IL COMUNE DI TRENTO E LA CULTURA TRENTINA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Aprile, 2013 @ 6:58 amDetto altrimenti: nella splendida sala di rappresentanza di Palazzo Geremia. A Trento, …
… ospiti del Sindaco di Trento Alessandro Andreatta, assistiamo alla presentazione del libro “Il dialetto informa 2 – Una cavalcata storico – linguistica dentro il diletto trentinoâ€, di Renzo Francescotti (ed. Curcu & Genovese).
La sala era quasi piena, un successo di ‘sti tempi nei quali pare che la cultura non paghi …
Che a sriverne sia io, un “talian da Genova†può sembrare strano, io di cui i miei amici della Busa (l’Altogarda Trentino) con cui regato, dicono: “Lucatti l’è vegnù su con l’ Ora e non sem stadi pù boni de mandarlo a so casa …â€. Ma tant’è … mio babbo è stato carabiniere a Bolzano (dove ha conosciuto mamma), Palù di S. Orsola, Vermiglio e Maresciallo Maggiore a Cles, mia mamma a Bolzano era l’insegnante del compianto On. Berloffa, ed io, “da grandeâ€, prima di arrivare lavorare a Trento chiamato da tale Bruno Kessler, da buon genovese andavo in vacanza in Val di Non … e dove, sennò?
Ma veniamo all’evento. Si tratta del “volume secondo†(il primo è del 2011), con prefazione dello stesso Sindaco Andreatta e illustrazioni della poetessa-pittrice (anzi, della pittrice – poetessa) Anita Anibaldi. Anita, mia collega accademica nel circolo culturale privato l’Accademia delle Muse … come avrei potuto mancare all’appuntamento?
Ci introduce all’opera Alessandro Franceschini, secondo cui …… si tratta di pennellate monografiche, quasi stile Van Gogh dico io , che ci riportano con i piedi “per terraâ€, anzi, sulla Terra Trentina, a dispetto della memoria evanescente di internet. Quasi una mappa, un percorso guidato, per dipanare la matassa delle origini, di chi vuole “considerare la propria semenzaâ€, cioè la propria origine perché “fatto non fu a viver come bruto, ma per seguir virtute e conoscenzaâ€. Ce lo dice Dante, che parlava e scriveva in dialetto, come ci fa notare l’Autore. Un dialetto che è poi diventato lingua solo per la grande estensione che si conquistò sul territorio.
Riprende Franceschini: dialetto è lingua. E l’Autore insiste: lingua ricchissima di parole concrete, di mille modi di dire laddove la “lingua†ufficiale ne ha una sola. E’ solo sul piano delle parole tecniche, astratte, dei neologismi che il dialetto ha meno termini della lingua, per quanto … lo stesso Silvano Grisenti ebbe a coniarne uno, di neologismo, quando avvisò che la “magnadora†era terminata! Dialetto che, nel caso specifico, rappresenta il trait d’union fra scrittore e lettore, di entrambi i quali svela i sentimenti più profondi dell’animo e dell’anima.
Confesso. Io non mi ero preparato. Non conoscevo il volume precedente. Scorrendo velocemente i due lavori ho avuto la sensazione di ritrovarmi di fronte ai libri ci Cetto, sui funghi: una serie continua di immagini varie, colorate, spontanee, ognuna delle quali descritta con il nome “volgare†(in dialetto) e con quello scientifico (in lingua) ma sicuramente meno bello. Commestibilità e veleno, quasi contrapposti. E la stessa contrapposizione di opposti sentimenti Franceschini la coglie nel lavoro di Francescotti: commedia e tragedia, dolcezza e forze; serio e faceto. Monotonia mai. nelle parole e nei contenuti, parole e contenuti che descrivono un mondo che – altrove – la globalizzazione rischia di far scomparire, ma che in Trentino, anche grazie all’Autore, diventa sempre più “desiderato e quindi vissutoâ€.
Francescotti professore. Francescotti scrittore. ha iniziato a testimoniare la resistenza partigiana e di chi ha voluto e saputo “resistere†al ghiaccio della ritirata di Russia. E anche in questo caso egli “resiste e fa resistere†su una nuova linea – non del Piave ma dell’Adige – affinchè nulla del passato vada perso, dimenticato.
La presentazione dell’opera è intervallata dalla lettura di tre capitoletti. L’aquila, il cuculo, il denaro. A quest’ultimo riguardo emerge il Francescotti “socialeâ€, l’anti casta degli stra-pagati (politici, banchieri, manager, etc.), proiettato non solo verso il linguaggio comune della gente comune, ma anche verso il bene comune, di tutti cioè e non di pochi.
Prende la parola Alessandro, così lo chiama l’autore, il Sindaco Alessandro Andreatta, e ci racconta delle sue origini, del fatto che il dialetto fosse quasi “temuto†dai suoi genitori che con i figli parlavano in lingua perché così a scuola … per poi farci riflettere sul ruolo “futuro†del dialetto, non solo “passato†di conservazione della memoria. Ruolo “futuro†nel senso di contribuire a mantenere vive le “qualità trentine†(contro l’appiattimento della globalizzazione, contro la lontananza della politica dalla gente e della gente dalla politica, n.d.r.).
Chiude la presentazione un lungo intervento dello stesso Autore che non sa cedere alla rievocazione della funzione educatrice del suo “antico mestiere antico†di insegnante. Già , perché – osservo io – il suo lavoro che ci viene presentato ha sempre anche una forte valenza educativa. Francescotti ci dice di conoscere immigrati che hanno imparato … il dialetto (io stesso … dal mio gommista in Via Einaudi, Pneus … ah già , che non si può fare pubblcità , la stavo facendo grossa! … Posso testimoniare che il mio gommista pakistano parla un ottimo dialetto trentino!) e si augura che mai a Napoli, Roma, Venezia, Trento etc. vengano meno i rispettivi dialetti.
Io stesso … consentitemi un riferimento personale: madre siciliana, padre toscano, conosciutisi a Bolzano, nato e cresciuto a Genova, “lavorato†a Genova, Torino, Milano, Palermo, Roma, Trento (solo per citare i maggiori capoluoghi), io stesso mi sento ricco per avere approcciato molti dialetti, oltre ai “dialetti†latino e greco del liceo e le numerose lingue estere studiate e/o utilizzate. Ricco, sì, per il piacere che mi dà l’esser desideroso di capirli, di usarli, dialetti e lingue, sia pure maldestramente, com’è normale che sia per un “generalista dei dialetti e degli idiomi stranieriâ€. Ma intant …me fago capir .. salo sior?!
Una chicca finale di Francescotti alla domanda sull’origine romana o meno del nome Trento: forse da Tridentum? Nossignore, spiega l’Autore: i Romani giunsero a Trento nel 44 a. C. e la città esisteva già da alcuni secoli. La sua origine? Gallica, galiziana. I galli celtici, infatti furono ovunque in Europa, e lasciarono traccia del loro nome. ce lo testimoniano la Galizia (Spagna); la Galizia russo-polacca; il Galles; la Galazia (Turchia). E in tutte queste “galizie†troviamo toponimi “Trent†ad indicare località di confluenza di tre fiumi: La (o il? Confesso, non lo so!) Vela, l’Adige e “la Fersenaâ€. Tre, appunto … Trent!
Chiudo con una mia poesiola al Trentino, anzi, alla val di Non. Non … non in dialetto (una volta ne scrissi una in dialetto, la feci leggere all’Andrea Castelli che commentò così: “Errori non ce ne sono, ma si capisce che sei un talianâ€. Perdonerete. Eccola, quella in lingua, ovviamente!
ANAUNIA
T’adorna corona di monti
tu stessa diadema regale
a smeraldi lacustri
di verde.
Ti apri allo sguardo
che insegue i gonfi altipiani
ondeggianti
qual giovane petto al respiro
plasmati da un vento
che scala le cime
e si perde.
La mente che t’ama
curiosa
più attenta ti scruta
e profonda
ov’acque percorron segrete
le nobili rughe
che segnan l’altero tuo viso
d’ antico lignaggio
e indagan
leggendo il passato
il tuo storico viaggio.
Risuonan le selve
di ferri e armature
latine
che scuotono i passi
per le aspre montane
tratture.
Tu, ramnus, romano,
tu, uomo del fiume
pagano
ora un altro è il dio che tu onori,
ma l’acqua è la stessa che bevi
del cervo
sacrifica preda
di principi vescovi
e di senatori.
E senti vibrare le note
di orda cruenta
le grida di donna
che arman lo sposo
a difender le messi
il figlio che piange
furor di Tirolo
equestre rimbombo
sul suolo
operoso
che viene a predare
ma inerme
di fronte ai castelli
s’infrange.
Munifica Rocca di luce
saluto lo Spazio
che scende
dal Tempio maestoso del Brenta
e dopo che t’ha generato
dall’alto di crine boscoso
cascata di pietra
a sponda atesina conduce.