BOCCADASSE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Marzo, 2012 @ 7:00 am

Detto altrimenti: intermezzo di poesia che sa di focaccia genovese

Alla TV è ripresa la serie del Commissario Montalbano, la cui eterna fidanzata Livia abita a Boccadasse. Bucca d’ase, bocca d’asino … E’ una piccola baietta che forma un’ansa somigliante alla “bocca spalancata di un asino” , antico borgo di pescatori ormai completamente inglobato  dentro  la città di Genova, il quale ha però mantenuto le caratteristiche architettoniche originali di fine ‘800. Ci si arriva facilmente a piedi scendendo per una creuxa (stradicciola pedonale) dalla paseggiata del Corso Italia, là dove questa finisce, verso est, “chiusa” dalla Chiesetta del Borgo, adornata di ex voto di marinai scampati al naufragio: quadri, fotografie, modellini di velieri …

Ecco come l’ha vista, ben tredici anni fa, mio figlio Edoardo, oggi trentenne:

           “Boccadasse”

Degli anziani pescatori e di reti più ruvide,
appress’al varco uman
de l’abisso,
sottile serba l’eco antica

Boccadasse, e quell’innomato odor
d’anni votati alla pira.
Ti vidi in grazia di neve,
nell’abito scomodo pei tetti tuoi sorpresi.
Ti vidi quando i sassi balzellavo
sul blu che t’appaga.
E ti vedo adesso, anfiteatro sul tardo mover
de’ gozzi,
ti vedo.
Son l’alieno.
son io il mondo che,
pria del tempo,
pur fu.
Al freddo bagno di luce,
seguo l’onde a macchia fuggir
via via più scure;

d’intorno, piangono secche sorti
quei legni traditi, or di raminghi felini
un soppalco.
Nel volger le spalle
al caro fraseggio de l’acque
saluto il guscio d’origine,
ma ‘l ligure mar a sua grand’arte
queta dei ciottoli gli spigoli,
e ‘l mio passo fa mesto.

Ed ecco come l’ho vista io, qualche anno fa

“Boccadasse”

A fine settembre alle sei di mattina è ancora buio. Non siamo in molti con cane e guinzaglio in Corso Italia. D’altra parte Ilios, un bel dalmata di tre anni dal carattere dolcissimo, aveva ormai iniziato a passeggiare discretamente per il corridoio sino alla porta di casa, facendo tintinnare la sua medaglietta in modo inequivocabile…  

... ci affacciamo ...

Dal muretto della piazzola dietro la chiesa parrocchiale ci affacciamo sul porticciolo di Boccadasse. Il mare è calmo. Una leggera brezza di terra lo scurisce d’un ammaliante blu notte. Al largo qualche lucina brilla sulla propria barca, al pari delle ultime stelle non ancora cancellate dall’alba. Il profilo del Monte Fasce, la curva della costa da Quarto a Camogli e, di fronte, il Promontorio di Portofino gli fanno da cornice.   Abbassiamo lo sguardo ed in silenzio osserviamo i movimenti a loro volta silenti, quasi sacri e rituali di alcuni vecchi pescatori, pescatori vecchi. Uno o due di essi, a turno, afferrano il proprio gozzo, lo trascinano sullo scalo, ne legano una estremità alla carrucola ancorata al muretto e quindi, lascando la cima, con una spinta lo fanno scivolare in acqua. Infine, pongono a lato il carrellino, che resterà a testimoniare che una barca è uscita in mare. Tutto ha una sua funzione. Il gozzo si

... non hanno fretta ...

adagia sull’acqua, accomodandosi con un lieve rollìo, soddisfatto al pari di una signora che finalmente abbia trovato sul tram un posto libero dove sedersi. Gli scogli sono vicini, ma i pescatori hanno stipulato un accordo con quel poco di mare di cui dispongono: loro lo amano e lo rispettano, ed egli frena gli scafi e li protegge dagli urti. Alcuni procedono a remi. Dopo averli fissati sugli scalmi remano eretti, volto in avanti, appoggiandosi su di essi come gondolieri veneziani. Non hanno fretta, ma non sprecano tempo in movimenti inutili. Infatti in pochi minuti il gozzo è al largo, intento ad assecondare l’andamento delle onde, a recuperare reti, nasse, palamiti, o a calare bollentini. Altri sono dotati di motore. Vecchi diesel entrobordo, che stentano un po’ a mettersi in moto ed all’inizio scoppiettano lanciando anelli di fumo rotondi e regolari, come se anch’essi fumassero il toscano o la pipa al pari dei loro armatori. E se alcuni escono, altri rientrano, accompagnati dal volo dei gabbiani e dagli sguardi attenti dei gatti.

Genova: Corso Italia verso Boccadasse. Sullo sfondo Portofino

Più in alto, in Corso Italia, il traffico cittadino si è già risvegliato ma sulla spiaggia non se ne avverte il rumore. Qui il tempo si è veramente fermato: per il grande silenzio, per gli spazi ristretti e preziosi, per l’architettura delle casette marinare dai colori a pastello e soprattutto per i gesti e la vita di questa umanità sopravvissuta al progresso, fatta di pescatori, di vecchiette sedute sull’uscio di casa, e perché no, anche di gatti interessati all’andamento del tempo e della pesca, marinai e pescatori anch’essi.

Sono parte di questo incantesimo. Mi accosto alle barche, le guardo come se mi aspettassi una loro parola, un cenno di saluto. Mi avvicino ai pescatori. Non parlo. Li osservo, grato che accettino la mia presenza, che non si chiedano che cosa voglio. Ascolto il loro dialetto, che tanti anni fa era anche il mio; mi godo la musica di quelle poche parole, delle cose semplici che raccontano. Nelle voci, nei gesti, negli sguardi credo di potere cogliere tutta la loro vita. Ed invece come posso sapere quanto hanno vissuto, gioito, sofferto, pescato, amato, sperato, navigato?

La focaccia genovese

La luce aumenta. E con lei arriva il profumo della focaccia appena sfornata. Ne compero un pezzo, avvolto nella carta da pane, e lo mangio con gusto, bevendoci sopra il sapore del mare. Risalgo la scaletta. Entro nella chiesa, adorna di modelli di velieri sospesi fra le colonne, e prego. Cara Boccadasse, cari amici, tornerò a trovarvi, la prossima volta dal mare, a vela, all’alba, con il mio Fun, lo prometto.

 

 

E dopo il “cane di mare” in nostro caro dalmata Ilios, ecco il “gatto di mare”, troneggiante su un gozzo a Boccadasse:

Di chi è questo "gozzo"?

Gatto di mare

Non insegui il Tempo

e grato

il Tempo

non ti rincorre.

Immobile sulla tela di un gozzo

assapori l’amico profumo di pesce

il caldo insperato del sole invernale

e mi osservi

Lo stesso colore blu dei pantaloni sbiancati dal salino ...

Lo stesso colore blu dei pantaloni del mio pescatore, sbiancato dal salino ...

col nobile sguardo

del marinaio antico

al quale ogni giorno tu presti la barca.

Voglio indossare

pantaloni di tela

colore del mare profondo

sfumati di bianco salino

sedere in silenzio al tuo fianco

su questo gradino 

Cianìn cianìn, sans'asbriu ... piano piano, senz' abbrivio ...

dal bordo ormai liso e rotondo

per non disturbare

segreti

ricordi

speranze

e tesori

dei gatti del posto 

e dei pescatori.


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