SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N.199 DEL LUGLIO 2012: I SERVIZI PUBBLICI LOCALI (SS.PP.LL.) NON SI POSSONO PRIVATIZZARE – TERZA PUNTATA (la prime due puntate sono state pubblicate il 23 e il 30 luglio scorsi)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 31 Luglio, 2012 @ 5:33 am

Detto altrimenti: società di investimento, di gestione o di entrambe le “cose”?

Nell’esempio di cui alle puntate precedenti, si parlava di una SpA mista pubblico privata chiamata a progettare e realizzare un investimento (strumentale all’esercizio del Servizio Pubblico locale) e quindi a gestirlo. E’ questo il caso più complesso, non tanto per la presenza della fase di progettazione, quanto per la coesistenza delle due fasi della realizzazione e della gestione.

Infatti, per realizzare un’opera pubblica, occorre investire notevoli masse di denaro, le quali, come spesso accade, vanno ben oltre la disponibilità della società. Si ricorre quindi al credito bancario a breve termine, in attesa di poterlo poi trasformare in un mutuo pluriennale (non appena l’Ente Pubblico avrà fornito alla SpA le indispensabili indicazioni di massima per la redazione di un piano pluriennale scorrevole). Orbene, fino a quando l’opera pubblica non è terminata ed aperta all’uso pubblico, la movimentazione del denaro è solo un aspetto finanziario. In altre parole, per il parteggio di bilancio della società è sufficiente che essa sia in grado di far fronte al servizio degli interessi.

Ma la società, spesso, è chiamata, nel frattempo, anche a gestire il servizio pubblico preesistente, e quindi – spesso – a corrispondere all’Ente Pubblico concedente anche un sostanzioso canone. Vi sono, invero, Enti pubblici “intelligenti” i quali riducono il canone preteso, di una somma pari al totale degli investimenti effettuati, fedeli al principio “o la botte piena, o la moglie ubriaca”. Tertium non datur. Ma sono eccezioni. Più spesso si esige dalla SpA mista sia l’investimento che il canone.

La situazione poi si aggrava quando l’opera pubblica è terminata ed aperta al pubblico. Infatti da quel momento i costi sono aumentati dagli ammortamenti del bene realizzato, mentre i ricavi, stante il normale periodo di avviamento, non possono essere a regime.

Cosa fare, dunque? Occorre innanzi tutto prendere coscienza di questa serie di problematiche ed affrontarle con serenità e professionalità, soprattutto da parte dell’Ente Pubblico Autorità Concedente, al fine di stabilire le precondizioni per il conseguimento di due obiettivi successivi: il pareggio economico, prima e lo sviluppo della società, ben oltre quel primo traguardo.

E la crescita spesso può avvenire attraverso il raggiungimento di una dimensione di scala maggiore dell’ambito pubblico originario. Orbene, ove fosse possibile “privatizzare” la SpA, essa potrebbe liberamente operare sul mercato ed ampliare il proprio raggio d’azione ed il pr0prio fatturato. Ove ciò non sia possibile, trattandosi di un servizio pubblico locale e quindi “non privatizzabile” per legge, la soluzione è quella di aprire la spa alla partecipazione degli enti pubblici confinanti per realizzare importanti miglioramenti funzionali e rilevanti economie di scala.

A questa ultima soluzione spesso si oppone una interpretazione campanilistica del prorio ruolo di amministratore pubblico, al cui interno ogni singolo ente pubblico interessato vuole mantenere la propria autonomia e indipendenza gestionale, anche a costo di sopportare pesanti diseconomicità funzionali ed economiche. Ben vengano quindi in Trentino Enti Pubblici più comprensivi (ad esempio, le Comunità di Valle) i quali possano catalizzare le iniziative a livello di bacini omogenei di utenza.

Fine della terza puntata. Nella prossima ed ultima vi parlerò della “motivazione” del personale dell’Ente Pubblico e della SpA.