PARLAVA AGLI ANIMALI di Fulvio Maiello
pubblicato da: Mirna - 8 Febbraio, 2015 @ 8:31 amE’ sempre interessante ascoltare chi ci racconta una storia perchè ci porta in altri luoghi e in altri da noi.
E mi soffermo anche sulla necessità di scrivere per molti di noi: vedere sulla pagina bianca i pensieri, i ricordi , le fantasie riprodotte in parole visive. Tutto sembra così più vero, più significativo, più valente.
Siamo in Sicilia, quella terra  profumata di zagare che Fulvio Maiello ci descrive con amore portandoci in notti tiepide e odorose di gelsomino : tre “le ombre, ricamate nel buio della notte dai ghirigori barocchi…†dove il giovane protagonista parla con gli amici del futuro. Siamo a Noto, la meravigliosa città del Barocco siciliano.
Ma siamo anche nella campagna di zio Gaspare, il vecchio contadino che parla con gli animali.
Tripudio di colori di aranceti, mandorli,peperoni, rose-sentinelle, fichi maturi. Un ambiente saturo di sole e colori.
La storia è semplice ma altamente significativa.
La saggezza del vecchio Gaspare che conosce il mondo e la natura e proprio per questo è traduttore di ciò che vedono e sentono gli animali diventa il punto cardine degli avvenimenti.
I due ragazzi senegalesi che sono venuti a cercare un po’ di benessere sull’isola vengono dapprima visti con diffidenza da molti, ma sia il mondo animale, sia Gaspare, loro portavoce, spiegheranno la semplice verità del tutt’uno dell’umanità con il creato.
Trovo questo racconto quasi una fiaba: proprio perché ci sono i protagonisti buoni, Enrico e la sua famiglia, le vittime dapprima perseguitate dai cattivi antagonisti e poi accettati in seno alla comunità , perché ci sono personaggi come il buon mago Gaspare e addirittura una fata, una vecchietta vestita di nero con i capelli bianchi, che appare nella casa dove sono ospiti i due giovani stranieri: “Portava sul braccio una piccola cesta di vimini ricoperta di foglie di vite: Bussò alla porta e consegnò la cesta dicendo†Sono alcuni fichi portati stasera dalla campagna. Sono per i ragazzi†e dopo un attimo scomparve come un refolo di fumo disperso dal vento.
Un happy end come nelle migliori fiabe
Fulvio Maiello è nato a Pachino (Siracusa), ma dagli anni sessanta si è trasferito a Trento. E’appassionato di letteratura e scienze della terra.. Collabora con una rivista edita dal locale Museo di Scienze Naturali ed è il presidente della locale Associazione Mineralogica Provinciale. Ha pubblicato altri romanzi.
Così domani pomeriggio nel nostro incontro  al Café de la Paix , ore 17.00, parleremo sì delle nostre letture, ma anche di scrittura. C’è un gran desiderio di scrivere e di stampare le nostre  storie, i nostri pensieri per poter comunicare e condividere parte del nostro essere. Per sentirci meno soli. Verba volant, scripta manent.
Ci sarà anche Nadia Ioriatti, avida lettrice oltre che scrittrice, così i libri, i romanzi, i saggi saranno gli ospiti d’onore.
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L’UNICO FIGLIO di Anne Holt , Einaudi
pubblicato da: Mirna - 4 Febbraio, 2015 @ 12:32 pmUn particolare giallo scandinavo che si svolge tra neve e freddo come ci si aspetta.
Siamo a Oslo e l’omicidio delle direttrice di un orfanotrofio pone seri problemi  a Hanna Wilhelmsen, appena nominata ispettore capo.  Anche perchè un particolare  alunno appena giunto in orfanotrofio è scomparso dopo aver creato infiniti problemi agli educatori. Si tratta di Olav, un dodicenne obeso disturbato psicologicamente e spesso aggressivo. Viene definito “un bambino a rovescio”
Tutto si complica con il suicidio  del vice direttore dell’orfanotrofio. Ma è un suicidio? Anne aiutata dal simpatico ispettore Billi T. non  ci pensa due volte a scendere tra le strade di Oslo tra il degrado, ma anche tra un’umanità dolorosamente viva. Anche la società norvegese non è perfetta  sembra suggerirsi questa storia dal finale enigmatico, ma coerente con certe priorità dell’anima.
Importante e descritto con una sorta di diario intimo il rapporto tra Olav e la madre che  ripercorre dolorosamente la vita del figlio del quale ha da tempo compreso le grandi difficoltà  che egli ha a rapportarsi con gli altri e con il mondo. Una sofferenza senza scampo che si innesca nella vita degli altri, orfani e educatori della casa famiglia.
Nel plumbeo febbraio norvegese scopriamo squarci di vita della direttrice assassinata, di Maren l’assistente sociale che fa per vocazione e con grande passione il suo lavoro. E’ soltanto a lei per esempio che il difficile Olav si rapporta.  Ci viene raccontato in modo elegante e sobrio  anche  un po’ di  vita privata dell’ispettrice  Hanne che convive con una donna.
Un thriller certamente interessante.
Anne Holt è nata nel 1958. Avvocato, giornalista e persino per un anno  Ministro della giustizia, è una delle più importanti scrittrici di gialli norvegesi.
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L’ANALFABETA CHE SAPEVA CONTARE di Jonas Jonasson,ed. Bompiani
pubblicato da: Mirna - 1 Febbraio, 2015 @ 8:23 amChe dire di questo romanzo? Per me godibilissimo! Non solo si ripercorrono con dissacrante ironia  le tappe storiche di paesi come il Sud Africa, Svezia e Cina con le problematiche degli armamenti nucleari, clima e  diritti civili, ma si conoscono personaggi surreali, esilaranti, deliziosi.
Soporattutto conosciamo Nombeko la piccola geniale  sudafricana che da pulitrice di latrine di Soweto diventerà alla fine ambasciatrice svedese in Sud Africa.
La storia è lunga e complessa ma tutta imperniata attorno alla ragazzina  che non sa ancora nè leggere nè scrivere, ma che ha un’innata abilità con i numeri e le equazioni più complesse. E soprattutto ha coraggio, buon senso e conoscenza delle altrui debolezze.
Per un caso del destino si ritrova confinata come inserviente presso la base nucleare sudafricana dove deve sottostare all’ingegnere alcolista responsabile delle testate nucleari sudafricane.  Ma oltre a pulire  pavimenti e  consigliare-salvare  l’ingegnere, impara a leggere e a parlare  cinese grazie alle altre tre inservienti di Shangai ed infine per complicatissime circostanze è costretta  a nascondere la settima bomba atomica di cui nessuno era a conoscenza. Insomma Nombeko cerca di risolvere  un pasticcio creato  dello stolto e sempre ubriaco ingegnere.
Parallelamente si racconta la storia di due gemelli svedesi nati da un padre mentecatto che odia la monarchia e che vuole instaurare la repubblica dopo aver offeso a dovere il monarca. Purtroppo uno dei due non viene registrato all’anagrafe quindi ci troviamo di fronte a  Holger 1 e Holger 2,quest’ultimo inesistente per lo stato civile.
Ovvio che Nombeko e Holster 2 il più savio dei gemelli si incontrassero, si amassero e cercassero insieme di risolvere la faccenda-bomba arrivata in Svezia invece che  in Israele, come doveva essere..
E che dire del ceramista americano che vive nel terrore della Cia o di Celestine che odia tutti, soprattutto la borghesia, la monarchia, la famiglia ecc. tranne Holster 1?
Spassoso ritrovarsi ad un certo punto in campagna con la nonna di Celestine che sa di essere discendente di un Conte a mangiare pollo in fricassea con il Primo ministro e il re di Svezia!
Le risate sono obbligatorie.
Umorismo intelligente, scrittura piena di energia.
Jonas Jonasson, nato nel 1961, è autore del best seller “Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve“. Dovrò leggerlo se voglio divertirmi e svagarmi! Qualcuno di voi l’ha già letto?
MILANO da …bere, mangiare, ammirare
pubblicato da: Mirna - 29 Gennaio, 2015 @ 9:41 amMilano è energia, fretta pulsante, curiosità , una scarica elettrica per me dopo le ultime settimane languide  trascorse in gran parte sul sofà a studiare e a  leggere. E poi il sole del pomeriggio non scende così in fretta come a Trento. Anche dopo le 16.00 il Duomo è colorato di rosa e mi mette allegria e una speciale aspettativa per Chagall, surrealista, simbolico, volante, onirico.
Palazzo reale e le sue scale imponenti, tanta gente e tante suggestioni: violinisti verdi, rabbini sui tetti, l’ amata moglie Bellacon fiori bianchi o vestita di nero o lilla  , ma sempre trattenuta con amore dal marito per non lasciarla andare. Così Maristella ed io ci aggiriamo estasiate tra colori forti del villaggio russo mai dimenticato da Chagall, fra paesaggi di neve o denunce rosse e cupe dell’orrore. Riusciamo a trovare i nostri dipinti preferiti ( avrei voluto anche Grazia con me!) e poi giochiamo con l’inseparabile macchina fotografica. I momenti devo gustarmeli anche dopo, alla mia maniera proustiana ripensandoli e rivedendoli sia con la memoria che con gli occhi.
Al museo Poldi e Pezzoli ci sono le quattro dame del Pollaiolo! Tre delle quali provenienti da New York e Parigi. Come resistere? Dopo un caffè in un elegante pasticceria, il giorno dopo, con amica trentina per fatal combinazione anch’essa a Milano, ci facciamo una scorpacciata di bellezza. Sì, Milano è da gustare, come d’altronde lo sarebbe la vita. Bellezza, amici, sorrisi, affetto.
Abbiamo riso come ragazzine in pasticceria, Bianca, Sandra ed io, giocando con le nostre immagini riflesse e lasciandoci  cullare dall’atmosfera calda, frizzante, profumata di caffè e pasticcini. Spazi di tempo come un quadro perchè racchiusi in una cornice deliziosa di convivialità e consonanze.
E poi l’inatteso e speciale finale della mia tre-giorni milanesi: l’incontro con l’ amico d’infanzia carpigiano Vincenzo! Dopo quasi sessant’anni. Milano da bere nella caffetteria di Palazzo reale e da…mangiare in una simpatica Salsamenteria di Parma, in via San Pietro all’Orto . Prosciutto e salame con varie salsine e lambrusco speciale bevuto in tazze, sotto lo sguardo severo  di Giuseppe Verdi e di tanti rosei prosciutti appesi.
Che delizia!
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FRIDA di Hayden Herrera ovvero Amor y Dolor
pubblicato da: Mirna - 28 Gennaio, 2015 @ 8:37 am
Mi piace ripensare a FRIDA KAHLO, soprattutto quando non mi sento molto bene. Perchè? Perchè la sua vita è un esempio di coraggio caparbio, di avidità verso ogni emozione e passione. Una battaglia contro il dolore.
Ed ieri la conferenza sul dolore tenuta dalla dottoressa Annamaria Marchionne, presidente dell’ATMAR, associazione Trentina Malati Reumatici nella saletta della Dante Alighieri ha voluto dare importanza anche  a questa straordinaria  donna che dal dolore quotidiano è rinata artista. (Tra parentesi volevo dire che mi sento assai rassicurata dell’esistenza a Trento del Reparto Reumatologia e  di questa associazione proficuamente e appassionatamente presieduta da Annamaria Marchionne che ho il privilegio di conoscere personalmente)
Hayden Herrera americana, critica d’arte è la massima esperta di questa pittrice messicana che comincia a diventare famosa alla fine degli anni’90, e ci presenta una biografia completa sulla sua vita e la sua arte.E’ un lavoro durato molti anni, conosciuto ormai  in tutto il mondo.
Come sono i suoi quadri? Coloratissimi, inquietanti, spesso dipinge se stessa nei momenti di maggiore sofferenza. “Pensavano che fossi una surrealista, ma non lo ero. Non ho mai dipinto sogni†dice la Khalo “Ho dipinto la mia realtà â€.
Nasce nel 1907 a Coyocà n, da padre tedesco e madre messicana. A sette anni viene colpita dalla poliomelite; a 18 un terribile incidente automobilistico la condanna a uno stato di seminvalidità e a  sofferenze fisiche per tutta la vita. Durante la convalescenza comincia a dipingere, con fatica, in posizioni impossibili. In certi periodi deve indossare un busto rigidissimo di metallo. Riesce però ad esprimere con colori vividissimi i suoi incubi e il suo dolore.
Appassionata militante di sinistra sposa nel 1929 il grande muralista Diego Rivera di cui rimane innamorata per tutta la vita. “Non lasciare che patisca la sete l’albero di cui sei il sole, che fece tesoro del tuo seme. E’ Diego nome d’amore†gli scrive nel 1939, per il suo cinquantatreesimo compleanno. E’ una strana coppia, lui enorme e maturo, lei più giovane, minuta, elegante, con folte sopracciglia e peluria sul labbro, che la rendono più seducente nella sua particolarità . Si veste secondo l’antica tradizione messicana con gonne lunghe, scialli colorati, fiori nei capelli, gioielli di turchese.
Nel 1937 vive a Città del Messico e nella sua casa azzurra approderà Leon Trockij, il leader della rivoluzione russa in esilio. Ma di questo periodo parlerò in un altro post.
Per oggi voglio ripensare a Frida Kahlo come un simbolo di grande forza di volontà e  di ribellione contro le circostanze più crudeli della vita. (Così i miei doloretti di stomaco e i pensieri neri mi sembreranno più sopportabili. )
Dopo aver letto questo libro di Hayden Herrera ho approfondito la conoscenza di questa pittrice cercando foto dei suoi dipinti. Tra i suoi ricorrenti  autoritratti il più famoso è quello delle “Due Fride†dove si vede in entrambe il cuore scoperto, poi nature morte sensuali, visionarie, antropomorfiche. “La sua pittura è una bomba avvolta da un nastro di seta†dirà di lei Andé Breton.
Alla morte di Frida, nel 1954, ricorda un’amica, il viso grasso e generalmente pieno di energia di Diego Rivera si afflosciò e ingrigì.†In poche ore diventò un vecchio, pallido e brutto.â€
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Incontro con Giuliana Savelli al Giardino delle Arti per parlare di filosofia
pubblicato da: Mirna - 25 Gennaio, 2015 @ 8:19 amL’ambiente è chiaro, intimo, alcuni dipinti di musicisti  in bianco e nero sulle pareti, un pianoforte, già pizzette e dolcetti (e spumante trentino!) predisposti per una chiacchierata “filosofica”  dopo la presentazione del libro “Maria Zambrano e il sogno del divino femminile“.
Vuole essere un incontro intenso, ma conviviale. Giuliana con la sua voce pacata e il linguaggio elegante ci introduce la grande filosofa: nata a Malaga nel 19o4 e morta a Madrid nel 1991.
Influenzata dal tradizionalismo unamuniano sia dall’europeismo orteghiano, Zambrano ricerca l’ equilibrio senza perdere il lato più poetico dell’uomo.  E’ una donna straordinara, qualcuno disse” …due o tre Marie come lei e la Spagna sarà rovesciata come un calzino”
Cerca per tutta la vita un pensiero filosofico o meglio “una filosofia vivente” disposta a confrontarsi con l’essere umano nella sua interezza ad esplorare il logos che scorre nelle viscere.
Come dicevo Giuliana Savelli ha lavorato con impegno  e passione per sei anni per completare un’opera esaustiva sull’originalità di Zambrano.
Ci racconta che la filosofa costretta a letto  tra il 1928 e il 1929  per un anno intero  senza poter leggere ebbe un’illuminazione: l’anima nuda in sè e dentro di sè, il tempo molteplice, la scoperta del disnascere.
Leggere a questo proposito “Delirio e destino”
Questa filosofa ci apre prospettive diverse sempre  in divenire e che ci danno la certezza dell’infinità del pensiero.
Abbiamo ascoltato con attenzione Giuliana intervallando le sue spiegazioni  sul sogno simbolico, sul divino, sull’anima  (solo una denominazione? ci si chiede  ), sull’acqua e tanto altro  con due brani di Debussy eseguiti da Stefania Neonato.
Dobbiamo sicuramente scoprire o riscoprire Maria Zambrano, “scendere verso la vita per poi risalire”
Grazie a Giuliana Savelli, Maria Cannata, Anna Turri Vitaliani e Giovanni Marconi di aver accettato l’invito del Giardino delle Arti.
MARIA ZAMBRANO E IL SOGNO DEL DIVINO FEMMINILE di Giuliana Savelli , ed.iacobelli
pubblicato da: Mirna - 23 Gennaio, 2015 @ 11:16 amSono molto contenta ed onorata che Giuliana Savelli abbia accettato l’invito di parlare di Marìa Zambrano qui al Giardino delle arti che per per molti aspetti ci riporta al  Circolo della Rosa di Verona la cui presidente è  Maria Cannata che avemmo come ospite per la presentazione del suo libro “La luna e la figlia cambiataâ€
Il Giardino delle Arti è un’associazione di Promozione sociale che nasce nel 2013 con il desiderio di approfondire e diffondere la conoscenza, l’importanza e l’amore per la cultura e l’arte in generale in tutte le sue forme e espressioni: musicale, teatrale, coreutica, letteraria, figurativa.
I soci fondatori provengono da esperienze artistiche differenti fra loro ed è proprio per questa diversità che si propone come luogo d’incontro e di aggregazione multiartistico.
Io come bookblogger di Trento Blog – grazie al quale ho incontrato personalmente Giuliana e Maria- sono estremamente compiaciuta di far conoscere agli amici presenti il lavoro che Giuliana Savelli ha realizzato nell’arco di alcuni anni.
Studio intenso e molto impegnativo perchè ripercorrere il pensiero della grande filosofa spagnola non è lavoro da poco.
Marìa Zambrano e il divino femminile, iacobelli editore
con introduzione di Chiara Zamboni e con contributi di
Grazia Emma Biraghi
Paola Erbice
Giovanni Marconi
Federica Pisani
Michele Scrinzi
Anna Turri Vitaliani
Giuliana mi parlava spesso di questo suo libro come di un amico esigente e appassionato e so quanta ansietà , ma soprattutto soddisfazione, ricchezza e sensazione di appagamento abbia provato concludendolo.
Ma chi è Giuliana Savelli?  Professoressa di lettere in pensione, si è poi laureata in filosofia a Verona, dove vive e partecipa alle iniziative del Circolo della Rosa e frequenta i seminari della Comunità Diotima.
Io so che la rilettura di questo testo sarà preziosa per me; sarà portatrice di pensieri e riflessioni importanti, nuove, epifaniche.
Chi già conosce la filosofa troverà che Savelli accentua l’aspetto di intimità dell’anima con tutte le cose, come ci spiega Chiara Zamboni nell’introduzione.
Ed è proprio questa intimità la parola chiave per capire il percorso dell’anima.
Ogni capitolo una rivelazione, un’emozione
Si parla di SOGNI: una filosofia che guarda al sogno come ambiente notturno nel quale esplorare altri spazi. Un luogo oscuro e primigenio che può essere sfrenato, crudele, caotico ma solo all’apparenza perchè anche il sogno ha la sua legge. Soprattutto il sogno, come sottolinea Savelli, ha un carattere magico e cosmico.
A differenza delle interpretazioni dei sogni psicoanalitici il sogno è qui speranza.
Chiederemo a Giuliana Savelli del potere del sogno, soprattutto del divino femminile che dà il titolo al suo libro, ma non solo—– perchè altri capitoli sono intriganti e affascinanti come quelli in cui si parla di Antigone.
Nell’ultima parte del testo possiamo leggere approfondimenti, annotazioni di altri autori. Vari interventi si incrociano e affiorano nel lavoro di Savelli che con la sua opera ci regala una sintesi del pensiero di Marìa Zambrano per quanto riguarda la visione dell’umanità e del suo destino. In questo l’aspetto più originale è riproporre il divino femminile, partoriente sempre vergine come le antiche dee, … pensante
.
Parole ricorrenti dunque: sogno, donna, acqua, mare, luce, passione…
Vi aspetto oggi pomeriggio in via Ottaviano Rovereti, 2, Fondazione Tartarotti,. Ore 16.30
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IO, TINTA DI ARIA di Nadia Ioriatti, ed. Curcu & Genovese
pubblicato da: Mirna - 16 Gennaio, 2015 @ 9:22 amHo già incontrato Nadia Ioriatti un mese fa al Cafè de la Paix. Impressione forte ed  emozionante nel conoscere una donna  sì, tinta di aria, ma con una struttura razionale,  talvolta ironica e  con una sorta di corazza intessuta della sua bellezza e del suo coraggio.
I suoi racconti, come già ci aveva illustrato benissimo Maria Teresa Lucatti sono avvincenti, intriganti come possono essere gli  squarci di  una vita vissuta con lucida introspezione  e con lampi epifanici  di poesia.
Nodo centrale è sicuramente l’arrivo della malattia che lei sa inglobare, combattere , accettare?
Leggendo il suo raccontino “Adolescente” ho provato un brivido.
Qui si parla di spazio, di spazio che le manca. E’ costretta a dormire nel soggiorno per lasciare la camera da letto ai due fratelli maschi. Che cosa prova Nadia adolescente?
“Occupo lo stesso spazio del servizio buono da tè. Mi sento insignificante e nel posto sbagliato. Dentro e fuori” scrive. Ad un certo punto  le viene messa  accanto, a poco più di un metro dove dorme, anche la gabbia dei canarini  i quali  appena inizia il giorno si mettono a cantare. Ma non hanno colpa, è la loro natura.  “E poi siamo simili: indifesi e in gabbia”
Ed è leggendo queste frasi che ho provato una grande emozione: Nadia sembra essere tornata in gabbia, in una beffarda coazione a ripetere- o meglio sembra aver ripreso quell’angolo nascosto in cui voleva a suo tempo rincantucciarsi per sentirsi finalmente libera.
Vedendo la Nadia di oggi, scrittrice,madre di due figli, indipendente non si può che apprezzare il suo coraggio, la su autoironia, ma soprattutto il suo realistico ottimismo;  è in fondo la figlia di un sopravvissuto a Mathausen e di una donna dalla ferrea volontà .
E poi incontro  “Notte di mezza estate” quando Nadia sola nel suo letto, assalita improvvisamente dal panico,  chiama il medico. E nell’attesa si estrania dentro di sè, immaginando prìncipi che vengono a salvare la principessa inerme, creando amori impossibili…e poi rassicurata si abbandona alla bellezza dell’alba….foriera di un sole novello. “Sì “conserva dentro di sè un cielo azzuro e sano”
Ciò che mi stupisce che in un libretto di 111 pagine sia condensata una vita. Ogni parola ha significato, come Rotelle, il suo vagolare con la carrozzina, che Nadia senza retorica e con autoironia  ci racconta.
Ma non è solo della sua malattia che si parla perchè il suo sguardo va da un contesto sociale trentino di un determinato quartiere e di una certa epoca, ai conflitti generazionali, al matrimonio, insomma alla vita in generale. Uno sguardo acuto reso più acuto  sicuramente da questa impegnativa avventura che sta vivendo.
Sono certa che avrà tantissimo da raccontarci ancora, è troppo ricco il suo percorso culturale , troppo “tinta d’aria” la sua immaginazione.
Vi aspettiamo dunque lunedì 19 gennaio alle ore 17.00, al Cafè de la Paix
LIBRI E ANGOLI DI CASA per spingere avanti l’inverno
pubblicato da: Mirna - 14 Gennaio, 2015 @ 8:11 amChe cosa fanno gli impazienti per far passare una influenza recidiva? Sbuffano, cercano di riposarsi  passando da un angolo all’altro della casa e …leggono, naturalmente con la impellente necessità di scriverne subito dopo.
La cucina color zafferano di Yasmin Crowther mi trasporta da Londra all’Iran con una storia  femminile  intensa e interessante per far conoscere culture diverse. “Una drammatica e appassionante storia familiare. Un romanzo dolceamaro…il cui placido snodarsi evoca efficacemente paesaggi geografici e paesaggi dell’anima” Ediz. Guanda
Ci si immerge dunque in realtà diverse, modi di vedere e affrontare la vita con altre coordinate. La lettura ti sollecita pensieri e fantasie , ti emoziona, ti fa arrabbiare, piangere o ridere, insomma ti fa vivere di più.
Se poi voglio ritornare nella Baltimora del 1849 e nel mistero che circonda la vita e la morte di Edgar Allan Poe ecco che leggo L’ombra di Edgar” di Matthew Pearl , l’autore del Circolo Dante.
Dopo aver letto il bellissimo Mrs. Poe di Lynn Cullen mi fa piacere rimanere nella stessa atmosfera cupa che aleggia sempre intorno alla figura del poeta americano. Un giovane avvocato Quentin Clark vuole scoprire la verità sulla morte del suo autore prediletto. E soprattutto non vuole che la sua vita d’artista  soccomba sotto il peso dei pettegolezzi e delle dicerie sulla sua vita dissoluta.  Matthew Pearl manipola con maestria realtà storica e finzione letteraria regalandoci una trama perfetta e personaggi indimenticabili.
Ma altri libri sono in attesa di essere aperti,sfogliati, letti. Accanto a me sul comodino lo straordinario “Curarsi con i libri. Rimedi letterari per ogni malanno” Per la bronchite consigliano proprio quello che avevo intenzione di rileggere “L’età dell’innocenza”.Â
Ora sono presa dagli imminenti futuri impegni di presentazione di “Io tinta di aria” di Nadia Ioriatti  al Cafè de la Paix lunedì 19 e del libro di Giuliana Savelli sulla filosofa Maria Zambrano nella sede de Il giardino della Arti il 23 gennaio.  Ve ne scriverò prestissimo per ricordarvi gli appuntamenti.
Ma stavo riflettendo alla finestra mentre mi deliziavo con il profumo dei  miei giacinti rosa che la lettura non deve essere  sostitutiva della vita, ma solo un arricchimento. Ora avrei voglia di primavera, di passeggiare e addirittura saltellare ( si può fare con il male alla schiena?) fra alberi e fiori. Ormai l’inverno non mi piace più. Troppi limiti , troppo freddo e meno luce.
Voglia di primavera.
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COME UN SOPRAMMOBILE di Mary Wesley, ed. Astoria
pubblicato da: Mirna - 9 Gennaio, 2015 @ 8:31 amJuno Marlowe la protagonista diciasettenne di questo romanzo è incredibile e indimenticabile. Una ribelle, una giovane Holden in gonnella, seppur meno introspettiva , più pratica e con il solito buon senso britannico.
Non vuole seguire la madre in Canadà nonostante la guerra in Europa – siamo infatti negli anni quaranta – perchè vuole vivere la sua vita e le sue emozioni, soprattutto l’innamoramento verso i suoi più cari amici Jonty e Francis. Li ama entrambi ed essendo stati i suoi vicini di casa  li ha sempre  seguiti nel loro tempo libero… e  loro  la “sopportavano” con sufficienza e  con un distaccato  affetto. Jonty e Francis hanno tre anni più di lei, stanno per partire per la guerra e una sera  entrambi la vogliono sedurre. Lei li adora e questa sua prima notte di sesso soltanto un po’ affettuoso la segna profondamente.
Decide così di non seguire la madre in Canadà , si fa ridare i soldi del biglietto del viaggio e cerca in qualche modo di sopravvivere all’amarezza di essersi sentita trattata come un soprammobile.
Il destino la fa incappare la stessa sera della partenza di Jonty e Francis in Evelyn un giovanotto pallido che la trascina a casa sua mentre stanno  bombardando Londra.  Fa in tempo, Evelyn, prima di morire d’infarto a darle una lettera per suo padre Robert che vive in Cornovaglia.
Sarà la fortuna di Juno arrivare all’indirizzo segnato sulla lettera. Ma forse, dato il suo temperamento audace, forte, avrebbe trovato altre soluzioni.
Si legge con passione e la scrittura di Mary Wesley è chiara, scorrevole, i suoi contenuti quasi sfacciati. Ma come dice la critica questa sua spregiudicatezza ed onestà derivano forse dall’età ,  E’ infatti questa scrittrice giudicata “tardiva” (come il radicchio?) . Il suo primo romanzo, a cui ne seguirono tanti altri, lo scrisse dopo i 70 anni.
Io la trovo interessantissima ed onesta. Nelle sue storie si racconta della sua  generazione che a partire dallo scoppio della guerra provò un’estrema ansia di vivere, di sperimentare, proprio come fa Juno che in campagna troverà la felicità , non solo complessiva, ma la felicità degli attimi dell’esistenza, vuoi una nuotata al chiaro di luna, vuoi l’assaporare il profumo dei fiori o mungere le mucche.
Da leggere, da leggere credetemi. Il “rosso” Astoria non delude mai.
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