CANONE DI ABBONAMENTO RAI TV E SUPER RETRIBUZIONI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Gennaio, 2014 @ 10:15 am

Detto altrimenti: “è dovuto ma”. (post 1252 – 2/2014)

 Il canone RAI TV è dovuto. Ma che vuol dire “è dovuto ma”? Vuol dire che io lo pagherò, ma mi permetto di sottoporre all’attenzione delle lettrici e dei lettori tre sottolineature, Una morale, una tecnica, una politica.

1) Moralmente, non è accettabile che i compensi dei vari personaggi, compreso quello del mio apprezzato amico (televisivo) Fabio Fazio, (sia chiaro: io sono un “fazioso”, cioè lo stimo e lo apprezzo sinceramente) siano mantenuti agli attuali livelli milionari: la spending review deve riguardare anche loro.

2) Tecnicamente: dice … ma la mia trasmissione si paga tutta con la pubblicità, io non sono un costo per l’azienda … Eh, no, bello mio. Ognuno di noi è tenuto a dare il meglio di se’ all’azienda per cui lavora, non certo per pareggiare il conto – con la propria retribuzione – fra costi e ricavi, bensì per fare guadagnare l’azienda e per ricevere un compenso adeguato ma non stratosferico, fuori scala. Infatti il contributo individuale di una persona inserita in una grande azienda è produttivo di utili e risultati in genere, per la qualità della prestazione individuale (nessuno lo nega), ma soprattutto per il fatto che questo contributo è inserito all’interno di una  azienda grande.

3) Politicamente: sarà un caso, ma un personaggio di bassa statura (fisica) sta cercando di fare ridurre gli emolumenti dei “personaggi RAI”. Le male lingue dicono che se ci riuscirà, automaticamente potranno esserci fughe di cervelli dalla RAI verso le TV del suo Capo Politico, oppure anche che il suo Capo Politico sarà a sua volta legittimato a risparmiare sugli stipendi dei “personaggi” delle proprie TV. Della serie “a pensar male …”

Quanto alla terza sottolineatura, il proprietario di reti TV non dovrebbe poter fare politica. Tutto qui.

Perdonate ora se – relativamente alle prime due sottolineature, mi permetto di sottoporvi due esempi personali.

Anni ’70: ero responsabile della finanza Italia della STET, la maggiore finanziaria Italiana, a Torino. Fra le altre “cose” che feci, ideai e realizzai il sistema di controllo e gestione del rischi di cambio del Gruppo, che comprendeva decine di SpA (SIP,  ITALTEL, SIEMENS DATA, SGS ATES, SELENIA, ELSAG, SIRTI, ILTE, SEAT, CSELT, etc. etc.). Il Gruppo risparmiò miliardi di lire. Non per questo chiesi né mi fu offerta alcuna retribuzione milionaria (il lire) oltre al mio già buono stipendio (buono a livelli “umani” e non marziani).

Anni ’80: ero a capo di un’altra finanziaria importante (non così come la STET, ma niente male: possedeva banche, immobiliari, commissionarie di borsa, giornali, etc.). Ideai e realizzai la sistemazione industriale e fiscale del Gruppo, con risparmi di decine di miliardi di lire. Non per questo chiesi né mi fu offerta alcuna retribuzione milionaria (in lire), oltre al mio già buono stipendio (buono a livelli “umani” e non marziani).

In entrambi i casi io ero pagato bene e avevo agito bene. Fine. Nessun emolumento extra. I risultati li avevo ottenuti perché avevo usato la mia professionalità per la quale ero già pagato, ma soprattutto perché avevo operato all’interno società di grosse dimensioni.

Nessun emolumento, quindi, da “figlio di ministro” o da “Presidente di Unicredit o Montepaschi”. Montepaschi? Ne ho già scritto, ma ora mi “sta scappando” di riscriverne. Leggete il post successivo!