UN GIOCO DA RAGAZZE di Marina Terragni

pubblicato da: Mirna - 1 Settembre, 2012 @ 7:58 am

Settembre. 

 La rentrée come dicono i francesi. 

E nuovi libri da leggere e sfogliare, in libreria, in biblioteca, al Libri & Caffè di via Galilei.

 

 

Rizzoli editore

 

 

Un libro di politica, giocoso, ma non troppo.

In cui si dice – ma noi donne lo sappiamo gia’ da un pezzo – che il sistema patriarcale e’ fallito su tutti i fronti.

Non per auspicarne uno matriarcale, ma sarebbe saggio e utile  provare ad affrontare la politica e la vita sociale con la ricchezza che la differenza fra I sessi ci offre.

“the opposite to patriarchy is not matriarchy, but fraternity” canta Sinead O’Connor. Vera fraternità,

Forse, scrive Marina Terragni, stiamo vivendo il grande momento della svolta in cui finalmente si sta prendendo atto che le donne in politica potrebbero fare qualcosa di meglio che prendere soltanto il “potere”.

I partiti sono  un’istituzione maschile ed ora sono tutti al collasso, almeno qui in Italia.

Cerchiamo di ribaltare la questione: non abbiamo una questione femminile, ne abbiamo una maschile.

I paragrafi si succedono con tante riflessioni interessanti, intriganti, divertenti e serie.

Cio’ che la giornalista sottolinea in quest sue pagine e’ sempre l’importanza della voce delle donne che deve farsi sentire in modo incisivo e senza voler imitare gli uomini – guai, visto gli effetti -, ma operando con quelle doti femminili di buon senso, attenzione “materna” verso tutto e tutti e con questo si intende oltre le persone, la natura , gli animali .

Fare ordine, parlare con la propria voce, imparare da noi donne, non cedere alla costrizione del dominio.

Ricordiamo il bellissimo film “Il discorso del re” in cui Giorgio VI d’Inghilterra non riesce a sostenere il potere ed anche quello di Nanni Moretti in cui il papa  fugge disperato di fronte al soglio.

Dobbiamo stare attente appunto a non imitare I maschi.

La Terragni si chiede infine se tocca alle donne salvare l’economia, salvare la democrazia e tutto cio’ che va salvato.

 

Intanto leggo che la presidente del Brasile, Dilma Rousseff, ha avuto una splendida idea…da donna!

Ha disposto che se i detenuti leggeranno un libro al mese –di narrativa, filosofia o scienze- corredato da relazione motivata potranno scontare 4 giorni di reclusione dalla loro condanna. Possono raggiungere un massimo di 48 giorni ogni anno.

 

Mi sembra stupenda l’equivalenza tra libri e liberta’

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LE CRONACHE DI…BORZONASCA

pubblicato da: Mirna - 28 Agosto, 2012 @ 6:51 pm

Quinta ed ultima puntata…per questa estate calda

 

Credo che di Borzonasca mi mancheranno, oltre al verde e alla quiete, I suoi odori, ma non solo quelli bruciati dal sole come il timo, l’origano o quelli che nella frescura della sera arrivano dagli orti come il basilico e l’alloro, oppure le piante di melissa e di”incenso” che se accarezzate ti lasciano sulle mani sentore di limone …

mi mancheranno gli odori che escono dalle case: il minestrone che bolle con mille verdure, i  polpettoni che si “crocchiano” tra zucchine, fagiolini e pan grattato, il sentore di profumi lontani  e d’altri tempi .

Chiedo ai vicini che cosa stanno cucinando mentre affondo  con nostalgia in ricordi di minestre che la nonna toscana mi preparava, sapori che non riesco mai ad imitare…sedano, alloro, rosmarino…

Stanno invece preparando  la salsa di pomodoro, ne verranno tanti vasetti.

Eh, si’ i pomodori  sono stati copiosi in questa estate soleggiatata.

 

Ma sapete qual e’ il profumo che mi sveglia ogni mattina? Quello delle “Ruette” di Macera.

Il piccolo forno della pasticceria si trova di fronte alla mia casa, nello stesso carruggio.

Odore di burro, zucchero leggero, doratura di biscotti, questa la semplice ricetta, ma antica e un po’ segreta – forse per le dosi- forse per la cura tramandata di generazione in generazione. Fatto sta che questte “rotelle” ( biscotti a forma di piccole ruote } sono famose in tutto il mondo, dagli Stati Uniti, al Canada , dalla Svizzera all’Argentina. Persino a papa Giovanni Paolo II, in visita a Chiavari nel 1998,  ne venne offerto un grande cesto.

 

La prima ruetta venne creata nel 1870 da un fratello del bisnonno dell’attuale proprietario, Gian,  che lascia pero’ la gestione al figlio Ettore e alla nuora Serena che si e’ rivelata un’ottina pasticcera degna di tanta tradizione familiare.

La vedo bionda e pallida, dai capelli raccolti come in un dipinto de Botticelli che entra ed esce dal forno o si sistema dietro I banco per incartare nella tipica carta rosa le sue ruette fragranti.

“Da in stampo a man

A ruetta a l’e’  nasciua

De anni da alua ne’ passou

Ciu’ de centi n’ho contou.”

(mancano ourtroppo tutti gli accenti giusti, maRiccardo se leggera’ potra’ tradurre)

 

Qusti versi sono stati scritti da Marisa Melioli Macera ‘ la mamma di Ettore, una gentile e dolce signora che ora non c’e’ piu’.

Ricordo il suo sorriso talvolta melanconico perche’ Marisa era una poetessa ed io trovo che” è del poeta  la malinconia” proprio per il fatto di riconoscere la bellezza e sapere di non potersene appropriare.

Mi parlava appunto di questa sua terra bellissima ed amata , di questa vallata che cercava d possedere attraverso I suoi versi.

Presto lascero’ Borzonasca per quest’anno percio’ mi sembra d’obbligo rendere omaggio a qusto pezzo di Liguria d’entroterra  con una poesia di Marisa Macera

 

VALLE STURLA

 

MI APPARI COME SEI,

NON DIVERSA DA COME

PARLANO DI TE LE TUE BALZE.

 

TI VEDO RADICATA

ALLE ANTICHE CREUZE

CONSUMATE DA PASSI CHIODATI.

TI SENTO NELLA NOTTE

PROFUMATA DALL’INCENSO DEI PINI,

CONVERSARE CON I FAGGI ED I CASTAGNI.

 

NON SO COME RUBARTI

IL REFRIGERIO DEI BOSCHI

PER SPOSARLO ALLA MIMOSA DI RIVIERA.

NON SO COME ABRACCIARE

L’AZZURRO SFIORATO DALLE CIME

PER AVVOLGERLO AL MIO PENSIERO.

 

MA, LUNGO IL FIUME CHE TI FENDE,

POSSO TOCCARE IL CUORE DELLE TUE ROCCE

FRANTUMATO E LEVIGATO DALLE ACQUE.

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LA STAZIONE TERMALE di Ginevra Bompiani

pubblicato da: Mirna - 22 Agosto, 2012 @ 3:36 pm

LA STAZIONE TERMALE di Ginevra Bombiani

 

Chi frequenta le Terme sa la sensazione di sospensione ovattata che si respira in questi luoghi deputati all’esclusivo proprio benessere.

Io sono andata una volta Rogarska a “passare le acque” ed alcune volte a Montegrotto Terme dove mi rilasso immergendomi per ore nella piscina calda o facendomi fare massaggi. Non riesco a starci piu’ di tre giorni, naturalmente perche’ la mia irrequietezza interiore mi porta a fremere e a cercare qualcos’altro a cui agganciarmi.

Ma l’ambiente saturo di vapori, di lentezza, di suoni attutiti, di accappatoi bianchi  vaganti senza troppa identificazione, mi da’ sempre una sensazione di nebulosita’, di distacco un po’ dagli altri che porta verso un ripegamento su se stessi, come si fosse in un bozzolo temporaneamente protetto.

 

Le  proagoniste del racconto di Ginevra Bombiani a loro modo cercano questa momentanea lontananza dal contingente quotidiano, dai problemi irrisolti, ma nello stesso tempo si abbandonano al fatto che   ogni sensazione viene rimescolata e rivalutata.

Qui c’e’ tempo, il tempo dilatato in uno spazio che sembra soprattutto femminile. Sono le donne che costruiscono questa storia grazie ai loro segreti e ai loro sentimenti non detti.

Ma come in un “brodo di coltura”  I “batteri esistenziali” come l’amore, la solitudine, la morte, la vecchiaia si esplicitano, si raggruppano, si distanziano.

Quattro protagoniste: le piu’ significative Lucy e Lucia. Dal nome quasi uguale.

Lucy, bambina adottata e’ alle terme con zia Lucia – giovane vedova depressa che assomiglia ad Annette Bening – e che ci racconta  con la sua voce infantile gli avvenimenti che vede, le indiscrezioni  e I giudizi sui vari personaggi e con quella innocente crudelta’ tipica dei bambini apre inconsapevolmente nuovi spiragli nei rapporti interpersonali delle quattro donne.

Ma e’ Lucia, quasi l’alter ego “vecchio” della bambina che ci cattura con la sua estrema sensbilita:   sentiamo la sofferenza del proprio corpo che invecchia, ma percepiamo innanzitutto la propria identificazione con Lucy nella quale Lucia vede il suo stesso male di vivere, si riconosce come persona disamata, non riempita dalla vita. Come una persona che deve nuotare a fatica per stare a galla e non riesce invece a volare  come le altre piu’ fortunate.

Lucai vuole prendersi cura di lei e cosi’ facendo si sente come se un ramo fosse fiorito dentro di se’:

“Io invece mi sento come se un mio ramo fosse improvvisamente fiorito, di un fiore laterale e tardivo.’ Pensa Lucia “ Perche’ I bambini non mi piacciono, sono noiosi e piantagrane, golosi di stupidaggini, ma succede qualche volta che un bambino non sia stato riempito dalla vita, che gli sia rimasta la nostalgia di qualcosa che non ha conosciuto, e questa privazione, che negli adulti marcisce, in lui profuma, ha un fiato speciale, serio e febbrile. E Lucy ce l’ha. Non e’ solo che mi rivedo I lei, e’ che quando parlo con lei ridivento quello che sono, senza eta’ e senza luogo, come se giocassimo insieme il gioco del disamato.”

 

Direi che Ginevra Bombiani ci ha presentato un rapporto bellissimo e profondo.  Ma anche gli altri personaggi sono interessanti.

zia Lucia  riuscira’ alla fine del soggiorno ad affrontare con piu’ coraggio una prova dfficile,

Giuseppina,l’amica di Lucia, una nota gornalista – che lei si’, vola nella vita -, sempre amata ed ammirata, senza tanti pensieri  cupi, si ama e si accetta, anzi si porge alla vita e agli altri con un piglio quasi militaresco. Devo dire che mi e’ molto simpatica. Ad un certo punto viene persino paragonata ad Annibale.

 

Insomma ognuno di noi si approccia alla vita – e alla eventuale Stazione Termale – con  tutta la sua Weltanshauung!!!

 

Sellerio Editore Palermo

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LA FIGLIA OSCURA di Elena Ferrante

pubblicato da: Mirna - 19 Agosto, 2012 @ 8:59 am

 

 

 

Dopo letture piu’ o meno leggere sono incappata in tre romanzi di Elena Ferrante portatami dalla mia amica di Recco.

Credo di averci messo un giorno per ogni romanzo. Ho letto per la prima volta questa autrice la scorsa primavera: “L’amica geniale”  (v.archivio) che mi aveva colpito profondamente, mi ricordava la Ortese e la sua profonda “napoletanita’”.

 

Si conosce poco della scrittrice ma si intuisce che scrive tanto di se’ e proprio del suo rapporto con l’amata-odiata Napoli che rappresenta anche l’amore ambivalente per la madre .

 

Le protagoniste sono donne tormentate e sempre alla ricerca della propria identita’ perlopiu’ ferite a fuoco dai rapporti intensi e dolorosi con madre, marito, figlie.

 

La sua capacita’ introspettiva e’ minuziosa, crudele, ma tocca corde sensbilissime di tutte noi donne. Ha un grande coraggio nel penetrare cosi’ in profondita’ nei sentimenti che forse molte di noi non vogliono conoscere o per lo meno analizzare.

Cruciale sempre Il rapporto con la maternita’

 

E ne “L’AMORE MOLESTO” leggiamo di una relazione madre-figlia al limite del patologico, dell’identificazione  malata. Un libro fortissimo, la madre sensualissima sara’ la sua condanna nel  cercare disperatamente di ricompattare  il suo Io.

La madre muore annegata e dalla sua morte misteriosa si innesca una trama avvincente di ricordi di amori molesti, di segreti, di bugie.

 

“I GIORNI DELL’ABBANDONO” parla invece della solita casalinga, madre di due figli, abbandonata all’improvviso dal marito perche’ innamoratosi di un’altra piu’ giovane.

Bellissime le pagine della sofferenza della protagonista, della sua “follia”, del suo sentirsi rinchiusa – e per un giorno lo sara’ per davvero dentro casa senza rendersi conto che tutto dipendeva da lei, e non dalla serratura – tutto dipendeva  dal suo non voler prendere il distacco dall’abbandono.

 

“LA FIGLIA OSCURA’ e’ un libro scomodo,  in qualche punto  persino sgradevole. Ma “e’ strepitoso” scriveva Conchita De Gregorio

Qui viene sezionato Il rapporto con le figlie da parte di una quasi cinquantenne che ancora  non riesce a ricompattarsi, vttima sempre di quelle “smarginature” o “frantumaglie”  tipiche di molte donne che si sentono dissolvere in mille ruoli.

 

Le figlie ormai grandi, il rapporto con esse sempre irrisolto ma pacato, Leda si prende una vacanza al mare.

E qui su una spiaggia del sud tutto sembra nuovamente precipitare.

La vicinanza di una giovane mamma, Nina e l’adorata figlioletta fa riaffiorare in Leda  , proprio nel confronto, la sua inadeguatezza come madre.  Del suo difetto d’amore verso le figlie.

La  bambola dimenticata  dalla bambina diventa la testimone del  rapporto sereno tra Nina e la  figlia,  fa scattare in Leda qualcosa di oscuro: rubera’ la bambolina abbandonata, la curera’ e vestira’ come se fosse una figlia.

 

Raccontato in prima persona questa vicenda ti  toglie il respiro perche’ tocca l’inviolato e sacro vincolo della maternita’, ma quanto coraggio in questa Elena Ferrante!

 

Edizioni e/o

 

Da cercare ormai in biblioteca, dopo le vacanze di Agosto!

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SUFFICIT di Nino Vetri

pubblicato da: Mirna - 13 Agosto, 2012 @ 8:34 pm

 

SUFFICIT di Nino Vetri

 

Ecco un altro piccolo libro della Sellerio editore Palermo che sembra adatto ai giorni quieti delle vacanze. E all’amore per la natura, per gli alberi che “sentono” come scrive Riccardo, per le passeggiate romantiche come ci racconta Gary.

Libretto che sicuramente Grazia (che me l’ha prestato) avra’ portato per un giorno o due in borsetta.

Da leggere con gusto, preferibilmete sotto un albero, all’aperto, in mezzo alla natura perche’ l’autore ci parla della sua vecchia casa  “sita in contrada Guadanella, parco delle Madonie”e perche’ ci sono un accorato amore  e una sottile nostalgia  per una vita che ha “assaggiato” e che vorrebbe ripetere per sempre…

Costruita da un bisnonno la casa si rivela un rudere contadino ma con ancora le antiche vestigia di ritratti di garibaldini, vecchi bauli militari e soprattutto con le cure affettuose  del contadino Nino, che in realta’ fa poco perche’ rispetta la naturale vita della casa e degli elementi che la circondano.

Di questo Nino, guardiano-ortolano, si conoscono tutti I pensieri e la sua filosofia saggia ed arcana, impariamo attraverso il suo buon senso che la natura ci puo’ offrire tutto cio’ di cui abbiamo bisogno .

Esilaranti I picnic che l’autore e Nino fanno talvolta portandosi appresso il baule militare che contiene seggiolini, tavolinetto ;  soprattutto sorridiamo per  la  scelta dei paesaggi che possono variare a seconda di cio’ che mangiano.

 

“Abbiamo scelto con cura il panorama. Alte montagne di roccia quasi bianca e brulle colline con boschi alle pendici. Mi sembrava di avere il Kurdistan di fronte”

 

Ma questo paesaggio sembra l’ideale per assaggiare la pancetta di Ugo.

“Ugo?”

“Il mio maiale.” precisa Nino “ Com’era simpatico…mi seguiva come un cane, Alla fine pesava 200 chili ed era diventato pure aggressivo. Si vede che sospettava qualcosa.”

 

Attorno si dipanano altre storie di personaggi minori, ma molto particolari e facenti parte di una realta’ un po’ assurda, ma affascinante , magica  e incantatrice.

 

Ed infatti questa Guadanella diventa per l’autore l’altrove sognato e desiderato per tutto cio’ che di diverso ha dai ritmi e dall’indifferenza cittadini.

Il silenzio, la pace, lo stretto necessario, il materno contatto con la natura che nutre e che ti invoglia ad abbandonarti a non far nulla. A vivere per vivere protetto e cullato come tra le braccia di una balia.

E Nino, il servitore, suo  omonimo ed alter ego e’ un lare custode di questa preziosa dimensione che altro non e’ che un’isola che non c’e’, o forse l’infanzia, quella nostra primigenia sensazione nella quale vorremmo tutti ritornare per non decidere, per non fare, per lasciarci cullare.

Tra I sorrisi e le amenita’ si giunge alfine al ripiegamento su se stessi.

 

Il nostro protagonista si accorge che la casa sta crollando e che Nino non ha piu’ voglia di vegliarla. Tutto finisce, I sogni, l’infanzia , la vita.

 

Quel giorno camminera’ fino nel centro del bosco della Pintorna.

 

“Ha cominciato a piovere e mi sono rannicchiato sotto un albero con le ginocchia tra le braccia.”

 

Pagine deliziose lette sotto il pruno. Ogni tanto alzavo lo sguardo e vedevo un cielo da cappella Sistina

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LE CRONACHE DI… BORZONASCA

pubblicato da: Mirna - 10 Agosto, 2012 @ 7:03 pm

 

 

LE CRONACHE DI…BORZONASCA  4

 

Non riesco a comunicare  con le e-mails cosi’ vi do’ mie notizie attraverso il blog.

Sento che a Trento sta forse rinfrescando, qui non ancora, anzi mi sembra invece che l’estate sia matura matura.

Tutto ha un odore piu’ intenso e saturo, le serate sono ancora calde e si aspettano le stelle cadenti.

La mia gatta non si riposa, ora, quasi le 21,30 , sta camminando sopra I tetti vicini ed oggi…mi ha portato in dono un…serpentello!

Me ne sono accorta per caso, era sotto il suo tiragraffi, pensavo fosse una cordicella…ma si muoveva!

Che fare?

Stefania e’ a Chiavari…

provo con scopa e paletta, ma quello si va a nascondere proprio nella cameretta di Stefania!!! Sotto il letto, In un angolo!

 

Saro’ impallidita, non so.

Telefono a Grazia sperando che suo figlio o suo fratello vengano ad aiutarmi. Non sono reperibii.

 

L’unica salvezza e’ il vicino, Giancarlo, detto Bunny perche’ da ragazzo aveva I denti davanti sporgenti. E’ una persona gentile, mi ha gia’ salvato dai terribili calabroni detti “Ruggeri” (perche’ ruggiscono?) che si erano infilati nel muro della terrazza.

Scavalca il suo muretto ed arriva con uno speciale strumento e dopo un po’ libera questo esserino verde, lungo e magro dalla testolina colorata. E’ un orbettino o una biscia d’acqua.

 

Per rilassarmi vado a passeggiare al Taglio, raccolgo un po’ d’origano, saluto l’unica persona che incontro: il figlio della macellaia che se ne va lemme lemme con un canestrello al braccio come Cappuccetto Rosso.

 

Mi fermero’ ancora 15 giorni a Borzonasca, forse andro’ ancora al mare come ho fatto alcuni giorni fa con le amiche trentine venute a trovarmi. Voglio ancora immergermi nell’estate ligure  – quella montaliana del “meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d’orto” –  lasciar volare I pensieri, leggere tranquillamente , sentirmi un po’ sospesa come queste ultime farfalle che danno l’impressione di non sapere dove posarsi.

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LA VITA MATRIMONIALE DI MISS BUNCLE di D.E.Stevenson

pubblicato da: Mirna - 8 Agosto, 2012 @ 7:13 pm

 

 

 

Contro questo caldo puo’servire anche tuffarsi in un romanzo fresco e ilare come questo di  Dorothy Emily Stevenson.

Che cosa c’e’ infatti di piu’ fresco e rilassante di un villaggio inglese con I suoi piccoli e grandi eventi  puntualmente scanditi da tintinnanti tazze di te’?

 

Ritroviamo Barbara Buncle che nel precedente romanzo aveva scritto e pubblicato , cambiando soltanto I nomi, degli abitanti del suo villaggio da dove poi se ne dovra’ andare, anzi fuggire! (v. archivio “Il libro di Miss Buncle”)

Ma nel frattempo si e’ sposata con il suo editore, l’equilibrato e innamorato Mr. Abbott.

Dopo una lunga ricerca della casa dei loro sogni viene trovata Archway House,  ma qui, nel villaggio di Wandlebury, nascono  subito  malintesi, sorprese, fraintendimenti.

 

Barbara non vuole piu’ scrivere – non ha immaginazione dice – quindi non vuole ripetere  la precedente esperienza, ma I casi della vita e I nuovi vicini la intrigano molto.

 

Non e’ colpa sua se da subito viene a conoscenza di un testamento a favore di Jessy, la ragazza di cui si innamorera’ il nipote di suo marito. Testamento che impedisce alla futura erede di sposarsi.

Come Emma della Austen anche Barbara  vuole guidare il destino dei due giovani in modo da condurli a coronare Il loro sogno d’amore e possibilmente  ereditare anche villa e patrimonio.

Non sempre si riesce pero’ nei propri intenti …

 

Nel frattempo conosciamo gli altri personaggi , come la famiglia degli artisti o la pettegola moglie del curato, tutti descritti elegantemente e con ironia dalla Stevenson che spesso si sofferma con intelligenza e grande capacita’ di osservazione sui moti dell’animo umano.

 

Edizioni Astoria.

Un delizioso libretto rosso arrivatomi via posta da Camilla.

 

Piacevolissma lettura che mi ha accompagnato per alcuni pomeriggi sotto l’ombra  di palma e nespolo. E che mi ha fatto ridere e sorridere.

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L’UOMO CHE PIANTAVA GLI ALBERI di Jean Giono

pubblicato da: Mirna - 1 Agosto, 2012 @ 10:13 am

 

 

Sulla via per Borzone stamattina, una domenica ancora calda ma velata, ho raccolto le nocciole che stanno cadendo dai boschetti che fiancheggiano il sentiero verso l’Abbazia. E’ gia’ la seconda volta in due giorni che faccio questa strada,  l’altro giorno ero con Grazia, grande camminatrice  di piu’ lunghi e impervi percorsi.

In mezzo a noccioli, faggi e altre latifoglie  noi due lettrici non potevamo non parlare del libretto “L’uomo che piantava gli alberi”, la storia di un pastore tranquillo e solitario raccontataci da Jean Giono.

Questo scrittore ama la natura e quando , circa quaranta anni fa,  passeggiando in una zona poco battuta della Alpi che penetra in Provenza e da cui si notano I contrafforti del Monte Ventoux (percorso anche dal Petrarca) vide da lontano cio’ che scambio’ per un tronco d’albero solitario – ma In realta’ era un pastore – ed ascolto’ poi la sua storia, rimase incantato ed affascinato da cio’ che il gentile e riservato personaggio gli rivelo’.

Non pote’ dunque, da scrittore, non raccontarla anche a noi unendo alle sue strabilianti rivelazioni disegni naïf in bianco e nero.

Il pastore si chiamava  Elzeard Bouffier “aveva posseduto una fattoria. Aveva vissuto la sua vita.

” Era rimasto solo, ma nella sua solitudine trovava piacere a vivere lentamente con le pecore e il cane.”

Aveva notato pero’ che quel paese sarebbe morto per mancanza d’alberi. Comincio’ quindi a raccogliere ghiande, a selezionarle, a piantarle  tanto da riuscire in una decina d’anni, il tempo in cui Giono rimase lontano, a creare un querceto. Ma anche I faggi erano stati piantati, giorno dopo giorno, anno dopo anno. In silenzio, con cura ed amore.

“Troverai piu’ nei boschi che nei libri” diceva uno dei santi Padri della chiesa, mentre un antico poeta cinese cantava “Ogni giorno quell’albero mi da’ pensieri di gioia”

E non era da raccontare una storia cosi’ affascinante? Ricordare una straordinaria persona che mentre trovava il suo equilibrio interiore  nel rapporto con la natura, ci regalava bellezza e armonia?

La sua impresa non e’ stata facile, la sua forza nel combattere lo sconforto, come quando dopo aver piantato 10.000 aceri nessuno si salvo’, fu stoica.

Ma lo sbalordimento di una guardia forestale alla vista di “una foresta che nasce da sola” ci fa capire che opera titanica venne affrontata da un uomo di poche parole.

Era talmente abituato a vivere da solo, tra alberi e animali, che faceva fatica a riprendere a parlare con gli occasionali interlocutori.

Jean Giono vide per l’ultima volta Elzear Bouffier nel giugno del 1945. Aveva ottantasette anni. Mori’ serenamente due anni dopo.

Che sia esistito un uomo capace di far nascere tanti e tanti alberi mi da’ gioia e sicurezza.  “Perche’ l’albero rappresenta, fin dai tempi piu’ antichi, il simbolo e l’espressione della vita, dell’equilibrio e della saggezza.”

 

E qui in Liguria ci sono tantissimi alberi. E’ la regione piu’ verde, contrariamente a cio’ che si pensa di essa,cioe’ soprattutto mare e costa. Qui l’entroterra  e’ rigoglioso e vario.

Cosi’ dissertavamo Grazia ed io lungo la strada  leggermente in salita che porta all’Abbazia di Borzone. Luogo mistico, di quiete, sprofondato in verdi di mille riflessi luminosi. Lassu’ ogni volta ci si sente in pace…arrivati.

 

E cosi’ e’ stato anche stamattina – seppur campane gentili annunciavano la messa – seduta sul muretto di fronte ai cipressi secolari e con ai piedi viola fiori di malva (come la mia gonna!)  mi sentivo parte di quel Tutto che spesso lasciamo in disparte.

 

Salani editore, 2011

Ma non dimentichiamo i boschi del Trentino e per sapere di luoghi visitati  e mirabilmente descritti durante questa lunga estate calda- ma non solo – visitate il blog di Riccardo

www.trentoblog.it/riccardolucatti

 

 

 

 

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ROSA CANDIDA di Audur Ava Olafsdottir

pubblicato da: Mirna - 28 Luglio, 2012 @ 7:26 am

 

ROSA CANDIDA

 

Un’autrice islandese, Audur Ava Olafsdottir, ci regala il suo primo romanzo che, grazie al passaparola, ha vinto il Gran Prix des lectrices de Elle ed altri premi.

Edito in Italia da Einaudi gia’ ci cattura con l’immagine di copertina: un neonato avvolto in cotone rosa acceso disteso su una stoffa verde mare.

E questo titolo: Rosa Candida.

Fiori, rose, candore.

Un delicato romanzo di formazione che ci narra un momento importantissimo della vita del ventiduenne Lobbi che non sa ancora che cosa vuole.

Intanto lasciare la casa d’origine per crescere, “fiorire”, capire chi e’, elaborare il lutto per la madre morta in un incidente stradale ed accettare quel miracolo che e’ la nascita di una figlia concepita  in un momento occasionale in una serra.

Nelle prime pagine entriamo nella cucina islandese del padre e seguiamo la descrizione minuziosa della preparazione dei pasti, merluzzi fritti, zuppa al cacao; I personaggi si annunciano lievemente e si delineano come in un disegno che si sta formando. Il padre elettricista, il fratello gemello autistico, Anna, la ragazza da cui ha avuto Flora Sol.

Lobbi deve intraprendere un viaggio per giungere al famoso antico roseto da risistemare. Segue la strada dei pellegrini e con se’ porta le rare rose dagli otto petali che vuole trapiantare nel giardino del monastero.

Si prende cura di esse come della sua anima che lentamente va aprendosi  come un fiore.

Dall’Islanda monocromatica ad una ridda di colori di paesaggi e sentimenti.

Dal ricordo della mamma che riusciva magicamente a far fiorire un giardino nonostante il clima nordico alla piccola Flora Sol che lo raggiungera’al monastero con Anna.

Con un linguaggio chiaro, semplice, essenziale, con quel po’ di magia che talvolta percepiamo della vita, questa storia sembra riempire  le aspettative del lettore, “ci porta in un luogo sicuro dove esitono ancora innocenza e felicita’”

 

Finalmente Lobbi sapra’ quello che vuole e la tremenda indecisione espressa al ristorante lungo la strada in risposta a “Desidera qualcosa di particolare?”

“Ecco la domanda peggiore che qualcuno possa farmi, la domanda che mi tocca nel profondo: ancora non so bene quello che voglio; ancora devo provare, e capire, talmente tante cose…” otterra’ risposta.

 

Di pari passo con la fioritura del roseto, con l’arrivo di Flora Sol che si apre alla vita ( come un fiore a sole!) giunge anche per Lobbi la consapevolezza di cio’ che e’ e di cio’ che desidera.

 

Libro che si legge con il sorriso e con una naturale predisposizione- finalmente ! – alla letizia.

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LE CRONACHE DI…BORZONASCA

pubblicato da: Mirna - 26 Luglio, 2012 @ 10:21 am

 

 

THE BELLS

 

Le campane , qui al paese, iniziano a suonare alle 6.00, suonano per due volte l’ora (per informare I piu’ distratti) e una sola volta la mezz’ora, ma questa introdotta da due rintocchi  iniziali e distanti.

E poi…verso le 7.OO inizia uno scampanio forte che durera’… due minuti?

Tutti si svegliano…

 

A mezzogiorno, oltre ai 12 rintocchi per due volte, un’altro scampanio felice ed allegro che ora sembra andar di pari passo con il sole estivo, e la “Gloria del disteso mezzogiorno”di Montale – e questo mi rallegra perche’ la casa e’ inondata di luce ed io preparo il pranzo e il giardino e’ splendente: ma di nuovo alle 17,20 altri rintocchi, questi gravi e duraturi…non finiscono mai…forse per richiamare ai Vespri o a una messa pomeridiana.

Ed infine alle 20.00 c’e’  il tripudio delle campane felici che a lungo segue il motivetto di un inno mariano. Noi siamo a ridosso del campanile e quando le “happy bells” della sera iniziano la mia gatta si precipita dal giardinetto, lungo la scaletta di pietra e si va a rintanare in casa.

Poi , finalmente, tutto riprende con il puntuale scorrere del tempo alle 21, (18 colpi!) siamo ancora sulla terrazza goderci il cielo rosato e le rondini. A mezzanotte, 24 rintocchi e tutti, anche le campane di Borzonasca vanno a dormire lasciandoci tranquilli e senza nozione del tempo per le sei ore notturne!

Ma di questo dobbiamo ringraziare una signora  “di fuori”che tempo fa protesto’ con don Angelo per far smettere,almeno durante la notte, lo scampanio.

 

Qui a Borzonasca ci sono tre chiese, la principale e due chiesette dislocate ai limiti del paese. Quella di San Rocco che viene messa in funzione raramente e la Chiesuola che si trova in fondo al Villetto … la bellissima stradina curatissima e colorata di ortensie, ibischi , lavanda e fiori della passione. Questa si snoda accanto uno dei due fiumi che fa gorgheggiare l’acqua sulle pietre e sui ciottoli, ma  c’e’ anche il Beo, un piccolo canale dove un tempo, ma forse ancora, certe signore lavavano I panni e dove I bambini giocavano .

In fondo vi abita Grazia.

Il Villetto e’ una passeggiata deliziosa, sembra di essere in un paese da operetta, tutto e’ lindo e brillante.

 

L’altra passeggiata che si puo’ fare e quella del Taglio.

Taglio?

Forse perche’ il sentiero taglia le pendici della collina. Stradina amena piena di bossi, noccioli, piselli odorosi, balze e frutti selvatici, Punti freschi con ruscelletti e felci, punti ariosi con origano pronto a fiorire.  Mi piace moltissimo , mi sembra di essere in uno di quei villaggi inglesi di cui parlano le mie scrittrici preferite quando lungo una solitaria e pensosa passeggiata puoi incontrare il parroco, qualche signora sola o  un altro dei mille abitanti del paese. Ci si saluta cordialmente oppure ci si sofferma a parlare del tempo.

 

Ma ora in diretta…iniziano le campane del mezzodi’…e’ una splendida giornata questa di piena estate, il sole e’ forte, abbacinante e il suo fulgore con I rintocchi vibranti danno una specie di obnubilamento…

Desiderio di raccoglimento e silenzio…

 

Vi ricopio subito I  versi di Saba che si sposano alle mie sensazioni:

 

“Silenzio! Hanno chiuso le verdi persiane delle case./ Non vogliono essere invase./ Troppo le fiamme della tua Gloria, o sole./[…] Sembrano estinti gli uomini, tanto e’ ora pace / e silenzio.”

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