A TRENTO AI TEMPI DEL SENATORE BRUNO KESSLER: LA MIA ISA, ISTITUTO ATESINO DI SVILUPPO SPA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Luglio, 2012 @ 3:01 pm

Detto altrimenti: ho letto della nomina di Tononi a Presidente dell’ISA  ed ecco che mi è tornata alla mente la mia ISA, di tanti anni fa

1986. Lavoravo a Milano. Mi fu offerta la direzione di un’importante società  finanziaria trentina. Accettai, anche perchè la finanza era da tempo il mio settore e già  molti legami  mi univano alla terra nella quale avrei vissuto: mamma, siciliana, a Bolzano era stata l’insegnante dell’On. Berloffa. Babbo, toscano, carabiniere a Palù di S. Orsola, Vermiglio e Bolzano, dove si era fidanzato con mamma; indi era stato Maresciallo Maggiore a Genova e poi a Cles. Io, genovese, turista in Val di Non, scalatore del Brenta e delle Pale di S. Martino; infine ufficiale di complemento a Bressanone.

Il Senatore Bruno Kessler

Incontrai il Senatore Bruno Kessler, Presidente della Finanziaria ISA- Istituto Atesino di Sviluppo SpA. Non era alto. Corporatura robusta, viso abbronzato, segnato da due baffi folti, capelli folti e ricci, leggermente stempiato. Occhi intensissimi. Colpiva il calore della sua voce e la sicurezza che emanava ogni suo gesto, ogni sua parola. Il suo gesticolare lo aiutava a scolpire allo sguardo e nella mente dell’interlocutore i concetti che esponeva. Alternava periodi in lingua con frasi in dialetto trentino o meglio solandro (della Val di Sole): disente era un verbo riflessivo, che cioè lo aiutava a riflettere: Diciamo … e intanto rifletteva, lanciando anelli di fumo per la stanza…
Una sigaretta? No grazie. Un whiskey? No grazie. Mi guardò un poco insospettito…

Mi parlò a lungo della società , della delicatezza del compito, della necessità  di una reimpostazione del Gruppo. Mi spedì a passeggiare nei giardini intorno alla statua di Dante, mentre lui andava a presiedere la riunione del Consiglio di Amministrazione che avrebbe dovuto decidere la mia assunzione. Rientrai all’ora stabilita. Si complimentò con me: il Consiglio aveva approvato la sua proposta all’unanimità. Il Senatore mi invitò a studiarmi il gruppo. Passai così la prima settimana. All’inizio della seconda settimana Kessler mi disse: “Vedo che Lei è veloce. Quindi, in parallelo allo studio della situazione, inizi a propormi l’eventuale ristrutturazione della Capogruppo ed un piano di rilancio del Gruppo. Si faccia vivo quando ha una soluzione”.

Trento, Palazzo Moggioli, la sede dell’ISA

Studiai le carte. Innanzi tutto era particolare la composizione dell’azionariato dell’ISA, in quanto a fianco di una maggioranza detenuta dalla locale Curia Vescovile, v’erano i Benetton. Inoltre le partecipazioni azionarie della Holding erano assai eterogenee: infatti vi erano banche, società  di leasing, una commissionaria di borsa, società  di brokeraggio assicurativo, società  di impianti di risalita, aziende agricole, immobiliari, partecipazioni minori in settori diversificati.
ISA era una grande costruzione, che rispecchiava la visione a tutto campo del Kessler, mirata a promuovere lo sviluppo in ogni settore di attività, senza nulla trascurare. Per i non Trentini aggiungo che Kessler, oltre che Senatore e Presidente dell’ISA, era uno dei padri dell’Autonomia del Trentino, era stato Presidente della Giunta Provinciale per non so quanti anni, era Presidente della Federcaccia, dell’ITC Istituto Trentino di Cultura, dell’Irst Istituto di Ricerca Scientifica e Tecnologica, aveva fondato l’Università  di Trento (Sociologia), ed era stato padre del PUP, Piano Urbanistico Provinciale, solo per citare qualche sua creazione e funzione.

Il Gruppo ISA aveva una grande validità  patrimoniale ed economica, ma era debole finanziariamente: cioè non generava sufficienti flussi di cassa necessari al finanziamento del proprio sviluppo a cominciare dalla ricapitalizzazione della Banca di Trento e Bolzano, come invece veniva “suggerito” dalla Banca d’Italia. Si trattava dunque di problemi finanziari. Ed io ero uomo di finanza. Lavoro per me, mi dissi.

Mi resi conto che il Gruppo era rimasto prigioniero di se stesso, nel senso che per far cassa, rilanciare gli investimenti ed estinguere i debiti bancari avrebbe dovuto vendere qualche cespite, ma con ciò sarebbe emersa la rivalutazione che i cespiti avvano  maturato rispetto ai valori storici ai quali si trovavano appostati nei bilanci e ciò avrebbe generato cassa ma anche forti  utili e quindi una loro rilevante tassazione: ed allora, come fare?

Gli impianti sul Ghiacciao della Presena (a sinistra la Cima Presena, m.3.068) prima dell’attuale (anni 2000) cabinovia.

Nel frattempo ero stato nominato Presidente ed Amministratore Unico delle due società  di impianti di risalita del Passo del Tonale e del Passo Paradiso (Sirt e Grandi Funivie Passo Paradiso). Esse erano molto indebitate e generavano rilevanti perdite annue. Un problema dovuto al fatto che i nostri impianti sciistici di risalita del Ghiacciaio Presena, i quali avevano una portata di alcune migliaia di persone l’ora, erano rimasti succubi dell’unica funivia di arroccamento, di proprietà  di terzi, con una portata oraria di sole poche centinaia di persone, assolutamente insufficiente quindi ad alimentarli adeguatamente di sciatori. Inoltre, il nostro impianto alternativo di risalita, una seggiovia triposto (del “Cantiere”) , di cui pure ci eravamo dotati, era stata chiusa per l’eccessivo rischio di valanghe. In più avevo ricevuto dalla Provincia un telegramma di diffida ad utilizzare anche gli altri impianti del ghiacciaio, sempre per il pericolo di valanghe.

Nella popolazione del Passo del Tonale, che chiude da ovest la splendida Val di Sole, che poi era la valle d’origine del Senatore, vi era una comprensibile e giustificata forte preoccupazione per il futuro delle società , dalle quali dipendeva in buona parte la loro sopravvivenza economica. Nessuno voleva tradire o abbandonare nessuno, ma il costo del mantenimento dello status quo era diventato insostenibile per l’azionista ISA.  A rigore, avrei dovuto portare i libri in tribunale. Non lo feci, a mio rischio e pericolo (civile e penale).

Infatti, oltre alle pressioni trentine, anche le altre società  del Consorzio Sciistico Adamello Ski chiedevano se avrebbero potuto dare il via alla consueta campagna promozionale annuale di sci estivo, cioè mi chiedevano se io prevedevo che gli impianti del ghiacciaio sarebbero rimasti aperti per l’estate o meno. Un mio diniego avrebbe quindi distrutto anche quel loro avviamento. Dissi di si, ed iniziai a recarmi periodicamente sul ghiacciaio a verificare di persona lo stato dell’innevamento, il pericolo delle valanghe e a farle scendere mediante procedure autorizzate dalle autorità  di pubblica sicurezza. Ma io ero anche Direttore della Holding, cioè della SpA azionista e non avrei potuto permettere che il Presidente delle due società  (che ero io) venisse a fine stagione a chiedere al Direttore dell’ISA (che poi ero sempre io) le somme necessarie per ripianare le consuete perdite finanziarie e gestionali.

Salendo verso gli impianti estivi del ghiacciao

Restava una possibilità: vendere tutto. Il Senatore era d’accordo. Mi disse che se fossi riuscito a venderle a zero lire, sarebbe già  stato un ottimo affare: “Se  ghe riesse lu ghe digo bravo” , mi disse.  Iniziai a visitare pazientemente tutti i soggetti potenzialmente interessati all’operazione, senza però offrire in vendita nulla. Mi resi conto del loro forte interesse all’acquisto, pur manifestato nella piena loro consapevolezza che l’ISA mai avrebbe accettato di vendere loro tali cespiti. Quando fui certo di avere messo a fuoco gli interessi di ognuno, mi lasciai scappare che forse si sarebbe potuto immaginare una diversa composizione dell’azionariato, più incentrata sugli operatori locali e così via, sino al giorno in cui gli operatori trentini mi chiesero espressamente se sarei stato disponibile a vendere loro il tutto. Io mi lasciai convincere a fare ciò che già  avevo deciso di fare! Fondai una nuova società , l’attuale Carosello Tonale SpA, alla quale le due vecchie società  cedettero tutti i cespiti e metà  dei debiti. Io mi tenni in ISA le due vecchie società , ormai scatole vuote, piene tuttavia della metà  dei loro debiti e soprattutto titolari delle perdite pregresse. Trattai quindi la vendita della Carosello agli operatori locali per 200.000 lire. In realtà  chi avesse sborsato tale cifra sarebbe stato il padrone di tutto e debitore di una metà  del totale dei debiti. Avrei cioè venduto il tutto ben oltre al prezzo di zero lire indicatomi!

Dai futuri acquirenti trentini mi feci rilasciare un impegno bancario redatto su di un testo da me concepito, con la quale una primaria banca, preso atto della nostra trattativa, si impegnava a garantirne il pagamento, ove la vendita fosse stata conclusa. Forte di ciò, sollecitai anche gli operatori dell’altra parte del passo, e cioè i bresciani dai quali ottenni un’offerta un po’ più vantaggiosa, assistita da uguale impegno bancario. A chi vendere?

La pista “nera” dal Passo Paradiso al Passo del Tonale (2650-1850)

Infatti esisteva ancora un problema: ISA non possedeva il 100 % del capitale delle due vecchie società  del Passo del Tonale, come invece era imposto dalla legge per procedere alla loro fusione nella capogruppo ISA secondo l’unica procedura ormai possibile, e cioè quella accelerata (che appunto era riservata a chi possedeva il 100% del capitale delle società  da fondersi) entro il termine utile consentito dalla Legge Visentini, ormai prossimo, e con ciò portare legittimamente in ISA le loro perdite fiscali, pregresse, gestionali e di fusione, necessarie a controbilanciare le plusvalenze (utili) che sarebbero emerse in ISA quando avessimo venduto qualche gioiello di famiglia. Si trattava di pagare o non pagare rilevanti imposte.

Forte dell’offerta bresciana, convocai gli amici trentini e mi dichiarai d’accordo nell’accettare la loro proposta, solo se prima loro mi avessero venduto a prezzo simbolico le loro azioni di minoranza delle vecchie società , le quali, nelle loro mani, avevano valore zero. Accettarono.

Al che, vendetti loro la nuova società  (Carosello Tonale), acquistai la totalità  delle vecchie, operai la loro fusione in ISA entro la scadenza prevista dalla legge (in quanto potei avvalermi della citata procedura accelerata), portandomi quindi legittimamente in ISA le loro perdite per noi fiscalmente rilevanti, ormai diventate perdite nostre, cioè della Capoguppo ISA. Nel frattempo insieme al Senatore vendemmo alcuni cespiti importanti, incassammo forti somme, realizzammo forti utili bilanciati dalle perdite di cui sopra, e conseguentemente non pagammo imposte e restammo liquidi. ISA potè ripianare i debiti bancari e soprattutto potè disporre della liquidità  necessaria a rilanciare gli investimenti. Avevo svolto con successo il mio difficile compito.

Questa è stata la mia ISA, breve ed intensa.

Pochi giorno dopo ricevetti la proposta da una banca fuori regione per la posizione di Amministratore Delegato di una sua Finanziaria per gli scambi con l’estero, a Milano. Mia moglie, insegnante di ruolo, nel frattempo aveva esaurito il periodo di aspettativa non retribuita e non aveva ottenuto il trasferimento in Trentino. Tornammo tutti in Lombardia. Ma ero destinato a tornare in Trentino, cosa che feci pochi anni dopo, come Vice Direttore Generale della Marangoni Holding e dopo altri anni, in chiusura di carriera, Presidente Amministratore Delegato e Direttore di APM SpA. Ma queste sono altre storie.