THOMAS MORE
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Novembre, 2018 @ 4:04 pmDetto altrimenti: Tommaso Moro (post 3379)
Non tutti conoscono la sua figura. Molti lo conoscono per la sua opera “Utopia”. Ma la sua formazione, la sua vita, il suo pensiero … chi li conosce? Nel 1935 lo hanno proclamato Santo, esattamente 500 anni dalla sua decapitazione. Ma … Thomas More, chi era costui, direbbe il manzoniano Don Abbondio?
Thomas More, l’uomo completo del Rinascimento – Suggerisco la lettura del libro qui a fianco, una miniera di pensieri, nel senso che se ne traggono convinzioni, conferme, insegnamenti, spunti a non finire. Non traccio qui il riassunto della sua vita, bensì dalla Miniera Moro estraggo alcuni pensieri.
More Nasce in un ambiente borghese che pian piano stava soppiantando il ceto feudale. Uomo di grande cultura, buon padre di famiglia, attento al sociale, filosofo del diritto, giurista, avvocato, magistrato, negoziatore, parlamentare, politico, speaker-rappresentante dei Comuni di fronte a Enrico VIII Tudor, Lord Cancelliere, imprigionato e decapitato, dotato di una potente retorica e di una profonda spiritualità, dopo avere studiato quattro anni in convento, preferì essere un casto sposo un impuro sacerdote. Il suo grande merito: nella sua miniera, avere avviato lo scavo del filone della fusione fra concetto filosofico e diritto positivo. Giovane e uomo dal carattere estremamente socievole, allegro e pieno di gioia di vivere, a tratti di malinconica gravità: uomo “per tutte le stagioni dell’animo umano” Coerente con le sue idee fino al martirio, affermava che la validità delle leggi umane poteva essere messa in discussione alla luce della legge naturale, superiore, imprescindibile. Affascinato da ogni nuovo pensiero, concettualmente e filosoficamente “discepolo” di Platone, Agostino d’Ippona, Pico della Mirandola. Pico della Mirandola, primo apostolo della libertà di pensiero e d’opinione di ogni individuo, svincolato rispetto alle costrizioni del passato. Ciò che fa dire a Thomas More che “un tiranno immerso nel sonno non differisce in nulla dai comuni mortali”.
Nominato da Enrico VIII speaker-portavoce rappresentante dei Comuni che il re voleva tassare pesantemente, accettò a patto che – come ottenne – venisse stabilita per legge la libertà di parola e l’immunità del Parlamento che era stato chiamato a rappresentare. Di quello stesso Parlamento che qualche anno dopo lo condannò a morte per “reato d’opinione”.
Thomas More era molto amico di Erasmo da Rotterdam con il quale si incontrava spesso. Di quell’Erasmo che aveva avuto fra i propri discepoli il futuro Enrico VIII (dodici anni più giovane di Thomas). More aveva in casa (una villa a Chelsea) molti strumenti musicali e frequentava Nikolaus Kratzer (matematico, cosmografo, cartografo). Più difficile è comprendere il suo rapporto con Enrico VIII.
1° maggio, per noi Festa del Lavoro, ma il 1° maggio 1517 – poi chiamato Evil May Day – alcune frasi irresponsabili pronunciate dal pulpito della Chiesa di Saint Mary Spital incitarono il popolo a duna furiosa e sanguinosa rivolta contro gli stranieri, molti dei quali furono massacrati. More affronta la folla in delirio e riesce a calmarla: questa la sua autorevolezza, il suo coraggio. Anche a seguito di ciò, Enrico VIII gli propone di entrare nel suo consiglio privato.
Nel frattempo More scrive – fra gli altri lavori – UTOPIA, il primo trattato di filosofia politica concepito e scritto in latino da un inglese: l’autorità del sovrano è limitata in funzione del bene del popolo; è legittimo opporsi alla tirannia e deporre il tiranno; il re non è al di sopra delle leggi; nessuna legge può violare la libertà del pensiero, delle opinioni, della coscienza; la legge naturale prevale sulla legge umana; i governanti non si devono ingerire nelle opinioni dei governati; è garantita la totale libertà di pensiero e di coscienza; nessuno può essere punito per la sua religione, per questioni di fede o di culto.
More non è un ideologo, dottinario, bensì realista e pragmatico. Non è contro la proprietà privata, bensì contro il suo cattivo uso; è contro l’eccessivo accumulo di ricchezze; contro le guerre di espansione. Oggi More è più che mai è attuale, in un mondo condannato a cercar di superare gli strascichi di concezioni machiavelliche tragicamente lontane dal suo messaggio di libertà.
More non è “uomo del Rinascimento” capace da solo di bastare a se stesso. E’ uomo di un (ultimo) Medio Evo conscio dei propri limiti e alla ricerca del loro superamento. Se il Rinascimento ha aperto una radura nella foresta medievale, alcuni, partendo da essa, hanno tagliato l’intera foresta. More no, egli si è aperto un sentiero verso la cima della montagna sui cui fianchi si adagia la foresta.
Nel borgo di Chelsea, dove la sua ricca villa, More edifica un ospizio peer la cura dei bisognosi e dei malati, di cui nottetempo per le strade andava in cerca di persona.
Il pensiero e la carriera politica di More si scontra contro la “carriera amorosa” del re che si era abbandonato fra le braccia di Anna Bolena. Enrico VIII – scavalcando il suo Lord Cancelliere Thomas More – si presenta direttamente al parlamento per imporre la supremazia del re sul papa: il 14 maggio 1532 il sinodo episcopale d’Inghilterra riconosceva di non detenere altra autorità spirituale che quella conferita dal re. Il 16 maggio Thomas More chiede – per motivi di salute – di essere esonerato dalla carica di Lord Cancelliere. Enrico VIII, ormai papa di se stesso, eleva alla carica di primo arcivescovo di Canterbury della Chiesa Anglicana Thomas Cromwell (antagonista di More); sposa Anna Bolena (Thomas More non presenzia alle nozze per motivi di salute); da bigamo fa poi dichiarare nullo il precedente matrimonio con Caterina d’Aragona.
Da privato cittadino, dopo il silenzio e la ritrosia, More utilizza un altro strumento: la verità. Per eliminarlo il re segue un principio: quello che per mettere a tacere una cattiva coscienza occorre fabbricarsene una buona, ribaltando i ruoli. E allora prima si diffama, poi si distrugge. Partono le accuse diffamatorie che More demolisce. Alla fine gli si impone di fare acquiescenza al nuovo matrimonio del re e di riconoscerlo come capo della Chiesa d’Inghilterra, benché laico. More si rifiuta e viene arrestato per il delitto di disobbedienza all’ordine del sovrano (pag. 140).
Preferisco non esporre qui (suggerisco di leggere il libro infatti!) i contenuti morali e filosofici delle pagine seguenti, la sua prigionia, il processo, la condanna e l’istanza e la sua beatificazione (Pio IX, 1935) e quella presentata il 25 settembre 2000 a Papa Giovanni Paolo II dal sentore a vita Francesco Cossiga e dal senatore venezuelano Hilariòn Cardozo di proclamazione di San Tommaso Moro a patrono dei governanti e dei politici. Anche la lettera apostolica di accoglimento dell’istanza è pubblicata in coda al libro di cui vi ho scritto.
Enrico VIII (1491 – 1547), di dodici anni più giovane di Thomas More (1478 – 1535), morì (di obesità, gotta e diabete : pesava 180 kg su 1,85 di altezza) dodici anni dopo avere assassinato il suo migliore amico. Un caso?
I principi proclamati da More, vero rabdomante dei diritti dell’uomo, si ritrovano nella dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America, nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo in Francia (1789), nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948.
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