Amore per la Patria, la Famiglia, l’Avvocatura di Piero Dina
pubblicato da: Mirna - 9 Maggio, 2014 @ 10:53 am Quando tempo fa ricevetti in dono il libro dell’avvocato Piero Dina o meglio di Piero, il mio caro amico, ne fui onoratissima.
Non solo io, i suoi familiari, amici e colleghi l’avevano ricevuto, ma anche il presidente Napolitano lo teneva con cura sulla sua scrivania.
Ricordo che iniziai a leggerlo un tardo pomeriggio e non riuscii a smettere se non a sera, divertendomi e commuovendomi perchè se conoscevo molti episodi della sua vita, molto di più profondo e intimo mi veniva svelato dalle sue parole scritte.
Avrei voluto mettermi subito al computer e scriverne sul mio blog.
Ma rimasi bloccata : Amore per la Patria, la Famiglia, l’Avvocatura mi sembrò un testo troppo importante per scriverne tra le recensioni dei miei romanzi.
Ma Piero mi ha chiesto di farlo.
Trovo quindi il coraggio di scrivere ciò che la lettura delle sue parole e della sua vita, ha prodotto in me.
Conosco Piero da quasi quarant’anni, so della sua importante carriera nell’avvocatura, so che persona stimata sia a Milano, a Roma e nel resto d’Italia e d’Europa.
Per me è Piero, il grande amico sempre attento e generoso, la persona vera che si spogliava delle sue cariche onorifiche per diventare il compagno di cene, di preparazione di pollo al canapè, di risate gioviali, di racconti di ricordi dolorosi e commoventi.
Sapevo del suo grande affetto per la famiglia. Ho sempre ascoltato con vivo interesse tutto ciò che riguardava il padre, il fratello Primo caduto in guerra, ma vedere stampate le foto della famiglia Dina mi ha commosso profondamente.
Testimonianze preziose in questa autobiografia, da non perdere, specialmente in questi tempi di aridità , individualismo sfrenato, mancanza di valori.
“Il tuo papà ti guarda. Fa’ che egli sia sempre contento di teâ€
Che bella la foto del Colonnello Riccardo Dina.
E come assomiglia a suo figlio !
Scrive Piero
“Tutta la vita, in qualsiasi mia decisione, ho tenuto presente questa esortazione e tenacemente cercato di rispettareâ€
Ripeto:
questo è un libro prezioso non solo per me che sono una sua affezionata amica, ma per chi lo conosce, per i suoi familiari e aggiungerei… per le generazioni a venire.
L’amore per la Patria non è un assioma obsoleto, è un cardine della vita di un individuo.
Chi ama la Patria amerà anche gli altri e il rispetto della libertà altrui, dei propri doveri e diritti, chi ama la Patria è una persona completa, vera , giusta.
Ecco che cosa mi piace sottolineare dell’avvocato Dina, del mio amico Piero: egli è una persona giusta.
Di lui ci si può fidare. Ed io come amica sua e di Maristella ne ho prove continue. Sapere che a Milano c’è Piero Dina mi conforta, mi fa sentire protetta.
Scrive Piero che proprio l’essere diventato orfano precocemente lo ha obbligato a prendersi cura degli altri, dell’adorata mamma, dei fratelli più piccoli, di tutti i suoi cari.
Ma io credo che ciò sia stampato nel suo DNA: è un uomo grande, non solo per la sua statura, ma grande d’animo.Â
In alcuni suoi versi giovanili recita:
“Siccome per poco dobbiamo campare,
sussidio arrechiamo ai nostri vicini:
non li spingiamo ad affogare
e anche se costa un po’ di disagio
suvvia salviamoli dal loro naufragio!â€
Nelle sue poesie...ovvero peccati di gioventù …come li definisce lui troviamo molto della sua indole, della sua storia, del suo amore per gli altri, per i genitori, i fratelli, la nonna:
“Cara, Tu fosti dolce ed affettuosa;
solo agendo con generositÃ
hai conosciuto la felicitÃ
nella tua vita lunga ed operosa.
Ecco da dove attinge la sua forza Piero Dina, dagli esempi della sua famiglia, esempio che lui ha trasmesso e continua a trasmettere ai figli e ai nipoti.
Non per niente Dina o dine è una voce internazionale tratta dal greco dynamis, forza.
Carissimo Piero, io sono onorata della tua amicizia, del tuo affetto, della tua attenzione per me e per Stefania.
Tu e Maristella siete – come ripetiamo spesso – i nostri angeli custodi.
Questo tuo libro che è sempre in bella vista sul mio tavolino (faccio come il presidente Napolitano!)  è un dono importante, una testimonianza vera, onesta, un aiuto per essere migliori.
Verso gli altri, la famiglia, il lavoro.
“V’è a Milan, ed abbastanza in centro,
una costruziòn che riempie di mestizia:
le fu dato il nome di Palazzo di Giustizia,
ma non tutti san che vi succede dentro!â€
Meno male, mio caro Piero, avvocato Dina (con la toga stai benissimo, sei bello! – mi permetto di scherzare perchè lo facciamo spesso) che hai frequentato spessissimo il Palazzo e con incarichi importantissimi e che hai potuto spesso raddrizzare le storture.
Tu sai che io sono una profana in tante cose, ma mi picco di essere un’apprendista conoscitrice dell’animo umano.Â
Ciò che ho conosciuto in te, lo ribadisco, è un uomo “per tutte le stagioniâ€, un uomo integerrimo, un amico fidato, un giusto, una roccia…e ciò si evince nei tuoi versi giovanili che sembrano essere il filo conduttore della tua esistenza
“Se uno è triste e abbattuto,
disperato e senza coraggio,
e già reputa tutto perduto,
…che cosa ha da far, sventurato,
se incontra ostacoli duri? …
Superarli†è la chiara risposta.â€
“Devo amare
la sincerità ,
dare ascolto
alla sana moral,
ai principi giusti ed
onesti?â€
La tua vita è una risposta affermativa a tale quesito.
Un abbraccio, carissimo Piero.Â
Sono fiera, onorata e felice di esserti amica.
Mirna
.
Presidente dal 2009 ad oggi
Piero Dina é nato a Roma nel 1924. Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e Procuratori di Milano, ha esercitato per decenni la professione forense e quella di pretore onorario. Il suo operato si è distinto per l’equilibrio costante, la profonda competenza e la forte autorevolezza.
Con umanitá e sensibile attenzione ai problemi sociali piú acuti del nostro tempo, dedica da decenni le sue energie all’opera di recupero dei tossicodipendenti.
La sua esperienza di vita é riassunta nel volume “Amore per la Patria, la Famiglia, l’Avvocatura”, dato alle stampe nel 2012.
Piero Dina ha ricevuto la “Medaglia d’Oro di Benemerenza Civica” nel 1991.
SOPRA LE NUVOLE , poesie di Nadia Nicolodi
pubblicato da: Mirna - 7 Maggio, 2014 @ 7:43 amAbbiamo già conosciuto Nadia Nicolodi al gruppo di lettura del Controvento qualche tempo fa.
Ne abbiamo apprezzato la sensibilità e la particolare vena poetica. Conoscere più a fondo una poetessa o una  poeta come si preferisce dire oggigiorno è una opportunità da non perdere.
La poesia è il linguaggio alto, simbolico che racchiude squarci di vita in poche parole epifaniche. Aiuta chi le scrive e illumina chi le ascolta.
Mi è stato chiesto di presentare il suo libro ed io ne sono lusingata.
Leggendo i suoi versi ho potuto conoscere a fondo una persona  sensibilissima, ricca e profonda per la  quale la poesia è sempre stata una parte essenziale del proprio  percorso di vita.
Venerdì 9 maggio alle ore 20,30 ci troveremo alla Biblioteca di Mattarello, via Poli, 6 (c/o centro civico) per parlarne più a fondo.
Vi aspettiamo,
Mirna
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GLI ONORI DI CASA di Alicia Giménez-Bartlett
pubblicato da: Mirna - 2 Maggio, 2014 @ 5:18 pmLIBRI, SEMPRE LIBRI, FORTISSIMAMENTE LIBRI…al Controvento
pubblicato da: Mirna - 30 Aprile, 2014 @ 9:19 amGruppo di lettura eterogeneo con gusti e generi letterari diversi. Ribadisco che gli uomini prediligono la saggistica, la storia,  la ricerca filosofica e spesso anche teologica. Dai paragoni di Erodoto e storici greci e latini alla nostra politica odierna. Insegna la storia? Da qui dibattiti e discussioni interessanti guidati da Riccardo, Giovanni e Alfonso.
C’è chi ama la musica come Maria Bona che ci presenta – e mi presta –  un interessante volumetto di Giuseppe Calliari, autore trentino, su Ferruccio Busoni, musicista e musicologo. Biografia avvincente perchè ci porta a percorrere i sentieri dell’arte musicale di fine Ottocento, inizi Novecento. Ma non solo , si parla della Nuova estetica, della Nuova Commedia dell’arte, del Secessionismo viennese ed altro.
Ferruccio Busoni – Trascivere in musica l’infinito – ed. Il Margine
Elvira, qui in posa Pensatori con Riccardo, ci parla de “Il muro invisibile” di Henry Bernstein
I FATTI di Philip Roth, ed. Einaudi
pubblicato da: Mirna - 22 Aprile, 2014 @ 5:12 pmIo adoro le autobiografie, specialmente quelle degli scrittori in crisi perchè riescono a dare al lettore lo sprone dell’autoanalisi, della riflessione, di mille scoperte dell’animo umano. E come nel libro di Paul Auster ” Diario d’inverno” nelle pagine di Roth troviamo un uomo in crisi.
A 55 anni dopo un intervento chirurgico e un grave esurimento nervoso anche Philip Roth, vincitore del Pulitzer per Pastorale americana, ha bisogno di mettersi a nudo per capire e rigenerarsi.
Pur ritenendo che uno scrittore dovrebbe rimanere nell’ombra, ora a 55 anni, ( siamo nel 1988) vuole rendersi più visibile e cercare di rispondere alle domade esistenziali. Perchè scrivo? Perchè ho sposato Josie?
Occorre ovviamente tornare indietro, tornare al puno zero quando tutto era iniziato. Così nella solitudine di scrittore , che percepiamo nella bellissima foto della copertina , Roth decide di scrivere una lettera a Zuckerman, il suo alter ego, il protagonista di molti suoi romanzi. La sua vita prestata a Zuckerman sembra essersi consumata senza alcun divertimento, ma soltanto davanti alla macchina da scrivere.
Stanco delle maschere che ha indossato attraverso i suoi protagonisti, stanco delle esperienze personali che aveva abbellito e mitizzato, ora vuole smitizzare se stesso, dire le cose come stanno. Ridursi all’essenziale per guarire e recuperare la forza di scrivere.
Vuole aggredire il mito per distruggere la patologia.
L’approccio non romanzesco gli fa sentire l’esperienza più profonda.
Ed ecco naturalmente i genitori, l’infanzia nel quartiere ebraico di Newwark nel New Jersey, il conflitto con l’ebraismno e il suo sentirsi soprattutto cittadino americano. Il college, i primi amori, il desiderio di diventare scrittore.
E poi – ed ecco l’anello debole della sua vita – la scelta di Josie, la tipica ragazza americana indipendente, così gli sembra. Invece Josie altro non è che una “vittima del mondo americano gentile”, è  disturbata , un’alcolista, una donna che diventerà per anni il suo peggior nemico. Si fa sposare con l’inganno, lo tormenta, finchè non morirà  in un incidente automobilistico lasciando Roth in uno stato di sgomento e sollievo. Troviamo la sua storia in “Quando lei era buona”
Roth si chiede se l’attrazione per Josie con la sua forza autodistruttiva non fosse stata un inconscio riconoscimento della sua stessa aggressività . Ne aveva forse bisogno per scrivere?
La bravura dello scrittore risalta in questa incredibile confessione dove alla fine lo stesso Zucherman e quindi sempre se stesso, si risponde.
Da leggere soprattutto dagli amanti di questo scrittore.
Ricordando Gabriel Garcia Marquez
pubblicato da: Mirna - 18 Aprile, 2014 @ 6:08 pmQuesto libro di Marquez, Oscar Mondadori, stampato nel 2005 ,ha una lucida copertina con bellissimi fiori colorati.Â
Qualche volta, mi piacciono i racconti, anche se io tendo ad amare i romanzi che mi tengono legata per giorni e giorni. Ma di questi “raminghi” mi piace parlarne per la loro particolarità . Lo stesso Garcia Marquez confessa che essi sono stati scritti per raccontare delle cose strane che succedono ai latino-americani in Europa, soffermandosi sugli eterni temi del sogno, della solitudine , della magia, dell’amore e della morte. Sembra che per l’arte di Marquez “il mondo non sia altro che un immenso giocattolo a molla con cui si inventa la vita”.
“Gli spaventi d’agosto” mi ricordano un po’ Poe per il fantasma sanguinario che si aggira nel castello rinascimentale di Arezzo dove una famigliola sudamericana viene ospitata dal proprietario, lo scrittore venezuelano Otero Silva. Nessuno crede che il fantasma del folle Lodovico che pugnalò la moglie dopo una notte d’amore e che poi si fece sbranare dai suoi cani da guerra, sia veramente presente nelle ottanta stanze. Tranquillamente i due ospiti accettano di passare la notte nel castello…ma al mattino si risveglieranno nella stanza nuziale di Ludovico, l’unica a non essere stata ristrutturata,…e nello stesso letto ancora impregnato dell’odore di sangue dell’uxoricidio..
Ed ancora sangue nel delicatssino ultimo racconto che parla della sposa che si è ferita un dito con una rosa. Proprio il dito con l’anello matrimoniale. E’ Nena Daconte ancora una bambina”con certi occhi da uccello felice e una pelle di melassa che irraggiava ancora il solleone dei Caraibi nel lugubre imbrunire di gennaio“. Siamo in Francia, ma nessuno riesce a frenare questo sangue che continua a sgorgare e a lasciare tracce sulla neve. “A Parigi, il dito era una sorgente incontenibile, e lei sentì davvero che l’anima stava uscendole dalla ferita”.
Gabriel Garcia Marquez nell’introduzione ci spiega la genesi dei suoi dodici racconti raminghi: ricordi, notizie lette sui giornali, sogni, argomenti per sceneggiature…tutti “redenti dalla loro condizione mortale grazie alle astuzie della poesia“.
Racconti raminghi perchè nella mente e sulla scrivania dello scrittore andavano e venivano, ma poi tutto viene risolto. Il rarefatto capovolgimento stupefacente di antiche suggestioni, i fantasmi della memoria, diventano il puro piacere della narrazione, che “è forse la condizione umana che più somiglia alla levitazione.”
“Chi li leggerà saprà cosa farne” conclude Garcia Marques, e noi lettori golosi lo sappiamo…per essere più felici.
GRUPPO LETTURA AL CONTROVENTO, un pomeriggio d’aprile
pubblicato da: Mirna - 16 Aprile, 2014 @ 6:23 amE’ sempre un piacere ritrovarsi nell’angolo che il bar-libreria Controvento  ci riserva per i nostri pomeriggi letterari. E a seconda di chi partecipa la conversazione acquista sempre ritmi e contenuti diversi. Sempre di spessore sottile, scusate l’ossimoro, ma è così che, tra sorrisi e senza sicumera nè pesantezze, parliamo delle nostre ultime letture o riletture.
Emma da neuropsichiatra, amante della vita , di Venezia, di Trieste e tanto altro ci suggerisce libri particolari, interessanti, che ti fanno venire la voglia di leggerli subito.
Di Alberta Basaglia , psicologa infantile, ci consiglia “Nuvole di Picasso”, autobiografia della figlia di Bisaglia che ha vissuto fra infermi mentali:
Una sorta di “lessico famigliare” che rivela come la rivoluzione di Basaglia sia cominciata in famiglia, dove niente era considerato impossibile, «nessuna separatezza, nessun solco e confine impenetrabile » tra le persone. Maschi e femmine, matti e “normali”, malati”
Nasce una discussione su ciò che possiamo definire normale o no…
E poi tra le mani di Emma  appare un libretto blu “La lucina” di Antonio Moresco dove si parla di solitudine, natura in un linguaggio profondo ed altamente poetico. Delizioso, ci dice .
“Lontano da tutto, tra i boschi, in un vecchio borgo abbandonato e deserto, un uomo vive in totale solitudine. Ma un mistero turba il suo isolamento: ogni notte, sempre alla stessa ora, il buio è improvvisamente spezzato da una lucina che si accende sulla montagna, proprio di fronte alla sua casa di pietra. Cosa sarà ? Un abitante di un altro paese disabitato? Un lampione dimenticato che si accende per qualche contatto elettrico? Un ufo? Un giorno l’uomo si spinge fino al punto da cui proviene la luce. Ad attenderlo trova un bambino, che vive anche lui solo in una casa nel bosco e sembra uscito da un’altra epoca o, davvero, da un altro pianeta. Nuove domande affollano la mente dell’uomo: chi è veramente quel bambino? E quale rapporto li lega? Lo scopriremo a poco a poco, avvicinandoci sempre più al cuore segreto di questa storia terribile e lieve, fino all’inaspettato finale. Con questo suo “piccolo principe”, Antonio Moresco mette in scena una meditazione commossa sul senso dell’universo e della vita. In un dialogo continuo con gli esseri che popolano i boschi, radici aeree, alberi, lucciole, rondini, Moresco come Leopardi riflette sulla solitudine e il dolore dell’esistenza, ma anche su ciò che lega uomini e animali, vivi e morti.”
Un divertente libro è stato letto da Maria Teresa “La banda degli invisibili” di Fabio Bartolomei.  Un gruppetto di anziani progettano e realizzano un agguato nientemeno che a Berlusconi.
tappa in libreria, trovando un piacevole libricino di circa 80 pagine, si legge
in un baleno. L’ho iniziato su una panchina del porto, pasteggiando con focaccia
al formaggio. Si tratta di “Viva la vida!†edito da Feltrinelli, di Pino Cacucci, che racconta, in un monologo da recitare in teatro, della grande Frida Kahlo.”
LASCIANDO CASA di Anita Brookner, Neri Pozza
pubblicato da: Mirna - 13 Aprile, 2014 @ 10:06 amQuando si inzia un libro di questa scrittrice si è rapiti e avvolti dalla “Brookner experience“, come dicono gli inglesi , e cioè ci si ritrova in  un viaggio interiore  dentro l’isolamento e nell’incapacità di staccarsene. Solitudine e malinconia. Così Anita Brookner ci ha incantato con i suoi romanzi che altro non sono che monologhi interiori  sulla difficoltà di misurarsi con la società , con gli altri.
E così la protagonista di questa raffinata storia, Emma Roberts, ormai anziana, ritorna con la memoria ai suoi ventisei anni, all’età delle decisioni, della consapevolezza di sè.
Vuole staccarsi dalla madre e dalla sua casa per sfuggire a quella strana solitudine che avvolge entrambe. La madre le appare inattiva e incapace di fondere la propria esperienza con quella degli altri. Di questo Emma ha terrore e fugge a Parigi per finire la tesi sui giardini frencesi.
Qui conosce una coetanea Francoise , all’apparenza  dissimile da sè, più estroversa, audace, ma in fin dei conti suo alter-ego nel legame indissolubile che ha con la casa materna. Una bella casa in campagna, stile manor inglese. Emma vi è invitata, conosce la madre autoritaria, vivace, siede alla loto tavola, percepisce il senso di appartenenza nel mangiare tutti insieme, ammira la bellezza e il conforto della Casa.
Conosce anche un ragazzo con il quale condivide lo stesso senso di solitudine e in fondo di estraneità verso il mondo.
Emma ora desidera tornare a Londra e poi di nuovo a Parigi. Si ritrova sempre nella ricerca di un equilibrio precario tra ciò che è, è stata, e vorrebbe essere. Un’altalena di pseudo desideri perchè veri e propri desideri non appaiono. Mancano in Emma l’entusiasmo, la progettazione sicura. E’ un personaggio più cervellotico che sensibile per il quale la solitudine è uno spauracchio indefinito e nello stesso tempo qualcosa di conosciuto, sperimentato e quindi sicuro.
E’ una ricercatrice, non solo per studio e lavoro, ma analista razionale dei suoi sentimenti contradditori.
Riconosce infine di non avere il talendo di salvarsi la vita.
Quando sua madre muore lei cerca un altro appartamento e di nuovo ricomincia la spola fra  Londra e Parigi. Conosce un uomo, riprende l’amicizia con Francoise dalla quale si era staccata ed infine  si ritrova anziana alle prese con le sue memorie e con la  “catalogazione” del suo irrisolto  dilemma interiore dei limiti dell’autonomia.
Ancora va e viene , i suoi piccoli viaggi, le sue partenze sono tutte uguali. Si reca negli stessi posti che conosce bene. Vede pochi amici, “sopravvissuti ormai alle loro vite separate” “figure dello stesso paesaggio” . Non si lamenta. Ha la sua tranquillità economica, la sua casa, il suo lavoro di scrittrice.
Che vita tranquilla, sicura, ma che freddezza nella mancanza della realizzazione degli infiniti e indistinti desideri giovanili, che tristezza la perdita delle emozioni. Emma è come un gomitolo quasi sempre avvolto in se stesso senza aver mai povato l’ebbrezza di un emozionante disfacimento.
Tutto ciò raccontato nell’incantevole linguaggio ricamato un po’ proustiano di Anita Brookner.
Ma che differenza tra Emma e la emotiva Miss Brill, felice delle piccole cose, di una panchina al parco, di una fetta di torta al miele con la sorpresa di una mandorla Da rileggere sicuramente IÂ Racconti di Katherine Mansfield
EDIPO A HIROSHIMA, un urlo di pace al… S.A.S.S.
pubblicato da: Mirna - 10 Aprile, 2014 @ 7:06 amTrento offre molto a chi sa ascoltarla e leggerla. I suoi luoghi sembrano invitare registi, attori, artisti a rappresentare ciò che è urgente da comunicare, ciò che è bello ed emozionante da condividere. Prendiamo per esempio lo spazio archeologico sotterraneo del Sas: una  strada romana ampia e rosa che ti riporta immediatamente all’antico passato racchiudendoti in uno spazio e tempo  indefiniti,  avulsi dal presente particolare .
Anche Alfonso Masi ci regala spesso la sua esperienza sia di “fine dicitore”, sia  di ricercatore e di regista.
Questa sua rielaborazione e regia del testo di Luigi Candoni è una vera “chicca”, ci fa raggiungere momenti di pathos immediati e forti, certamente anche per la scelta di questo luogo.
Scrive Alfonso Masi:
“Edipo a Hiroshima – Un urlo di pace
Il 6 agosto 1945, nel cielo di Hiroshima, un uomo premeva un pulsante e qualche istante dopo una città di 300.000 abitanti esplodeva in un bagliore solare esalando un mostruoso fungo di ceneri e morte.
Nel presente dramma il protagonista esige di essere processato per tale strage, ma sia l’accusa che la difesa tentano di convincerlo della bontà dell’impresa militare compiuta, senza capire i rimorsi e la voce della coscienza dell’imputato, che alla fine si toglie la vista; come Edipo aveva ucciso chi non conosceva, Alan Darnell uccise degli uomini senza sapere che gli erano fratelli.
La rappresentazione, sebbene ricordi un episodio di quasi settant’anni or sono, mantiene ancora la propria attualità perché la produzione di armamenti nucleari si è estesa in potenza con la produzione di bombe capaci di una devastazione cento volte superiore di quel primo ordigno sganciato su Hiroshima; inoltre alle due superpotenze USA e URSS (ora Russia), che nel dopoguerra detenevano il monopolio delle armi nucleari, si sono aggiunte Gran Bretagna, Francia, Cina, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord. Inoltre la presenza di basi nucleari si estende anche a paesi alleati e, per quanto riguarda la nostra Italia, vi sono 90 atomiche degli USA, 50 dislocate nella base militare di Aviano (PN) e 40 in quella di Ghedi di Torre (BS). Sono di tre modelli con potenza di 107, 80 e 45 Kiloton; si pensi che 107 kiloton corrispondono a una potenza distruttrice superiore 10 volte alla bomba che colpì Hiroshima. Questi ordigni attualmente devono essere adattati per poter essere montati sui bombardieri F35, quei costosissimi aerei che l’Italia sta acquistando dagli USA.
L’attualità della rappresentazione teatrale deriva inoltre dal primato della coscienza morale esaltata al di sopra di qualsiasi ordine umano, che non può in alcun modo giustificare uccisioni e tanto meno stragi; proprio per esaltare il primato della coscienza è stata affidata ad una attrice il ruolo di interpretare la figura del pilota Alan Darnell, che viene così ad personificare la coscienza umana e la sua importante funzione.”
Bravissimi gli interpreti, sia gli avvocati che il giudice che con veemente scetticismo vogliono convincere Alan Darnell della sua non colpevolezza.
 E da togliere il respiro agli spettatori le “anime” degli uccisi quando raccontano della loro vita distrutta all’improvviso, della loro atroce sofferenza, della dolcezza dei loro affetti. Vestiti di nero striscianti sulle lastre di pietra non lasciano scampo alla nostra empatia.
Un’ora intensa, una rappresentazione sicuramente da rivedere.
E quando infine una bambina si alza e parla dei suoi sogni, della sua infanzia distrutta, noi non possiamo fare a meno di riflettere, di fermarci con sgomento ed orrore  su ciò che ancora minaccia l’umanità .
La sensibilità attenta di Alfonso Masi non finisce mai di sorprenderci.
Â
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EMMA WEDGWOOD DARWIN di Chiara Ceci, Sironi ed.
pubblicato da: Mirna - 8 Aprile, 2014 @ 6:49 amChe piacevolissima lettura! Entrare nell’epoca vittoriana e nelle grandi famiglie dei Wedgwood e dei Darwin. Fra l’altro strettamente imparentate tra loro e con spesso gli stessi nomi.
Chiara Ceci una naturalista che si occupa di comunicazione della scienza ci spiega però chiaramente tutte le parentele e soprattutto l’avventura umana di una straordinaria donna, compagna dell’autore della rivoluzinaria teoria dell’Origine della specie.
Concordo con l’autrice nel descriverci Emma Wedgwood con le parole di Jane Austen quando ci parla della sua Emma “Bella, intelligente, ricca, con una casa fatta per viverci bene e con un’indole felice, Emma W. sembrava riunire alcuni dei beni più preziosi della vita”
Nasce nel 1808 nella famiglia dei grandi ceramisti Wedgwood i cui prodotti erano ormai una presenza costante nei salotti dei ricchi inglesi e addirittura nelle corti europee. Famoso il servizio color crema per Caterina II di Russia. (992 pezzi ognuno dei quali con un soggetto diverso, possibilmente un paesaggio inglese) . E il famoso Vaso Portland copiato dall’antico vaso Barberini. Un successo. Gli stessi Emma e Charles ne possedevano uno.
La vita di Emma è felice. Vive in una bellissima casa, riceve un’educazione liberale, viaggia spesso. A 16 anni parte con la famiglia per l’Italia e alla fine del viaggio parlerà perfettamente l’italiano. Ha tanti fratelli e sorelle e tanti cugini, fra questi Charles figlio dello zio Robert, medico. Charles non sa se seguirà le orme paterne, è più attratto dalle scienze naturali che dalla medicina. Accetta, grazie anche all’appoggio dello zio Josiah II (padre di Emma) di intraprendere il famoso viaggio sul Beagle che durerà cinque anni e che sarà la base dei suoi successivi studi.
Emma è molto religiosa, Charles è agnostico. Entrambi sono aperti, attenti e si vogliono bene. Si sposano relativamente tardi, ma avranno dieci figli!
Da questa straordinaria biografia basata su una cospicua bibliografia, su lettere, pagine di diari apprendiamo che Charles era forse ipocondriaco, certamente molto stressato sia per i suoi minuziosi studi e per la sua sconvolgente intuizione sulla selezione naturale. E’ anche spesso in ansia per le maternità della moglie.
Il loro è un matrimonio riuscitissimo. Si stimano, si amano, si comprendono. Emma ascolta tutto ciò che Charles scrive nei suoi saggi, ponendo soltanto un’attenzione critica alla tesi che sembra negare il  creazionismo;  lascia circolare in alcune stanze  i vari cirripedi, bachi, ecc. che servono alle minuziose osservazioni del marito. Commovente la lettura finale dell “Origine della specie” perchè Emma si rende conto dell’inquietudine che Charles aveva provato nell’elaborare la sua tesi ardita.
Per rilassare Charles Emma gli legge romanzi di Walter Scott, della Gaskell, ma soprattutto Charles adora i romanzi di Jane Austen e se li fa rileggere in continuazione “fino a consumarli”.
Emma è una grande lettrice, quando rimarrà vedova, con i figli già grandi, si accorge talvolta di  leggere un intero romanzo in un giorno.
Un lavoro eccezionale che ha portato Chiara Ceci in varie località inglesi, ultima Cambridge dove Emma Wedgwood passò gli ultimi anni della sua vita.
“E’ anche per via di Emma se alla fine mi sono trasferita definitivamente in Inghilterra” swcrive l’autrice
Da leggere per conoscere Emma, la sua famiglia un secolo di storia.
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