LETTERA APERTA AL PRESIDENTE GIORGIO NAPOLITANO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 24 Marzo, 2013 @ 2:10 pm

Detto altrimenti: Presidente, “non potresti andartene senza lasciarci?”

“Non potresti andartene senza lasciarci?” Questa splendida frase scrissero sul loro biglietto di saluto a mia figlia Valentina le sue compagne di classe, quando 25 anni fa ci trasferimmo da Monza a Trento.

Questa frase mi è rimasta sempre impressa e mi torna alla mente più che mai ora, che ho appena finito di ascoltare il Tuo discorso a S. Anna di Stazzena (Lucca), dove Ti sei recato insieme al Presidente della Repubblica Federale Tedesca Joachim Gaugh, per commemorare l’eccidio di 560 donne, vecchi e bambini, perpetrato il 12 agosto 1944 in quel paesello da tre reparti delle SS. Io avevo sei mesi, essendo nato il 3 febbraio di quell’anno e quindi sono quindi quasi coevo alla strage.

 

L’anniversario “pieno” dell’eccidio, 70 anni, sarebbe ricorso l’anno prossimo, ma Gaugh ha voluto commemoralo con Te, con Te per il quale questa commemorazione è stata, come da Tua ammissione, l’ultimo Tuo atto “pubblico” prima della fine del Tuo mandato. E il minimo che io, nel mio veramente piccolo piccolo mondo potevo fare, era dedicarTi un post.

Italiani da non identificarsi con il fascismo. Tedeschi da non identificarsi con il nazismo. Questo – fra le altre cose – ci hai ricordato ed hai sottolineato. Questo, e la generosa rappacificazione di popoli che hanno portato Italia e Germania ad essere comuni costruttori di una ”prima” Europa (il termine “prima” l’ho aggiunto io. Comunque in tedesco il vocabolo “prima” significa “molto bene”. Speriamo …).

Speriamo … come ci invita a fare Papa Francesco. E il Tuo esempio, le Tue parole ci danno speranza. Speranza che alle grida ed agli insulti  di pochi e di molti “alle” e “dalle” molte piazze fisiche o web, si sostituisca il ragionevole confronto anche di opinioni diverse, per una riconciliazione che non prescinda dalla valutazione e dal giudizio di ciò che di bene o di male sia stato fatto, ma che , rimossi pregiudizi e posizioni assolutistiche, faccia sempre di più dell’Italia una Res Publica, una casa di tutti, entro al quale tutti sappiano vivere e convivere. Una casa, l’Italia,  entro la quale la prima cosa da fare non sia il negarsi al pacato dialogo, al confronto,  alla condivisione, bensì il concedersi alla “communis actio”, cioè all’azione comune cioè alla comunicazione per la ricerca del “bene comune”,  quindi del bene comune a tutti e non solo ad alcuni.

Certo che – lasciamelo dire – hai “scelto” proprio il momento peggiore per andartene, proprio ora che massimamente avremmo bisogno di Te. Per questo mi permetto di dirTi; “Caro Presidente, non c’è un modo per cui tu possa finire il Tuo mandato senza lasciarci?”