POST 1143 – MORTE A PRATO
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 2 Dicembre, 2013 @ 7:53 amDetto altrimenti: è scoppiata la prevista emergenza
Morti e feriti in una fabbrichetta in nero a Prato. Pare che siano schiavi cinesi, che lavoravano e dormivano in fabbrica, anzi, in prigione perché le finestre erano sprangate! Ah, be’ … se sono cinesi … Alcuni commentano così. Molti invece si chiedono se sia accettabile ignorare, tollerare, accettare, anzi ricercare una situazione generalizzata a conoscenza di tutti ma tollerata perché – tutto sommato – dà lavoro. Ed allora … ce la caviamo con una giornata di lutto nazionale.
Ma se si intervenisse con un’azione a tappeto, che succederebbe? Succederebbe che tanti cinesi, tanti pakistani ed anche tanti italiani (!) perderebbero il lavoro. E allora … vabbè … se le cose stanno così … Vogliamo ragionare così? No, non possiamo ragionare così!
Questa tragedia mi ricorda l’approccio dello Stato verso il fenomeno della prostituzione, quando furono chiuse le case chiuse. Io sono del 1944 e sia per educazione familiare sia per oggettivi “limiti†di età non ebbi occasione di conoscere quelle “struttureâ€. Non che io sia favorevole alla loro riapertura, ma la loro chiusura tout court mi pare che sia stato un atto di ipocrisia politica: quell’antico mestiere, infatti, ha continuato ad essere esercitato, con l’aggravante delle minori garanzie sanitarie e della minore possibilità di controlli sulla dimensione del fenomeno quanto ad aspetti sociali e fiscali. Le “ragazze†infatti sono schiave abbandonate a loro stesse e ai loro protettori. E non pagano tasse.
Così a Prato, i lavoratori segregati da sbarre alle finestre, da orari impossibili, da retribuzioni in nero, da assenza di qualsiasi aspetto assistenziale, previdenziali e sulla sicurezza sul lavoro. Abbandonati a loro stessi.
 “E lo Stato che fa? Si costerna, s’indigna, s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità …†(firmato Fabrizio De Andrè).