LA MIA GIRAGLIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Giugno, 2012 @ 9:39 am

Detto altrimenti: a vela … e se non avessi motore, radio e GPS?

Prefazione dell’autore

Una barca a vela in regata, al passaggio dello scoglio della Giraglia

Una favola che va un po’ spiegata. Giraglia è uno scoglio a nord di Capo Corso, a un miglio dall’abitato di Barcaggio, sovrastato dal faro e dalla torre genovese del 1584 e dà  il nome ad un importantissimo campionato di regate veliche nel Mar Ligure centro-occidentale: alcune costiere e l’ultima da Saint Tropez a detto scoglio che funge da boa e quindi a Genova. La regata (dall’8 al 12 giugno si disputa la 60° edizione, con la regata lunga finale, prova d’altura Rolex Cup alla 16° edizione di 241 miglia,  previsto un mistral di 30 nodi!)  caso di mal tempo è assai pericolosa. Infatti la zona di Capo Corso, insieme al più famoso Capo Horn e al Golfo di Marsiglia, è una delle tre zone più pericolose in assoluto al mondo in caso di tempeste. Ciò in quanto il fondale del Golfo di Marsiglia è molto irregolare, a gradoni e le masse d’acqua vi si scontrano innalzandosi in onde enormi e assolutamente imprevedibili, pericolose anche per le grosse navi! A Capo Corso il motivo della pericolosità è un altro. In quella zona infatti si scontra la tramontana che proviene da 0° cioè da nord con il Mistral che proviene da 280-290°, cioè da Nord ovest. Da questo scontro nasce un mare

Il mio piccolo Fun “Whisper” nelle acque di casa (Riva del Garda)

incrociato ed impazzito con onde che non corrispondono alla direzione del vento. Il che crea non pochi problemi ai velisti soprattutto se costretti a d andare veloci, invelati, in quanto regatanti.
Capirete quindi che l’eroe della favoletta che vi sto per raccontare, deciso a traversare da Genova a Capo Corso, in solitaria, senza strumenti elettronici, senza motore ausiliario, a bordo di un FUN, una barchetta a vela da regata di sette metri che discloca (pesa) solo 1.000 Kg, ha corso un bel rischio. Ma questa è una favola e lasciamo che a raccontarla sia proprio il natante, la barchetta, per intenderci, in prima persona. Persona? Si fa per dire…

Fine della prefazione. Ora parla il Fun.

Ha deciso. Questa volta lui non userà  motore, telefonino, radio (e sistema satellitare di posizionamento GPS) se non in caso di assoluta necessità. Vuole veleggiare provando la sensazione della navigazione esclusivamente a vela, seguendo una rotta stimata ed in solitaria. Userà quindi solo l’orologio, il log (tachimetro contachilometri, n.d.r.), la bussola e le carte nautiche. Unica sicurezza: una piccola radio. Quale barca userà ? Ma me stesso, io medesimo, che sono un FUN che poi sono di origine francese e voglio dire Formule UN, Formula UNo e non divertimento  all’inglese, ci mancherebbe altro! Meta stabilita: Capo Corso, il mio piccolo Horn personale: circa 80-90 miglia da Genova in linea d’acqua.

Primo giorno

Navigazione controvento, di bolina, in solitaria

E’ una fresca mattina di luglio. Prima di lasciare l’ormeggio, lui si concede l’ultimo lusso: la lettura del bollettino meteo. Espone quindi randa piena e fiocco autovirante e procediamo al lasco verso Punta Chiappa, a cinque nodi costanti, mure a sinistra, sotto una brezza da nord che fa il pelo all’acqua senza alzare onda, una meraviglia. Io scivolo felice, e lui con me. Saluta alcuni gozzi intenti a pescare e si gode il panorama della sua costa d’origine (lui è genovese!).
Alle sette si abbatte, cioè si vira verso destra “a babordo” rotta verso sud ovest al lasco, allargando l’andatura, mure a dritta. La velocità  scende a quattro nodi. Alle 11 la terra è sparita all’orizzonte ed il vento cala. Il log gli dice che ho percorso 15 miglia verso sud. Lui ne approfitta per mangiare e riposarsi un po’. Dopo il caffè (dell’unico termos), si alza la brezza di mare, da sud.  Lui fissa il timone sopravvento con un elastico e sottovento con una scottina. Dopo qualche tentativo funziona! Ho il timone automatico, evviva! Lui può quindi riordinare le idee e mettermi in ordine, diamine! Inoltre lui aggiorna la rotta (visto che è una rotta “stimata” non mi resta che sperar bene!) ed il libro di bordo. Terminate queste incombenze, lui va a prua e si siede davanti al fiocco, sul pulpito, con le gambe di fuori. Mi sento un cavallo da corsa con in groppa il fantino tanto siamo entrambi sensibili al dondolio impostoci dalle onde! Improvvisamente due delfini emergono dall’acqua ed iniziano a giocare con la mia prua: ho il cuore (ops, la deriva) in gola dall’emozione, fortissima, che sto provando. Dopo un po’ mi salutano e se ne vanno. Lui rientra nel pozzetto. Devo intendere anch’egli con l’animo colmo di gioia e di serenità. Grazie delfini! Nel frattempo procedo verso sud di bolina tirando bordi di due ore ognuno, scadenzati dal timer del suo orologio da polso. In totale percorro altre 32 miglia, ma considerando il bordeggio penso di essere sceso verso sud solo di 20. Dovrei quindi trovarmi a 35 miglia un po’ a sud ovest di Portofino. Ormai è sera, il vento è calato, lui è stanco ed ha fame. Ammaina il fiocco, prende due mani di terzaroli e comunque ammaina del tutto tutta la randa. Quindi cena e va subito a nanna! Io non ho bisogno di dormire, non ho bisogno di ormeggi, cime, parabordi, sonniferi o tappi antirumore per le orecchie (che non ho!) anche perchè qui dove mi trovo non ci sono discoteche dalle quali difendersi. La serata è tranquilla. Qualche pesciolino salta intorno al mio scafo ed augura la buonanotte. Ricambio di cuore.

Secondo giorno

Nelle Bocche di Bonifacio, in solitaria, a vela ovviamente, non a motore come quello là  …

Lui si sveglia presto, riposatissimo ed affamato. Placa la fame, indi prende un bel bagno divertendosi a rimorchiarmi da prua, nuotando sul dorso, con le pinne, per una mezz’oretta (gli avevano assicurato che i pescecani non attaccano i funnisti!).  Verso le 9 si alza il ponentino da 270°. Benissimo, e noi facciamo rotta 180° al traverso per circa 7 ore. E sono altre 28 miglia che sommate a quelle di ieri fanno 63. Dovrei essere al traverso della Gorgona, ma è troppo piccola (o lontana?) per essere visibile. Mi restano altre 20 miglia, che dovrei coprire in un sol giorno, se tutto va bene.
Seconda notte. Calma assoluta. Lui è meno stanco della prima e va a letto tardi, alle 22, in tempo per preoccuparsi un po’ al passaggio di due navi: ho le luci accese ed il riflettore radar. Tuttavia lui non è del tutto tranquillo. Ci avranno visto? Ci avranno cercato sul canale 16 della radio? A noi non risulta. Alla fine lui va a dormire, facendo affidamento sulla legge della probabilità , quella dei grandi numeri, dei grandi spazi ma soprattutto del gran culo.

Terzo giorno

Verso Palau, 25 nodi = 45 kmh =  12,5 m al secondo di vento in poppa: si plana!

Scirocco teso. L’anemometro (è uno strumento un po’ artigianale: si tratta del suo dito indice, inimidito di saliva ed esposto al vento!) registra 15 nodi a livello del mare. Lui lascia filare una cima di trenta metri a poppa. Non si sa mai, se cadesse in acqua…  Prende una mano di terzaroli e alla via così, bolinazza bagnata con onda, ora dopo ora, bordo dopo bordo, virando quando squilla l’orologio. Per fortuna che la cacca lui la fa regolarmente alla mattina presto e per il resto, meno impegnativo, si arrangia anche mentre timona! Ad un certo punto mi accorgo che lui ha perso il conto dei bordi. Li ricostruisce calcolando il tempo trascorso. In totale sono nove ore, sei con mure a dritta, verso Est e tre con mure a sinistra verso ovest. ll log dice che ho percorso a 35 miglia, che dovrebbero corrispondere circa altre 10 miglia questa volta verso sud est, che sommate alle precedenti fanno circa 73. Dovrei quindi essere quasi arrivato e trovarmi a circa 10 miglia da Capo Corso, ma è sera, la visibilità  è scarsa e lui è stravolto dalla stanchezza. Ammaina le vele, prua al vento, cala in acqua l’ancora galleggiante che aveva costruito a terra con i paioli dei gavoni di prua (è brevettata, attenzione!). L’ancora pare funzionare, io scarroccio poco, almeno così mi sembra. Basta, si arrangerà, che mi si spinga dove si vuole. L’onda è fastidiosa ma non pericolosa, lui cena e va a dormire, ma passa la notte nel dormiveglia. Parla da solo: dice che si balla troppo per dormire del tutto. Pazienza … si rifarà  all’arrivo.

Quarto giorno ed ultimo giorno

30 nodi = 54 km/h = 15 metri al secondo di vento, al traverso: si plana!

Lui si alza alle prime luci dell’alba, aggiorna la nostra posizione retrocedendomi delle dieci miglia guadagnate il giorno prima. Continuo quindi ad essere a circa 20 miglia dal Capo, ma l’onda è meno forte di ieri ed io rispondo meglio ai comandi. Venti miglia di bolina, poco più che da Punta San Vigilio a Riva del Garda, dico a me stesso per consolarmi, coraggio! Devi farcela prima di sera, a tutti i costi. Lui fa una ricca colazione ipercalorica (marmellata, banane, biscotti e pompelmo), recupera l’ancora galleggiante e mi fa ripartire terzarolato a 3,5 nodi.
Lui passa un braccio dietro la draglia. Ogni tanto infatti è vinto da un colpo di sonno ma non ci sono auto o guard rail nelle vicinanze, per fortuna. E’ molto più sicuro che guidare in autostrada, checchè se ne dica… Dalle sei di mattina sino a quando? Semplice, sino a quando lui avvista la terra, alle 12. Quando l’ha vista ha provato un’emozione fortissima, un vero tuffo al cuore. Sarà  Capo Corso o cos’altro? Fatto sta che lui si è messo a saltellare dalla gioia!
Anch’io del resto, mi sento come il cavallo che verso sera avverte l’odore della stalla e sente moltiplicarsi le forze pur di raggiungerla al più presto. Ormai è fatta, mi dico, qualunque terra sia quella che lui vede all’orizzonte sulla mia prua, ad una distanza che non sa calcolare. Man mano che mi avvicino la terra, la costa gli appare per quello che è: un promontorio slanciato verso nord! E’ lui, il nostro Horn domestico, che raggiungiamo dopo altre tre ore di bolina.
Sfioriamo lo scoglio della Giraglia e dirigiamo, ormai ridossati, verso Saint-Florent. Lui è stanco, felice e … cosa dite? Soprattutto molto fortunato!?  D’accordo … ho capito … ho capito … prometto glie lo dirò di non farlo più! Va bene così? Buon vento a tutti!

FUN WHISPER ITA 526

Postfazione dell’autore

Quanto descritto sopra era un progetto vero che si è trasformato in una favola vera. Infatti, per una serie di circostanze, questa traversata è stata sostituita da sei traversate (fra andate e ritorni) da S. Vincenzo (Livorno) a Palau, in Sardegna, traversate i cui resoconti non è escluso possano costituire oggetto di post futuri.