Il Quartetto Gringolts si A? costituito a Zurigo nel 2008 grazie alla��amicizia e al lavoro comune svolto dai membri della formazione in occasione del Seminario Internazionale Prussia Cove in Inghilterra. Ilya Gringolts, vincitore nel 1998 del Premio Paganini, A? stato per lungo tempo un ricercato musicista da camera. Il secondo violino Anahit Kurtikyan e il violoncellista Claudius Herrmann sono stati ospiti delle piA? prestigiose sale da concerto del mondo come membri del Quartetto Amati e la violista Silvia Simionescu ha suonato intensamente nel Menhuin Piano Quartet.
Il Gringolts Quartet, formazione in residenza negli ultimi anni allo Schlos Elmau, ha ricevuto grandi elogi per i loro recenti concerti dedicati a Mendelssohn, Beethoven e Shostakovic. Nella��autunno del 2011, A? stato pubblicato il loro primo CD dedicato ai tre quartetti e al quintetto di Schumann con il pianista Peter Laul.
Significativa la critica espressa recentemente dal The Indipendent dopo una��esibizione del Quartetto: a�?Equilibrio mirabile, estrema chiarezza delle voci che disegnano un tessuto musicale finissimo e di ampio respiroa�?.
Nel luglio 2000 il pianista Filippo Gamba ottiene il Primo Premio al Concours GA�za Anda di Zurigo e viene insignito dalla Giuria, presieduta da Vladimir Ashkenazy, del “Premio Mozart” per la migliore interpretazione del concerto per pianoforte e orchestra dello stesso autore. Ora la sua attivitA� concertistica lo vede esibirsi presso importanti Festival musicali e nelle piA? rinomate sale concertistiche europee. In Europa vanta collaborazioni con le piA? prestigiose orchestre e con direttori quali Simon Rattle e Vladimir Ashkenazy. La sua attivitA� concertistica si allarga volentieri e sovente alla musica da camera; A? Professore alla Musikakademie di Basilea. La sua formazione A? stata arricchita dagli insegnamenti di Renzo Bonizzato (con il quale si A? diplomato presso il Conservatorio di Verona), di Maria Tipo e di Homero Francesch.
Completata nel 1797, e pubblicata contemporaneamente a Vienna e a Londra nel 1799, la silloge dei 6 quartetti op. 76 presenta una scrittura tanto splendidamente matura, quanto innovativa, capace di traghettare la forma verso il futuro prossimo del genio beethoveniano, esordiente nel quartetto, (la��op. 6 del 1801), proprio a ridosso della��opera di Haydn. Della forma sonata, esperita dal compositore innumerevoli volte nella produzione sinfonica ancorchA? cameristica, qui resta il principio astratto, ossia la��impulso dinamico dei processi di tensione e distensione, mentre la costruzione esplora e sintetizza le molte facce della��ars combinatoria riservata agli archi. CosA� il primo movimento, nel mentre alterna la��incedere tranquillo al corrusco, affida al violino esornative e quasi improvvisative variazioni, opponendo quindi al libero arbitrio la severitA� del contrappunto nel finale fugato. Se poi la��inno alla conquistata paritA� tra le voci, si innalza in un trio (la sezione centrale del Menuetto) giocato sulla��effetto timbrico del precipitato verso il grave violoncello, secondo e quarto movimento convogliano la passione hadnyana per gli elementi folklorici, la��uno con un dolcissimo tema cantabile, la��altro con uno spigliato motivo quasi a�?zingaresea�?.
La fiducia nella superiore azione ordinatrice della��uomo nella dialettica tra ragione e sentimento, ancora presente in Haydn, diventa un mito del passato nel Quartetto n. 3 di Bela Bartok, composto nel 1927. Suggestionato dalla��ascolto della Suite lirica di Alban Berg, depistato dal divieto di svolgere ulteriori ricerche etno-musicologiche nella propria terra da��origine, la��ungherese realizza una partitura che condensa in un solo movimento la lezione della��espressionismo tedesco con la��originale trattamento ritmico e timbrico proprio alla sua poetica. Sovraffollamento di nuance coloristiche (col legno, sulla tastiera, a punta d’arco, sul ponticello, pizzicato, martellato), effetti particolari quasi al limite del rumore, accompagnano un materiale motivico-tematico costituito da micro-melodie che si espandono tramite raffinati artifici polifonici, costituendo gli ingredienti di una��opera a�?estremaa�?, fin dolorosa nel suo radicale vocabolario musicale.
Un lirico tema dal fascino slavo esposto dal violoncello subito avvolto da brahmsiana passione: sin dalla��inizio del Quintetto op. 81, composto nella��arco di soli tre mesi, tra la��agosto e la��ottobre del 1887, si esplicita la cifra stilistica di Antonin Dvorak, in equilibrio tra la��adesione convinta alla tradizione europea e la��anima nazionale. Dalla prima proviene la soliditA� degli impianti costruttivi, dalla��altra la��immediata comunicativa del folklore, distribuite in una sorta di chiasmo nei tradizionali quattro movimenti della��opera, dove la concentrata elaborazione tematica della��Allegro introduttivo e del Finale cedono alla�� abbandono lirico e alla robusta vivacitA� dei tempi centrali, piA? evidentemente ispirati, sin dalla��intitolazione danzante di Dumka e Furiant, dal cuore boemo del compositore.