RAFFAELE CANTONE IN TV

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Marzo, 2015 @ 8:51 am

Detto altrimenti: a “Che tempo che fa”  ….     (post 1980)

Post 1980, anno 1980 – Prosegue il mio lavoro in STET, a Torino. Strage di Bologna e di Ustica. Da tempo, ormai, gli anni che “ricordo” qui sui miei post sono anni che ricordo personalmente! Al proposito due osservazioni:

  • mi accorgo di capire a fondo aspetti significativi di quegli anni solo ora. In allora, infatti, la preoccupazione del lavoro, della “carriera” e della famiglia che cresceva occupavano troppo spazio della mia mente.
  • Che succederà quando avrà superato il post n. 2015? Cosa dirò degli “anni futuri”? Ci ho già pensato: farò come Orwell, me li inventerò!

WP_20150322_001Raffaele Cantone. Ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”, fra l’altro a presentare un suo libro. Avrei preferito di no. Che non ci fosse andato, il presidente dell’autorità nazionale anticorruzione, a farsi intervistare da Fazio. No. Proprio avrei preferito che non si fosse mostrato, con la sua logica, il suo modo di ragionare, di essere. Non che ci sia nulla di male nella persona, anzi! Ma a mio sommesso avviso molto meglio sarebbe stato se Cantone fosse rimasto più “nascosto”, più enigmatico, meno “svelato”, e quindi più imprevedibile e pericoloso per la malavita.

Mi vengono alla mente certe facce di iraniani. Qualche anno prima (del 1980) – s’era al tempo dello Scià – ero a Teheran per affari: trattavo con ministri e personaggi dell’alta finanza e industria locale, per offrire loro la vendita di piccole centraline solari da utilizzare a macchia di leopardo nel deserto, apparati costruiti in Italia da una importante Società del gruppo IRI che mi aveva conferito quel mandato. Ecco, le facce delle persone che avevo dinnanzi erano imperturbabili, imperscrutabili, non lasciavano trasparire emozione alcuna, nessun segno di approvazione, incertezza o contrarietà rispetto al progetto di cui si stava discutendo. Io non riuscivo a capire quale fosse il loro orientamento: ciò rendeva loro più forti nella trattativa e me più debole.

P.S.: il “paragone iraniano” di cui sopra non deve essere inteso nel senso che io, a Teheran, fossi la “malavita di turno” da combattere … per carità … ma solo nel senso del “valore, funzione e peso dell’imperscrutabilità” di un interlocutore.