giovedì , 14 Novembre 2024

ORIENTE OCCIDENTE
Sulle rotte di Ulisse

La��attenzione che il Festival Oriente Occidente, in programma a Rovereto dall’1 all’11 settembre, dedica quest’anno al Mediterraneo, non A? un invito a un tipo di riconoscimento capace di mettere ordine a tutte le memorie che oggi si stanno formando, anche grazie ai piA? recenti movimenti di liberazione verso la democrazia. Si tratta piA? di una vera e propria programmata esperienza di spaesamento e di abbandono a tutte quelle diverse e nuove misure di mondo che potenzialmente sono racchiuse in ognuna delle performance ospitate dal Mediterraneo, questa��anno, a Rovereto. Nuove misure di mondo eventualmente da negoziare, nei transiti mentali delle nostre decisioni politiche, nonmeno che nelle nostre piA? salde, e pericolosamente rivendicabili, certezze identitarie. PerchA� occorre saper neutralizzare ogni discorso di panico e di paura messo in campo dai media piA? irresponsabili e dalla piA? strillante cronaca recente – sui migranti, ad esempio – e mostrare invece, attraverso la��immaginazione delle culture, in questo caso soprattutto musicali e di danza, la grande visibilitA� e la��alta vivibilitA� di un mare condiviso da sempre non fra dannati e selvaggi, ma tra alteritA� ricche, stratificate, complesse.

Si tratta allora davvero di un A�mare di conoscenzaA� capace di arricchire e integrare, oggi, un ritratto che troppo spesso contiene e divide, alza soglie e barriere affinchA� una presunta missione civilizzatrice, quella europea, prenda legittimamente possesso di ciA? che le A? estranea.
CosA�, dal flamenco di Mercedes Ruiz alla taranta di Maristella Martella e alla vocalitA� salentina di Enza Pagliara con le note popolari del Canzoniere Grecanico Salentino diretto da Mauro Durante; dalle vertigini dei dervishi rotanti di Ziya Azazi, magari in controcanto al bailador flamenco Augustin Barajas nel nuovo progetto della Tangeri CafA? Orchestra, o financo al moderno teatrodanza egiziano, fortemente engagA�e, di Walid Aouni, e alla ormai planetaria attivitA� del coreografo israeliano Ohad Naharin, le correnti culturali di un mare inesauribile si incontrano e si intrecciano, si sovrappongono e si accavallano assieme, qui a Oriente Occidente, in una corrente possibile della memoria del presente, e secondo proprio un modello di pedagogia dal basso cara a tanta critica postcoloniale, con gli enigmi corvini di Josef Nadj, con la danza fusion del franco-algerino di base a Lione, Abou Lagraa, con la tradizione ridotta a puzzle dalla greca Apotosoma Dance Company, con le coproduzioni del Festival per i due italiani vincitori del concorso coreografico Danza��A? della passata edizione: Gabriel Beddoes e Francesca Manfrini. Tante frontiere, dunque nessuna frontiera. PerchA�, ancA?ra con le parole di Iain Chambers: A�La frontiera non A? un oggetto, ma la materializzazione della��autoritA�A�

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