ITALIA – GRECIA, “MIA” FACCIA, “MIA” RAZZA: VERO O FALSO?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Aprile, 2012 @ 8:10 pm

Faccia greca

Detto altrimenti, in lingua italiana: Italia, Grecia, una stessa faccia, una stessa razza. Vero o falso?

Eis, mia, en … uno, una, una cosa … un’unica, una stessa, un’uguale cosa, tanto per capirsi … “mia faccia, mia razza”, queste parole mi rivolgeva un amico greco, Kostas Vannos (si scrive Bannos),  per significare la vicinanza dei due popoli (non delle “razze” dico io, perché di razza ne esiste una sola, quella umana).

Nel recente passato qualcuno ha detto: nonostante il ”mia faccia, mia razza”, noi non siamo come i Greci: infatti i nostri ristoranti sono pieni … Forse costui voleva dire che gli Italiani si concedono molti lussi più dei Greci e quindi vi è molto di più da tagliare e più da tassare. Forse. Ma allora in questo caso il “mia 

Faccia italiana

faccia, mia razza” non varrebbe … Voi cosa ne dite?

Altri più recentemente, hanno detto: è vero, niente “mia faccia, mia razza”, non siamo uguali! Infatti loro, i Greci, hanno un numero di suicidi dieci volte superiore al nostro! Ma si può, dico io, si può anche solo appellarsi a questa macabra contabilità?

 Sperperi,  corruzione: Grecia-Italia, “mia faccia, mia razza”?  Si, eravamo sulla stessa strada, solo che noi – forse – ce ne stiamo accorgendo un po’ prima. E allora, “mia faccia, mia razza”? Quasi. Non proprio la stessa. Per nostra fortuna!

Faccia lei ...

Faccia lei ...

“Mia faccia, mia razza”? Ma si che è vero! Sentite un po’: dei Danai (Greci) taluno disse: Timeo Danaos et dona ferentes (Virgilio, Enide, II, 49), cioè “temo i Greci anche quando mi offrono regali”. Infatti, andate un po’ a fidarvi dei regali dei Greci dopo lo scherzetto del cavallo di legno “regalato” ai Troiani! … Ma anche ecco che anche noi Italiani siamo da temere, quando portiamo doni! Infatti sembra che i partiti ci stiano regalando “altri partiti”.

Osserva Massimo Gramellini: i Francesi mantengono il nome dei loro partiti e cambiano gli uomini. Noi cambiamo il nome ai partiti e manteniamo sempre gli stessi uomni. Ecco che con i Francesi il “mia faccia, mia razza” non varrebbe! Osservo io: Francia?  Se siete emigrato in Francia, se vivete e lavorate in Francia, se pagate le tasse in Francia, poichè le tasse in Francia sono inferiori a quelle italiane, il fisco italiano vi obbliga a pagare in Italia la differenza! Ma si può?

No, la foto è sbagliata, questa volta si tratta di un predellino mediatico! (Io comunqe, per dispetto, lo ammetto, la inserisco " a sinistra" del testo)

Ma torniamo alla “partita” Italia-Grecia. Un partito, qui da noi, ci annuncia un nuovo partito. Un altro, con un annuncio da un predellino mediatico,  sta per regalarci un “non-partito”, cioè un movimento o una nuova “Cosa”. E’ un caso? Non credo. A pensar male … Infatti ora che si sta per ri-ragionare e ri-votare per il (secondo) non finanziamento dei partiti (se non altro è già cominciata la raccolta firme per una legge di iniziativa popolare), ecco che quella persona, quello dei ristoranti per intendersi, si appresta a far nascere un non-partito (pubblico), cioè si appresta a far nascere un movimento (privato) o “cosa” analoga, che quindi egli (che può) potrà liberamente super finanziare in barba all’imminente prossimo (secondo) divieto di finanziamento dei partiti. La cosa assomiglia ai “rimborsi delle spese elettorali dei partiti” che hanno superato e vanificato il (primo) divieto del “finanziamento pubblico dei partiti”.  A pensar male … dicevo prima … e voi, cosa ne dite? Vale o no il ”mia faccia, mia razza”? Sempre di “regali” si tratta, ma pericolosi come il cavallo di Troia.

Luciano Canfora

Sto leggendo “Il mondo di Atene” di Luciano Canfora (Laterza) e ve lo consiglio caldamente. Storia della storiografia. E qui il “mia faccia, mia razza” ritorna ancora un volta, con prepotenza, se non altro perché nelle commedie greche del periodo cosiddetto democratico (Atene, Presidente del Consiglio tale Pericle), l’autore (tale Aristofane) in un sua commedia (dal titolo “Vespe”, niente a che vedere con la Piaggio nè con tale Bruno Vespa! Che poi di quello lì ce ne basta uno!), castigat ridendo mores, cioè con acuta ironia condanna i costumi degli Ateniesi, accusandoli di supponenza nel ritenere di avere il diritto acquisito di essere mantenuti dai tributi imposti ai contribuenti e dagli alleati ormai ridotti in sudditanza. Ecco che ritorna il “mia faccia, mia razza”, come vi avevo detto. Infatti anche qui da noi, oggi, vi sono “Ateniesi” (le diverse caste) che presumono di avere lo stesso diritto acquisito: quello di farsi mantenere “a carne di lepre” (così scrive Aristofane) a spese dei sudditi, cioè a spese nostre, di noi tutti.

Atene

La storia si ripete, Atene, Stato (sia pure “città” Stato) di 2.500 anni fa, come l’Italia di oggi:  “mia faccia, mia razza”. Alcuni (William Mitford, 1784-1810, “History of Greece”), hanno letto la democrazia ateniese come basata sul despotismo della classe povera: e anche oggi qui da noi v’è chi la pensa che potrebbe essere così. Ed ecco lo spauracchio agitato da destra.  Altri (Benjamin Constant, “Sulla libertà degli antichi comparata con quella dei moderni”, 1819) hanno ritenuto che l’antica libertà fosse limitativa, se non liberticida, dei diritti individuali, nel senso che “nello scontro fra governo e ricchezza, vince la ricchezza” . Ed ecco  lo spauracchio agitato da sinistra. E allora? Forse …

… in medio stat virtus!

Non finanziare la politica? Ma, dirà taluno, se proprio Efialte, intorno al 460 a.C., volendo che la classe povera andasse a potere, propose di trasfomare le cariche pubbliche da “onorifiche” (cioè non retribuite) in retribuite, per consentire anche a poveri di essere eletti … via … Cosa rispondo io? Sono d’accordo sul fatto che cariche effettivamente ricoperte (non cariche che oggi spesso sono delle sine cura) siano retribuite, ma “retribuzione” non vuol dire esagerazione, abusi, non vuol dire benefit incredibili, non vuol dire compensi fuori scala e fuori del tempo, fuori del nostro tempo, fuori del tempo europeo … non vuol dire furti!

 “Est modus in rebus: sunt certi denique fines / quos ultra citraque nequit consistere rectum”

Il poeta Orazio

Orazio, poeta latino (65 – 8 c. C.) ci insegna che vi è un limite nelle azioni umane, un limite in tutte le cose, cioè che vi sono confini oltre  i quali non vi può essere nulla di corretto, di giusto. E allora, o Monti sorgente dall’acque … della palude di prima, cosa aspetti? Apri il fondo di rotazione di cui al mio post del 15 aprile, ore 06,35! (cfr. ivi).

Ma torniamo alla storiografia greca. Altri (Volney, 1757-1820) hanno rincarato la dose: “Senza gli schiavi in senso lato ( cioè schiavi in senso proprio +  cittadini contribuenti + cittadini nullatenenti – in allora era “nullatenente” non chi non aveva mezzi di sussistenza, ma chi non potesse pagare a proprie spese l’armamento personale per andare in guerra –  +  cittadini delle città “alleate” ma in realtà “sottomesse” ) ventimila Ateniesi non avrebbero potuto deliberare tutti i giorni sulla pubblica piazza”.

Che ve ne pare? Non è molto attuale la cosa? Provate a sostituire ai ventimila Ateniesi gli appartenenti alle attuali caste; alla pubblica piazza, le sedi dei partiti, del governo e delle due camere; alla massa dei soggetti rimanenti sopra individuati  la massa degli odierni contribuenti effettivi, cioè dei non evasori  e la massa dei disoccupati ed ecco che vale ancora una volta l’assioma “mia faccia, mia razza”.

Kalinitta, buona notte, amici del blog! Ma da domattina, tutti svegli, mi raccomando! Svegli e … sveglia!

P.S.: amici del blog, lo so che excusatio non petita, vera accusatio … ma questa mia non è “antipolitica”, bensì è “anti” certi uomini, certi partiti che non stanno indicando una nuova via, una nuova vita, una speranza, un obiettivo, un’utopia se volete, ma anche se fosse solo un’utopia … l’uomo da  sempre ha bisogno di credere, sperare, tendere ad un’utopia! Quale utopia? Io ne ho una multipla: equita’, equilibrio, onestà, corresponsabilità, rigore, sobrietà, coscienza delle proprie potenzialità , creatività, ottimismo, condivisione, comunicazione, communis actio, azione comune. E’ chiedere o sperare troppo?