INCONTRI – 20) DON MARCELLO FARINA
pubblicato da: Riccardo Lucatti - 6 Dicembre, 2012 @ 12:43 pmRipresa del 11.12.2016. Il 6 dicembre 2012, giorno del mio primo compleanno di blogger, pubblicai il post-intervista qui sotto. Domani 12 dicembre 2016 viene presentato il libro-intervista di Piegiorgio Cattani su Marcello Farina: “Il pane di Farina. Conversazioni al tramonto di un mondo”. Appuntamento al Vigilianum, Via Endrici, 14 ad ore 17,30.
Detto altrimenti: ecco il mio Celebration Day Post, quello su un un Uomo, un Filosofo, un Sacerdote, un Amico. Per tutti, di tutti. Il  Celebration Day Post a chiusura del mio primo anno di blogger (385 post dal 6 dicembre 2011 al 5 dicembre 2012), più significativo di così non avrebbe potuto essere. E non certo per merito mio, bensì grazie alla disponibilità di un simile intervistato.
Anteprima
In Trentino (e non solo) chi non conosce Don Farina, anzi, Don Marcello, anzi, per molti amici, semplicemente Marcello? Scrivere di lui è difficile. Infatti non è semplice riuscire a “rappresentarlo†al lettore attraverso qualche domanda, lui che si è da sempre aperto con tutti, lui di cui tutti conoscono le qualità innanzi tutto umane … e poi la cultura e la Fede, quella con la “R†maiuscola, si, alla voce “R†del vocabolario: “Ricerca continua della – â€.
Ciò che maggiormente sorprende in Don Marcello è la semplicità , intesa nel senso della essenzialità , immediatezza, naturalezza, profondità e significatività dei contenuti, nel senso del suo interpretarsi come persona normale, lui che tale non è quanto a conoscenza e coscienza ma soprattutto quanto a disponibilità all’ascolto degli Altri ed ai regali (di conoscenza e coscienza, appunto!) che si ricevono semplicemente ascoltandolo parlare o leggendo i suoi libri.
Don Marcello vive a Trento, dove tutte le mattine celebra la S. Messa alle sette presso una Casa di Suore e il sabato sera in quel di Canova di Gardolo. Appena può, “sale†al paese natìo, la sua Balbido, nelle Giudicarie esteriori, il “Paese dipinto†per via dei bei murales che lo adornano. Sulla porta di casa uno scritto: “Le parole sono pietreâ€, firmato Don Milani. A Balbido celebra la S. Messa la mattina di ogni domenica, nella bella chiesetta di S. Giustina.
E quando ti somministra l’Eucarestia, ti chiama per nome: “Il Corpo di Cristo, per te, Riccardoâ€.
Ma cominciamo
Marcello, questo mio blog fa parte di www.tentoblog.it ed è quindi naturale pensare che la maggior parte dei suoi lettori siano Trentini. Tuttavia desidero farti qualche domanda di introduzione, per aiutare i non-Trentini a comprendere meglio questa intervista. Che studi hai fatto e come è nata in te la vocazione al Sacerdozio? Quali sono state le tappe principali della tua vita sacerdotale?
Le tappe principali della mia vita sono semplici: dopo aver fatto le scuole elementari al mio paese d’origine – la mia mamma era maestra – a undici anni sono entrato in seminario dal quale sono uscito prete tredici anni dopo. Quindi sono stato cappellano ad Arco per due anni, quindi cappellano nel Duomo di Trento per quattro anni. Sono poi stato catechista presso la Scuola media “Bresadola†e infine ho insegnato Storia e Filosofia nei due Licei Scientifici Galilei e Da Vinci, a Trento. Ho sempre conservato il rapporto con il mio paese natìo ed inoltre cerco di aiutare qualche comunità parrocchiale della città che chiede un mio apporto. Faccio questo molto volentieri.
Posso dire che a me appari come un sacerdote mazziniano? Pensiero ed azione, intendo. Pensiero, come studio e elaborazione dei concetti. Azione nel senso di azione d’ascolto (“prima ascolta il vicino, poi parla a tutti†hai scritto in “A rinascere si imparaâ€), e quindi comunicazione (communis actio), condivisione e confronto del tuo pensiero con quello di chi ti sta vicino. E soprattutto azione coerente col pensiero, il che dovrebbe essere d’esempio per molti, in particolar modo di questi tempi.
Prete mazziniano … questa immagine mi piace nel senso che le tue parole esprimono in qualche modo la mia sensibiità : infatti a mio avviso non basta parlare, occorre anche mettersi a disposizione, incontrare le persone e l’azione che maggiormente mi si richiede è soprattutto l’ascolto più che non la soluzione di problemi reali. Ciò mi si addice per via della sensibilità che mi appartiene ed è anche quello che mi si richiede da parte di tante persone.
Taluno afferma che la Religione sia lo strumento per l’affermazione della Morale
Questa interpretazione è riduttiva della Religione. La Religione è molto, molto di più: è la Creazione e soprattutto è la Resurrezione, quale dono immenso, gratuito e meraviglioso di Dio a tutti noi. E Creazione e Resurrezione non hanno nulla di Morale o a che fare con la Morale. Certamente uno dei grandi problemi che pone seri interrogativi è oggi quello del rapporto fra la religione e la morale. Di solito la storia del pensiero ci pone davanti agli occhi questo problema, per dirci che c’è una sorta di dipendenza reciproca, nel senso che la religione ha bisogno di una morale e qualche volta capita di affermare l’inverso e cioè che una morale ha bisogno di una religione per potere essere efficace. In realtà se si parla del Cristianesimo, occorre essere un po’ più attenti nel senso che Gesù ci invita al superamento della religione, nel senso che per Gesù Cristianesimo non “è una morale” ma “ha una morale”, cioè ha una forza nuova che consiste nella testimonianza che la Sua vita è stata una vita donata. In altre parole: elemento costitutivo del Cristianesimo è che la vita vale la pena di essere donata.
Ma la Religione ci ha dato le regole della Morale
No, esse sono una sedimentazione storica insita nella natura dell’uomo sin dalle Leggi di Hammurabi, che fra l’altro, ben prima della venuta di Cristo, recitavano “Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te stesso e fai agli altri ciò che vuoi sia fatto a te stessoâ€. La Religione e soprattutto quella cattolica e soprattutto Cristo con la sua vita, ci hanno dato il miglior esempio di una “vita per gli altriâ€. Hanno cioè rafforzato ciò che il Creatore aveva già infuso nella natura umana. Occorre ribadire questa sensibilità : la morale nasce con l’uomo, così come la religione. Noi abbiamo tracce serie di una morale umana fin da Hammurabi. La regola aurea che attraversa tutta la storia dell’umanità è profondamente laica, non ha bisogno di una religione a supporto. In questo senso la morale appartiene costitutivamente all’essere umano senza bisogno di agganciarsi ad una religione
Morale e diritto, abbiamo discusso su come la pensava il Filosofo del Diritto Austriaco Hans Kelsen, che vedeva separati i due ambiti. Io ti chiedo: Politica e Morale: quale deve essere il loro rapporto reciproco?
E’ una grande domanda, e la risposta è semplice: morale e diritto sono autonome, ma devono interpellarsi reciprocamente, devono chiedersi reciprocamente quali siano le ragioni costitutive della responsabilità che un politico porta con se’. La morale può dire qualcosa a colui che accetta la responsabilità di servire il popolo ma viceversa la politica – intesa come azione di servizio – può in qualche modo esistere senza chiedere anche alla morale con quale atteggiamento sia possibile adempiere ad una azione che dovrebbe essere “missione di servizioâ€.
Stiamo vivendo una “terza guerra mondiale†fatta a colpi globalizzazione, di spread e disoccupazione. Non pensi che la dottrina sociale della Chiesa, la quale afferma che anche la ricchezza privata deve essere messa a frutto del bene comune, sia un po’ trascurata da chi cattolico si dichiara?
Tu parli di “guerra mondiale†… è un’immagine forte nel senso che dietro di essa non cè alcun campo di battaglia convenzionale, almeno dal punto di vista della sua evocazione. Tuttavia hai ragione, in realtà si combatte oggi una terza guerra mondiale però ad un livello diverso, quello della giustizia, dei diritti delle donne e degli uomini, contro una povertà diffusa, contro una ingiustizia resa addirittura struttura stessa della società contemporanea. E bene si può paragonare ciò ad una guerra là dove il rapporto fra mondi ricchi e mondi poveri assume caratteristiche che a tutt’oggi sono spaventose. Anche qui si pone il problema antropologico di quale dignità sia riservata alle donne ed agli uomini del nostro tempo. Come si può essere insensibili a questa domanda?
Quanto alla politica, una volta sentii un famoso gesuita (Padre Sorge) affermare che la prima qualità che un politico cattolico deve avere è la condivisione. Concordi?
Certamente la parola “condivisione†è fondamentale nella visione cristiana della vita. Si potrebbe aggiungere anche un’altra parola ulteriormente significativa che è “solidarietà “. Però io penso che la parola chiave – stando a quello che capita all’evoluzione politica del mondo economico e sociale – sia il “bene comuneâ€, a me piace di più. Un autentico politico (quindi anche cristiano) deve operare a che dal basso nasca eguaglianza e giustizia. Quindi va bene condivisione come punto di riferimento comune per una azione comune nello sforzo di dare alla gente giustizia, solidarietà e pace.
La Chiesa non fa politica ma ha una sua dottrina sociale. Al riguardo, in un periodo di palese svalutazione di valori quali l’onestà , il senso del dovere e della responsabilità il senso del servizio verso l’altro, il senso della Politica†con la “P†maiuscola, di una sbilanciata distribuzione delle risorse e delle ricchezze, una Enciclica ad hoc … non ci starebbe bene?
Mi dispiace contraddirti ma la Chiesa purtroppo talvolta fa anche politica. Non voglio essere un provocatore ma anche di questi tempi qualche volta ci si trova di fronte a qualche presa di posizione che ha tutto il sapore della politica, ad esempio da parte della CEI, Conferenza Episcopale Italiana. Questo fatto dovrebbe essere ripensato all’interno della stessa comunità . In astratto talvolta i Vescovi affermano che la politica deve essere fatta dai laici, ma capita – talvolta – che essi predichino bene ma razzolino male. Mi permetto di dirlo con grande sincerità . Un altro problema che tu sollevi, ed è molto importante … certo, la Chiesa ha una sua dottrina sociale. Ciò che a me preme sottolineare è che vanno apprezzati i tentativi che la comunità cristiana fa in questa direzione (quasi sempre il Papa, raramente i Vescovi), ma questa dottrina sociale dovrebbe essere sempre interpretata come un tentativo di affrontare la questione sociale, un tentativo quindi, non una “dottrina assolutaâ€, non una “parola definitivaâ€. In questo campo infatti niente è assoluto, tutto è relativo. E’ bene che il Papa si interessi di dottrina sociale ma qualche volta dovrebbe avere la disponibilità di offrire il suo apporto come un dibattito alla comunità più che come “dottrinaâ€. In questo senso la stessa dottrina sociale della Chiesa, se la si guarda nel suo complesso, dice tutto e il contrario di tutto. Cioè, essa va colta con grande discrezione.
Veniamo alle vocazioni, anzi alla carenza di vocazioni. Come faremo in un futuro ormai non tanto lontano, senza i nostri Don Marcello, Padre Franco (Pavesi, Parroco Verbita di Varone) , etc. a nostro conforto e guida spirituale?
Quello della mancanza delle vocazioni è un grande problema. Noi preti siamo una “razza in via di estinzione”. Occorre porre una domanda alla Chiesa: è possibile continuare ad avere una figura di prete come quella che ci è stata messa davanti da un millennio a questa parte? A mio avviso è urgente un’altra figura di prete. Il prete sposato e – alla lunga – interpretando quello che sta succedendo – perchè no? – il prete donna. Ostacoli dottrinali e dalla scrittura non esistono, esistono convenienze storiche o prese di posizione. Il tema di fondo è: si può privare dell’Eucarestia la comunità soltanto perchè mancano i preti ordinati? La domanda è grave: una comunità cristiana senza Eucarestia non esiste costitutivamente. Quindi perchè accanirsi a che solo i preti celibi possano celebrare l’Eucarestia?
Io credo che persone che si dichiarano non credenti, come Erri De Luca e Corrado Augias, siano invece veri ricercatori della Fede … “a loro insaputaâ€! E’ una mia illusione o può essere vero? Il Regno dei Cieli, è aperto anche per loro?
Conosco abbastanza bene gli scritti di Erri De Luca e mi piacciono moltissimo. Non altrettanto apprezzo quelli di Augias, ma questa è una questione anche di sensibilità . Il fatto interessante è che “ a loro modo†(tu dici “a loro insaputaâ€) – a loro modo sono entrambi sollecitatori dei credenti sul significato che la fede dei credenti può effettivamente esprimere e in questo senso siano i  benvenuti. Infatti essi in questo mondo così dispersivo hanno un ruolo fondamentale nel richiamare coloro che credono in Gesù ad una più autentica espressione della propria fede.
Parliamo di un libro, quello di Giovanni Straffelini “L’anima e i confini dell’umanoâ€, libro che tu stesso hai recentemente presentato a Riva del Garda. A mio avviso esso è anche una dimostrazione scientifica dell’esistenza di Dio, se non altro per il solo fatto che la scienza non è riuscita a dimostrare scientificamente che Dio non esiste. Infatti, la scienza “scopre†la forza di gravità , come essa agisce. Ma non sa spiegare perché essa agisce, e in quel modo. D’altra parte un certo Einstein, che come scienziato non era malaccio, affermava: “Voglio conoscere il pensiero di Dio. Il resto sono dettagliâ€.
Quello del rapporto fra scienza e fede è uno dei più grandi dibattici che esistono oggi non solo a livello teorico ma anche a livello pratico. Recentemente il dibattito si è arricchito oltre misura sia dal punto di vista della letteratura cosiddetta atea, che nega l’esistenza di Dio (che si è moltiplicata in questi ultimi anni), sia dal punto di vista di coloro che dal lato della scienza affermano con molta discrezione che essa non può dimostrare né l’esistenza né la non esistenza di Dio, e quindi lasciano una porta aperta ai “cercatori di Dio†i quali, avendo cura del discorso scientifico, lo vogliono arricchire anche con una esperienza di fede, il che permette loro in qualche modo di apportare un contributo di apertura alla ricerca come tale. Il libro del nostro comune amico Giovanni tenta proprio questa strada, non rinuncia a percorrere il terreno del confronto. Questo è il dato più importante. Nello stesso tempo Giovanni mette anche la scienza di fronte alle domande fondamentali e continua a pungolarla perchè essa vada sino in fondo nella ricerca della Verità , per quello che è possibile
Taluno afferma che il sacerdote debba occuparsi solo delle “cose dell’animaâ€. Mi pare tuttavia che alcuni sacerdoti si siano occupati anche di “cose della vitaâ€: Don Milani, Don Guetti, Don Grazioli, Don Gallo, Don Farina …
Cosa vuol dire “cose dell’anima� Me lo chiedo spesso. Esiste forse un’anima senza corpo? Abbiamo mai incontrato un’anima distinta dal corpo? Non esiste. Quindi dobbiamo sempre tener conto dell’uomo intero, dell’uomo della terra, come dice Don Lorenzo Guetti, e la terra esprime insieme la fecondità e la fatica.
Parliamo di due tuoi libri: “E per un uomo la terraâ€, sulla vita di Don Lorenzo Guetti e “A rinascere si imparaâ€, ovvero filosofia per tutti. A mio avviso si tratta di due testi da adottare nelle scuole. Il primo alle Medie, quale testo di Storia Trentina; il secondo alle Superiori, quale testo di “filosofia applicata†(applicata alla vita, e a cos’altro sennò?).
Grazie della tua considerazione, ma io non ho mai neanche lontanamente avuto questa pretesa, di aver scritto qualcosa che meriti un attenzione così diffusa. E’ vero, vi ho messo un po’ del mio … “A rinascere si impara†è un analisi dei pensieri più ricorrenti del nostro tempo e il titolo dice che non abbiamo mai finito di imparare che la ricerca è parte essenziale della nostra umanità se vogliamo continuare ad essere umani. E poi, quell’altro su Don Guetti … mi ha fatto riscoprire un uomo che ha amato la terra e non il cielo, ma comprendimi, non per contrapporre cielo e terra ma per dire che il cielo si guadagna solo se si rende feconda la terra, se la si rende abitabile da tutte le donne e da tutti gli uomini. Detto ciò, il cielo è puro dono, pura gratuità , pura tenerezza da parte di Dio.
Voi Sacerdoti siete persone alle quali chiediamo ascolto, aiuto, conforto. ma a voi chi ci pensa? Voglio dire, a voi come uomini che possono avere momenti, periodi di difficoltà , per molti motivi, e non mi sto riferendo a necessità economiche che pure potrebbero anche esserci, ma alla necessità di un rapporto umano, amichevole, ad un conforto, insomma, ad un braccio forte cui appoggiarsi, a vostra volta, in quei particolari momenti …
Riccardo, la tua è una domanda molto bella che indica la tua sensibilità personale e sotto un certo aspetto è una domanda vera, non retorica. Nel senso che anche noi preti abbiamo bisogno di amicizia, qualche volta di conforto, qualche volta di un sostegno. Naturalmente non è sempre così facile esprimere questo bisogno, si può essere fraintesi oppure questa ricerca può diventare anche così assillante non dico da compromettere ma da rendere ancora più difficile il nostro rapporto con le persone. Comunque trovare amici, potere condividere una certa visione della vita, potere confrontarsi in un dialogo sincero è fondamentale.
Quali programmi “laici†hai per il futuro?
La risposta è assai semplice: insegno ermeneutica all’Università di Trento; tengo un corso di Filosofia della Religione presso l’Istituto di Scienze Religiose (i temi che tratto sono: ateismo e il Dio delle donne) e insegno Storia della Filosofia alla UTE, Università della Terza Età .
Una tua dichiarazione conclusiva per rimediare alle carenze di un intervistatore blogger alle prime armi.
Non posso far altro che ringraziarti della tua umanità e cortesia. Mi hai spinto a dire con semplicità quello che penso anche su alcuni passaggi che possono sembrare problematici ma questa per me è stata un’ occasione di cui posso solo ringraziarti e che spero possa essere utile al tuo lavoro.
Grazie a te Don Marcello, anzi grazie a te Marcello! Queste tue parole sono pietre d’angolo per me e per  il mio blog, che poi non è un lavoro ma solo passione, tanta passione. Almeno io ci provo a mettercela tutta …
P.S.: oggi esce l’ultimo lavoro di Don Marcello Farina, “Frammenti dell’Umanoâ€, una raccolta di sue conferenze e interventi ordinati dall’Editore in ordine alfabetico: uno o più capitoletti per ciascuna lettera dell’alfabeto: si inizia con “Altruità †e si finisce con “Zatteraâ€, nel senso della famiglia come “zattera assorbenteâ€.