LO STRANO CASO DEL CANE UCCISO A MEZZANOTTE

pubblicato da: admin - 24 Novembre, 2010 @ 7:58 pm

cop[3] Stasera Raffaella ci parla di un libro speciale che incuriosisce e sollecita senz’altro alla lettura.  C’è sempre una parte di noi che si svela nella scelta di un libro. E da una amorevole  giovane insegnante che ama il suo lavoro e  – gli altri – , che è attentissima e sensibile,  che cosa ci si aspetta ?

Questo romanzo ,  poi i racconti di Affinati e ancora tanto altro…

Mentre sono alle prese con “ Peregrin d’amore “di Affinati, da assaporare la sera, quando non mi si chiudono gli occhi per la stanchezza, ho pensato di mandare lo stesso un “ postino” su un libro letto in inglese quest’estate, dal titolo curioso, “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” di Mark Haddon.

Ecco cosa mi ha spinto a farlo. Il protagonista di questo” romanzo giallo” è un ragazzino con la sindrome di Asperger, un autistico ad “alta funzionalità” con notevoli capacità logico matematiche. Ricordate Rain Man? Il film con Tom Cruise e Dustin Hoffmann?

Io ho un ragazzino simile tra i miei studenti e proprio oggi ha preso un bellissimo voto. Non so chi fosse più contento tra me e lui. Questo ragazzo, che chiamerò Luca ( ovviamente non è il suo vero nome) è molto particolare. Sembra spesso assente, e all’inizio dell’anno aveva comportamenti di disturbo anche pesanti in classe. Non sapevo più come gestirlo, e più mi arrabbiavo, più erigeva un muro. Poi un giorno Luca mi ha visto con i tacchi alti (mi ero messa un pò elegante) e questo l’ha colpito.Lui odia le scarpe da ginnastica, lo ha detto a una collega che le indossa spesso e con la quale non ha rapporti, quindi la sua materia non la studia…E da lì è partito il suo “amore” verso di me. Spesso mi prende la mano e la accarezza, io devo dirgli di smettere anche se i suoi compagni lo sanno che con lui posso avere delle attenzioni diverse. Si è affezionato a me e ora studia ed è diventato uno dei migliori! Questi bambini hanno bisogno di tanto affetto e comprensione, mai di pietà. E’ giusto che vengano trattati come gli altri quando è possibile ma Faber e Mazlish, importanti educatrici americane, dicono “ children don’t need to be treated equally; they need to be treated uniquely” , ovvero “ I bambini non hanno bisogno di essere trattati in modo uguale, hanno bisogno di essere trattati in modo unico e speciale”.

Due parole sul libro che mi ha suscitato tanti pensieri stasera. E’ un libro leggero, a tratti divertente a tratti commovente.

Christopher, il ragazzo autistico è l’io narrante, disarmante nella sua semplicità e sensibilità. Un giorno trova il cane della signora Shears , la sua vicina di casa, trafitto da un forcone ed inizia a indagare, come il suo idolo Sherlock Holmes, per scoprirne l’assassino. Questo lo porterà ad apprendere suo malgrado delle amare realtà ed un segreto ben più grande.Per la prima volta, intraprenderà un viaggio faticosissimo e ai limiti dell’impossibile, prenderà il treno e giungerà a Londra, una grande e spaventosa città per un ragazzino come lui che vive la routine della cittadina e della scuola come tutto il suo mondo.Non svelo la fine ma lascio un po’ di suspence. Per chi non lo avesse letto, un libro che consiglio davvero.

Raffaella

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INNO ALLA GIOIA, di Shifra Horn

pubblicato da: admin - 23 Novembre, 2010 @ 7:17 pm

1[1]Anche il mio blog è sommerso dal rubbish virtuale. Stamattina ho dovuto cancellare 560 spam. Al che, ripensando  alla trasmissione televisiva di Saviano, mi rendo conto della zavorra, della spazzatura vera e metaforica che ci sta soffocando. Tanto che quei rari sussulti di idealismo devono farsi strada tra sospetti, diffidenze, critiche e sarcasmi. Non siamo più una patria di eroi e martiri puri, siamo nascosti. Le voci oneste devono essere estrapolate come i diamanti grezzi da multistrati di rocce sedimentarie e purtroppo sembra quasi che non riusciamo più a riconoscerle, abituati come siamo ormai alla falsità, all’opportunismo, al protagonismo effimero che ci butta polvere (ancora rubbish) negli occhi.

Allora perchè un libro dal titolo splendido come “Inno alla gioia”? Per non perdere la speranza di ritrovare le cimase della gioia, della bellezza della vita e dell’amore. Eppure questo romanzo di Shifra Horn parla di orrore e disperazione, ma quel titolo, scelto proprio perchè la protagonista sta ascoltando la nona sinfonia di Beethoven nell’attimo di un terribile attentato terroristico a Gerusalemme, serve alla storia e a tutti noi per sentirci forti, uniti, sicuri che il Bene e la Verità vinceranno.

Yael Maghid è una giovane antropologa israeliana.  E’ il 20 gennaio 2002 e lei sta guidando a Gerusalemme quando l’autobus davanti a lei salta in aria. Fra i moribondi dilaniati scorge anche il viso di un bambino  che poco dopo morirà.

Tutta la sua vita da quel momento è compromessa e sbilanciata. Le sue sicurezze, i suoi ideali, il suo modo di percorrere l’esistenza subirà uno stravolgimento. Quel terribile episodio è uno spartiacque esistenziale che rimescolerà la sua visione del mondo e addirittura i suoi rapporti interpersonali.

Emerge prepotente anche la difficoltà di trovare un linguaggio adeguato per esprimere l’orrore al quale ha assistito e che, sappiamo, non è isolato, ma esemplare di tanti altri.

Yael vuole entrare in contatto con il padre del bambino morto nell’esplosione, Avshalom, un ebreo ortodosso, annientato dal dolore. E fra i due nasce uno strano rapporto d’amore, ma inficiato dalle rispettive necessità di trovare un conforto .

Shifra Horn è nata a Tel Aviv da madre Sefardita e padre russo. Ha trascorso l’infanzia e la prima giovinezza in Israele, ha vissuto alcuni anni in Giappone per poi ritronare a Gerusalemme. Alla domanda di come si può vivere in un paese dall’identità divisa,la Horn ,come Grossman, risponde “Devo essere ottimista, altrimenti non potrei vivere qui.”

Non bisogna farsi intimorire,  occorre continuare a lottare per la propria libertà. E’ quello che fa la protagonista di questo suo romanzo. Si fa aiutare da un’amica psicologa per superare il raggelamento, per ritrovare la spinta verso la gioia di vivere.

Lo stile realistico e suggestivo della Horn ci regala una lettura piena avvincente;  ci immergiamo in  uno spaccato della vita israeliana attuale tra intifada palestinese, odi reciproci, ma  anche tra  momenti intensi di amicizia e amore.

Ottimismo, dunque. Gratitudine per le persone che non diventano impotenti e lassisti perchè siamo circondati dalla “spazzatura”, quindi “non si può far niente”, ma che alzano la loro voce per raccontarci la verità . Conoscere  è il primo passo per non nascondersi, per proseguire, per fare qualcosa. E per non dimenticare che c’è la gioia.

 

E che combinazione, proprio oggi,tra tanti spam trovare un messaggio- “diamante”  di un cardiologo in pensione che ha letto il mio post su il libro di Maria Wanda Caldironi “Una manciata di sogni” e che crede di avere  riconosciuta e  ritrovata la sua collega stimatissima. 

Se rileggete il suo post saprete che Maria Wanda Caldironi vive e lavora a Padova. Medico ha esercitato per molti anni in ospedale, rivestendo anche il ruolo di primario.

“Gentile dottoressa Caldironi,
il ritratto fatto dalla recensione,corrisponde alla signora Primario Medico  che ho conosciuto a Piove di Sacco,prima di lasciare anch’io la professione.Sa e’ lei dottoreesa, forso si ricorda di me,andando in pensione l’ho lasciata in piena guerra e sono contento che i morti sepelliscano i morti.
Se mi riconosce,mi congratulo con Lei ,che ha scelto una creativita’ di cui non ha mai fatto parola,lasciando posto ad una sensibilta’che sono felice di aver incontrato.
Se non mi riconosce leggero’ il Suo libro,che dalla presentazione assomiglia alla descizione di una dottoressa di valore che ho conosciuto e con la quale ho lavorato con un ineguagliabile ricordo.
Giorgio Gabbia
cardiologo ritirato a vita privata e curioso di copnoscere come e’ andata a finire a Piove di Sacco
Tel 041 926252
E mail
giorgio.gabbia@alice.it

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MARTIRI E EROI TRENTINI, a cura di Oreste Ferrari

pubblicato da: admin - 22 Novembre, 2010 @ 7:18 pm

Mi sembra giusto dare spazio a un libro raro  che parla di amor di patria in questo anno di celebrazioni.

Ce lo presenta Riccardo che ne è il fortunato possessore. Mi spiace solo di non essere riuscita a trasferire sul blog la foto delle righe autografe di Cesare Battisti. 

  Martiri ed Eroi Trentini  della Guerra di Redenzione

A cura di ORESTE FERRARI

Legione Trentina Editore

Trento, 1931, IX

 

L’altra sera, a casa di Cristina, la nostra Presidente dell’Accademia delle Muse, nel corso di una delle nostre belle serate di intrattenimento musicale, storico, artistico, faceto e di socializzazione, è intervenuta per la prima volta una “nuova” amica, Sara Ferrari.

Sara, che bel nome! Anche la mia prima e nuovissima nipotina (nata 18 giorni fa!) si chiama così! Sara, dicevo, si è dichiarata fervida ammiratrice ed estimatrice di una Donna, la bresciana Ernesta Bittanti Vedova Battisti, come la stessa si firmava dopo l’uccisione del marito. A me è subito venuto in mente un libro che posseggo, un libro regalatomi da mia mamma tanti, tanti anni fa.

Quel libro porta la dedica di pugno di Ernesta (penna ad inchiostro, con pennino rigido): “Accompagno questo libro con devota riverenza”, scritta, evidentemente, indirizzandosi a mio zio materno Lorenzo, il quale, nella pagina successiva, a sua volta, con penna stilografica, dedica così: “A mia sorella Concettina con affetto” Venezia, 7.1.933 XI”. Cioè a mia mamma insegnante a Bolzano.

Appena svelai il possesso di questo tesoro a Sara, lei ebbe un sussulto: “Devo vederlo!”. Certo, e se questo volume non fosse un ricordo di mia mamma, sarei bel lieto di regalartelo …Sara. Anche perchè so che finirebbe in buone mani.

Certo che il curatore del libro è tale Oreste Ferrari. Sara, di cognome è una “Ferrari”!

Troppe coincidenze. Dovevo farne un post per il “nostro” blog, non vi pare?

Del libro, ricco di foto autentiche dell’epoca e di riproduzioni di documenti originali, che dire? Vi si narra dei Martiri Damiano Chiesa, Cesare Battisti e Fabio Filzi, oltre che dei tanti Eroi caduti in guerra. Cito solo alcuni cognomi: Angelini, Angheben, Andreatta, Anesi, Briani, Buccella, Bernardi, Bortolotti, Benetti, Cattoni, Conci, Divina, Garbari, De Gasperi, Guella, Molinari, Maestri, Martignoni, Pasolli, Rigatti, Zanoni. Tra i tanti, io, genovese di nascita e “trentino” da 25 anni, ho estratto solo i cognomi oggi portati da persone che io stesso, oggi, conosco personalmente. Non me ne vogliano i cognomi non citati.

Il volume consta di 372 pagine, la cui terza edizione, quella a mie mani, “riveduta ed ampliata, fu terminata di stampare dalla tipografia Editrice Mutilati ed Invalidi di Trento nella primavera dell’anno 1931 su carta di lusso appositamente fabbricata dalla ditta S.A.I.C.A. di Milano”. La mia copia è la n. 1087.

Si tratta di un vero e proprio testo di storia ove i fatti innanzi tutto sono documentati da riproduzioni di documenti e fotografie autentiche (tragiche quelle delle esecuzioni capitali) e solo dopo interpretati alla luce dell’Idea italia.

Soprattutto, da sempre, mi sono rimaste impresse alcune pagine. Quella che riporta la foto della lettera con la quale Cesare Battisti comunica al fratello di essere stato condannato a morte; le foto della “dignità e della forza” dei Martiri, ritratti anche nei momenti più tragici dell’evento. Ma soprattutto, è sconvolgente il comportamento del boia Lang che scherza con i vicini immediatamente prima dell’esecuzione e che posa sorridente per la foto di rito, sovrastando il cadavere della sua Vittima di turno.

La precisione tedesca poi, arriva anche a registrare con fattura le spese sostenute per soddisfare gli ultimi desideri dei condannati!

Che altro dire? Nulla, se non essere io ben volentieri disponibile per mostrare il volume a chi ne fosse interessato.

Lascio ad altri, sicuramente migliori conoscitori della Storia Trentina di quanto non lo sia io, di inserirsi su questa mia segnalazione e di sviluppare l’argomento.

Mi permetto solo brevissima una riflessione: all’epoca vi era chi “moriva per l’Italia”. Oggi, purtroppo, siamo quasi costretti a dover ragionare se tenerla unita o dividerla in due. se “restare o andare via”. Che strana coincidenza, proprio in corrispondenza del 150° anniversario dell’Unità Nazionale! A mio avviso, il ricordo dei nostri Martiri ci può aiutare a prendere una decisione: restare e contribuire al miglioramento di questo nostro Paese.

 

Riccardo Lucatti

 

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ONE PAIR OF HANDS, di Monica Dickens

pubblicato da: admin - 21 Novembre, 2010 @ 7:41 pm

41rNJgGLMML._SL500_AA300_[1]41MVXCN23SL._SL500_AA300_[1]Sì, una Dickens, la bis nipote del grande Charles. Donna straordinaria nata nel 1915 e scomparsa nel 1992. Non solo scrittrice prolissa, ma giornalista, viaggiatrice, sostenitrice di associazioni umanitarie, aspirante attrice di teatro,ma senza successo come ci racconta lei in uno dei suoi tanti romazi autobiografici. Ancora autobiografie, dunque, ma non “pizzi” come paventa Camilla, queste sono stralci di vita vissuta  raccontata con forza, onestà e un delizioso sense of humor!

“Intrattenere, raccontare la verità, cercare di aiutare le persone a capire gli altri” questa è la filosofia dello scrivere di Monica Dickens.

“One pair of hands “ fu il primo libro che lessi appena arrivata in Inghilterra come ragazza alla pari  presso la famiglia Kendix.  La prima cosa che chiesi  alla gentile signora Kendix fu quella di visitare  la più vicina Library, allora lei immediatamente volle regalarmi questo libro della Dickens. Mi colpì molto quel gesto…non solo per la generosità…ma perchè era l’unico libro che si trovava in casa!

Il sgnor Kendix geniale dirigente leggeva esclusivamente quotidiani finanziari mentre  sua moglie leggeva libri soltanto presi dalla biblioteca. Per me un vuoto terribile non vedere intorno libri allineati o accatastati, aperti…mah!

Comunque iniziai a leggere stentatamente il delizioso racconto della Dickens che parlava della sua esperienza come cuoca tuttofare presso una importante famiglia, lavoro svolto in giovane età. Divertente leggere della sua inesperienza in cucina , della fatica di governare una famiglia, degli insuccessi e dei successi ottenuti. 

Ne cercai subito un altro e trovai “One pair of feet” dove al posto del lavoro delle mani c’era l’affaticamento dei piedi. Anche qui vita vissuta durante la seconda guerra. Nel 1942 infatti Monica lavorò come infermiera in un ospedale. Non so se esitono le traduzioni in italiano, ma ho letto che da quest’ultimo è stato tratto un film con James Stewart.

Ah, questo blog, croce e delizia! Delizia perchè posso scrivere e leggere di libri, scrivere e leggere di noi, dei nostri gusti, della nostra personalità. Croce perchè è uno spazio invaso anch’esso  dai micidiali spam, pubblicità che arrivano da lontano…oggi ce n’erano 300. Dovrò fare qualcosa con la Casa Madre…

Mia fa piacere che anche Riccardo ami Trieste,  ho scritto parecchi post su questa città azzurra  descritta da Magris, Svevo, Saba…

Spero  che Dario regali a Camilla i libri di Rebecca West  autrice che anch’io  amo molto.

Ho nel mio spazio- riserva due posts di Riccardo e uno di Raffaella che spedirò nelle giornate in cui non potrò avere il tempo per scrivere io stessa.

Sono soddisfatta di questa finestra aperta sulla nostra voglia di leggere e “compartecipare”;  rileggendo il mio primissimo post “ Memorie di una lettrice notturna”, scritto più di 300 giorni fa, posso dire di essere riuscita nel mio intento.

Leggere, leggere, leggere. Scriverne e dialogare. Grazie.

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GIORGIO E IO, elogio del matrimonio

pubblicato da: admin - 20 Novembre, 2010 @ 7:42 pm

scansione0009Dopo le suggestioni d’amore di Catullo suggerite da Luigi ho ripensato a tempi più recenti e a un amore particolare, quello tra Annetta Curiel, giovane ebrea della Trieste borghese d’inizio Novecento e Giorgio Fano filosofo, mercante, scrittore, idealista, anticonformista. 

  “Giorgio e io” è l’autobiografia di Annetta iniziata solo a tarda età e che, alla sua morte, è stata  sistemata e rielaborata  in minima parte dal figlio Guido Fano.

E’ una storia interessante, come tutte le vite, ma con in più il racconto della travagliata e contrastata storia d’amore con Giorgio Fano conosciuto in giovanissima età, più vecchio di lei di 16 anni e già sposato.

Anna nasce nel 1901 nel cuore di Trieste, in una grande casa borghese. Tutto ci viene raccontato, dal cibo, ai piccol e grandi avvenimenti,  ci vengono riportati deliziosi dialoghi quotidiani in dialetto triestino.  “Ti te ricordi quando che te lavavo i zinòci con la scartàza?” E più avanti si incontreranno  anche Umberto Saba, Giorgio Voghera e tanti altri .

Elogio del matrimonio che finalmente Giorgio e Anna celebreranno nel 1931 e che si intende come il matrimonio d’amore. Non quello obbligatorio di convenienza e neppure quello trascinato con rancori  e infelicità, soltanto perchè si” è arrivati prima.”

 Negli ambienti intellettuali triestini frequentati  da Giorgio Fano si parla già di amore libero, delle unioni che devono durare finchè dura l’amore.  Per Anna e Giorgio sarà così. Ma Anna non si ripiega su ruoli subalterni perchè più giovane e meno importante, essa non  rinuncia alla propria personalità e non  teme di risultare anticonformista amando  un uomo sposato.  E’ una donna emancipata, che scriverà a sua volta, che riesce a mantenere con orgoglio la propria femminilità e a decidere di essere la compagna fedele e sostenitrice di un uomo geniale come Giorgio Fano, uomo singolare e non facile. 

Si perdono e si ritrovano, si allotanano e si riuniscono, si scrivono tante lettere e si raccontano la prima giovinezza per conoscersi completamente:

“Allora me ne andavo per le strade di Trieste coi vestiti sbrindellati, con la cravatta storta  e le calze ciondoloni, e sognavo la mia gloria. Con la mia triste figura me ne andavo gesticolando e ridendo da solo. Un giorno un passante mi fermò “La scusi, con chi la la ga?” L’avevo con l’amore, con la gloria, con l’amicizia. Quella volta chiamavo la gloria o la verità quello che ora chiamo il mio lavoro.” le scrive Giorgio

“I problemi sociali mi appassionavano; ero socialista, ma sognavo una tirannia illuminata sopra il volgo. Mi domnandavo da mattina a sera: cosa sono il bene e il male? cos’è la verità? qual è lo scopo? Facevo delle orge di scettiscismo. Leggevo Platone e costruivo delle società ideali.”

E la giovane Anna lontana risponde nel 1920 “Di una cosa vorrei pregarti: che resti fra noi quell’antico patto di franchezza e che in qualunque momento ci dovessimo incontrare nella vita, ci parleremo lealmente, senza ambiguità o imbarazzo, come due persone oneste che pur essendo diverse, si stimano.”

Insomma un grande amore in questo libro,  e non solo,  anche la nostra storia, la letteratura, gli ideali del secolo appena trscorso.

La vita di una mamma speciale presentataci dal figlio  Guido Fano, specialista di meccanica quantistica  e attualmente docente all’Università di Bologna.

Elogio del matrimonio d’amore, scelto, e poi  curato come un giardino nel quale far crescere non solo  figli ma ideali condivisi, consonanze e soprattutto quel darsi la mano nel cammino della vita.

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CATULLO, LE POESIE

pubblicato da: admin - 19 Novembre, 2010 @ 8:05 pm

                                                                              Che sorpresa  graditissima il ritorno  di Luigi!scansione0008 E che ritorno!

 Sospeso momentaneamente   l’argomento Grande guerra la nostra matricola universitaria  ci  presenta oggi un post  che  parla di poesie d’amore. E’ intrigante come  ciò che avviene  intorno e dentro di  noi ci spinga a leggere o rileggere determinati libri. E la spinta dell’innamoramento è travolgente!

Rieccomi (finalmente!) a collaborare ancora per questo blog. Non ho avuto più il tempo da dedicarci che avevo un tempo, anche e soprattutto a causa dell’università e del lavoro. Devo dire che in questi ultimi mesi sono stato più in giro che a casa. Ma nonostante tutto, mi ci sono abituato e mi piace anche questo tran-tran giornaliero.

In questi miei mesi di “assenza” ci sono stati anche (finalmente di nuovo!) importanti sviluppi sentimentali; ma è proprio quello che sto provando in questo periodo che mi ha suggerito il tema per questo mio intervento: Catullo e le sue poesie, soprattutto quelle d’amore.

 

Ma chi era Catullo? Cominciamo con una breve nota biografica: Nasce intorno all’84 a.C. a Verona da famiglia benestante e in rapporti di stretta amicizia con Cesare. Dopo essere stato preparato dai migliori grammatici della Cisalpina, forse dopo aver indossato la toga virile (17° anno), si portò a Roma per raffinare, con i tradizionali studi di retorica, la propria preparazione culturale.
A Roma conobbe importanti personalità del mondo culturale: tra esse lo storico Cornelio Nepote, al quale è rivolta la dedica del carme 1. Ma, certo, ai fini della carriera poetica, si rivelò importante l’incontro con altri giovani, prevalentemente provenienti, come lui, dalla Gallia Cisalpina, interessati alla proclamazione di nuovi ideali di poesia, in aperto conflitto con la tradizione precedente. Tra essi, definiti sprezzantemente poetae novi da uno strenuo difensore della tradizione letteraria quale fu Cicerone, furono particolarmente cari a Catullo, Licinio Calvo ed Elvio Cinna. Accanto al poeta stava sempre, però, l’uomo, con i suoi affetti. Importante fu quello che lo legò al fratello, alla morte del quale (avvenuta nella lontana Troade intorno al 60 a.C.), per circa due anni, abbandona la dimora romana per far ritorno a Verona, presso la sua famiglia.
Importante -centrale si potrebbe dire, alla luce della traccia che ha lasciato nell’opera poetica- risultò certo l’incontro con Lesbia, la donna del cuore. Nel 57 andò in Bitinia, al seguito del governatore Gaio Memmio: l’anno dopo, sulla strada del ritorno, nella Troade, per la prima ed ultima volta, rese omaggio alla tomba del fratello (carme 101). Un paio di anni dopo, a trent’anni di età, la morte.

Particolarmente famose sono le sue poesie d’amore. Desidero prenderne in considerazione una, la più famosa probabilmente: Odi et amo (carme 85 del suo Liber). Ne riporto il testo:

 

               Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.

Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

 

Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia.

Non lo so, ma sento che ciò accade, e ne sono tormentato.

 

È incredibile come con la poesia bastino due semplici versi per invocare un universo di richiami e di sensazioni. Una lunga serie di immagini e sensazioni che altalenano e a volte sposano gli opposti eccessi dell’animo umano, della passione allo stato puro. Miele e fiele, lacrime e baci, bile e seme nelle sue parole, che nascono dal cuore e rifiutando la salita verso la rielaborazione cerebrale, precipitano giù giù per le interiora, il basso ventre, gli intestini, per farsi viscerali e carnali, crude e dirette come lo sono state per chi le ha provate sulla propria carne. Uno stile dunque fortemente evocativo ed efficace, schietto e ardito, e ciò nonostante finemente cesellato, curato, attento, raffinato.

Nei versi di Catullo ritroviamo l’amore e l’odio, sentimenti contrastanti ma che convivono. È questa la bellezza dell’animo umano, e la bellezza sta anche nel fatto che non sono bastati duemila anni e più (forse) di poesie, di innamoramenti, di discussioni, di ragionamenti, per capirlo. Perché è anche difficile spiegarlo: conosciamo il momento in cui stiamo vivendo quei sentimenti, ma non riusciamo a comprendere perché o non riusciamo a spiegarlo, ci rifugiamo dietro ad un nescio: non so; fieri sentio et excrucior: sento ciò che accade e ne sono tormentato.

Ha ragione Roberto Benigni nel suo film La tigre e la neve che ho già nominato in questo blog a proposito della poesia, quando parla dell’amore: “Innamoratevi! Se non vi innamorate è tutto morto!”.

Questo è l’amore, il più bel sentimento che l’animo umano e l’uomo possa provare: amare e odiare allo stesso tempo, e non saperne il perché. Sentirlo sulla propria pelle, sentirlo nel proprio cuore, essere felicissimi nel sapere di aver trovato “l’altra metà della mela”, ma anche essere tormentati, passare notti insonni (chissà quante ne ha passate il povero Catullo per la sua Lesbia!).

E questo è anche il potere della poesia: sentimenti e sensazioni immutate nel corso dei secoli, perché dopo duemila anni, l’uomo non sembra essere cambiato.

 

Luigi

 

 

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CHARLESTON, di Cinzia Tani

pubblicato da: admin - 18 Novembre, 2010 @ 7:54 pm

charleston-cinzia-tani_articleimage[1]In questi giorni di pesante impegno ho potuto leggere solo di sera.  Sono stata accompagnata da uno scorrevole romanzo di Cinzia Tani, giornalista,  scrittrice e inoltre autrice e conduttrice di programmi radiotelevisivi. Non la conoscevo; dalla foto in retro copertina vedo una serena giovane signora dai lunghi capelli biondi che chissà perchè mi rimanda al suo modo di scrivere pacato e chiaro. In copertina invece il famoso ritratto di Tamara de Lempicka ” Jeune fille en vert” che ci introduce nei ruggenti anni ’20.

L’inizio della storia è intrigante: Claire, la giovane protagonista un po’ viziata, gelosa del padre vedovo con il quale conduce una vita dorata a Cannes (un po’ come in “Bonjour tristesse”) crede, teme, ma desidera..di aver sparato a Stella , la sua maestra di danza assunta dal padre .  “Mentre prende la mira con il fucile del padre, Claire è ancora innocente. Fra pochi secondi si chiederà se voleva colpire il bersaglio di sughero o la donna vestita di giallo …”

L’avrà uccisa? Non si saprà che alla fine. Intanto il padre seriamente invaghito della misteriosa e affascinante danzatrice italiana la cerca insieme a Michel, un  sassofonista siriano che  vive a Marsiglia e che  fa parte di un’organizzazione che mira  all’indipendenza della Siria.

Stella è una creatura libera, imprevedibile, che non si vuole legare a nessuno. “Spesso sparisce per un po’ di tempo” riferiscono il  fratello  e la madre che tutto sommato non l’hanno mai capita e forse neppure amata.

Ma chi è Stella? Nella  stanza della villa di Cannes dove veniva ospitata durante la  fine settimana  per dare lezioni di danza, Claire  trova un suo diario.

Lentamente conosceremo meglio tutti  i personaggi ed insieme alle loro vicissitudini  attraverseremo periodi storici ed ambienti particolari. Dagli anni folli della Cote d’Azur alla grande depressione di Wall Street, passando per Damasco ed agli anni bui della rivolta per arrivare infine  al novembre del 1963 a Dallas.

Ma prima eravamo partiti  da San Remo alla ricerca di Stella fuggitiva, – ancora viva – ?

Per Claire, piena di sensi di colpa per l’inconfessabile segreto, inizierà un lungo percorso di formazione. Intanto il padre perderà ogni suo avere con il crollo della borsa del 1929, ma questo avvenimento di cesura sembra rinvigorire e cambiare la ragazza che nella ricerca  – e di Stella e di se stessa  – si ritroverà nei vicoli ripidi e colorati di Marsiglia e in altri luoghi e altre situazioni e giungerà a scoprirsi forte e coraggiosa.

Cinzia Tani è minuziosa e precisa nella ricostruzione degli avvenimenti storici, dei luoghi, della moda del tempo per cui il piacere della lettura è assicurato: ripasso della nostra storia più recente e intreccio romanzato.

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ARIA DI TEMPESTA, di P.G.Wodehouse

pubblicato da: admin - 17 Novembre, 2010 @ 8:42 pm
Che bello ricevere un post da una neo mamma fortunata che ha una deliziosa Sara che le permette di leggere un po’. E che c’è di più gradevole, lieto, brioso che un romanzo del nostro autore inglese? Anche  me Wodehouse piace moltissimo perchè il suo umorismo, privo di tagliente sarcasmo, è  arguto , sottile e soprattutto pregno di un trascinante ottimismo.
Valentina  scrive:
  
Cara Mirna, siccome mi avevano detto ‘con la bambina non leggerai più’, oggi Sara compie tre settimane ed io ho finito il primo libro iniziato dopo che lei è nata. Ok ok ok, non sarà un volumone, ma mi ha allietata parecchio. E mi consente di smentire, per ora, la ‘profezia’. Mentre allatto, qualche volta la guardo estasiata e basta, altre volte butto un occhio (estasiato) a Sara, ed uno al libro… Comunque. Il mio commento sarà breve. Adoro Wodehouse, l’ho già detto, e non a caso ho scelto lui come autore per questi primi, impegnativi giorni. Come sempre, è un grande, grandissimo umorista. Prende in giro con eleganza gli uomini e le donne secondo me di tutti i tempi, i loro difetti, le loro scaramucce. Descrive l’Inghilterra in un modo che fa solo venire voglia di andarci. E non manca mai il lieto fine. Anche in ‘Aria di tempesta’ si ride e si sorride dall’inizio alla fine, l’umorismo è sempre lo stesso, il suo caratteristico, ma non si ripete mai. Ci sono gli innamorati ostacolati nella loro passione, i nobili bizzarri, i servitori fedeli, e questa volta pure un maiale… Imperdibile per chi ama Wodehouse. Prima avrei dovuto leggere ‘Lampi d’estate’, cosa che farò presto, perché contiene la prima parte della storia, che però si segue e si capisce bene anche leggendo solo ‘Aria di tempesta‘.
Ciao!
Valentina
 
 
*    *    *  
Ricevo da Adriana un commento sul libro presentato poco tempo fa “Dopo di lei “, di Jonathan  Tropper 
Adriana.Mariani73  scrive  :
Commento:
L’ho letto quest’estate. Un libro affascinante, moderno. Un giallo che fa riflettere parecchio. I personaggi femminili sono finalmente donne forti ed intelligenti. Da leggere.

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STANZA, LETTO, ARMADIO, SPECCHIO, di Emma Donaghue

pubblicato da: admin - 16 Novembre, 2010 @ 7:29 pm

 Un ultimo best seller della scrittrice irlandese Emma Donaghue ci viene presentato da Camilla, sempre molto attenta alle novità librarie. Ancora una volta il rapporto primario madre-figlio ci  fa scoprire  inimmaginabili  grandezze di amore e protezione.

“Oggi ho cinque anni. Ieri sera quando sono andato a dormire dentro Armadio ne avevo quattro, ma adesso che mi sono svegliato su Letto, al buio, abracadabra : ne ho compiuti cinque: Prima ancora ne avevo tre, poi due, poi uno, poi zero. “sono mai andato sotto zero?” – “Eh?” Mà si stiracchia tutta. – “Lassù in cielo avevo meno un anno, meno due, meno tre?” –“No, no, il conto è cominciato solo quando sei atterrato qui”

Questo è l’incipit del romanzo. L’io narrante è il piccolo Jack, il racconto comincia il giorno in cui compie cinque anni. Il bambino vive in una stanza dove gioca, si rotola su Tappeto, tira fuori la lingua davanti a Specchio e crede che quello che vede in un vecchio televisore , alberi, persone e animali non esistano nella realtà. Tutti i giorni lui e sua madre seguono una routine inflessibile,le stesse filastrocche, gli stessi pochi libri, la stessa ginnastica e lo stesso gioco di trascinare un serpente fatto di gusci d’uovo. Jack è felice in quel microcosmo dove è nato e da dove non ha mai immaginato di poter uscire, dove i pochi vecchi oggetti sono amici e la mamma è l’unico essere umano che abbia davvero conosciuto. Il lettore però precipita ben presto in un racconto dell’orrore. La stanza di Jack è una prigione sotterranea di tre metri per tre dove è incarcerato con sua madre. E c’è un uomo, uno spaventoso uomo che Jack chiama Old Nick, che viene la notte e porta il cibo indispensabile, le medicine, le cose. Ma Jack, chiuso nell’armadio, non l’ha mai visto. “Quando Old Nick fa cigolare il letto, tendo l’orecchio e conto sulle dita: questa volta arrivo a 217 cigolii. Devo sempre contare fino a quando lui fa quel suono strozzato e si ferma. Non so cosa succederebbe se non contassi, perché tanto conto sempre”.

Ben presto ci si trova incatenati non già alla storiaccia orrenda , che diviene quasi un espediente narrativo, ma alla rappresentazione sapiente di quella zona grigia, quasi un tabù, della maternità in cui è difficile stabilire dei confini fisici o emotivi tra sé e i figli. E si comprende fino in fondo quanto mamme e bambini siano indissolubilmente legati e quanto questo legame porti con sé logoramento e tensione, così come il suo romanticismo e la sua gloria.

Riusciranno a fuggire Jack e Mà? Ci riusciranno e il fuori, necessario, assolutamente necessario, non sarà subito una bella avventura. Ma il rapporto tra la madre e il bambino trascende completamente il romanzo e ci lascia colpiti e sbalorditi.

Camilla

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NEL SONNO NON SIAMO PROFUGHI, di Paul Goma

pubblicato da: admin - 15 Novembre, 2010 @ 7:57 pm

nel-sonno-non-siamo-profughi-3018207[1]Mi sembra interessante continuare con lo sguardo sugli altri  da sè,  sia  vicini che lontani.

 Il titolo è bellissimo e Riccardo ci spiega con la sua naturale chiarezza e trascinante simpatia sia un’infanzia a Mana che  una parte della propria, quella trascorsa  nel delizioso paese toscano del nonno.

Titolo originario “Din calidor”, “Dalla veranda” .  Un’infanzia in Bessarabia

 

La Bessarabia, questa sconosciuta! Il villaggio Mana, dove nasce Paul nel 1925, si trova nella regione Bessarabia, in Romania. A chi apparteneva la Bessarabia?

Inizialmente ai Turchi.

Poi, Bes Arabia, senza Arabia, allo Zar di Russia

1940: all’Unione Sovietica alleata della Germania nazista

1941: alla Romania, alleata della Germania nazista

1944: all’URSS, nemica della Germania nazista

1991: alla neo Repubblica Moldova

 

Paul è profugo in Romania per sfuggire ai sovietici. Universitario, entra in conflitto con le autorità comuniste rumene e viene incarcerato. Deluso da Ceausescu che non si sgancia dal Cremlino, promuove il movimento Charta 77. Viene arrestato e poi esiliato a Parigi. Autore autobiografico e “carcerario”.

 

Il libro non narra tutto ciò, bensì la sola infanzia dell’autore. Per dimensione, per i caratteri di stampa, per la descrizione della repressione da parte di una o di molte dittature, per lo stile, volutamente “a scatti”, salterino, con molti incisi, interruzioni. questo libro mi ricorda le “prugne verdi”.

Il messaggio principale che mi ha trasmesso è che nei paese bessarabi … “eravamo tutti figli di contadini …avevamo i nostri Greci, i nostri Russi, i nostri Ucraini, i nostri Zingari, i nostri Ebrei … erano diversi da noi, ma erano nostri … gli uomini, se non possono amarsi, devono almeno sopportarsi …” Vi pare poco? E invece è una ricchezza. Una prova? Io sono nato ed ho vissuto a Genova. Mio nonno paterno era operaio comunale a S. Angelo in Colle, Montalcino (Siena), un gioiello medievale in pietra che dal suo trono senese di 450 metri di alteutudine troneggia sulla Valle dell’Orcia, 250 anime allora e 50 oggi. Mio nonno, gli volevo bene, ci si parlava, ma i nostri discorsi erano molto più semplici (poveri) di quelli che Paul descrive di aver avuto con il suo di nonno … il mondo al di fuori del suo mondo paesano toscano era quelli degli altri, ma gli altri erano semplicemente i contadini, che abitavano in poderi distanti, molto distanti … una o due ore di … ciuco (!) o di cammino di un lento carro agricolo, carico, trainato da una coppia di buoi maremmani! Tutto qui. Invece il mondo di Paul è stato assai più vasto. Inoltre, purtroppo, molto, molto più triste. Infatti lui con i suoi, di “linee del fronte” ne ha vista passare tante, troppe!.

L’adulto Paul ricorda il Paul bambino e riesce a riprodurre, con naturalezza e freschezza infantile, i sentimenti di allora, compresa la “vergognosa e imbarazzante” (per i benpensanti di ieri, forse oggi non più, speriamo bene!) scoperta del sesso. Tizio “guasta” Caia (cioè, fa all’amore con Caia. Vale anche il viceversa). Tizio e Caia si siedono (idem come prima). “Dai, siediamoci … siedtiti con me”. Curioso, no? D’ora in poi, quando sentirò che fra due persone si sono “gustati i rapporti” cosa dovrò pensare? Oppure, quando sul bus o in treno cederò il posto ad una Signora (possibilmente bella), nel dire “Signora, prego, vuole sedersi? Si sieda. Prego” mi illuminerò di una luce nuova: hai visto mai che abbia letto anche lei questo libro?!

Torniamo seri. Vasilij Grossman, nel suo Vita e destino (che Mirna ha “postato” alcuni giorni fa) dice fra l’altro “il bene è una bontà senza voce, istintiva, cieca, fino a quando non diventa strumento e mercanzia di predicatori”. Aggiungo io: “e di politici, di militari, di dittatori, di chi vieni qui che ti insegno io la democrazia, ti spiego chi è il vero Dio, ti spiego la fede, ti insegno come si fa. Impara bene tutto che poi ti interrogo”.

Dio ce ne scampi! Quale Dio? Il Dio che tutti noi “cercatori di Dio ricerchiamo continuamente” come dice Don Farina, sì … proprio Lui, per favore, quel “nostro” Dio …ce ne scampi! Ecco, l’ho detto … ora sto meglio.

E poi il mi’ babbo diceva “un mi date consigli che so sbagliare damme (da solo)” …

E poi (ancora?) taluno ce l’ha con gli immigrati! Ma se – se non altro – ci stanno aprendo lo sguardo su un mondo nuovo con il qual confrontare la nostra storia, la nostra civiltà, un mondo e una storia che spesso hanno fatto da sponda alla nostra storia, sponda che abbiamo ignorato, che non ci è stato dato di conoscere, di capire, di condividere!

Ma se una forza compie un lavoro è perché ad ogni azione corrisponde una reazione! Non esiste vento che spinga una vela se non aderisce alla vela stessa, se non vi si “scontra” per così dire e ne viene deviato (azione). Se il vento passasse assolutamente indenne sulla vela, la sua direzione non ne fosse deviata, la vela non compirebbe alcun lavoro e la barca non avanzerebbe (reazione).

Ormai lo sapete, sono un velista! E ben? (E ben? Tipica locuzione ligure).

Così anche le civiltà: si sono evolute una rispetto all’altra, molto meglio quando, pur mantenendo ognuna pieno rispetto delle proprie origini, si sono conosciute e quindi integrate sulla base dei loro valori migliori. Utopia? Forse, ma, sempre per citare Don Farina, dobbiamo sempre coltivare un’Utopia!

Continua Paul: … “io Moldavo, faccio il pane ed il formaggio: tu Lipovano, fai le salcicce e la capcioanca (prosciutto); tu Ebreo, tieni il negozio del paese: tu Greco … e così via, come si dice adesso, la ripartizione internazionale del lavoro, o come si direbbe, i nostri interessi non collidono. Anche se al mercato, sulla stessa strada, trovavamo in concorrenza il Greco con l’Armeno, con il Giudeo …si badi bene, nel villaggio erano il “nostro” Greco, il “nostro” Armeno”. La parola “Giudeo” non era per nulla offensiva”. Mi sembra di sognare …

Ritorno a Grossman: un nemico è tale fino a quando ti spara addosso. Ma quando giace a terra ferito, o quando – paracadutato – viene catturato e disarmato, non è più un nemico: è un uomo che ha bisogno del tuo aiuto. Così anche nel libro di Goma.

Condivido e vi lascio alle vostre riflessioni.

 

Riccardo Lucatti

 

P.S.: Mirna, GRAZIE! Con il tuo blog hai esaltato in me il desiderio ed il piacere di leggere, conoscere, riflettere, confrontarmi, comunicare, condividere. Ti pare poco?

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