FRA IMBECILLI CHE VOGLIONO CAMBIARE TUTTO E MASCALZONI CHE NON VOGLIONO CAMBIARE NULLA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Aprile, 2013 @ 7:59 am

Detto altrimenti: una frase … non è mia, l’ho sentita alla radio … però … mica male … ecco, vedete, ci sono cascato anch’io … in questo momento mi sento un po’ Padre Zapata, il quale …. (completate voi la frase!)

Infatti sto riflettendo: sono frasi ad effetto che attirano l’attenzione, il che è un buon inizio; fanno sorridere, il che è cosa buona; fanno riflettere, il che è cosa ottima. Tuttavia mi permetto di sottoporre all’attenzione delle lettrici e di lettori una riflessione: forse è giunto il momento di smettere …

1. di usare frasi e termini ad effetto del tipo: inciucio, golpettino, siete assediati, meno male che Tizio c’è, etc.;
2. di assumere comportamenti ad effetto, quali ammiccamenti, atteggiamenti di supponenza, di superiorità, paternalismi, etc.;
3. di rispondere ad una domanda con una domanda, come dicono facessero i Gesuiti (domanda ad un Gesuita: “Padre, è vero che i Gesuiti ad una domanda rispondono con un’altra domanda?” Risposta: “Chi te lo ha detto”?)
4. di non rispondere con precisione a domande precise.

Non rispondere alle domande … non ci avevo mai pensato … ma una volta, quale responsabile di una sua Spa, stavo riferendo ad un Consiglio Comunale, forte del fatto mio, del mio operato e dei miei risultati. Mi fecero una serie di domande. Una di queste, che formalmente avrebbe potuto apparire una critica al mio operato, mi avrebbe portato invece a far emergere l’inefficienza dell’azionista (cioè della maggioranza al governo del Comune). Un assessore seduto al mio fianco mi sussurrò: “A questa domanda non rispondere”. Io restai “basito”, risposi a tutte le domande tranne che a quella. Mi stavo aspettando una protesta da parte dell’interpellante. E invece non accadde nulla.

Don Lorenzo Milani

Ecco … e invece occorre formulare domande precise, esigere risposte precise, riformulare, se del caso, domande successive a fronte di risposte successive. Con precisione, specificità, chiamando le cose con il loro nome (le parole sono pietre, firmato Don Milani). Senza divagare, senza distrarsi, senza accontentarsi, senza pasticci logici (del tipo: “Il bilancio è da approvare! No, oggi piove, quindi è da bocciare!”)

Chiamare le cose con il loro nome: ad esempio: gli sprechi di denaro delle tesorerie di partiti sono furti di denaro pubblico; le fondazioni create ed utitilizzate dalle citate segreterie sono strumento di “sottrazione ad ogni controllo” del denaro pubblico; i benefit dei parlamentari sono inaccettabili e insostenibili privilegi medievali; il non aver fatto le riforme pur avendo la maggioranza è malafede; i diversi calcoli del numero di esodati e cassintegrati sono errori imperdonabili; la maggioranza è tale rispetto a quale base? Degli Italiani? Dei votanti? Degli iscritti ad un partito, ad un MoVimento? Dei partecipanti ad una consultazione web?

E non accettiamo che il contenuto di una risposta sia trasformato in un “contenuto di atteggiamento”.

Precisione, serietà, onestà intelletuale. Proviamoci un po’ … hai visto mai … dicheno a Roma …