… CHE LIBIDO FE’ LICITA IN SUA LEGGE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 11 Dicembre, 2012 @ 7:52 am

Detto altrimenti: moralità, immoralità, amoralità. Ovvero “della incandidabilità”. Oggi scrivo a ruota libera … dai … quelli troppo bravi, troppo misurati, troppo controllati … sai cheppallle!

La “legge” morale è insita nell’uomo da sempre. Qualcuno ce l’ha messa. Il re Hammurabi se ne era accorto e aveva stabilito “Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te. Fai agli altri ciò che vuoi sia fatto a te”. Vi ricorda niente questa regoletta? L’uomo l’ha “scoperta” come esistente ed ha cercato di applicarla e farla applicare. L’uomo ha capito “come” funziona la legge morale. Solo chi ha fede ha capito “perché” questa legge funziona così.

Anche le “leggi” della fisica esistono da sempre “dassè” (toscanismo: per conto loro, da loro stesse, autonomamente). L’uomo (la scienza) si è limitato a scoprirle, a capire “come” funzionano. A capire che se abbandoni un oggetto dalla cima della Torre di Pisa, l’oggetto cade verso il basso e non verso l’alto (l’hanno chiamata “forza di gravità”). Nessuno, nemmeno i più famosi scienziati, ha capito “perché” un oggetto cade verso il basso e non verso l’alto. A meno di avere fede. I want to know God’s though. The rest are details. Voglio capire il pensiero di Dio. Il resto sono dettagli, diceva tale Einstein.

Tutti cerchiamo di capire “come” vogliamo vivere. Solo pochi “per cosa” vivere, cioè “perché” viviamo. Perché, per che, per che cosa, per cosa, a qual fine vivere. Don Marcello Farina dice: viviamo per donare  e quindi, aggiungo io,  quanto meno per non rubare.

“Innanzi tutto devi essere onesto. E poi devi anche apparire onesto”. Nemmeno un filo d’erba (sic) devi toccare, se è di un’altra persona!”. Così mi insegnava mia mamma. E oggi cosa avviene? Vediamo insieme le diverse ipotesi:

 Moralità

Tizio non ruba perché sa che ciò è male

 Immoralità

Tizio non ruba perché teme di essere scoperto
Tizio ruba sapendo che ciò che fa è male

Amoralità

Tizio non ruba perché
• non ne ha l’occasione.
• è certo di essere scoperto.
Tizio ruba perchè
• ne ha l’occasione (la quale, come si sa, “fa l’uomo ladro”)
• potendo, sarebbe sciocco non approfittarne
• così si vive meglio
• così fan tutti
• chi ci riesce viene ammirato
• tanto se non lo faccio io lo fanno gli altri
• che male c’è?
• tanto, se “rubo poco”, posso sempre essere candidato ed eventualmente eletto al Parlamento.

Ecco, l’onestà “misurata”. Fino a qui, puoi arrivare. Dopo scatta la “disonestà”. L’immoralità “a peso” è diventata amoralità. Quanta ne vuole? E’ un po’ più di due anni (di carcere), lascio? No, per favore, non oltre i due anni, grazie (ecco, questa,  a mio avviso, è amoralità! N.d.r.)

Pensieri in libertà, la mattina presto. Il “dosaggio” dell’onestà mi richiama alla mente quando da ragazzini sentivi un tuo compagno dire “Ho studiato da sei”. Ma allora avevamo sette anni o giù di lì … allora, erano gli anni ’50, quando si fumava nei locali pubblici ed tu, bambino, ne uscivi con un mal di testa e di stomaco feroce (inizio di avvelenamento da fumo passivo); quando c’erano aperte le case chiuse ma tu non hai fatto in tempo; quando nei cinema parrocchiali s’applaudiva all’arrivo dei “nostri”, dei “buoni” (cavalleria USA) che sciabolavano i “cattivi” (gli indiani che cercavano di difendere i loro pascoli a la loro cultura dall’avanzare della “civiltà”); quando se ti toccavi ti veniva “il male della pietra” e andavi all’inferno; quando “quelli sono ricchi: hanno la macchina”; etc.

Ma oggi, via, siamo progrediti, moralmente come finanziariamente: eravamo sull’orlo del baratro ma possiamo dire di … aver fatto un passo avanti! Tutto sta a vedere in quale direzione!

Allora, ricapitoliamo: se sei onesto fino a due anni di carcere, puoi essere candidato ed eletto (anzi: nominato dal tuo capo partito) al Parlamento. Anzi, sapete cosa vi dico? In tempi difficili, in tempo di guerra, dicevano che non è un vero soldato, un vero uomo, chi non si fosse beccato almeno una pallottola, una ferita, non necessariamente grave, ma che almeno avesse provato di sapere superar quel momento. Per lo stesso principio, negli USA, un manager che avesse superato un fallimento proprio, cioè una “pausa di riflessione” nella sua carriera, veniva maggiormente valutato, come manager che sa superare grandi difficoltà. Ed allora, questa regoletta della incandidabilità (rectius, della innominabilità), rovesciamola, aggiorniamola. Suonerebbe così: “Può essere candidato al Parlamento (ops …, scusate, può essere nominato dal suo capo partito) solo chi abbia riportato almeno una condanna passata in giudicato comportante una pena non inferiore ad un anno e non superiore a due”.

E chi non ha questi requisiti? Resta “Innominato”, come quello del Manzoni. Vedete bene che poi alla fin fine non avremmo inventato nulla … l’aveva capito già quel nostro Don Lisander … si, l’autore di quel romanzetto ove di parla di promessi sposi …

Ed allora, ci voleva tanto, mi domando?