FIRMARE IL PROPRIO LAVORO
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 29 Luglio, 2017 @ 6:27 amDetto altrimenti: non è protagonismo      (post 2790)
Post del 30 novembre 2015, lo trovate cliccando “giovaniâ€, consigli nn. 12 e 13: consigliavo ai giovani di cercare di firmare sempre il proprio lavoro. Una grande finanziaria, due sedi: io ed altri a Torino, “loro†a Roma. A Torino il Capo, a Roma il gran capo (notate l’uso delle maiuscole e minuscole!). Quando noi “torinesi†facevamo un lavoro, lo dovevamo mandare a Roma. Ovviamente lo firmavamo. Il gran capo romano ci disse: “No, non firmate … tanto io so chi lo ha fatto …â€. Così poi “loro†per spenderselo con l’Amministratore Delegato avrebbero evitato la faticaccia di … doverlo ricopiare! E’ storia, credetemi!
Il concetto di delega, di operare per progetti, di rispettare l’autonomia, la responsabilità ed il potere del capo-progetto, spesso è ignorato, violato, frainteso. Vuoi difendere lo spazio operativo a te delegato? Ecco, ti accusano di protagonismo! Vuoi firmare ciò che hai fatto? Peggio che mai!
Ciò accade perché il capo (lo scrivo con la minuscola non a caso …) alla vecchia maniera si sente in cima alla catena dell’Autorità anche se spesso manca di Autorevolezza (1). Sa operare solo per organigrammi e non per funzionigrammi. Non è degno di essere a capo di nulla, ma tant’è … spesso lo è. Vi rimando al mio post “Gestire una Spa†del 25 maggio 2017 (cliccate: spa, gestire una spa). Una SpA … ma quanto sopra vale anche in ogni altro ambito: associazioni, circoli, insieme di persone d’ogni genere e tipo: è un fatto di cultura, ovvero di “insieme di conoscenzeâ€, in questi casi di conoscenze mancanti, cioè di non-cultura o di “cultura dell’errore”. Infatti quel “capo” demotiva le proprie strutture e sperpera il maggiore fattore della produzione, che non è né il capitale né il lavoro, bensì la “motivazione dei lavoratori, degli associati, dei partecipanti al gruppo, etc.”.
Ma non è solo l’inesperienza e/o l’ignoranza del ruolo che fa commettere questi errori: talvolta è un sorta di malafede consapevole. Infatti, in presenza di organismi in crescita, può accadere che il capo (con la lettera minuscola) cerchi di trasformare l’organismo a fini sostanzialmente diversi da quelli istituzionali, ad esempio politici o di “emergenza personale”. Conosco personalmente alcuni casi di questa metamorfosi: uno per tutti, un’associazione di volontariato sociale in cui questa metamorfosi si è attuata.
E poi c’è il simbolo. Infatti, ogni ente, associazione, spa, partito, gruppo ha un “simbolo” nel quale si riconosce e che funziona da catalizzatore unificante. Orbene, se una persona, foss’anche il creatore del simbolo, cercasse di appropriarsene, ovvero di farlo diventare sua proprietà privata, il simbolo da elemento di unione diventa elemento di divisione (v.post 17.11.2016, simboli al potere).
L’unico caso in cui si giustifica – anzi è necessario – l’accentramento, è quando gli organismi si riducono, si contraggono: ovvero nelle fasi di decrescita. Negli altri casi, quando gli organismi e espandono, l’accentramento è un fattore limitativo della crescita e/o snaturante l’organismo originario.
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(1) Autorità , ciò che viene dato da altri. Autorevolezza, o uno ce l’ha “di suo” o non c’è niente da fare …