ASSOCIAZIONI
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 17 Dicembre, 2019 @ 8:43 amDetto altrimenti: “Managerialità, libertà e democrazia nelle – “ (vedere alla voce “Associazioni” ) (post 3717)
Ovvero: con queste riflessioni mi sono fatto il regalo di Natale!
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Una sorta di vocabolario, questi miei post, lo confesso. Quelle le associazioni io ne ho conosciute molte e ne frequento alcune (quanto mi piace italianizzare il dialetto napoletano!). La prima differenza che noto è il diverso livello di democrazia che ho riscontrato via via negli anni all’interno di ognuna di esse, livello che deriva dal grado di partecipazione alla loro vita. E la partecipazione si attua in due modi: alla loro vita operativa e/o alle loro assemblee.
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1 – La partecipazione alla vita operativa
Le Associazioni vivono del contributo, delle idee e del lavoro degli associati: non solo dell’azione del Consiglio Direttivo o di qualche dipendente. A rigore infatti occorrerebbe distinguere fra soci semplicemente fruitori e soci anche operativi. Una analoga distinzione potrebbe essere fatta all’interno del Consiglio Direttivo stesso: infatti qualche Consigliere eletto può pensare di avere a disposizione una Direzione Operativa, il che molto spesso non è, per cui il Consigliere deve rendersi operativo esso stesso: e ciò non sempre accade.
2- Le due facce della vita operativa
Quella interna, rivolta alla vita degli stessi soci. Quella esterna, indirizzata ad attivare iniziative ed attività esterne. Occorre avere presente questa distinzione per valutare il mix dei due tipi d’azione che sotto questo profilo definisce il tipo di associazione: troppo chiusa; chiusa; aperta, troppo aperta.
3 – La partecipazione alla vita assembleare
200 iscritti, 50 presenti? Troppo pochi. L’associazione non è “libera” – e con lei non è libero ogni associato – perché, per dirla con Giorgio Gaber “Libertà non è star sopra un albero / Non è neanche il volo di un moscone / La libertà non è uno spazio libero / Libertà è partecipazione”. Traduciamo: libertà non è stare a guardare ciò che succede / non è nemmeno l’azione di uno solo / non è nemmeno poter fare ciò che si vuole / libertà è partecipare alla creazione di una volontà e di una azione collettiva. E se manca la libertà, manca la democrazia.
Don Lorenzo Guetti, il fondatore della Cooperazione trentina, affermava: “Bene Comune è il bene alla cui costruzione hanno partecipato sin dall’inizio tutti i suoi fruitori”. Una piazza, una scuola non sono beni comuni, ma semplici beni pubblici, collettivi.
4 – I numeri
200 iscritti, 150 presenti in Assemblea, di cui la metà per delega? No buono (v. sopra).
5 – La successione
Primo obiettivo di un capo è motivare i suoi e assicurare la vita dell’ente cui è preposto (associazione, società per azioni, etc.) ben al di là della propria persona. E invece in molte SpA (ve lo dice un vecchio manager!) il capo tende a rendersi insostituibile, della serie così “nessuno mi può soppiantare nemmeno tu…” (parafrasando i versi di una nota vecchia canzone di Caterina Caselli!). Nelle SpA l’avvento della tecnologia web ha falcidiato le carriere intermedie. Ciò si verifica in parte anche nelle associazioni: si rischia di passare da una dirigenza troppo vecchia ad una troppo giovane.
6 – La presidenza “vera”
Peggio mi dice quando il presidente tende a rendersi soprattutto “operativo” e come tale agisce. In questi casi mi chiedo: ma allora, chi svolge nel frattempo il ruolo di presidente? Ed in particolare, chi dà centralità alla partecipazione e alla successione (v. punti precedenti)? Ed allora cosa succede? Succede che le associazioni o muoiono o si auto trasformano. Muoiono se proprio non vi è chi subentra alla loro direzione-presidenza. Si trasformano quando cadono preda dei voti-delega e/o di iscritti che vi sono entrati senza il filtro di alcun requisito richiesto. A quest’ultimo riguardo un esempio. Prendiamo un’associazione di ambientalisti contrari alla caccia che non preveda alcun requisito per gli aspiranti soci. Ipotizziamo che l’Associazione Cacciatori di organizzi e faccia iscrivere tutti i propri associati all’associazione ambientalista. Alla prima assemblea l’associazione ambientalista – per migliorare la vita della selvaggina (residua!) – voterà a maggioranza in favore del sostegno ad una decisione della politica locale nel senso del “prelievo” di numeri sempre crescenti di capi di selvaggina. Per il bene loro, s’intende!
7 – Deleghe e incarichi
Chiarito che il “ghe pensi mi” non funziona, occorre attivare un sistema di deleghe e di incarichi. E “siccome che” (questa volta ho disturbato il diletto trentino) spesso si fa confusione, chiarisco: la delega è un conferimento di responsabilità e di poteri, per cui il delegato agisce e firma impegnando l’associazione. Se poi costui agisce male, la delega gli viene revocata. L’incarico è un agire senza impegnare l’associazione, al fine di portare il prodotto del proprio lavoro all’approvazione del Consiglio Direttivo. Occorrono entrambe le forme di decentramento.
8 – Decentramento
Solo chi decentra può crescere. Chi vuole crescere deve decentrare. Chi non decentra non può crescere. Chi non cresce è (anche) perchè non ha decentrato.
9 – Come decentrare: l’hardware
Si definisce un piano pluriennale scorrevole (tre pagine arial 12). Al suo interno si definisce un budget annuale (una pagina arial 12). Al suo interno di assume una delibera del Consiglio Direttivo (tre righe arial 12). Su questa base di stabiliscono deleghe e incarichi. Ovviamente, così come esiste una pianificazione, deve esistere un controllo di gestione.
10 – Come decentrare: il software
L’intelligenza che agisce deve essere una intelligenza collettiva: sta al capo far sì che avvenga la “fusione” dei contributi di ognuno, sino ad arrivare ad una sintesi armonica. Come in un’orchestra: è chiaro che ogni singolo violinista muove autonomamente le proprie dita ma l’armonia complessiva che scatutrisce dall’insieme dei suoi colleghi è opera del Direttore d’orchestra, il cui contributo non può mancare e che comunque “è” l’ultima parola. E che nessun violino, nemmeno se è il “primo violino” (o presunto tale) pretenda di sostituirsi a lui … il che avviene – ad esempio – quando qualche consigliere-Pierino ignora l’ordine del giorno e trascina la discussione su altri temi.
11 – L’indotto
Ogni associazione genera un indotto. Ad esempio, un’associazione di volontariato sociale solleva il settore pubblico da certi suoi doveri primari. Occorre chiedersi: questo suo contributo, le viene concretamente riconosciuto in qualche modo? Lo stesso dicasi per associazioni che inducono incrementi turistici/commerciali in favore del territorio. Ma si sa, purtroppo la riconoscenza spesso è il sentimento del … giorno prima!
12 – Il risultato economico
Quello che compare a bilancio deve essere arricchito dal beneficio economico procurato all’indotto. Solo così si potrà esprimere una valutazione significativa di quei numeri (1),
13 – La dimensione
Quale è la dimensione di ogni associazione? Quale si è conquistata? Quale vuole raggiungere? Quale le deve essere riconosciuta? La consapevolezza della propria dimensione è fondamentale – fra l’altro – per l’individuazione della fascia di sponsor ai quali rivolgersi. Un esempio: un’associazione sportiva che produca un rilevantissimo indotto economico a livello locale ed abbia un’ottima visibilità a livello internazionale ha una dimensione enorme e non è certo rappresentata dai semplici numeri del suo bilancio. L’obiettivo è che sia lo sponsor che venga a cercare questa associazione!
14 – La legge elettorale
Per avere un Consiglio Direttivo che copra tutte le competenze necessarie e soprattutto “politicamente” omogeneo, suggerisco l’adozione del voto di lista: in tal modo a confrontarsi per la guida dell’associazione saranno due sistemi omogenei e si eviterà una inutile e dannosa conflittualità interna ad un Consiglio Direttivo entro il quale vi sia una maggioranza ed una opposizione. Sarebbe un po’ come se dopo le elezioni politiche, il governo del paese fosse formato da alcuni ministri della maggioranza ed alcuni dell’opposizione!
15 – La comunicazione
In questa sede mi occupo solo di quella “interna”. Da IT-Information Technology si è passati alla ICT-Information Communication Technology. Ma per la “comunicazione” interna non basta: occorre arrivare alla ICDT, dove quella lettera “D” sta per dialogue, dialogo, ovvero scambio e confronto di opinioni “guardandosi in faccia”. Infatti gli scambi di e-mail non devono e non possono sostituire una riunione fisica delle persone. Solo la presenza fisica può trasmettere il sentimento con il quale si vive la propria idea. Solo con la persenza fisica si può comprendere il messaggio più importante di un processo comunicativo: tutto ciò che non è stato detto! Solo con la presenza fisica si èuò comprendre che una voce unanime spesso è il terreno migliore per coltivare … idee sbagliate e che se “un capo ed il suo vice dicono la stessa cosa, uno dei due è inutile”.
16 – La comunicazione bis
All’atto dell’iscrizione occorrerebbe far firmare a ciscun candidato socio l’autorizzazione a che il suo indirizzzo e-mail e il suo numero di telefono sia messo a disposizione di tutti gli associati. Solo così ogni associato può sapere con chi si è associato, solo così egli può di fatto esercitare quel diritto che molti statuti prevedono (solo in linea teorica: una democrazia finta, solo formale!) e cioè di raccogliere un certo numero di firme per la convocazione dell’Assemblea.
17 – La comunicazione ter
Attenzione al gestore del sito web: che non si prenda un potere che non gli compete! Infatti questa è una tentazione in capo a chi ha in mano il gesso e la lavagna … elettronica! Anche in politica del resto … una società che gestisce il web di un partito è di fatto ai vertici del partito stesso.
18 – Il controllo sugli Amministratori
In ogni Associazione occorre che vi sia un organo che controlli non solo il comportamento degli associati, ma innanzi tutto e soprattutto il rispetto dello Statuto da parte degli stessi Amministratori.
19 – La democrazia
La riforma di legge del cosiddetto Terzo Settore ha incentrato gli interventi sugli aspetti finanziari e fiscali. Nulla è stato purtroppo fatto per verificare che ogni associazione abbia uno Statuto realmente democratico.
20 – L’alternanza
La formazione dei propri successori nella dirigenza di una associazione di cui al precedente n. 5 potrebbe inoltre essere inquadrata in una previsone statutaria che preveda il limite massimo di mandati. Ciò – fra l’altro – indurrebbe il Consiglio Direttivo in carica a fare formazione e cultura, al fine di preparare le future classi dirigenti.
La pagella
Ipotizziamo di assegnare un punteggio da 1 a 10 ad ognuno dei 20 punti trattati. La sufficienza si raggiunge quanto nessun singolo punto sia stato valutato sotto il 6. In caso contrario c’è da chiedersi: ma la democrazia sostanziale è un valore ricercato oppure è qualcosa di temuto e quindi evitato? A mio avviso managerialità e democrazia sono le due facce della stessa medaglia in ogni ambito della convivenza umana “associata”.
(1) Questa l’ho imparata dai tedeschi. Ero direttore in una SpA del Gruppo Siemens. Da Monaco valutavano il nostro bilancio dopo l’addebito figurativo degli “interessi calcolatori”, kalkoratoriche Zinzen, cioè di quelli teoricamente maturati sull’intero capitale investito su di noi dall’azionista. Analogamente venivano valutati i ricavi da noi indotti in altri soggetti del Gruppo. Un altro esempio: anni fa sono stato membro del CDA dell’Ente Fiera di Genova. Molte fiere minori erano “in passivo”; le due maggiori (Euroffora e Salone Nautico) erano rispettivamente in attivo ed in pareggio: ma qual’era per la città l’enorme indotto complessivo di tutte le fiere?