SI APRE LA CACCIA …. E SENTITE UN PO’ COSA STA CAPITANDO …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Settembre, 2012 @ 6:46 pm

Detto altrimenti: questa proprio non me la sarei mai aspettata!

Bruno Kessler

Trento. Ero direttore dell’ISA, una importante finanziaria, riferivo al Presidente della società, che era stato Presidente della Provincia Autonoma di Trento ed era Presidente anche di tante altre realtà locali, fra le quali l’IRST, Istituto di Ricerca Sciuentifica e Tecnologica. Questo mio capo era anche Senatore della Repubblica. Aveva un nome tedesco, lui che era Solandro, della Val di Sole. Bruno Kessler era stato uno dei padri dell’Autonomia Trentina. Era  Presidente della Federcaccia ed era lui stesso appassionato cacciatore. Per lui l’abbattimento di un ungulato era un “prelievo”: “I più vecchi, i malati, gli animali in soprannumero”. Io non ho mai cacciato (ogni tanto pesco, in mare, e mangio il pescato). La caccia come sport non mi trovava (e non mi trova) d’accordo. Glielo dissi e lui: “Zà … che lu no l’è uno sbarador …”. L’ho citato perché sarei stato curioso di sapere come avrebbe reagito a quanto sto per raccontarvi.

 

Diana, così andrebbe già meglio: entrambi nudi nel bosco, lui con le corna e tu con l'arco ...

Leggendo l’Adige odierno (2 settembre 2012) sono rimasto esterrefatto. Infatti trovo una pagina intera (la 14) con tanto di mega fotografia di una moderna Diana con fucile e prede, lo sguardo rivolto all’infinito. Questa Diana uccide gli animali “perché li ama” (sic). Al momento dell’uccisione, raggiunge una gioia intensa. Andare a caccia e uccidere prede “è un po’ come quando ci si innamora. L’osservazione, l’attesa, l’ammirazione, il sogno” (sic). Se poi, come le accadde in Polonia, con un solo colpo capita di uccidere due starne, la sensazione è “meravigliosa” (sic). E poi: “Io sparo solo quando sono certa che il mio colpo è mortale. Io non ho mai ferito gli animali, non voglio far loro del male” (sic) … omissis …”dopo che hai sparato … corro da lui (l’ungulato, n.d.r.), prendo tra le mani la sua testa, l’accarezzo, arrivo fino a baciarlo, in certi casi lacrimo di gioia” (sic). E il bracconaggio? “No, ma penso che la trasgressione faccia un po’ parte della vita. E qualche volta bisogna concedersi un pizzico di trasgressione”(sic).

 

Io lo preferisco così: vivo!

Questi i fatti. Il mio commento: la caccia può piacere o meno, essere praticata o meno, essere approvata o meno. Ma non trovo condivisibili i sentimenti espressi dalla intervistata e ancor meno la loro esaltazione. Inoltre ritengo amorale e diseducativo l’accenno alla liceità di “un pizzico di trasgressione”, soprattutto di questi tempi, nei quali si sta cercando finalmente di ridare valore a comportamenti moralmente, civilmente, fiscalmente  e legalmente corretti. Ma … si dice, la Diana dell’articolo è una nobile … e la nobiltà d’animo non sempre può essere compresa dalla gente comune … (io sono “gente comune”, n.d.r.) …  ai nobili la caccia è concessa, per loro è lecita … mentre per il popolino, come ci insegna Fabrizio De Andrè nella sua bella canzone (Geordie, 1969), è bracconaggio, di quello non consentito e punito con l’impiccagione “con una corda d’oro”.

 

 

 

Infine, mi ha sorpreso che L’Adige abbia accolto e dato tanto risalto a simili esternazioni. Mi auguro solo che ciò sia avvenuto al fine di far nascere una più profonda reazione contraria, una sorta di vaccinazione contro un malanno … mi auguro …

E voi, lettori del mio blog, cosa ne pensate?