A MENO CHE di Carol Shield
pubblicato da: Mirna - 5 Febbraio, 2012 @ 5:54 pmLa storia ruota intorno a Norah che appena diciottenne decide all’improvviso di vivere all’angolo di due strade di Toronto. Sta seduta senza parlare con un cartello appeso al collo con su scritto BONTA’.
Possiamo immaginare quello che può provare una madre? In questo splendido romanzo di Carol Shield seguiamo passo passo l’angoscia e tutta l’esistenza della madre  Reta Winters, l’io narrante.Â
 “Sono entrata da poco nella maturità e ho una figlia che vive per strada.”Â
Ecco le considerazioni di Reta che si sentiva serena della sua famiglia unita, della sua bella  casa, della sua carriere di traduttrice e scrittrice.
Capitolo dopo capitolo non entriamo solo nei personaggi, ma nella Vita che appartiene a tutti, che ci confonde, ci rallegra, ci angoscia.
Le domande che Reta si pone per capire la fuga della figlia vanno da analisi approfondite su di sè e le probabili manchevolezze di madre ad accuse alla società maschilista che percepisce pesantemente anche nel mondo della cultura. Si chiede se anche Norah ha percepito di appartenere all’altrà metà dell’umanità : quella che nei secoli non ha mai avuto voce, quella che per salvarsi fugge dentro di sè.
Danielle Westerman, la scrittrice femminista di cui Reta sta traducendo la biografia le dice che forse Norah si è rifugiata dove si rifugiano tutte le donne senza potere, nella totale passività . Non facendo nulla per chiedere tutto.
Ma Reta ripercorrendo la sua vita di madre  ripensa a quella sua seria e riflessiva bambina, ai suoi sentimenti di amore per il Tutto, alla quale sembrava troppo poco amare i genitori, le due sorelle, il suo ragazzo. Forse nel suo desiderio di trovare l’Assoluto, in un eccesso di vita e gratitudine per la Bellezza e la Ricchezza dell’universo si è sentita incapace di reggere tale grandezza. Forse se ne sente esclusa, come se non fosse stata invitata.
Intanto Reta prosegue il suo romanzo, parla di sè come  della scrittrice che scrive di essere scrittrice in una sorta di vortice di esperienze di vita che risucchiano e centrifugano emozioni, pensieri, speranze, dolore.
Frammenti di vita di coppia, di ricordi d’infanzia, di tenerezze con le figlie di tale struggente intensità che ti senti coinvolta in questo dramma e vuoi sapere, sapere. E leggi fintanto che la luce del pomeriggio non si spegne, ma poi sai che leggerai anche a letto.
E’ questo un libro edito dal Ponte alle Grazie nel 2003. Da leggere assolutamente, cercatelo in Biblioteca come ho fatto io.
Mi sono ritrovata completamente in questa donna che si interroga punto per punto su quella sorta di inquietudine che serpeggia più o meno  invisibile in noi , dalle piccole quotidianità , al rapporto con gli altri, al nostro essere Donna.
A meno che, Unless, “è la voce dell’inquietudine: la senti appena, eppure tutto dipende da questo sussurro: A meno che: è la congiunzione inerte che porti con te, come una pietruzza nella piega di una tasca. Sempre presente, o assente. “
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TRA UN LIBRO E L’ALTRO
pubblicato da: Mirna - 2 Febbraio, 2012 @ 9:02 amTra una lettura e l’altra, tra un post sui libri letti ed apprezzati e l’ascolto di consigli di diversi tipi di lettori - e presto anche incontri in un caffè-libreria –  che cosa mi piace fortemente? La storia dell’arte.
Visitare una mostra è un’esperienza totalizzante, “entro ” nei quadri che mi piacciono e mi aggiro tra i loro colori, i prati, gli ambienti privati. Naturalmente adoro Vermeer e la luce delle sue case olandesi o  della famosa Veduta di Delft amata da Proust, e poi attraverso i secoli arrivo a “gironzolare” nei giardini magici di Giverny con Monet e i suoi colleghi impressionisti. E che dire di Van Gogh?  In cucina (dalle pareti gialle ) ho un poster sul famoso caffè giallo di Arles dove per ben due volte “costrinsi” mio marito a sedersi con me e mangiare (cibo pessimo), per poter “entrare dentro il quadro” sotto la notte stellata estiva.
L’arte contemporanea mi è molto meno familiare, come faccio ad entrare nei tagli di Fontana o nelle teche che contengono animali spezzati conservati in formaldeide?
 Già il libro di Mauro Covacich  di cui vi ho parlato giorni fa mi spiega qualcosa, ma ancor di più sto capendo ed imparando come appprezzare l’arte contemporanea seguendo le lezioni che l’esperta  Giovanna Nicoletti tiene all’Università della Terza età . Chiarissima, appassionata l’altro giorno mi ha fatto amare David Hockney, settancinquenne che sta dipingendo usando la tecnologia dell’I-pad. Poi naturalmente tutto viene trasposto su tela o su tele piccole avvicinate come pezzi di un puzzle. David Hockney è felice dei supporti digitali perchè può creare sempre e ovunque e tutto ciò che è elettronica, tecnologia computeristica avanzata lo mette di buon umore. Insomma su una lavagnetta digitale egli disegna e colora direttamente con la punta delle dita.
I suoi quadri sono coloratissimi, influenzati dalla pop art e dal cromatismo della sua vena fauve.
In queste lezioni di Giovanna Nicoletti su “la storia dell’arte contemporanea : la natura dell’esperienza” si è partiti dal concetto di Bellezza come Verità ricordando Keats e la sua “Ode davanti a un urna greca“. Un oggetto di uso comune valutato già come opera d’arte. Perchè l’arte può occupare altri spazi, può essere influenzata dalla filosofia, dalla psicoanalisi, perchè c’è sempre una ricerca per poter esprimere la realtà .
Se Malevic nel 1919 ci dà un quadrato bianco su un tela bianca e  ci fa intendere di aver tratto l’essenzialità della realtà , Damien Hirst il più famoso e ricco artista vivente ci dà degli scossoni. Nel suo caso l’arte è la sua originalità nel vedere e trapassare la realtà , e senza essere un bravo pittore, come è invece Hockney, ci fornisce operazione smascheranti lo stesso sistema dell’arte. L’artista, ed ecco perchè è un artista, ci sollecita a riflessioni giganti, universali. Nelle sue teche che conservano tranci di squali o di ovini scopriamo che non sappiamo perchè si muore, ma possiamo vedere come si muore. Insomma ed ecco i punti chiave del suo messaggio artistico forte … interno, interiora , interiorità .
Famoso di Damien Hirst è il teschio ricoperto di diamanti Svarosky nel quale ritroviamo secoli di pittura sul memento mori, ma qui tradotto per l’era contemporanea consumisticia e alla moda!
Nel nostro mondo di contraddizioni, di fragilità estreme, di violenze gratuite, di desiderio di pace o di trasgressioni individualistiche che cosa meglio dell’Arte può tradurre questo nostro nervoso e ansioso vivere?
TRENTO DA …LEGGERE
pubblicato da: Mirna - 31 Gennaio, 2012 @ 6:09 pmLeggere è uno dei massimi piaceri per me, non solo perchè si entra in un’altra vita o in altri pensieri, ma perchè l’esperienza emotiva e conoscitiva che si  prova ci arricchisce enormemente.
 Normalmente è un’attività da vivere in tranquillità distesi su un divano o sul letto, seduti sotto un albero o in spiaggia, ma tutti quei momenti intensi di emozioni e di epifanie si amplieranno se poi verranno rivissuti e  condivisi.
 Ecco perchè da sempre mi piace scrivere di ciò che leggo, per ricordare e  per assaporare meglio l’esperienza. E mi piace farlo da letttrice comune –  come sono -, non da critico proprio per lasciare intatta la mia intuizione, la mia libertà di giudicare.
 Amo molto condividere, come in questo Blog, le mie impressioni. Confrontare i gusti, le affinità o le discordanze sollecita riflessioni profonde.  E’ ciò che avviene anche nei numerosi  Circoli letterari tra gruppi di persone che si aggregano o disgregano nel parlare di un libro o di un autore.  Ne ho grande esperienza. Generalmente ci si incontra a casa di amici o in Biblioteca.
 Ma Trento ci offre un’altra possibilità . Parlare di letture e bere un caffè, una cioccolata …circondati da scaffali pieni di libri da aprire, annusare, sfogliare…
Dove? Al Libri & Caffè di via Galilei, 5.
E’ dove invito coloro che si affacciano alla Trento Blog.
Lunedì 6 febbraio alle 17,30 … nell’Angolo-Papiro, come mi piace chiamarlo, per c0nfrontare le nostre letture.
Incontri quindicinali, il primo e il terzo lunedì del mese.
Mi piace pensare al Papiro non solo come alla pianta che ci ha dato la possiblità di scrivere più facilmente, ma alla pianta che costeggia fiumi tranquilli come il Nilo e  il Giordano. Quella tranquillità piacevole che avanza ad ondate più o meno piene come  un incontro di Lettori può suscitare.
Ricordo ancora vivamente  l’immenso piacere provato  a Ithaca, nello stato di N.Y, quando  dopo un sostanzioso brunch in una caffetteria-libreria, mi sedetti  su una poltroncina e presi dallo scaffale La vita di Ted Hughes, il poeta marito di Sylvia Plath! Ne parlai subito con Stefania e Gary.
 E fra me e me dicevo “Perchè non c’è qualcosa di simile anche a Trento? ”
 Ebbene c’è. L’altra mattina mentre mi  accordavo con il libraio Andrea Mattei ho apprezzato ancora una volta il suo spazio dove  il profumo dell’espresso  aleggiava intorno e dove  alcuni clienti leggevano il giornale mentre  altri cercavano le ultime novità tra gli scaffali.
Ecco mi piacerebbe, in questi pomeriggi invernali che fortunatamente si stanno allungando, ritrovarmi  con altri lettori  per raccontare dei “miei” libri ed ascoltare degli “altri”.
Rimaniamo dunque in qualsiasi modo ancorati all’amore per la Lettura, questa passione che ci strugge di emozioni, ci rafforza di consigli e d’identificazioni, che ci fa percepire che siamo vivi e palpitanti!
IL SIGNORE DELLE ANIME di Irène Némirovsky
pubblicato da: Mirna - 27 Gennaio, 2012 @ 9:58 amRicordare la Némirovsky oggi, 27 gennaio, mi sembra doveroso. E’ la Nèmirovsky  uno dei tanti milioni di esseri umani uccisi da esseri che avevano perso la loro umanità .
E’ il giorno della Shoa, che non dobbiamo dimenticare.
Proprio ieri, tornando da Padova con il trenino della Valsugana che attraversava paesaggi ancora invernali ho finito di leggere il suo ultimo romanzo, questo splendido “Il signore delle anime”. Accanto a me un’altra passeggera leggeva “Suite francese”.
Un titolo particolare per raccontare di un medico levantino che vuole riscattare le sue umili origini , la sua fame e povertà di generazioni e generazioni di stranieri reietti  ed entrare in quel mondo fasullo, avido, ipocrita della Parigi degli anni tra le due guerre.Â
 Il dottor Dario Asfar diventa una sorta di psicoanalista che con ricatti morali, disonestà , imbrogli entrerà a far parte di quel mondo che lui vede come il traguardo dovuto agli emarginati di sempre.
Ma non trova la felicità buttandosi come fanno  tanti personaggi della Némirovsky nell”ambiente dominato dai beni materiali, e nel fondo del suo animo oscuro rimarrà sempre la traccia dolorosa  di un’ineffabile desiderio di purezza, anch’esso simbolo di superiorità a lui negata per destino.
Quanti personaggi simili Irène Némirowsky ci ha descritto,  da David Golder ai suoi stessi genitori raccontati questi ultimi  con dolore ed amarezza ne “Il vino della solitudine”.Â
Questa scrittrice nata nel 1903 a Kiev ha scritto tantissimo durante la sua breve vita! Quale rifugio e consolazione  sarà  stata per lei la scrittura!
 Fuggita dopo la rivoluzione del 1917 in Finlandia e poi a Parigi ha potuto descrivere con acutezza il mondo intorno a sè. E’ lei stessa “una signora delle anime” che senza eccedere nel giudizio morale “fotografa”  spietatamente il  mondo dorato e fasullo  in cui vive.Â
Ha solo 39 anni nel 1942 quando morirà nel campo di concentramento di Auschwitz
Anni dopo le sue due figlie scopriranno in una valigia altri suoi romanzi.
E da pochi anni finalmente la Adelphi ha iniziato a pubblicarli.
Questo “Il signore delle anime” è l’ultimo.
Ma i lettori appassionati conosceranno tanti altri titoli, da Il ballo, Due I doni della vita, Jezabel…in questo mio blog ne appaiono parecchi. Basta cercarli nell’archivio che contiene più di settecento consigli di lettura.
P.S.
Notevole la postfazione di Olivier Philipponnat e Patrick Lienhardt “La dannazione del dottor Asfar”
I RICORDI MI GUARDANO di Tomas Transtromer
pubblicato da: Mirna - 23 Gennaio, 2012 @ 8:01 amNella sua  ultima raccolta di poesie “Il grande mistero“ del 2004, Tomas Transtromer , Nobel per la letteratura 2011, approda inevitabilmente alla scarna  linearità degli haiku.
La sua ricerca dell’essenzialità  ci regala così  significati concentrati, densi . I suoi haiku non sono mere pennellate o tagli di un improvvisato pittore che non sa fare altro, sono i  segni e i colori  di chi sa dipingere anche una Cappella Sistina. Similitudini e metafore sono le figure retoriche per eccellenza che nell’anima svedese di Transtromer sembrano ancora più incisive.
Scorre la notte / da est a ovest svelta / come la luna.
La morte si china / e scrive sulla superficie del mare. /La chiesa oro respira
Sento il mormorio della pioggia. / Io sussurro un segreto /Â per entrarvi dentro.
 E poi dopo la scrittura …il silenzio. Si è entrati per un attimo in un profondo afflato con se stessi e con l’universo.
Ma come si è formato il Transtromer poeta che ci offre nelle poesie la sua anima svedese talvolta nitida, fredda, brulla come il paesaggio della sua terra?Â
 In questo libretto azzurro ci  racconta di sè bambino , di sè  adolescente timoroso del buio in attesa del sole, della luce che riuscirà alfine a  raggiungere attraverso la poesia .
E’ veloce ed  essenziale questa sua breve autobiografia “I ricordi mi guardano” (ed.Iperborea) dove egli si presenta spiegando che vede la sua vita, alla soglia dei 60 anni   come una stella cometa.
“La mia vita” : quando penso a queste parole mi vedo davanti una scia di luce. Vedo una stella cometa” La testa è la più luminosa, è l’infanzia, è l’adolescenza”
Sono i primissimi anni in cui vengono decisi i tratti fondamentali della nostra esistenza. Non è così per tutti ? Poi la coda si fa più rarefatta, si dirada.
Ed allora si ritorna indietro ai ricordi importanti, basilari, salienti, quelli belli e significativi come la passione per l’entomologia, la geografia, la natura , la MUSICA  e i LIBRI.
O a quelli  angosciosi, quando ad appena quattro anni  “perde” la mano della mamma e si ritrova a vagare solo per la città , o il divorzio dei genitori, i ragazzi prepotenti della scuola, una grande depressione a 15 anni nello scoprire il potere delle malattie e della morte.
Questi ricordi ci vengono descritti con la precisione dell’entomologo, ma improvvisamente, nel rammentare un compagno di scuola morto prematuramente ecco emergere  il poeta : “Di Palle che è morto quarantacinque anni fa senza diventare adulto, mi sento coetaneo….ma dentro di me porto tutti i volti passati come un albero i suoi cerchi. La loro somma sono io.”
Transtromer si laurea in psicologia e lavora nelle carceri minorili e in scuole per giovani disadattati, ma inizia a scrivere poesie molto presto. A 23 anni pubblica la sua prima raccolta. “17 dikter”
I suoi versi sono attraversati  dalle antiche tradizioni vichinghe , dai classici greci e latini, dalle saghe nordiche,  ma poi l’infinitamente grande viene compresso nell’infinitamente piccolo, nella miniatura dell’haiku giapponese dove viene racchiuso il sunto del suo pensiero poetico
Proprio qui il sole ardeva…/un albero dalla vela nera / di troppo tempo fa.
Lo stesso mondo che noi vediamo ci viene scomposto, rimodellato, affilato come su una lama di un rasoio al limite tra il mondo esteriore e interiore.
Sia nelle sue poesie che ci guidano nella ricerca  dell’abisso inesplorato del suo Io sia nella sua unica breve opera narrativa, I ricordi mi guardano,  Transtromer si rivela uno scienziato, uno scienziato dell’anima che conduce anche noi lettori nel nostro profondo.
 E durante o dopo ogni lettura nuovi interrogativi, nuove riflressioni sorgono in noi : come vediamo la nostra vita passata, possiamo definirla “una scia di luce” come la percepisce Transtromer?
Qualche tempo fa chiedevo alle mie amiche di definire la propria vita con una metafora: qualcuna parlava di croce di ferro, altri di una nube non ben definita , chi  di un fuoco, io avevo visualizzato un cesto di nastri colorati, che all’accorrenza potevano alzarzi in volo come un aquilone…
E voi?
TRENTO DA …LEGGERE
pubblicato da: Mirna - 21 Gennaio, 2012 @ 9:49 am Come scrittrice e come persona. Il successo de “La vita accanto” va di pari passo con l’entusiasmo che tutti i Trentini hanno provato nel conoscere questa straordinaria persona modesta nell’atteggiamento, misurata nel porgersi, attenta e penetrante nel relazionarsi con ognuno di noi.
Non è questo che desideriamo in questo mondo frettoloso, superficiale, colmo di anti-valori in cui spesso ci sentiamo inadeguati, appena appena appesi alla zattera che veleggia verso il successo, l’apparenza, il denaro, il protagonismo?
Se condividiamo il pensiero e la weltanshauung di Mariapia Veladiano siamo rassicurati ed ancor più lo siamo perchè lo leggiamo nei suoi scritti….quindi è vero…anche i deboli, i “brutti”, i timidi, i non prepotenti ed aggressivi possono essere salvati e  gratificati. Certo dagli altri, purtroppo pochi, ma bastano pochi “giusti” per dare speranza e senso alla Vita e da noi stessi con la forza persino dei nostri dubbi, ma con la consapevolezza che la Bellezza non è solo quella esteriore.
Sì, abbiamo bisogno di più persone come Mariapia Veladiano che guarda ognuno di noi con attenzione, con sguardo diretto instaurando immediatamente un canale di reciprocità che ci fa sentire privilegiati. Perchè siamo Noi, perchè ognuno di noi è un piccolo mondo con una sua storia da raccontare e da condividere. Perchè siamo unici.
Perchè quando le parlai per un attimo provai la gioia di entrare immediatamente e completamente in sintonia con lei?
Senza sovrastrutture nè pseudo borghesi, nè di complimenti obbligatori, nè di sicumera, nè di possessività …ma sensazione di trasparenza, sorridente chiarezza, piacere di intrecciare pensiero con pensiero, voglia di diventarle amica.
Sì, voglia di Veladiano e di persone come lei.
I LUOGHI PIU’ LONTANI di Per Petterson
pubblicato da: Mirna - 19 Gennaio, 2012 @ 2:14 pmQuando prendiamo un libro in mano ed iniziamo pagina dopo pagina a leggerlo entriamo nella vita di altre persone, sia reali che immaginarie. La domanda che spesso mi pongo è che cosa mi attrae di quella storia che mi fa continuare la lettura: è che lentamente i miei  pensieri e le mie aspettative si intrecciano con il linguaggio e la mente dello scrittore. Come in questo caso.
 Un uomo, Per Petterson, racconta in prima persona la vita di una donna danese.
 Siamo nel nord della Danimarca, nello Jutland? Certo nel luogo più lontano da Copenhagen. Un luogo che non viene nominato per sottolinearci forse quel nulla da cui iniziamo a  formarci e che non riusciamo a definire.
Se avete voglia di immergervi nel vento salmastro del mare del Nord e in cittadine dal nome duro e graffiante come Skagen  o altre questo è il vostro libro. Vien voglia di aprire l’atlante e di ripassare geografia. Se avete voglia di ritmi lenti e di soste, – un libro della sosta un critico lo ha definito - questo è per voi.
C’è una bellisima descrizione di una gita a Skagen da parte della famiglia della protagonista allora appena dodicenne dove un vento gelido avvolge e aggredisce tutti “sentivamo il vento sbattere contro ogni cosa si trovasse sulla strada su cui camminavamo, stretti l’uno all’altro come una famiglia in fuga dalle cannonate“, ciononostante per la ragazzina rimarrà un ricordo indelebile, incorniciato come tante altre immagini che riaffiorano raccontate al presente nella narrazione generale della sua vita.
Tanti quadri intensi come la notte trascorsa con l’adorato fratello maggiore nella stalla alla ricerca di brividi avventurosi o la serata nell’osteria Vinkiaederen per riportare a casa il nonno ubriaco.
Vita dura , fredda. La ragazza bruna,  muscolosa forte come i nomi delle località danesi ha un sogno: andare in un luogo lontano, come  la Siberia che lei idealizza come un luogo “caldo” dove  realizzare il sogno comunista di suo fratello Jesper che a sua volta desidera andare lontano lontano, in Marocco. Jesper, sua stella polare, suo grande “amore”.
 Entrambi vorrebbero fuggire da un eterno inverno interiore, da  un padre che non vuole mai sorridere e da una madre distratta che se ne sta per ore al piano a suonare e cantare salmi.
Intanto la vita di questa ragazza , di cui non conosceremo mai il nome prosegue. Si arriva all’invasione tedesca e all’odio per i nazisti , ai lavori in Svezia e in Norvegia.
Che particolare creatura è questa donna, desiderosa di libertà , forte anche fisicamente al punto di riuscire a salvare sia il fratello adorato che un soldato dall’annegamento, capace di sogni notturni forti e paurosi, ma altrettano capace di soffermarsi sul momento che vive con grande intensità . Ecco le soste di immersione nel’attimo vissuto.
Bellissimo il ricordo “fotografato” dalla sua mente di diciasettenne, un ricordo più vivido di una vera foto “Sono in mezzo alla stanza, distante da tutto e penso che voglio ricordami per sempre di me stessa così, sola sulle piastrelle bianche e nere con la camicetta gialla nella penombra, e sollevo le braccia e le tengo distese in alto …ballo una danza così silenziosa che solo io posso capirla…ho diciasette anni e danzo così lentamente che nulla va perduto da quanto fa parte di me fino a questo momento.”
Ecco dove mi ritrovo, in questi attimi metacognitivi e vissuti a tutto tondo.
Se rileggo i miei diari di adolescente trovo immagini pregnanti come questo e certi ricordi molto più netti che quelli sulla pellicola.
Credo che succeda a molti, non è così?
I luoghi più lontani, ediz. Guanda
TRENTO DA… LEGGERE
pubblicato da: Mirna - 16 Gennaio, 2012 @ 7:38 amTra una lettura e l’altra cosa si fa a Trento, la città più vivibile d’Italia? Si va a zonzo.  Parlo per quelli come me, poco sportivi, un po’ languidi, che amano passeggiare lentamente fra vie larghe rinascimentali, vicoletti e portici medievali e osservare la gente che cammina, che corre al lavoro, che si ferma davanti ai negozi, e si spera, anche dentro per fare un po’ di acquisti “salva Italia”.
Ho sempre ritenuto Trento, a prescindere dalle valutazioni dell’Istat, una città dove la qualità della vita è molto buona per tutti. Ciò che offre questa città ordinata, rispettosa e gentile è molto. Non solo passeggiate cittadine gradevoli sia in centro che lungo i suoi fiumi, ma chiese e musei bellissimi, mostre, conferenze, concerti e iniziative culturali di vario genere. E teatri, cinema, bar, biblioteche e librerie.
Ed ecco  dove voglio  sostare in questo mio andare a zonzo per la città – come diceva di fare anche  Giovanni Verga quando abitava a Milano - mi fermo davanti  a  “Libri & caffè” de  Il Papiro in  via Galilei, 5.
Ed entro. E’ questo il luogo dei miei sogni di lettrice appassionata che  in questo contesto può accoppiare un piacere con un altro piacere: quello di bere un caffè tra i libri e possibilmente parlarne con amici.
Eccoci dunque in un delizioso angolo luminoso e tranquillo dove una musichetta americana quietamente accompagna le nostre mani che sfogliano i volumi posti tutto intorno ai tavolini per le consumazioni.
Che bellezza essere librai, penso! Il mestiere più bello del mondo! Chiedo conferma al libraio stesso, Andrea Mattei, seduto ad una piccola scrivania dietro il bancone del bar e sommerso da carte, faldoni e libri. Che cosa signica la professione di  libraio a Trento, – gli chiedo – nell’attuale contesto di grandi librerie?
Il pericolo è proprio nei grandi stores che vendono non solo cultura – riflette - ma gadget, riviste, CD ecc. e che possono oscurare se non addirittura far sparire i piccoli spazi di ricerca accurata e meditata di un libro.
Ricordate il film “C’è posta per te”? Quello con Meg Ryan e Tom Hanks? Ebbene si parla proprio di una piccola libreria risucchiata da un megastore.
Ma qui non siamo nella eccessiva New York – sebbene quest’ambiente mi riporta proprio in quella città per l’atmosfera trendy, unica, soft , da Greenwich Village – siamo a Trento e noi sappiamo gustare ed apprezzzare un luogo così prezioso.
Che gioia sedermi al tavolino sorseggiando un caffè e parlare con Andrea dei libri più venduti in questo ultimo mese! Mi mostra i più richiesti “La storia di trento“, “Io e Dio” di Vito Mancuso, “Il linguaggio segreto dei fiori“ di Vanessa Diffenbaugh e “I ricordi mi guardano” del premio Nobel Tomas Transtromer. ( Ah, questo lo voglio leggere subito, poi forse passero ai “fiori”)
Gli chiedo se ha le poesie euro-occidentali e americane tradotte da Boato e lui mi porta i due volumi bianchi, ma vedo anche le prose di Hopper, le ultime riflessioni di Magris, tutti gli ultimi romanzi compreso “La vita accanto” .
Entra una ragazza bionda e chiede di “Eva dorme”.
Andrea un po’ si lamenta del fatto che ormai i titoli sono raddoppiati, triplicati, lo spettro di informazioni si è ampliato terribilmente e non si riesce ad accontentare le mille richieste dei generi più disparati, dai “mille” manuali per cucinare meglio - ma non tutti sono Artusi – alle autobiografie di personaggi televisivi. Ma il mio “fiuto” di lettrice abbastanza esigente trova in questo salotto - e perchè non farlo diventare un piccolo angolo di informazione ? – titoli appaganti e interessanti.
Nel frattempo sono arrivati Andrea Bianchi e la mia amica Daria.
Il tempo passa in modo piacevole in questo angolo di paradiso.
Ma attenzione! La Trento da …leggere continuerà …tra un libro e l’altro
CORPI ESTRANEI di Cynthia Ozick
pubblicato da: Mirna - 11 Gennaio, 2012 @ 8:26 amSignificativo il fatto che Camilla ed io abbiamo scelto lo stesso libro di Cynthya Ozick negli stessi giorni:  io in Biblioteca, lei in libreria. Ma come fa quella adorabile lettrice ad essere così veloce?
 Infatti stamattina mi trovo il suo entusiasta commento poco prima della mia intenzione di scriverne.
Allora decido ridendo di  restare sulla stessa storia e completarla con le mie impressioni.
Sembra quasi che in copertina ci siamo …noi due!
Il personaggio principale del romanzo è Bea, insegnante di letteratura inglese di mezza età che vive solitaria in una New York degli anni Cinquanta. Ha avuto un grande amore, Leo, un  musicista del quale rimane soltanto il pianoforte a coda, trattato come un totem, come un oggetto sacro da non toccare, esso occupa infatti  gran parte del mini appartamento di Bea, come in realtà il ricordo di Leo  occupa tutta la sua mente.
Forse per questo si lascia “ricattare” dal fratello- lontano – Â ma ancora padrone – Â a rintracciare i figli fuggiti da lui o meglio dal “suo cervello”onnipotente ed onnipresente.
Ritrovare un po’ di famiglia? Aiutare gli altri per vocazione? Trovare un senso alla propria vita?
I ragazzi fuggiti a Parigi la trattano però come un’estensione del padre tiranno che è riuscito persino a far internare la moglie in una casa di cura. Ma Bea non si dà per vinta e pur agendo in modi che non sempre avranno gli esiti sperati procede, va avanti nella vita con generosa caparbietà .
Lettura intensa, che ci parla di partenze, di ritorni di “corpi estranei “, di ricerca di sè.
Ma che cosa voleva questa Bea dalla vita? Giovanissima , proprio dopo l’incontro con Leo, il suo egocentrico e appassionato musicista, aveva compreso improvvisamente che la sua vita doveva contare qualcosa in questo pianeta …come la poesia contava qualcosa per lei.
 “Tutto d’un colpo lei comprese; era questo che cercava: essere connessa in modo intimo a un miracolo, a una potenza, un prodigio, all’altra faccia della luna, là dove i comuni mortali non potranno mai andare”
Edizioni Bompiani, 2011
LA SORELLA DI FREUD di Goce Smilevski, ed. Guanda
pubblicato da: Mirna - 8 Gennaio, 2012 @ 8:27 am“Tra un libro e l’altro” la nostra vita prosegue e, come nei libri, si  volta pagina o ci si sofferma su alcuni “paragrafi” pregnanti.
Miki e suo marito Emiliano sono stati qui a Trento per continuare quell’afflato di consonanze ed amicizie nato proprio dalla comune passione per la lettura. Chi legge potrebbe pensare “Siamo alle solite, un piccolo gruppo che si fa complimenti”…no, non è così, almeno io credo. Sono certa che ognuno di noi rappresenti una cartina tornasole di ogni tipo umano con le caratteristiche certamente uniche, ma anche riconducibili all’universale.
Miki che arriva con la pancetta di 5 mesi , sempre golosa di emozioni, con occhi e sorriso trasparenti e comunicativi così somiglianti a quelli di mia figlia, e con suo marito “Il mio Mr. Darcy” confida. E tutti noi amici le siamo intorno e intrecciamo pezzi della sua vita con la nostra, condividiamo momenti magici in questa Trento che si spoglia delle luci natalizie, o immagini  di rara bellezza a Castel Toblino con Riccardo o a Levico con Camilla e Dario. E intorno a tavoli e tavolinetti per pranzi e teas con Maria Teresa (cuoca sublime) Enza e Raffaella. Calore di questa fine festività … che a me dà un certo sollievo perchè amo voltare pagina.
EÂ voi?
Ma un libro adatto alla visita di Miki non c’è perchè sto leggendo una storia forte, drammatica. Ma non è così la vita? Noi cerchiamo con tutte le forze un’armonia assoluta tra ciò che sentiamo e ciò che avviene intorno…ma non è sempre così. Allora ci adattiamo.
 Però…che cosa trovare che accomuni la dolce Miki in attesa e la sorella di Freud? Proprio la maternità .
Gira e rigira per noi donne questa sembra essere la completezza del nostro ruolo. Se ne potrebbe discutere sempre…
 In questo Blog di suggerimenti di lettura si torna all’Ottocento, primi Novecento, dove veramente una Donna era un individuo, un’identità soltanto attraverso il matrimonio e la maternità . Non si sottrae da questo pregiudizio neppure Alfonsine, una delle sorelle di Freud, che nel libro è la narratrice. Ma per essere esatti non è soltanto la mancanza del raggiungimento dello status quo designato alle donne che la rende infelice portandola a rifugiarsi nella “pazzia” -come tante altre donne dell’Ottocento, da Camille Claudel, alla figlia di Victor Hugo ecc. – Soprattutto in questo caso è  la mancanza dell’amore materno, del riconoscimento della sua validità di persona- individuo negatole dalla madre.
Perciò si parla dell’Io che Sigmund Freud, definendosi novello Mosè, voleva liberare dalla prigionia. Dell’Io, della concezione del Sè che se si frammenta porta alla deflagrazione e all’estraniamento dalla Vita.
Questo giovane autore macedone, Goce Smilevski, ci regala una immaginaria autobiografia di una delle sorelle di Freud, quella che più si sentiva in simbiosi con il futuro padre della psicoanalisi, quella alla quale rimane solo il ruolo di Sorella essendo una  Figlia “ripudiata”e mai moglie e madre.
Entriamo nella Vienna di un secolo fa, leggiamo delle scoperte e delle riflessioni di Freud, riascoltiamo ancora una volta la difficoltà della Donna ad essere Individuo a sè stante.
Ma leggiamo anche della Follia che cattura sia donne che uomini e seguiamo rabbrividendo d’orrore la storia di come la società ha trattato queste persone diverse. E per molte pagine entriamo nella clinica psichiatrica Il Nido dove Alfonsine viene ricoverata per 7 anni e dove condivide la stanza con Klara Klimt, sorella di Gustav. Conosciamo personaggi incredibili e commoventi come Max e Buonanima che si amano “avvicinandosi come si avvicinano il cielo e la terra in un punto lontano, …a unirli era solo lo sguardo rivolto all’orizzonte che per loro non era unione, ma neanche divisione”
Un libro complesso e impegnativo. Terribilmente bello.
“L’originalità della storia e gli straordinari mezzi espressivi del giovane autore attirano l’immediato interesse degli editori stranieri”
Goce Smilevski vince lo European Prize for Literature 2010.