L’ILIADE LETTA A TRENTO – Libri V-VIII

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 29 Febbraio, 2012 @ 4:38 pm

Detto altrimenti: Trento is this too! Trento è anche questo! (A seguito dei post del 31 gennaio e dell’11 febbraio scorsi)

Omero

Omero, poeta epico greco, 900 anni prima di Cristo … circa. Omero, cieco, ha fatto mettere per iscritto le leggende tramandate dagli aedi (cantastorie). Chi ha studiato al liceo classico lo sa bene. Gli altri possono cercare il riassunto dell’Iliade su internet. Comunque si tratta di un Troiano (Troia, città della attuale Turchia) che ha rapito la bella moglie di un Greco importante. E qui parte la “spedizione punitiva” per distruggere Troia, distrutta la quale inizia l’Odissea di Odisseo (alias Ulisse) che ha perso la via di casa e ci impiega 10 anni per tornarvi, e poi c’è Virgilio con l’Eneide, la storia di Enea, un Troiano scampato all’eccidio della sua città, il quale arriva in Italia, ma queste sono altre storie. Orbene, sotto la simpatica, dotta e coinvolgente guida della Professoressa Maria Lia Guardini, nella Biblioteca di Trento, alternis lunèdis, cioè un lunedì ogni due settimane, si commentano i “libri” (capitoli)  dell’Iliade.  Io sono arrivato in tempo a commentare la seconda tornata, dal quinto all’ottavo compresi. Ritrascrivo qui di seguito il “compito a casa” che ho volontariamente fatto per iscritto (meritamndomi l’appellativo di “secchione”) per farmi perdonare che la volta precedente avevo portato la “giustificazione”.  La traduzione su cui io mi sono misurato è di Vincenzo Monti. 

Personaggi “divini”: Zeus (Giove) il boss; Era (Giunone) sorella e seconda sposa – incestuosa – di Zeus;  Ares (Marte) il dio della guerra “dura”; Afrodite (Venere), la dea dell’amore; Atena (Minerva) dea delle arti femminili e anche un po’ della guerra, ma non troppo violenta; Febo (Apollo) dio delle belle arti, dei viandanti e dei marinai; Poseidon (Nettuno) dio del mare.

Libro V
Oggi come ieri: Silvester Stallone come Diomede
Ieri come l’altro ieri: Dante come Omero 

Atena

Uomini contro uomini, popoli contro popoli, aiutati o combattuti dagli Dei. Come oggi: uomini, popoli, villaggi, etnie, stati, comunità religiose l’una contro l’altra armate, sostenute o combattute, di volta in volta, da grandi nazioni, da grandi eserciti, da grandi interessi ,a “grandi” uomini (grandi … si fa per dire).
Atena dice ad Ares: tu qui, per favore, non intervenire. Vorrà dire che poi ti ricambio il favore, alla prossima occasione. Tu Russia, non intervenire se io invado la Polonia, Poi ci metteremo d’accordo, non temere. Infatti, io invado la Polonia da ovest, tu da est … io ti lascio fare questo, tu quello, senza reagire. Niente di nuovo sotto il sole.

Ma veniamo a noi, ad Omero. Diomede, dallo scudo: versi (di Omero e del suo traduttore) che ricordano gli endecasillabi di Dante:

Diomede

Lampi gli uscian dall’elmo e dallo scudo
d’inestinguibil fiamma, al tremolio
simigliante del vivo astro d’autunno
che, lavato nel mar, splende più bello.

Diomede, alias Silvester Stallone. Ferite, uccisioni, sangue a go-go … come nei migliori film cruenti dei giorni d’oggi. Cosa abbiamo inventato? Niente. Diomede, benché ferito, imperversa come un fiume in piena (e riecco che richiama Dante).

 

La piena del Sarca (Tn): può andare come esempio?

… Simil alla piena
di tumido torrente, che, cresciuto
dalle piogge di Zeus, ed improvviso
precipitando, i saldi ponti abbatte
debil freno alla fiere onde; e de’ verdi
campi i ripari rovesciando, ingoia
con fragor le speranze e le fatiche
de’ gagliardi coloni…

Ma Diomede, aveva fatto il controllo antidoping? Infatti …

Come lion che mentre il gregge assalta,
ferito dal pastor, ma non ucciso,
vè più s’infuria, superando tutte
resistenze, si slancia entro l’ovile;
derelitte, tremanti ed affollate
l’una addosso dell’altra si riversano
le pecorelle, ed ei vi salta in mezzo
con ingordo furor …

Pecorelle affollate? Ecco i versi di Dante (Purgatorio, III)

Come le pecorelle escon del chiuso
a una, a due, a tre, e l’altre stanno
timidette atterrando l’occhio e ‘l muso;
e ciò che fa la prima, e l’altre fanno,
addossandosi a lei, s’ella s’arresta,
semplici e quete, e lo ‘mperché non sanno …

Tema ricorrente: recuperare la preda (armi, cavalli); difendere il corpo del commilitone; distinguere ognuno in quanto “figlio di”, “padre di”, “marito di”.

Enea, figlio di Anchise e della dea Afrodite, scappa da Troia incendiata portando a spalla il padre, tenendo per mano il figlio Ascanio

E poi, quasi una sceneggiata: Enea dice a Pàndaro, che già aveva ferito Diomede con una freccia: “Vai, uccidilo!”. E Pàndaro: “Ma non ho il cocchio! Li ho lasciati tutti a casa! E poi questo arco, lo ha solo ferito! Quantevveriddio, se torno vivo a casa giuro che lo brucio!” Qui mi viene in mente l’ammiraglio Andrea Doria, famoso per la cura che aveva delle sue costose galee, a punto da farle entrare in battaglia “con prudenza”, che poi a ripararle, peggio a costruirne delle nuove, ci vogliono tante palanche … sapete, da buon genovese …
D’altra parte anche Enea: “Armiamoci e partite!” Ma alla fine, partono solo in due. Chi guida? Enea: fai tu. Pàndaro: no guida tu, i cavalli conoscono la tua voce.
E poi i lunghi dialoghi fra gli avversari, prima di affrontarsi. Stridono con il fragore della battaglia. Come se i due contendenti si creassero uno spazio tutto loro, impermeabile alle altrui frecce e lance vaganti, della serie prima ci insultiamo e intimidiamo a vicenda e poi ci affrontiamo con le armi.
Pàndaro viene ucciso. Enea scende dal carro per difenderne il corpo. Diomede gli fracassa un ginocchio con un macigno (prima sassata, vedremo poi la seconda, di Aiace contro Ettore e la terza di Ettore contro un autista avversario). Interviene Afrodite in aiuto, Diomede la insulta e la ferisce alla mano. Afrodite si ritira. Interviene il suo collega Febo, dio anche lui, che salva Enea. Intanto si è chiarita una cosa: si possono ferire anche gli Dei. Quelli di ieri e anche quelli di oggi, i superuomini, intendo.
Altra sceneggiata. Afrodite si fa prestare il cocchio dal collega  Ares per salire in Olimpo, praticamente gli chiede un passaggio sul suo aereo. Appena arrivata, corre in braccio alla mamma, guarda mamma mi sono fatta la bua …. è stata colpa di quel monello di Diomede …. non ci gioco più con lui. La mamma la consola: “Son brevi i giorni di chi combatte con gli Dei …” … e qui torniamo ai giorni nostri. Anche questi sono brevi, se combatti contro gli dei del nostro tempo … Chi sono? fate un po’ voi … Se contro di loro perdi, puoi essere perdonato, ma se vinci, sono cavoli tuoi …
Continua la sceneggiata: Era e Atena ridicolizzano Afrodite di fronte a Zeus: guarda, s’è punta la delicata mano, la piccina! Sulla terra, intanto, Diomede assale Enea quattro volte. Febo lo difende, Ed alla quarta Febo si incazza e …. effetti speciali …  fa apparire un fantasma in tutto simile ad Enea che disorienta l’avversario. Ma non basta, lui, dio del giorno, se la piglia anche con il collega Ares, dio delle armi: dai, fa qualcosa, non vedi che quel Diomede qui (Febo aveva studiato alla Bocconi e un po’ di dialetto milanese gli era rimasto) ha ferito Afrodite e osa combattere anche me? Ah si? Ed allora io, Ares, sprono i Troiani. Mo’ so’ cavoli amari pe’ ‘sti Greci …. (Ares aveva studiato a Roma …)

Ettore

I Troiani, infatti, ne avevano bisogno di sprone. Lo stesso Ettore viene rimproverato da un alleato, che gli dice: ma a insomma, armiamoci e partite? Io sono qui, combattendo, (era sardo) e tu cosa fai nelle retrovie? Pensi? Rifletti? Ajò, bello di mamma, datti una mossa … E con Ettore riparte il contrattacco troiano, molto gagliardo.
E ci risiamo con Dante, “Quante ‘l villan ch’al poggio si riposa” … Inferno XXVI: 

Come allor che di Zefiro lo spiro / disperde per le sacre aere la pula, / mentre la bionda Cerere la scevra / del suo frutto gentil, che l buon villano / vien ventilando: lo leggier spulezzo / tutto imbianca la parte, ove del vento / lo spinge il soffiar …

Seguono scontri, ferite, duelli …. un macello … gli avversari si scontrano con la furia di leoni danteschi:

…Quai due leoni, / cui la madre sul monte entro i recessi / dell’alto speco educò, fan ruba e guasto / delle mandre, de’ greggi e delle stalle / finchè dal ferro de’ pastor raggiunti / caggion anch’essi ….

Al verso 800 circa, un grido: attenti, c’è Ares accanto ad Ettore!
Esito incerto. Sino a quando Era e Atena arrivano in aiuto dei Greci, su una “fuoriserie”: un cocchio con le ruote a raggi, fichissimo, prima, hanno chiesto al padrino (Zeus) il permesso di aiutare i Greci. E il Don ha detto sì, fate pure.
Al che le dee si confondono fra i combattenti, li rimproverano, spronano Diomede, assalgono il Dio Ares, ma non ci colgono. Diomede, invece, lo ferisce. Ares mugola di dolore e scappa in Olimpo. Si siede alla destra di dio padre Zeus e lo rimprovera per aver generato una figlia che lo ha ferito. Zeus dapprima si incazza, poi lo fa curare. Indi arrivano in Olimpo Era e Atena parcheggiano il cocchio con una rumorosa sgommata, con un agile salto escono dalla spyder (senza aprire gli sportelli, bensì scavalcandoli) e, felici per quanto hanno fatto, con l’aria furbetta di chi si guarda intorno senza darlo a vedere …
Certo che i menestrelli greci avevano una bella memoria, a ricordarsi tutti quei nomi … All’epoca tutto era tradizione orale, di cosa? Di un romanzo di fantascienza, per i non credenti?  Di un vangelo d’allora, pieno di miracoli, per i credenti che costruivano templi a quegli stessi dei? Di un poema epico come quello dei Serbi, dopo la sconfitta subita dai Turchi il 28 giugno 1389 nella Piana Campo dei Merli, vicino a Pristina, per cui si sono inventate “dodici aquile e ogni aquila aveva dodici teste ed ogni testa aveva dodici becchi ed ogni artiglio dodici spade …” 28 giugno, stesso giorno dell’attentato di Gavrilo Princip contro l’Arciduca Ferdinando …

Libro VI
Diomede e Glauco, Elena e Andromaca, ma soprattutto Ettore
Amicizia, ospitalità, famiglia, onore e disonore

Continua lo scontro articolato in singoli duelli, velocissimi, ma non tanto che il cronista non riesca descrivere le scene, le ferite e l’albero genealogico dei contendenti.
Un Troiano sconfitto propone a Diomede un ricco riscatto da parte del proprio padre, in cambio della vita. Diomede sta per accettare ma Agamennone lo rimprovera e uccide il prigioniero! A sangue freddo. Crudeltà di ieri, crudeltà di oggi. Anche Nestore ci mette un carico. “Non badiam che ad uccidere!”
Per i Troiani, ci pensa l’indovino Eleno, ad incitarli. E incita soprattutto Ettore, la cui entrata in scena capovolge l’equilibrio dello scontro. Indi Ettore viene mandato in città presso la madre, per farle fare sacrifici alla dea.

Diomede e Glauco si scambiano i doni

Nel frattempo il troiano Glauco affronta Diomede, che gli dice: Chi sei, un Dio certamente visto che osi affrontare me che sono imbattibile in battaglia! Glauco risponde: non conta il mio nome, gli uomini sono come le foglie. in autunno muoiono, in primavera rinascono. Ciò che conta è il ceppo, l’albero, la stirpe (“Come le foglie” v. in nota). Comunque gli dice chi sia. Lunghissimo racconto (mentre intorno a loro si scannano?). Diomede scopre che Glauco era stato suo amico-ospite per via di una lunga storia. Evitiamo di incontrarci, di batterci, anzi, scambiamoci le armi in segna di amicizia (tanto quelle di Diomede erano di bronzo e quelle di Glauco d’oro. Ah, timeo Danaos et dona ferentes! Temo i Greci anche quando mi portano doni!). Comunque, l’intero passo è un inno all’ospitalità.

Soldato Giuseppe Ungaretti ! .... Comandi!

Come le foglie è una poesia del poeta greco Mimnermo, che si ispira ad Omero e si sofferma sull’antitesi tra la giovinezza e la vecchiaia espressa attraverso l’immagine delle foglie che, appena nate, si stendono ai raggi del sole, ignare dell’autunno venturo. Il tema è trattato anche da Virgilio nel VI libro dell’Eneide (Qui,sparsa sulle rive, si precipitava tutta la turba, madri e uomini e corpi privati della vita di magnanimi eroi, fanciulli e nubili fanciulle e giovani posti sui roghi sotto gli occhi dei genitori: come numerose nelle selve cadono le foglie staccandosi al primo freddo dell’autunno; da Dante nella Divina Commedia “come d’autunno si levano le foglie | l’una appresso de l’altra, fin che ‘l ramo / vede a la terra …; da Giuseppe Ungaretti nella poesia “Soldati” (“Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”).

Nel frattempo Ettore incontra la madre e quindi si reca da Paride, ch trova intento a lucidare le armi e a sistemarle sugli scaffali dell’armeria, in bella vista, sotto lo sguardo di Elena. Ettore gli fa un mazzo così … vieni a combattere, fellone! Ma si, me lo stava a dì anche Elena … ed Elena … che sfiga ad avere un marito così poco valoroso. chissà cosa diranno di noi i posteri!

Ettore e Andromaca con il figlioletto Astianatte

Ettore va a salutare la moglie Andromaca. Non la trova in casa. E’ andata verso le mura. Ettore corre a la incontra con il figlioletto in braccio. Ettore sorride, la moglie piange, il bimbo si spaventa alla vista delle armi e si rintana nell’amoroso seno della mamma. Andromaca piange perché ha un marito troppo valoroso (al contrario di Elena). Ettore conosce il suo destino ma non cede al suo dovere. Paride fellone. Achille orgogliosissimo semidio, un po’ come i figli di Agnelli, Turchetti Provera, Berlusconi … un semidio, insomma, eroe secondo il metro di allora. Ettore eroe secondo la valutazione di oggi.
Ettore si avvia verso la battaglia. Incontra Paride che finalmente si è deciso a dare un mano ai combattenti, tutto acchittato: 

Come destriero, che di largo cibo / ne’ presepi pasciuto, ed a lavarsi / del fiume avvezzo alla bell’onda, alfine, / rotti i legami, per l’aperto corre, / stampando con sonante unga il terreno: / scherzan sul dosso i crini, alta s’estolle / la superba cervice, ed esultando / di sua bellezza, ai noti paschi ei vola, / ove amor d’erbe e di puledre il tira / …

Il libro VI  è “Il libro di Ettore, dell’ospitalità, della famiglia, dell’onore”

Libro VII
Ettore si batte con Aiace Telamonio
Si capisce sempre di più che Omero parteggia per Ettore
Lealtà anche fra nemici, pietas per i defunti

Passato il momento “familiare”, Ettore ritorna ad essere “solo eroe”. Eroe umano che propone che, comunque, la salma del vinto sia resa ai suoi per essere onorata. Lui, eore sì, ma di fronte ad un gigante …

Aiace Telamonio, il più alto dei Greci

Riprende lo scontro fra coppie di duellanti. I Greci sembrano avere la peggio. Ecco quindi che “si cambia il regolamento in corso di gara”: gli Dei ispirano alle due parti di accettare la proposta troiana di misurarsi in un singolo duello, un “singolar certame”. Ettore gioisce. I greci sono incerti, nessuno se la sente, nessuno si fa avanti, in questa prima fase. Sino a quando, vista la figuraccia che si potrebbe fare da parte greca, si offre Menelao. Agamennone lo frena, non conviene che tu ti esponga … lo stesso Agamennone, quello che nel canto precedente aveva ucciso a sangue freddo un prigioniero che gli stava offrendo un riscatto. Ucciso a sangue freddo. Tocca quindi a Nestore di fare un cazziatone ai Greci. Ecco che allora si offrono in nove. Troppa grazia S. Antonio! Tocca tirare a sorte, e vince Aiace Telamonio (o Talamonio? Veniva dal promontorio di Talamone?), lo “smisurato Aiace” che si avanza “qual incede il gran dio Ares”- Lo stesso Ettore si intimorisce un po’ ma non arretra. Dopo la consueta breve schermaglia verbale, iniziano i colpi, vibrati con furore

“come per fame / fieri leon, o per vigor tremendi / arruffati cinghiali, alla montagna”.

Forza degli endecasillabi! Ettore è ferito al collo e ad un ginocchio (seconda sassata, questa volta di Aiace), ma Febo interviene (il deus ex machina delle tragedie greche: quando lo sceneggiatore non sa più come cavarsela. In un film di oggi lo sfortunato eroe che sta fallendo viene fatto vincere alla lotteria) e lo rialza. Incredibilmente, da ambo le parti giunge l’invito a sospendere il duello, poiché sta sopraggiungendo la notte. Aiace dice ok, purchè sia lui a proporlo. Ettore propone. E’ fatta. Ettore, un Eroe signore, propone ad Aiace: combattevamo da nemici, lasciamoci da amici. Ti regalo la mia spada. Ed io la mia cintura. Anche questa volta come prima, quando i Greci avevano dato armi di bronzo contro armi in oro … timeo danaos et dona ferentes … temo i Greci anche quando mi portano regali … ah questi Greci, furbi mercanti!
Nestore propone che si fortifichi il campo greco.
Antenore, che si restituisca Elena (la sposa a suo tempo rapita da paride, fratello di Ettore).
Paride si oppone.
Priamo che si mandi Ideo a proporre la pace.
Diomede ed Agamennone rifiutano ma concedono tregua per recuperare ed onorare i caduti.
Come poi avviene. Tutti i caduti su due roghi.
Si costruisce fossato e muraglia attorno alle navi (qui la tempistica non quadra. Tutto in una sera? Durante il banchetto?). Linea Maginot o muraglia cinese, comunque ammirata dagli dei che però, dopo che saranno ripartite le navi (e qui sottendono che siano i Greci a vincere) si impegnano a distruggerla.
Tutti a banchettare. ma poi, la mattina dopo, come faranno a combattere, con quel cerchio alla testa dovuto al bisolfito messo nel vino?

Libro VIII – Olimpo: scontro in CDA, Consiglio di Amministrazione
Vince il Presidente Amministratore Delegato Zeus
I Troiani vincono una battaglia. ma la guerra ….?

CDA in Olimpo SpA. Zeus si impone: nessuno scenda… nessun scenda … giù, in fabbrica ad aiutare i contendenti. I troiani stanno vincendo e Zeus è d’accordo, perché vuole punire e stimolare Achille. I troiani sono in fuga, ma Omero vuole “salvare” la figura dei suoi eroi. Ora tocca a Diomede di essere salvato. Infatti è l’unico che si ferma a difendere il vecchio Nestore. Ulisse, rimproverato, se ne infischia e scappa verso le navi.
Zeus: va bene così. Nessun scenda … nessun scenda … tu pure o principessa … Atena replica. OK, non diamo loro un aiuto fisico, ma almeno una consulenza …. Niente da fare. Zeus si side in trono per osservare il macello dei Greci, nel frattempo Diomede, nel tentativo di uccidere Ettore, gli uccide l’autista. Zeus interviene con un fulmine. Nestore, che era autista part time di Diomede, fa un testa coda e, girato il cocchio, scappa (“Zeus è contro di noi!).Ettore qui incappa in una caduta di stile: infatti insulta e dileggia i fuggitivi.

Poseidon

Al che Era non ne può più. Cerca aiuto in Poseidon, cerca di formare una cordata contro il Presidente, ma Poseidon dice, chi sono io per osare tanto? Nettuno! (Voleva dire “nessuno” ma era raffreddato)!
I Troiani sono quasi giunti ad incendiare le navi. Agamennone invoca Zeus. Zeus fa intervenire l’aviazione: un’aquila che lascia cadere un cerbiatto ancora vivo presso l’ara sacrificale. I Greci si riprendono un poco. Aiace invita un arciere ad uccidere Ettore, ma questi gli uccide l’autista (e due!). Ettore si arrabbia e lo uccide con una sassata, la terza, arma poco nobile, ma tant’è….

 

L’arciere muore, ma a sua consolazione reclina il capo con una bella similitudine

come carco talor del proprio frutto
e di troppa rugiada a primavera
il papaver nell’orto il capo abbassa ..

Ettore imperversa …
qual fiero alano che,ne’ presti piedi
confidando, un cinghial da tergo assalta,
od un lione, e al suo voltarsi, attento
or le cluni gli addenta, ora la coscia …

I Troiani spingono i Greci dentro al loro campo.
Era corre da Atena. Andiamo da Zeus a protestare. Si arma e va. Zeus le vede arrivare e le fa respingere dalla sua segretaria. Alla successiva riunione del CDA le due dee sono taciturne e arrabbiate. Zeus: se non vi foste fermate vi avrei incenerito cavalli e cocchio! OK, boss, ma non può andare avanti così. i Greci, poverini … Zeus: lasciate che Ettore faccia spazientire Achille, poi ne vedremo delle belle. Silenzio.

In grembo ormai frattanto
la splendida cadea lampa del sole

… e … “il sole ridea calando dietro il Resegone” (chi lo ha scritto?) ” E  …  “I poeti si parlano” …. chi lo ha detto?

Giù dabbasso Ettore dice: che c … questi Greci .. se non fosse giunta la notte avremmo bruciato le navi. Accendete tanti fuochi, che non sin illudano di salpare e scappare. E poi tutti a cena. Offro io. Mangiamo e beviamo. I feriti a casa a curarsi. Domattina per prima cosa ucciderò Diomede.
Alè… si mangia e si beve .. come al solito, tutti i salmi finiscono in gloria.

Ed ecco i fuochi accesi dai guerrieri troiani:

Siccome quando in ciel tersa è la luna,
e tremole e vezzose a lei d’intorno
sfavillano le stelle, allor che l’aria
è senza vento, ed allo sguardo tutte
si scuprono le torri e le foreste
e le cime de’ monti: immenso e puro
l’etra si spande, gli astri tutto il volto
rivelano ridenti, e in cor ne gode
l’attonito pastor …