POLITICA DI GUERRA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 20 Dicembre, 2015 @ 1:23 pm

Detto altrimenti: oggi come nel passato    (post 2225)

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La storia si ripete. Nel mondo dell’antica Grecia la politica era soprattutto se non esclusivamente politica di guerra:  fare o non fare questa o quella guerra. Atene, famosa, colta, esemplare (“portata ad esempio”) vinse molte battaglie (per soggiogare le città-isole alleate) ma perse guerre disastrose (Siracusa; Egitto), fini a perdere l’ultima (Sparta), che le si rivelò micidiale.

In allora a decidere erano  i cittadini a pieno titolo (politico)  ovvero solo i maschi, nati in Atene da due genitori ateniesi, in grado di armarsi da soli e quindi di combattere. Poi la piena cittadinanza fu allargata ai marinai, motore della flotta. Quando poi Atene si trovò sull’orlo della disfatta totale, cercò di allargare la cittadinanza a tutti, schiavi compresi. Inutilmente.

Oggi, purtroppo, la politica torna ad essere una politica di guerra. E i “cittadini” di allora,  oggi sono i “cittadini” del mondo, ovvero gli Stati armati. La guerra. Le guerre. Molte fatte per “esportare la libertà e la democrazia”. Niente di più ipocrita (ma questa è un’altra storia). Le guerre si sa le decide la politica. E la politica decide le guerre politiche (interne a se stessa)  e quelle con le armi (esterne a se stessa).

Dice … ma la politica è espressione della maggioranza, quindi è una espressone “democratica”, quindi va bene così. Eh, no, non è così semplice la cosa.  Non usiamo, vi prego, il termine “democrazia” il quale – storicamente – era stato coniato ed utilizzato dalle classi dei possidenti non al governo per connotare in senso negativo la forza e la violenza di un governo “popolare”. Già allora la vera antitesi non era ( e non è, n.d.r.!) fra maggioranza e minoranza, ma fra ricchi e poveri. Anche oggi, nel mondo, non governa a maggioranza (i poveri) ma la minoranza (i ricchi). Aspirare all’estensione di questo metodo come “esportazione della democrazia” significa riportare di fatto il termine lessicale al suo significato originario di “governo della violenza”: questa volta dei ricchi. Nei fatti: esportare violenza.

Infatti, purtroppo anche continua la contrapposizione fra persone/Stati ricchi e sempre più ricchi e persone/stati poveri e sempre più poveri. Oltra agli Stati ufficiali poi vi sono gli “stati occulti” ovvero i poteri  economici finanziari trasversali (ma anche questa è un’altra storia).

Sta di fatto che in un sistema del genere ove le maggioranze in quanto tali non contano poiché molto  spesso non hanno i mezzi per esercitare un potere “effettivo”, “efficace” (che porti risultati concreti), spesso emerge il princeps, ovvero il politico dotato di carisma, capacità retorica, autorevolezza (o lo Stato dotato delle armi più forti), il quale si pone a capo di una democrazia formale – principato effettivo. Non parlo di “tirannide” solo perché a questo termine oggi noi ricolleghiamo automaticamente arresti, processi sommari, violenze fisiche d’ogni tipo, mentre è “tirannide” anche quella di chi rimane al potere per un numero indefinito di anni (Pericle raggiunse quasi il trentennio) ed anche chi tratta i propri avversari politici da una posizione di pregiudiziale superiorità politica tacciandoli, come li tacciava Demostene, di tradimento ed invocando per loro la bastonatura, fisica (Demostene, Mussolini) o “politica” che essa possa essere.

Come si esce da tutto ciò? Be’ io ho socraticamente posto il problema: alla soluzione ci pensino persone assai ben più preparate  di un povero blogger …