SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N.199 DEL LUGLIO 2012: I SERVIZI PUBBLICI LOCALI (SS.PP.LL.) NON SI POSSONO PRIVATIZZARE – SECONDA PUNTATA (la prima puntata è stata pubblicata il 23 luglio scorso)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 30 Luglio, 2012 @ 6:56 am

Detto altrimenti: la presenza degli azionisti privati in una SpA ad azionariato misto pubblico privato. Ma … azionisti privati  apportatori di competenze e prestazioni e/o di una quota sostanziale del capitale sociale?

Il settore pubblico in genere ha funzioni regolamentari e di controllo. Non imprenditoriali. Ed allora innanzi tutto abbiamo rispolverato il PF Project Finance. Dico rispolverato perché i primi ad usare questa tecnica erano stati gli antichi Romani. “Tu, ricco privato, costruisci a tue spese altri due moli nel porto di Ostia e noi, SPQR, te ne concediamo l’uso gratuito per 30 anni”.

Poi in Italia ci siamo inventati il PF “temperato”, all’italiana: “Tu, privato, costruisci la tale autostrada e noi te ne lasciamo i proventi per tot anni e siamo comunque impegnati a coprire eventuali perdite economiche. Cioè, l’eventuale utile a te e le eventuali perdite a noi”.

Sono poi nate le SpA ”in house”, cioè a capitale pubblico al 100%, le quali hanno fatto diventare imprenditore l’Ente Pubblico. Quelle che i Governi volevano chiudere e la Corte Costituzionale no. Ma qui i privati non ci sono, restiamo in tema, perbacco! Infatti, ecco le SpA miste!

Procediamo con un esempio. Un Comune deve realizzare un parcheggio interrato. E’ proprietario dell’area, e ne gestisce ovviamente la destinazione d’uso. Se non dispone di sufficienti risorse finanziarie, la costituzione di una SpA a capitale misto è giustificata dall’apporto di una sostanziale quota di capitale privato. Ma se il comune ha tutte le risorse finanziarie disponibili, perché costituire una SpA separata, per di più con la partecipazione dei privati? Il Comune, infatti, potrebbe lanciare tre gare per la progettazione, realizzazione e successiva gestione del parcheggio. I propri tecnici avrebbero la responsabilità del controllo dell’intera operazione. All’opposto sta la creazione di una SpA mista per pre-privatizzare in una qualche misura la gestione – nell’esempio – del servizio pubblico locale della sosta, al fine di precostituire lo strumento per far fronte al servizio finanziario normalmente insito in poperazioni del genere. Anche perchè è prassi dell’Ente Pubblico non computare fra i propri debiti i debiti delle proprie SpA (con il che il livello del debito pubblico nazionale salirebbe di molto!). Al riguardo v’è però da dire che se un debito è produttivo, cioè se genera utili maggiori del suo costo in termini di interessi corrisposti, esso è un “investimento”, cioè un bene non un male e quindi non andrebbe computato fra i “debiti negativi” (quelli che fanno aumentare lo spread) dello Stato.

Responsabilità, appunto, unita al “potere” della statuizione delle condizioni di gara. Potere unito alla responsabilità. Come dovrebbe essere sempre. Invece talvolta si tende a separare il potere dalla responsabilità. Il potere di stabilire le linee guida delle operazioni, il potere di giudicare i risultati, che rimane in capo all’Ente Pubblico, separato dalla responsabilità di conseguirli, che viene traferita in capo alla SpA. Ed allora ecco la SpA. Meglio se mista.

E’ pur vero che la presenza degli azionisti privati comporta anche vantaggi. Infatti spesso il personale pubblico non ha esperienza imprenditoriale, confonde gli aspetti finanziari con quelli economici e patrimoniali, opera sulla base di previsioni annuali e non pluriennali. Solo che occorrerebbe che l’Ente Pubblico considerasse la sua SpA come una “cosa” separata, non come un proprio ufficio cui “dare ordini” (sic). Perché, in tal caso, si sminuirebbe di molto il valore dell’apporto della componente privata.

Se poi i privati sono fatti entrare a fronte di un conferimento solo formale di capitale, in quanto portatori del know how, in tal caso l’Ente Pubblico dovrebbe stabilire in anticipo la data ed il prezzo della loro uscita dal capitale sociale, una volta terminata l’opera pubblica. Altrimenti essi riceverebbero un ingiustificato regalo di denaro pubblico.

Un chiarimento della situazione potrebbe venire da un aggiornamento e completamento delle norme del codice civile che oggi regolano – in modo incompleto -  la materia.

Vi è poi, almeno per certi aspetti, il problema del giudice competente a giudicare la materia. Il giudice ordinario o la magistratura contabile (Corte dei Conti)? Infatti può succedere che atti gestionali della SpA, regolarmente approvati in bilancio e non impugnati dagli Azionisti entro il termine quinquennale stabilito dalla legge per l’esercizio della “azione di responsabilità”, siano poi contestati dalla Corte dei Conti entro il maggior termine decennale che le è concesso prima che essi diventino non più censurabili.

La materia è complessa e molto tecnica e questo mio è sicuramente un post molto tecnico. Ho inteso accennarne solamente, cercare di impostare almeno per sommi capi la problematica, non certo di arrivare alla “soluzionatica”.

Fine della seconda puntata.

In una terza puntata vi parlerò di SpA di investimento, di SpA di gestione e di SpA di “tutte e due le cose”. Nella quarta ed ultima puntata, parlerò della “motivazione” del personale, in ambito pubblico e nelle SpA.