradiso Autonomo di Trento.
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Che altro dirvi … del Purgatorio in Val di Non, là dove Dante, affamato, si sfama con le mele furtivamente sottratte ai parsimoniosi contadini locali (Canto “Nonesi e Solandri”). Parla Virgilio:
E mentre del Giordan con giusta pace
lo popolo d’Abram vive una sponda
ambo le bande qui sì viver piace
ad ognun che ne lo spender non profonda
mai nulla, che vedrai sul Noce
come sparagni ognun moneta tonda.
Fame con mele placherai alla foce
di rio graziosamente saltellante
che forma pozza ove di sol di coce.
Ma pria che tale acqua insì parlante
formi lo laco di Santa Giustina
scorre leggiadra, in valle altra, lampante
di Sol nomata poi che da mattina
la luce sua riceve sino a sera.
E ‘l Noneso e ‘l Solandro ti rapina
gridando: “Hai da pagar!” con voce fera
lochè da MustDuZhalen ognun si passi
ch’a raccontarla altrui non pare vera.
Ch’ancora ho da capir se ‘nver ciò fassi
al Noneso o al Solandro a cavar penne
e chi respinge chi a li suoi sassi .
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E ancora: della salita e della castagnata in Bondone? Insomma, la farei veramente troppo lunga, in questa sede. Per ora vi basti quest’assaggio: del resto, chi volesse il testo completo non ha che da scrivermi.
Con ciò io vi saluto o miei attenti
lettori che mi fate assai contento
se tutte leggerete le dolenti
note ch’io scrissi su le onde e ‘l vento.
Riccardante Lucattieri
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P.S.: Ma il Dante vero, dov’è che parla del Trentino e del Lago di Garda? Ecco i passaggi dei quali mi ricordo:
Inf. XII, vv.4.6
Qual è quella ruina che nel fianco
di qua da Trento l’Adice percosse,
o per tremoto o per sostegno manco
La “ruina” son i massi erratici presso Rovereto, di origine glaciale che Dante interpreta dovuti ad un terremoto o al ritirarsi del ghiacciaio.
Inf. XX, vv 61-63
Suso in Italia bella giace un laco
a piè de l’Alpe che serra Lamagna
sovra Tiralli c’ha nome Benaco.
Inf. XX, vv 67 e sgg.
Luogo è nel mezzo là ove ‘l trentino
pastore e quel di Brescia e ‘l veronese
segnar potria se fesse quel cammino.
Luogo dove ognuno dei tre Vescovi potrebbe benedire. Infatti anche oggi all’altezza di Capo Reamol, c’è il confine in centro lago fra le tre provincie di Trento, Brescia e Verona.
Siede Peschiera bello e forte arnese
a fronteggiar bresciani e bergamaschi
ove la riva in fondo più discese.
Ivi convien che tutto quanto caschi
ciò che in grembo a Benaco star non può
e fassi fiume giù pei verdi pascoli.
E come l’acqua a corre mette co’
non più Benaco ma Mencio si chiama
sono a Governo dove cade in Po.
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Benaco, il nome latino del Lago di Garda. Ce ne parla Virgilio nelle Georgiche (II, vv. 160-161): Anne lacus tantos, te Lario, maxime teque / fluctibus et fremitu adsurgens Benace marino? E dovrei forse non parlare dei laghi così belli, di te Lario, ma soprattutto di te, Benaco, che quando entri in tempesta hai onde e frangenti tipici del mare?
E allora, sia benvenuta questa “prima” di Dante Alighieri nel Teatro delle nostre celebrazioni culturali e letterarie!
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