IL TRENTINO CAMBIA (PASSO E) IL PENSIERO: DA QUANTITA’ A QUALITA’

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Marzo, 2015 @ 3:38 pm

Detto altrimenti: “Il canto del pendolo”,  di Josif Brodskij (1940-1996)

Post 1957, anno 1957 – In orbita il primo Sputnik. Io ho 13 anni e sono innamorato (in segreto!) di una ragazzina con il cappotto a quadrettini crema e marrone, di nome Marina.

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Josif Brodskij. Premio Nobel per la poesia (1987), nato russo, emigrato (quasi fuggito) negli USA, morto a Brooklyn, sepolto a Venezia. All’inizio del libro citato è riportata una sua prolusione a studenti universitari  (cito a memoria): “Diffidate dei pareri uniformi, delle volontà unanimi, dei grandi eserciti e dei bilanci ben assestati … se non altro perché dentro i grandi numeri più facilmente può allignare il male”.

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Chi abbia letto i miei ultimi post e quanto la stampa locale ha riportato di un avvenimento che più che politico definirei culturale e sociale, avrà visto che “eravamo in pochi”. La giornata prefestiva, assolata, le piste da sci bene innevate e curate … be’ ragazzi … se c’è una persona molto sensibile a queste sirene ammalianti sono io. Eppure … eppure sono felice di avere passato la giornata della sala interrata di Trentino Sviluppo, in via Zeni a Rovereto per seguire a partecipare attivamente a “Il Trentino cambia passo”.

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Dalla IT-Information Technology, da decenni di è passati alla ICT, Information Communication Technology. Ma qualcuno non se ne è ancora accorto.

Dalla IT-Information Technology, da decenni di è passati alla ICT, Information Communication Technology. Ma qualcuno non se ne è ancora accorto.

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Felice perché l’evento è stata una preziosa occasione di attivare il proprio pensiero, di fare tesoro del pensiero altrui, di maturare sempre di più una consapevolezza, e cioè che l’evento sia  stato una “occasione persa, letteralmente  “sprecata” dai tanti che, indotti dal soleggiamento o da inviti di tutt’altro tipo, hanno evitato il confronto, hanno voluto sottrarsi ad un momento di “comunicazione”, ovvero di “communis actio” ovvero di azione (meglio: del pensiero) comune o quanto meno di “pensiero in comune”.

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th19PYZ50VInfatti, un tale vissuto qualche anno fa, mi pare si chiamasse Aristotele, aveva scoperto una regoletta dell’umana convivenza e aveva cercato di spiegarla ai suoi contemporanei, e cioè che per arrivare alla soluzione di un problema, è molto meglio il contributo di tante persone le quali al limite la pensino in modo diverso e per di più non siano specialistiche della materia, più che non il contributo di un’unica persona anche se super specialista della materia trattata. Da qui aveva dedotto una considerazione: molto meglio non avere paura delle proprie idee, molto meglio insistere per riuscire ad essere ammesso ad esporle anche se potenzialmente tali da accendere una animata discussione fra contrapposte tesi.

E invece da molti questo confronto è stato rifiutato. Un confronto durante il quale è emersa la necessità di ristabilire una cinghia di trasmissione ed una canale di reciproca informazione (ovvero di comunicazione) fra due mondi oggi purtroppo separati: quello del piano “alto”, della politica degli amministratori, e quello parallelo (quindi separato) ma “basso”,  dei problemi quotidiani della gente “comune”, quello non della “politica” ma delle “politiche concrete”, piano sul quale andrebbero comunque verificate le “alte” idee del piano “alto”.

Un confronto durante il quale è emerso che “Autonomia” è sì nell’ordine, necessità – volontà – capacità di autogoverno, ma è emerso anche che questa Autonomia non si basa sull’ heimat ovvero  sull’ “appartenenza a”, quanto piuttosto sulla comunità di “carattere” di chi sente la necessità, ha la volontà e la capacità di esprimere un proprio pensiero autonomo e originario, senza andare necessariamente a rimorchio del pensiero di una maggioranza a sua volta incolonnata dietro il pensiero unico del leader di turno, per illuminato che esso sia stato, sia o possa ancora essere.

Ecco perché io andrò sempre anche agli “altri” convegni: per non contraddire me stesso e per cercare di individuare – comunque – eventuali “vie di comunicazione”.