I SOCI (FIAB) RACCONTANO
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 30 Aprile, 2018 @ 4:04 pmDetto altrimenti: dedicato a Gianluigi e Valeria Vighi … (post 3154)
FIAB- Federazione Italiana Amici della Bicicletta, Trento branch – Su di noi trovate in internet tutto ciò che serve per conoscerci. Potete anche navigare qui fra i miei posts (ah … ah … quella “s†del plurale, che buffa! Sarebbe un po’ come dire che “in questa via ci sono due bars, in quale ci fermiamo per l’aperitivo?). Comunque un suggerimento: iscrivetevi alla Fiab: c’è un circolo Fiab in ogni città !
Ma veniamo alla pedalata di questa mattina. Sono a Riva del Garda. Lungo ponte del 1° maggio. Ieri pomeriggio pioveva: la scienza meteo insegna che dopo la pioggia arriva il fronte freddo con vento da nord e invece … invece oggi, con il sole, sin dalla prima mattina un forte vento da Sud e non era l’Ora! Era la Vineza, la Venezia, cioè la Bora che precipitando sul golfo di Trieste da Nord, si infila da est nella Pianura Padana e arrivata a Peschiera, udite udite, decide di risalire il Lago di Garda! Bene, mi son detto, almeno all’andata (direzione sud-nord) avrò il vento a favore (N.B.: in condizioni normali si pedala sud-nord con il vento  da nord – a Riva lo chiamiamo semplicemente  “Vento†(1), mai “tramontana” – contro e al ritorno nord-sud con l’Ora contro!). Dice … ma se Vineza e Ora soffiano entrambe da sud, come fai a distinguerle? Elementare, Watson! Se da sud soffia violenta già alle 08,00 della mattina ed è molto più fredda dell’Ora, be’, quella è Vineza, un vento barico (non una brezza termica).
(1) Riva del Garda: una volta paese di pescatori e navigatori per commercio, oggi città turistica e di ciclo velisti. Memori dell’antica tradizione del lavoro “a vela”, ad una persona corta di comprendognolo ancora oggi usano dire: “Tu non capisci né Ora né Vento”.
Ma veniamo ai dettagli della pedalata:
- Ora di partenza da Riva del Garda: 08,45;
- bici usata: mtb e-bike;
- percorso: lungolago ovest-est; ciclabile sud-nord per Arco, Drò, Centrale Fies, Sarche, Lago di Toblino; sosta per strudel e succo di frutta Padergnone; salita nella Valle dei Laghi fino a Vigo Cavedine; discesa su Drò – Arco – Riva;
- alimentazione: v. sosta a Padergnone + una borraccia di acqua e sali;
- Â GPM: a Vigo Cavedine: 43 km, 3 ore, 50% di consumo elettrico;
- salite più impegnative: lo “strappo†alla centrale Fies (200 m al 20%) – Il primo tratto per imboccare la Valle dei Laghi;
- arrivo a Riva del Garda: ore 12,45;
- consumo elettrico totale della batteria da 400: 70% (ho dovuto farmi aiutare con un bel 20% anche in pianura, al ritorno, a causa del forte vento contrario).
Poco prima di Sarche, sosta per foto. A Sarche vedo una coppia di ciclisti incerta e chiedo: “Problemi?†Si, rispondono, come si fa ad arrivare alle Terme di Comano? Spiego loro il percorso. Suggerisco all’amministrazione locale di integrare la segnaletica per i cicloturisti. Altra sosta per foto al Castel Drena, ma … dov’è il cellulare? Sparito! Acc…. Lo avevo infilato nella tasca esterna del bauletto … di corsa a Riva per provare a rintracciarlo tramite il cell di mia moglie. Arrivato a casa ricevo una mail dal mio amico Gino Zeni, il quale a sua volta – essendo stato l’ultimo numero da me chiamato – era stato contattato da chi aveva trovato il cell nei pressi del Lago Toblino. A casa poi, arriva mia moglie: anche lei era già in contatto con il “trovatore†di cell. Lo chiamo, è a Sarche: appuntamento fra poco, alle 16,00. Allora faccio così: ora pubblico questo post così com’è. Dopo che avrò conosciuto chi ha  trovato il cell, ne metterò sul post  nome e cognome e forse anche una foto se me lo concede: se lo merita!
Good bike & Good Fiab everybody!Â
Ecco, ho appena incontrato Gianluigi e Valeria Vighi, genitori della piccola Sofia (6 anni) e della nuova sorellina in arrivo Alma (forse questo sarà il suo nome fra due mesi!), della provincia di Pavia, in vacanza presso una zia. Davanti ad un caffè, mi hanno detto di avermi riconosciuto: infatti li avevo superati, io in bici e loro a piedi, nel sentiero che costeggia il Lago Toblino. Ricordano il mio “Scusate, grazie” e loro che avevano visto il mio telefono appeso alla tasca laterale del bauletto, telefono che poco dopo hanno trovato per terra, là dove la pista fa un piccolo salto su radici sporgenti (e ti pareva … ragazzo, stai più attento la prossima volta!). Certo che fa piacere riscontrare che al mondo esistono anche persone così, persone per bene, che si preoccupano dell’ “altro” anche se è uno sconosciuto. “Sai –  mi hanno detto dopo tanto mio insistere a che mi dessero del tu – nel telefonino c’è sempre un bel pezzo della nostra vita, ecco cosa abbiamo pensato trovando il tuo lungo il sentiero”. Grazie, amici! Ci siamo lasciati con una mia richiesta: che mi diate notizie della nascita della piccola Alma, ci conto!
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P.S.: giornata di vento forte, si diceva. Anche il Liguria, stesso scherzo: vento da Sud (Sud Ovest, questa volta), freddo: può essere Mistral che risale coma fa la Bora qui sul Garda, oppure può essere libeccio … oppure entrambi. Il fatto è che a Genova ha strappato gli ormeggi di una bella barca da regata (albero sottile, tre ordini di crocette, carena planante), barca il cui proprietario, nella sfortuna, ha avuto fortuna in quanto l’ha semplicemente spiaggiata su una delle rare spiagge residue, sopravvissute incastonate fra scogliere e moli! Poteva andare molto, molto peggio …
Oggi 1° maggio apprendo: “Francesca Komatar, atleta dell’Aeronautica Militare, stava partecipando ad una regata fra la Corsica e Genova quando si è rotto il timone (che infatti non appare nella foto, n.d.r.) e ha dovuto lasciare la barca alla deriva” (farla rimorchiare in porto, no? N.d.r.). Ad un attento esame della foto risulta: mancanza del boma il che significa che prima di abbandonarla l’hanno “disarmata” in parte, il che rende ancora più inspiegabile quell’abbandono.
Una volta anche sul mio Fun appena acquistato (io non ero ancora maturo per timonarlo) si è spezzata la pala del timone. Eravamo di bolina nell’Altogarda Trentino, vento molto forte, sotto una forte raffica il timoniere-randista ha cercato di “tenere” la barca senza lascare la randa cercando di evitare la straorza (cambio di mure involontario) trattenendo con forza la barra del timone che è diventato “duro”, troppo duro fino a quando il suo asse si è spezzato.
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