POESIA COME MEDICINA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Marzo, 2020 @ 8:26 amDetto altrimenti: non omnis moriar … non mi arrenderò (a questa situazione) (post 3797)
(Le foto sono mie, tranne l’airone e i pesci in acqua che sono di Luigi Zullo)
No, scialla raga, tranquilli, non sono infettato, sto bene. Quel moriar (morirò) è usato in modo figurato, nel senso che non mi arrenderò all’inerzia, all’inedia, alla rassegnazione! Isolati si, va bene, ma per noi blogger questa limitazione vale molto meno: infatti noi siamo dei privilegiati, noi, con i nostri post, i nostri lettori. Se poi oltre che essere un blogger, sei anche amante della poesia vera (quella dei poeti veri) e dei tuoi stessi tentativi di botanica dei versi, be’ allora non c’è di che lamentarsi per la propria situazione. Poesia, dal greco poiein, creare. Banalmente, molti credono che poesia significhi principalmente rima. Eh no, raga, invece le rime possono anche mancare. Quelle che non mancano invece sono le assonanze, la metrica, le immagini, le metafore, le metonimie, le sinestesie, l’ossimoro, la sineddoche etc. etc. . Cosa sono queste figure? Amiche, amici, scusate, ecchè … mica posso tenere qui un corso di poetica … del resto non ne sarei all’altezza: diciamo che quelle “cose” io le utilizzo “a mia insaputa”!
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Poesia. Qui sotto ve ne riporto una mia: “Il canto di Trento a la Fersena”, il fiume che scorre davanti a casa mia, accompagnato nel suo “ultimo miglio” – prima di confluire nell’Adige – da un bel viale, Viale Trieste. Viale e fiume che in questo periodo di coprifuoco sono diventati il mio mondo esterno legalmente autorizzato, la mia “ora d’aria”, brevi passeggiate sotto casa, un vero privilegio, un ulteriore motivo per il mio “grazie” a questa amica, la Fersina in lingua, la Fersena in dialetto trentino, narrata e celebrata nello splendido e ricco volume “La Fersina antica signora della valle” degli amici Lino Beber, Mario Cerato e Claudio Morelli, edito dalla Associazione Amici della Storia- Pergine, della foto qui a fianco. E la mia poesia ha avuto l’onore di esservi ospitata alla pagina 424. Eccola qui per voi:
Il Canto di Trento a la Fersena
Sei vivo.
Mi parli col suono di luce
dei tuoi mille occhi di rivo
splendenti nel verde.
Dapprima
mi sembri annoiato
nel lento rigiro
che sempre conduce
al tuo limitato infinito
eletta dimora
di anatre urbane
ed aironi
in morbide anse di steli
ov’acqua
fra ‘l fiore che odora
con tenue sospiro si perde.
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Ma ecco
improvviso
uno slancio
al pari del cervo brunito
che hai visto saltar le tue rive
braccato dal cane
ed hai ristorato
offrendoti invito alla sete
ed alle corse un po’ schive
del giovane re incoronato.
Ancora …
hai negli occhi il ricordo
di una prudente marmotta
del falco
che lento
si libra nel cielo in agguato …
di un movimento …
di vita che lotta …
di tenero nido violato.
Tu nasci ove aria rinfresca.
Poi …
scendi la cima
scoscesa di valle tedesca
qual liquido velo nuziale
che adorni la Sposa Atesina
e rechi in pianura
la figlia del suolo innevato
i fulgidi pesci d’opale
il tenue lenzuolo
che dona ristoro all’arsura
di ninnula cuna
il manto di brezza
che stendi alla luna
ed olezza.
E dolce assopisci il bambino
cantandogli la ninna nanna
che i monti ti hanno affidato.
Tu sei Poesia
il capolavoro scolpito
del grande Pittore Trentino
che ascolto
rapito all’oblìo
insieme alle fronde
degli ippocastani
che sopra le spalle
ti fan capolino ondeggiando
e curioso
protendono il volto
sull’armonioso spartito
del tuo gorgoglio.
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Ma ora prosegui il tuo viaggio
e mentre ricevi altre sponde
le mie vecchie mura imperiali
riflesse
ti rendono omaggio
più belle pe’ i grandi regali
che porti di piccole onde.
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Vi è piaciuta? Si? Grazie, molto gentili e allora … Cosa? Volete un bis? Vabbè, visto che insistete …
La piena de La Fersena
(Senza punteggiatura e lettere maiuscole: aggiungetele con la vostra fantasia. E anche nel leggerla, decidete voi le pause, le enfasi: siate voi stessi “poeti”, cioè creativi!)
impregna di sé
erba paziente
rocce assetate
asfalti insidiosi
erosa montagna
disciolta da un cielo
colore di terra
galoppo sfrenato
liquidi pensieri
spazio scolpito
forme sospese nel nulla
lingua di acqua
attrae lo sguardo
al pari
di onda di fuoco
danzante
dal ceppo
e invita il tuo corpo
a librarsi
in una vertigine alpina
sfuggono a valle
saltando
tronchi rubati alle sponde
avulse membra stillanti
dal corpo indifeso del mondo
tratti bizzarri
su perenne dipinto vivente
e tu
vorresti che l’onda di piena
dei tuoi sentimenti
non passasse mai
sotto i ponti di Trento
ove Fersena scorre
oggi
violenta
Lo confesso, quel “passare sotto i ponti” l’ho copiato da un certo G. Apollinaire: “Sotto il ponte Mirabeau la Senna scorre. E i nostri amori. Che io me ne sovvenga. La gioia mai mancò dopo il dolor” (del coronavirus, n.d.r.)
Coraggio, amiche ad amici: ce la faremo anche questa volta, alla faccia del coronavirus, che poi io la corona gliela toglierei proprio a quel “malamente”!
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