MONTAGNE … amarcord …
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 14 Gennaio, 2017 @ 10:21 amDetto altrimenti: … ora … basta co ‘sti post seri! Voglio rilassarmi un po’            (post 2611)
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Bonorif qual sono, accendo la radio … 110 sciatori in Cima alla Paganella per lo spettacolo del sorgere del sole dal Lagorai (avrei aggiunto: “ad illuminare le zime del Brentaâ€, ma vabbè … fa lo stesso …). Le albe in montagna, quelle di sti ani … quando che per salir gh’erano solo i scarponi … Ne ricordo un paio: una in Brenta, Rifugio Pedrotti alla Tosa. Un settembre di … mezzo secolo fa (giuro!). Rifugio stracolmo, si “dorme†(si fa per dire) sui tavoli, appena compare un filo di luce, via! In piedi. La notte aveva nevegado … le pareti dei crozi l’era tute sberluccicanti de nef fresca e verso le Pale de S. Martin là dove che ghe ‘l Cimon de la Pala, ‘l ziel l’era de tuti i color: arancio, rosa, rosso, viola … roba da non creder … Ades vedo se trovo la foto che l’era de quele co la pelicola che ‘l digitale nol gh’era. Se la trovo fago una foto digital e la publico qui a fianco (l’ho trovata ma non rende!).
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Ragazzi, talvolta mi cimento con i dialetti: il problema è avendo vissuto e lavorato in diverse regioni, io ne conosco molti ma nessuno bene! Perdoneranno i Trentini Doc che invito a correggere le cappelle che sicuramente ho fatto. Grazie. (Qui a fianco il Crozon di Brenta dalla Cima Tosa)
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Una seconda alba. Genova, gli stessi 50 anni fa, anzi 55 (io ne avevo quasi 18). Si parte in sei su due “500†alle 17,30. Dopo quattro ore di sballottamento, siamo ai 1050 metri di a S. Anna di Valdieri (Alpi Marittime, quelle nelle quali “salta il camossio e tuona la valangaâ€, ne monsù, parluma piemuntes). E’ quasi buio. Pile frontali accese, tre di marcia e arriviamo a notte fonda ai quasi 2400 metri del Rifugio (incustodito) Questa. Siamo stanchi anche per avere caricato i nostri sacchi da montagna con la legna da ardere appositamente lasciata dal CAI locale ai bordi del sentiero all’iniziativa dei bonavoglia di turno. Un sorso di acqua, una mela, un panino e tutti a dormire. Anche in questo caso, si fa per dire, a dormire: le coperte sono rosicchiate dai topi e ti riscaldano solo qua e là , ma fa istess, pais, va bin parei! Fa lo stesso, amico, va bene così! Finalmente la prima luce: un sollievo! Breve colazione e in marcia.
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Un paio d’ore a pestolar neve e siamo all’attacco della … mi pare di ricordare … Cima Margherita (Cresta Savoia). E finalmente il sole! Il sole che sorge (non libero e giocondo, quella è un’altra storia) alle nostre spalle e improvvisamente riscalda il granito che stavamo iniziando ad accarezzare. La corda profuma di voglia di salire. La roccia di muschio. Le fessure sono messe in risalto dall’ombreggiatura provocata dai primi raggi che le animano. Saliamo, tre cordate, in silenzio, possiamo muoverci su alcune varianti, non dobbiamo “fare la filaâ€. Si odono solo i richiami dei cornaiass (grossi corvi) e i dialoghi fra il primo e il secondo di ogni cordata. Una grande aquila volteggia alta, controlla il suo territorio. Il tempo passa ma noi non ce ne accorgiamo tanto siamo rapiti dalla perfezione e dalla pulizia del percorso, esposto ma sicuro, di quelli che se metti un chiodo risuona come a battere su un’incudine. A un certo punto … l’imprevisto: la parete è finita, siamo in cima! Già arrivati? Peccato!
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Colazione (questa vera!) in vetta e poi giù, con una serie di corde doppie, al rifugio, alle 500, in paese. Un bar: vino a gogò, tutti, anche chi poi avrebbe guidato. E qui inizia il vero rischio dell’andare in montagna: i ritorni in auto con il vino in corpo. Tutto è bene quel che finisce bene: a casa a mezzanotte. Tutto bene … o quasi: infatti la mattina dopo, lunedì, visibilmente stanchi morti, a scuola: “Lucatti, sei andato in montagna? Vieni qui che ti interrogo†(ma non sulla montagna!).
Amarcord … mi ricordo …