INCONTRI – 13) EDOARDO PELLEGRINI
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Marzo, 2012 @ 6:00 amDetto altrimenti: Nonesi e Solandri … e Genovesi … libera nos Domine!
Edoardo (noneso!) ed io (genovese!) ci siamo “incontrati†in un Forum internet riservato ai ciclisti. Già , perchè Edoardo ed io siamo due ciclisti. E poi si chiama come mio figlio, ragion per cui quando, parlando con mia moglie, nomino “Edoardoâ€, se mi voglio riferire a lui punto il dito verso alto (per riferirmi al “nordista”) e mi moglie capisce. Altrimenti se non aggiungo alcun gesto, è inteso che mi sto riferendo a mio figlio, ormai “suddista” bolognese da anni. E poi Edoardo abita a Cavareno, in Val di Non, valle nota per la parsimonia dei suoi abitanti, dove io, giovane genovese andavo in ferie (e dove sennò?) … quando si dice le combinazioni … La cosa è avvenuta durante la fine della passata stagione ciclistica, quindi non abbiamo ancora potuto pedalare insieme, ma per questa primavera estate abbiamo grandi progetti. Incontrandoci, ho scoperto di trovarmi di fronte ad un “collega†pensionato, che però è “Maestro nell’arte di lavorare il legno.
Edoardo, so che eri disegnatore tecnico, ma poi hai finito la tua carriera lavorativa con un’altra mansione                                                                                                                                                                       Si, i miei primi 18 anni di lavoro li ho passati davanti al tavolo da disegno, prima in due aziende metalmeccaniche di Brescia e poi all’IVECO DVD di Bolzano. Alla fine del 1988  ho deciso di cambiare genere di lavoro, allettato da una proposta fattami da un’azienda locale e dall’idea di poter così ritornare ad abitare a casa mia, abbandonando definitivamente la vita cittadina alla quale sono sempre stato poco avvezzo e che mi impediva soprattutto di praticare i miei hobby preferiti.
Da quando sei in pensione, hai potuto dedicarti maggiormente ai tuoi hobby ed alla tua bici. Parliamo un po’ del tuo laboratorio di falegnameria, che tu descrivi come dilettantistico, ma che a me sembra molto di più. Quando hai cominciato ad essere un “Maestro†del legno?
Devi sapere che quando comprai la casa, il luogo ove ora c’è il mio laboratorio era un fienile. Dovendo ristrutturarla è stato per me una necessità imparare a fare il più possibile da solo. Per i lavori di muratura me la son sempre cavata bene, mio padre aveva una piccola impresa edile per cui i rudimenti del mestiere avevo fatto in tempo ad impararli ma il resto, in particolare i lavori di falegnameria, sono venuti in seguito, quando è stato necessario arredare la casa. Il laboratorio è sempre stato il centro della mia attività ma soltanto nei primi anni 2000, quando ero vicino alla pensione, ha assunto la configurazione attuale, maggiormente orientata ai lavori di falegnameria. Tutto quello che si vede in foto e quindi le opere di muratura, pavimento, porte e finestre, impianti, banchi di lavoro, cassettiere, pensili ed anche molti attrezzi, li ho costruiti con le mie mani, in un lasso di tempo piuttosto lungo. Il macchinario pesante e molti elettroutensili che costituiscono la ricca dotazione del mio laboratorio, li ho potuti acquistare solo recentemente, impegnando una parte della mia liquidazione. Non credo di essere un maestro del legno, ho iniziato troppo tardi ad interessarmi di falegnameria ed anche se posso vantare qualche bella realizzazione, mi considero un appassionato più che un maestro e credo di avere ancora molte cose da imparare.
Quante ore al giorni vi dedichi?
Tantissime, specie nel periodo invernale. Il mio laboratorio è così accogliente e ben riscaldato che ci sto volentieri, dalla mattina alla sera e talvolta, quando sono particolarmente impegnato, anche fino ad ore tarde. Con la bella stagione le cose cambiano e prevale di gran lunga il tempo dedicato alle uscite in bicicletta ed alle passeggiate.
Fra le tu realizzazioni, di quali sei maggiormente fiero?
La realizzazione di cui vado maggiormente fiero è senz’altro lo stesso mio laboratorio. Ho progettato e costruito personalmente tutto l’arredamento e parte dell’attrezzatura di lavoro. A parte questo vado molto fiero della costruzione del tavolo a tre piedi che si vede in foto. Il progetto è di un amico di Rovereto, che ha concepito l’idea originale dell’opera, ovvero quella di poter incastrare fra loro le tre gambe, mediante una manovra molto particolare. Il tavolo è piuttosto grande ed attorno al piano di cristallo temperato possono trovare comodamente posto nove commensali. La particolarità del tavolo è che le tre gambe sono smontabili e possono essere assemblate solamente con una manovra combinata. Se sei interessato è possibile vedere
l’operazione ai seguenti link:
http://www.youtube.com/watch?NR=1&v=KQ1YifNN7IA&feature=endscreen
La mia realizzazione  è stata oggetto di pubblicazione sul N. 33 (Settembre 2011) della rivista Legnolab della quale sono un collaboratore saltuario.
Non hai pensato di “allevare†qualche giovane a questa tua arte? In un periodo di crisi del lavoro, sapere fare quello che sai fare tu è una risorsa importante.
Potrei farlo ma non avendo figli a cui dedicare il mio tempo non saprei bene verso quale persona indirizzarmi. Mi pare infatti che le attività manuali, almeno come le concepisco io, siano assai poco attrattive per la massima parte dei giovani d’oggi.
Non credi che la Provincia potrebbe fare un censimento degli “artigiani dilettantiâ€, Maestri nel loro genere, per organizzare il passaggio generazionale di una importantissima cultura locale? Sai, io n conosco uno ad Arco, Maestro nel ferro e nell’acciaio. Quando smetterà di lavorare, il suo prezioso know how rischia di andare perso.
Sì, credo che sarebbe interessante e soprattutto sorprendente scoprire che c’è un mondo sotterraneo fatto di persone come me e che, in spazi talvolta molto angusti e scomodi, praticano ancora attività che si ritenevano scomparse da tempo o in via di estinzione, con grande passione e dedizione. Credo soprattutto che per evitare la scomparsa di preziosi know-how, dobbiamo imparare a condividere le nostre capacità con altri appassionati. Da questo punto di vista, pur conservando ancora numerosi tesori di conoscenza e di manualità , abbiamo molto da imparare dal mondo anglosassone, dove tali esperienze sono maggiormente condivise e quindi conservate e tramandate nel tempo. A questo proposito sono convinto che il web rappresenta una grande opportunità , almeno per quelli, sempre più numerosi, che hanno una sufficiente familiarità con quell’ambiente.
Veniamo alla tua famiglia. Merita il giusto spazio l’occasione in cui hai conosciuto tua moglie. Ci siamo conosciuti in pizzeria, a Cavareno. Lei era appena tornata dal Cile, dopo 33 anni di permanenza in quel paese e faceva la cameriera nel locale, di proprietà della zia. E’ stato il classico colpo di fulmine, ci siamo sposati nel 1985, pochi mesi dopo il suo rientro in Italia ma per conoscere quel lontano paese abbiamo dovuto aspettare una decina d’anni, a causa dei lavori di ristrutturazione della casa, che hanno assorbito tutte le nostre risorse economiche. Il Cile è un bellissimo paese, ricco di risorse minerarie, agricole e naturali ed il turismo, che pure meriterebbe tantissimo per la grande ospitalità dei cileni e la bellezza del paesaggio, è ancora assai poco sviluppato. Un vero paradiso nel quale meditiamo da tempo di ritornare.
E veniamo alla bicicletta. Da quando hai cominciato?
Piuttosto tardi, ero un motociclista convinto ma nel 1988 comprai la mia prima MTB con la quale iniziai a praticare moderatamente finchè non andai in pensione, nel 2008. Da allora il mio impegno è cresciuto costantemente, come il numero dei chilometri percorsi durante la stagione. L’anno scorso, come tu ben sai, ho raggiunto il record di percorrenza, 3500 Km,  ma quest’anno vorrei andare ancora oltre, diversificando maggiormente le uscite e puntando più alla qualità che alla quantità .
Preferisci la bici da corsa o quella da montagna?
Sicuramente la bici da montagna, anzi, quella da corsa non l’ho ancora provata, mi intimidisce la posizione raccolta che bisogna tenere ed inoltre, l’idea di poggiare per terra con due sottilissimi tubolari mi fa sentire assai poco sicuro, per cui preferisco di gran lunga la MTB, con le sue belle gomme scolpite, gli ammortizzatori motociclistici ed i freni potenti.
Qual è lo standard delle tue uscite?
Mi piace fare lunghe galoppate, specie su percorsi vari ma che non mi impegnino fisicamente allo spasimo, con percorsi troppo accidentati e salite troppo dure.
Mi piace godere il panorama, fermarmi nei posti più belli per scattare qualche fotografia, da condividere poi con gli amici. Non amo l’agonismo sfrenato e le gare, anzi, l’unica che faccio è con me stesso, per misurare i miei limiti e le mie capacità .
Da quel poco che ti conosco, tu non vai in bici con la testa ripiegata sul manubrio; ti fermi, guardi, osservi, fotografi, conosci. Raccontaci un tuo viaggio particolarmente istruttivo
Penso che il viaggio più bello lo debba ancora fare, magari una lunga galoppata a tappe sulle ciclabili dell’Austria (la faremo insieme! N.d.r.). Della scorsa stagione ho bei ricordi del viaggio andata ritorno da Tell, in val Venosta, fino a passo Resia. 158 Km in una sola giornata, che ricorderò sempre. Poi è stato molto bello andare in val Passiria, a Bressanone, Vipiteno, sulla ciclabile delle Dolomiti verso Cortina,  sulla ciclabile della vecchia ferrovia della val di Fiemme e in val di Pejo.
Quando ci siamo incontrati a casa tua la prima volta, a Cavareno, mi avevi ben avvertito che avrei trovato cambiato il paese rispetto a “sti anniâ€. E’ vero: ho notato i bellissimi platani della piazza in meno, ed una grande stalla a ridosso del Paese, in più. Tutto ciò a mio avviso non aiuta il turismo. Tuttavia sono certo che tu intendevi riferirti anche e soprattutto a ciò che è stato fatto di meglio, come ad esempio, con l’avvio della costruzione di una bella pista ciclabile. Parlacene un po’.
Tocchi un tasto dolente. Cavareno è molto cambiato, da quando ci venivi tu con la famiglia. Quello che mi sorprende di più è dover constatare il progressivo degrado del centro storico e dell’aspetto generale del paese, viabilità in particolare. Situazioni indecorose, come la fatiscente stalla che sta fra Cavareno e Sarnonico sono nocive all’immagine del paese e assai poco adatte a rappresentare l’agricoltura di montagna. La pista ciclabile giunge in alta valle con grave ritardo rispetto alle altre valli trentine, in particolare alla Val di
Sole, che ha una bellissima pista ciclabile da quasi vent’anni. La costruzione della pista ciclabile prosegue, come ti ho già detto, con molta lentezza ed anche se è stato aperto al traffico qualche spezzone di pista fra Romeno e Fondo, fra Cavareno e Ronzone, Malosco Amblar e Salter, mancano alcuni punti di raccordo che consentano di percorrere la ciclabile interamente, senza necessità di muoversi su strade trafficate. Proprio ieri ho fatto un piccolo sopralluogo in località “La Pienaâ€, fra Cavareno e Romeno, dove i lavori di raccordo fra il tratto di ciclabile proveniente da Cavareno e quello verso Romeno, procedono a rilento. Lo stesso dicasi per il ponte in costruzione lungo la statale, prima dell’abitato di Romeno e per il tratto successivo, quello che condurrà fino a Malgolo. Speriamo bene, abbiamo già perso molto tempo e con tutti questi lavori ancora da completare, chissà quando sarà possibile percorrerla per intero.
Per chiudere, un gossipâ€. So che Licia Colò possiede una casa sul dosso a fianco della ciclabile. Quando la vedi, salutala da parte mia, sono un suo grande ammiratore, la apprezzo molto come conduttrice televisiva e anche ….come donna! (Mia moglie è informata …)
Licia Colò? Non ho ancora avuto occasione di incontrarla, so che ha una bella casa vicino al Golf Dolomiti e che ogni tanto viene in Val di Non per riposarsi. Ho letto della sua recente intervista pubblicata su l’Adige (10 marzo 2012, pag. 49, n.d.r.) e condivido le sue opinioni circa le potenzialità turistiche ed ambientali dell’Alta Valle di Non, in gran parte ancora inespresse. Come lei, mi auguro innanzitutto che le praterie fra Fondo e Romeno possano rimanere intatte e che la coltivazione della mela rimanga confinata negli ampi spazi della valle che sono stati ad essa destinati. La coltivazione intensiva delle mele, con il largo uso di pesticidi che viene fatto, in media 90 Kg per ettaro secondo fonti della Fondazione Mach, rappresenta un pericolo per le rimanenti praterie e i boschi dell’alta valle e mi auguro che l’espansione continua delle coltivazioni, che hanno già stravolto buona parte delle praterie nella parte bassa di Fondo e Romeno, venga fermata, prima che sia troppo tardi.
Sai Riccardo, io faccio parte dell’Associazione Alta Val di Non Futuro Sostenibile, che si prefigge di tutelare il paesaggio, le qualità naturalistiche e la biodiversità dell’Alta Val di Non, in modo particolare le praterie che la caratterizzano.
http://www.altavaldinon-futurosostenibile.it/home/chi-siamo.html
Grazie Edoardo, sei una persona dai molti contenuti. I lettori del blog ti apprezzeranno.
P.S.: Ciclabili, terreno sottratto ai contadini? Guardate un po’ come hanno risolto il problema in Valle Aurina (Bz), Â da Brunico a Campo Tures: