LA FORTUNA DEL DON CHISCIOTTE
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Aprile, 2016 @ 7:07 amDetto altrimenti:  by Alfonso Masi      (post 2352)
Quattro post fa ho scritto della rappresentazione di Alfonso Masi in commemorazione dei 400 anni dalla morte di Cervantes. Ben volentieri, oggi, pubblico il suo articolo sul Don Chisciotte, riassunto da Masi in apertura della sua recita.
INIZIA
Il 23 aprile 1616 è ritenuto da Borges il giorno più funesto nella storia della letteratura: è il giorno in cui quattrocento anni or sono morirono Cervantes e Shakespeare: il fondatore del romanzo moderno, lo spagnolo; il principe dei drammaturghi, l’inglese.
Il presente lavoro intende occuparsi della fortuna del romanzo di Cervantes perché il Don Chisciotte è un libro che ha dato seguito ad una enorme quantità di riflessioni e scritti che attingono svariate dimensioni della cultura: dall’opera lirica alla canzone, dal teatro alla poesia, dalla musica sinfonica al balletto sino alla pittura e alla grafica. Infatti il romanzo di Cervantes è una miniera inesauribile anche se molto spesso ne vengono proposte gli stessi capitoli con le solite vicende quali la lotta contro i mulini a vento o contro le nubi e lo scontro con pecore e caproni. In realtà il Don Chisciotte … chi l’ha mai letto a fondo? Un umorista spagnolo, a chi gli aveva domandato quale fosse il libro preferito, aveva risposto: “Il Don Chisciotte”. Aggiungendo poi una lode del romanzo e concludendo che l’opera era talmente fondamentale per lui che forse un giorno si sarebbe deciso a leggerla.
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Già nel 1600 il romanzo di Cervantes diventa così popolare in Italia che in tutta la penisola si diffonde il verbo chisciottare, cui faranno seguito nel 1700 i vocaboli donchisciottata, donchisciottesco, e nel 1800 donchisciottismo.
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Nel 1719 si ritrova la prima opera lirica che riprende le gesta del cavaliere spagnolo: ne è autore Francesco Conti che intitola la composizione Don Chisciotte in Sierra Morena. Pochi anni dopo anche Antonio Caldara mette in scena l’eroe di Cervantes, seguito poi da Antonio Salieri e da Giovanni Paisiello. Felix Mendelssohn nel 1825 compone senza ottenere successo Le nozze di Camacho, sempre ispirato al Don Chisciotte; ancora tratto dallo stesso soggetto è il melodramma di Donizetti del 1833 Il furioso all’isola di S. Domingo. Ma è il Don Chisciotte del francese Massenet del 1910 l’opera meglio riuscita e che ancora frequentemente ritorna nei teatri lirici. Anche il compositore spagnolo De Falla si è cimentato con lo stesso romanzo nell’opera El retablo de Maese Pedro, opera per marionette e tre cantanti: viene ripreso l’episodio in cui Don Chisciotte interviene allo spettacolo di un burattinaio e scende in lotta contro gli stessi burattini. Un ultimo melodramma sul Don Chisciotte è quello dell’emiliano Vito Frazzi, musicato nel 1952; inoltre esiste anche il musical di M. Leigh Man of La Mancha. All’abbondanza di titoli nel settore del melodramma fa riscontro invece la mancanza di interesse per il personaggio di Cervantes da parte degli autori di musica orchestrale, se si eccettua Richard Strauss che nel 1897 musicò il poema sinfonico Don Chisciotte,  Variazioni su di un tema cavalleresco. L’orchestra propone i temi dei due personaggi cui segue una serie di dieci variazioni che descrivono le avventure del cavaliere: dallo scontro con i mulini a vento all’amore per Dulcinea, all’attacco ai monaci mendicanti sino al ritorno a casa di Don Chisciotte, ormai rinsavito che comprende la futilità delle sue illusioni e si lascia andare ad una malinconica meditazione sulla irrealtà dei sogni.
Sempre in campo musicale anche i cantautori italiani sono stati folgorati dal cavaliere errante e dal suo scudiero. Ivano Fossati, nel cd Discanto del 1990, nel brano Confessione di Alonso Chisciano così canta: “A me, a me , a me/ una pazzia d’argento/ al mio cavallo una pazzia di biadaâ€. Roberto Vecchioni in Per amore mio (ultimi giorni di Sancho P.) fa parlare lo scudiero: “ No, Sancho non muore./ Ho combattuto il cuore dei mulini a vento/ insieme ad un vecchio pazzo che si crede me./ Ho amato Dulcinea insieme ad altri centoâ€. Infine Francesco Guccini nell’album Stagioni nel 2000 incide una canzone intitolata Don Chisciotte, un dialogo fra lo stesso cavaliere e il suo fedele scudiero. La follia di Don Chisciotte è dettata da una sete di giustizia e ciò lo porta a divenire il paladino che si batte contro tutte le ingiustizie; Sancio invece è intriso di realismo e cerca a più riprese di distoglierlo dai suoi ideali irrealizzabili. Ma l’ultima parola è quella del cavaliere: “Sputeremo il cuore in faccia all’ingiustizia giorno e notte. Siamo i Grandi della Mancha, Sancio Panza e Don Chisciotteâ€.
Anche nel balletto Don Chisciotte la fece da protagonista già a partire dal 1700 ad opera di Joseph Boismoirtier e di Angelo Tarchi. Nel 1800 altri balletti vennero presentati a San Pietroburgo, a Londra, a Berlino e a Torino. Di tali balletti rimane notizia nelle cronache, ma non hanno vinto il tempo come invece è toccato al Don Chisciotte musicato da Ludwig Minkus, realizzato con la coreografia di Marius Petipa e rappresentato la prima volta al Bolscioi di Mosca nel 1869. Minkus, un autore marginale nella storia della musica, ma la cui composizione continuamente risuona là dove ancora viene presentato il suo Don Chisciotte; lo stesso può dirsi di Petipa perché la sua coreografia non manca di frequenti riprese. Nella storia del Don Chisciotte in punta di piedi rientra anche un autore italiano contemporaneo, Goffredo Petrassi, che nel 1945 compose Ritratto di Don Chisciotte, presentato in forma concertistica al Teatro La Fenice di Venezia nel 1946 e come balletto a Parigi nell’anno seguente.
Mentre nel balletto il Don Chisciotte in punta di piedi ha ottenuto numerosissime rappresentazioni che si ricordano, la stessa fortuna non è stata ottenuta in campo teatrale e cinematografico. Le numerose messe in scena teatrali non sono state niente più che dignitose realizzazioni, ad eccezione del Don Chisciotte per la regia di Maurizio Scaparro con la partecipazione di Pino Micol e Peppe Barra, divenuto poi anche film nel 1983. Memorabile invece rimane il Don Chisciotte di Franco Branciaroli, impegnato nel doppio ruolo del cavaliere e dello scudiero, che interpreta imitando le voci di Vittorio Gassman e Carmelo Bene; sarebbe auspicabile una ripresa dello spettacolo proprio in occasione del quadricentenario della morte di Cervantes.
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In campo cinematografico si parla di “maledizione cinematografica del Don Chisciotte†e ciò specialmente a riguardo di Orson Welles. Il suo tentativo di riduzione del romanzo di Cervantes è uno dei più leggendari incompiuti della storia del cinema: doveva essere un programma di mezz’ora per la televisione, ma poi il regista si era talmente innamorato del soggetto da girare in continuazione nuove scene. Le riprese, iniziate in Messico nel 1957, si protrassero in Europa per quindici anni senza approdare ad un risultato definitivo. Nel 1992, sette anni dopo la morte del regista, lo spagnolo Jesus Franco mise mano alla mole di materiale girato montandolo in un progetto di quasi due ore che almeno mostra ai cinefili il non finito di Welles. Va pure ricordato il Don Chisciotte e Sancio Panza del duo Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, che qui superano se stessi caratterizzando efficacemente i due personaggi: una delle loro migliori realizzazioni.
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In campo figurativo nel 1800 Gustave Doré, che già aveva illustrato con le sue incisioni sia La Bibbia che La Divina Commedia, si misurò con la stessa tecnica dell’acquaforte con il capolavoro di Cervantes e le sue acqueforti quasi sempre vengono riprodotte a commento delle traduzioni in lingua italiana del romanzo spagnolo. Conosciutissimo è pure il bozzetto realizzato da Pablo Picasso che raffigura i due protagonisti mediante un numero minimo di pennellate.
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Meno noto è il fatto che Picasso ha ripreso le due figure da un olio di Van Gogh in cui Don Chisciotte e Sancio sono immersi in un assolato paesaggio campestre.
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In campo filosofico Nietzsche si interessò al Don Chisciotte sebbene considerasse la sua scomparsa una morte insignificante in quanto morendo il protagonista si toglie la maschera che aveva indossato e rinnega se stesso e la vita da lui vissuta. Ne consegue che Nietzsche si schiera maggiormente dalla parte di Sancio che così esorta il suo padrone: “Non muoia, signor padrone, non muoia, accetti il mio consiglio e viva molti anni perché la maggior pazzia che possa fare un uomo in questa vita è quella di lasciarsi morire così, senza un motivo, senza che nessuno lo ammazzi, sfinito dai dispiaceri e dall’avvilimento. Su, non faccia il pigro, si alzi da questo letto e andiamocene in campagna vestiti da pastori e chi sa che dietro a qualche siepe non si trovi la signora Dulcinea disincantataâ€. Da notare un parallelo che accomuna Nietzsche e il cavaliere errante: Don Chisciotte scende da cavallo e ritorna savio mentre il filosofo a Torino abbraccia un cavallo e così dimostra la sua pazzia. Anche il filosofo spagnolo Miguel de Unamuno in Vita di Don Chisciotte e Sancho si è interessato del personaggio nel quale individua l’incarnazione dell’idealismo umano teso al conseguimento di una meta che non si raggiunge e che sempre rimane un miraggio.
E per concludere questo excursus nella fortuna ottenuta dal Cervantes, anche in campo poetico Don Chisciotte è stato cantato da vari autori. E’ entrato nei versi del poeta turco Nazim Hikmet: “Partì un bel mattino di luglio/ per conquistare il bello, il vero, il giusto/… Quando si è presi da questa passione/ e il cuore ha un peso rispettabile/ non c’ è niente da fare, Don Chisciotte,/ niente da fare/ è necessario battersi/ contro i mulini a ventoâ€. Pure il nostro Gianni Rodari ha subito il fascino dell’eroe della Mancia e della sua missione tanto da concludere i propri versi con un appello al Cavaliere dalla Triste Figura: “Ma se la causa è giusta,/ fammi un segno/ perché/ magari con una spada di legno/ andiamo, Don Chisciotte, io sono con teâ€.
FINISCE
Grazie, Alfonso, per avere scelto questo blog per la pubblicazione del tuo prezioso elaborato!
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