LA DECISIONE DI BRANDES di Eduard MÃ rquez, ed.Keller
pubblicato da: Mirna - 6 Giugno, 2015 @ 6:22 amE’ la storia di Brandes che giunto alla fine della sua vita ripercorre tutti gli avvenimenti importanti cercando di capire se stesso, le sue decisioni e soprattuto cercare quella chiave di svolta che potrebbe avere dato senso alla sua vita.
Si definisce e si sente un uomo mediocre, senza eccessive qualità esistenziali : la mancanza di coraggio nell’ affrontare l’orrore della  vita di trincea sulla Somme, l’appoggiarsi al padre-maestro, il senso di abbandono che prova nel non avere più accanto a sè l’amata Alma , la  terribile decisione che dovette prendere riguardo i suoi quadri: dare la sua Madonna con bambino di  Cranach il vecchio  richiesto con prepotenza ricattatoria  dal mercante Hofer che vuole donarlo a Goering o  tutta la sua opera.
Sì, perchè Brandes è un pittore bravo e affermato. Nei suoi dipinti c’è  in parte la risoluzione della sua vita, dei suoi dolori, della sua angoscia, soprattutto nei colori che usa come gli aveva insegnato il padre.  Per Brandes dipingere ciò che aveva vissuto al fronte era stata una liberazione e i colori hanno trasformato l’orrore della trincea e del lager vissuto dall’amata Alma in qualcosa di sopportabile. E i colori possono definire ogni stato d’animo, ogni sentimento, possono sottolineare ogni ricordo. Dal nero, grigio, rosso della trincea, al verde malachite degli occhi di sua madre. Guarda a Matisse ai colori che esplodono nella sua Danza, ne cerca sollievo. E ricerca l’origine dei pigmenti, come gli aveva insegnato il padre,  non perdere di vista l’orpimento…che dalla sue massi lamellare giallastra può donare colori intensi.
Un romanzo profondo che ti fa fermare per riflettere sulla vita in generale, ma soprattutto che ti avvolge nel mondo salvifico dell’arte, della sua filosofia, dell’importanza del colore che ci circonda, Â colore che determina le sensazioni.
Prima che Alma morisse Brandes nel suo atelier nel bosco aveva cominciato a dipingere i ciottoli della riva del torrentello. Forse è stato in quel momento che ha trovato il senso della sua vita: affidarsi alla natura, interagire con essa e colorarla con i propri moti d’anima.
Ma la scelta fatta gli ritorna sempre come filo conduttore alla memoria, ora che è debole e malato, ha fatto la scelta giusta? è stato  arduo decidere; se il Cranach significa la sua famiglia d’origine, sua madre, suo padre che tanto lo amava, i suoi dipinti sono invece la sua vita vissuta, ciò che ha conquistato nel suo percorso esistenziale.
Ma ogni decisione che un individuo prende è quella che doveva essere, è ciò che vogliamo o riusciamo  a sopportare.
Una soria molto bella, lirica, scritta in modo egregio.
Bravissimo  Eduard Marquez, nato nel 1960 a Barcellona. Con questo romanzo ha ottenuto diversi premi letterari.
Da leggere.
E naturalmente ringrazio “La viaggeria”, deliziosa, completa  e specializzata libreria di via Mazzini, che me l’ha consigliato e prestato!
Lettori e librai si capiscono.
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IL LETTO DI FRIDA di Slavenka Drakulic, ed.elliot
pubblicato da: Mirna - 3 Giugno, 2015 @ 8:27 pmChi ama Frida Kahlo deve leggere questo libro . E chi non conosce la pittrice può iniziare a farlo  anche a partire da questo volumetto sebbene sia meglio affrontare la sua  splendida biografia scritta da  Hayden Harrera corredata di foto. Le immagini sono importantissime per entrare nel mondo di Frida, sia le fotografie della sua vita sia i suoi dipinti.
Reduce della mostra romana ho “divorato” questo libro, imperniato sul dolore che ha accompagnato la vita della pittrice messicana, sfogliando spessissimo  il catalogo. (operazione un po’ complessa per via di  Mimilla sempre appiccicata alle gambe)
Slavenka Drakulic inzia il racconto dopo che a Frida è stato amputata la gamba destra. E’ la sua trentaduesima operazione. Da quel mattino di luglio la sua vita  le ritorna alla memoria  in  lancinanti flash back  iniziando da quando bambina si ammalò di poliomelite e rimase a letto per un anno intero  fino a  ritrovarsi al terribile incidente quando  un’asta del filobus  la “trapassò” letteralmente.
Aveva diciotto anni  e la sua vita di donna e di futura artista cominciò con quell’incidente. Dall’immobilità forzata nacque la voglia di dipingere per esprimere tutta la sua sofferenza. Dice lei stessa “La mia pittura porta il messaggio del dolore“.
Dal  primo autoritratto per il suo fidanzato dell’epoca dove lei appare dolce, melanconica, ma con un velato richiamo erotico indimenticabile (tanto che il possessore lo terrà sempre fino alla morte e all’altezza dei suoi occhi come gli aveva chiesto Frida) a decine e decine  di dipinti dove si svela tutta la sua passione e il suo dolore. Autoritratti esorcizzanti per alleviare il peso che dovrà affrontare per tutta la sua vita.
L’incontro con il maestro Diego Rivera , il grande pittore di quadri e murales , diventerà l ‘essenza e  lo scopo della sua esistenza. Si sente  dapprima protetta, guidata, plagiata, tanto che nei primi anni smette di dipingere. Riprenderà dopo i tradimenti del marito  quando capirà che lei è una persona con una propria identità . Il loro rapporto sarà particolare, ma molto stretto.
Importante durante la lettura delle sue biografie  guardare i suoi autoritratti eccezionali dove lei vestita spesso da contadina tehuana (come piaceva al Maestro) ci fissa con lo sguardo intriso di morte e consapevolezza. Tutto ci viene raccontato attraverso i suoi dipinti: dei suoi aborti, del suo desiderio sfrenato di maternità tanto che alla fine si ripiegherà come una madre sul suo Diego imprendibile come marito, ma accondiscendente nel farsi amare come un bambino.
Breton quando vede i suoi quadri si emoziona. Parla di eccezionale Surrealismo e Simbolismo, senz’altro di una pittura forte che tocca le corde dell’animo. Una pittrice unica che sembra aver dipinto con il suo sangue e con il suo respiro.
Una lettura forte, avvincente in cui troviamo il desiderio di Frida di esistere, nonostante tutto. Scrive “Sentire, guardare, partecipare. Gioire. Non abbiamo un’altra possibilità , un’altra vita.”
VENEZIA ovvero il desiderio di essere felici
pubblicato da: Mirna - 31 Maggio, 2015 @ 5:02 pmSapevo che una giornata a Venezia avrebbe rivoltato in positivo il tran tran quotidiano. In più si stava avvicinando il fatidico compleanno. Che cosa meglio di una giornata di sole nella città più poetica del mondo con la cara  “vecchia”  amica di avventure?
Appena esci ti accoglie il Canal Grande, la Chiesa della Salute e il brulichio vivace di un’umanità sorella che vuole appagare gli occhi, nutrirsi di bellezza, insomma essere felice.
Naturalmente la cara amica di Aquileia  che mi fa divertire con il suo particolare modo di approcciare la realtà e il suo ineguagliabile sense of humour mi aspettava al binario sbagliato.
Ma già sapevo che sicuramente qualcosa del genere sarebbe successo…e così è stato. Giuliana l’habitué di Venezia  doveva farci arrivare al Palazzo Ducale a mezzogiorno, ma chissà perchè – forse perchè parlava e raccontava, forse perchè si fermava davanti a vetrine e a cancelli privati, forse perchè è svagata e vive con una sua disorganizzata organizzazione abbiamo fatto giri concentrici a non finire salendo e scendendo ponti e ponticelli.
“La vada sul ponte, poi a destra, poi a sinistra fino a quello con le guglie”. Il ponte con le guglie lo abbiamo salito e sceso almeno sette volte. Giuliana è certa che i gondolieri ai quali abbiamo chiesto informazioni ci abbiano fatto sbagliare  di proposito.
Però alfine siamo giunte all’ultimo momento  – vista la prenotazione – alla mostra del doganiere Henry Rousseau. Ci tuffiamo nelle sue opere colme di “candore arcaico”, ci beiamo del verde delle sue jungle. Siamo felici perchè c’è poca gente così possiamo parlare , ammirare, confrontare le sue opere con le altre esposte, come alcune di Carrà , Seurat, Signac e persino Frida Kahlo. Qui siamo in posa davanti al suo Matrimonio ricalcato per i turisti.
Leggiamo la poesia che Apollinaire gli ha dedicato poi, un po’ frastornate , usciamo alla ricerca del mitico ristorante GAM GAM di cui mi ha parlato Daria. Ancora non sapevamo l’esatto nome per cui chiedavamo a destra e a manca di “Gnam, Gnam!”.
Un certo Emanuele nel ghetto ebraico ce lo indica, anzi ci raccomanda al rabbino Rami.
Riusciamo a trovarlo e felici ci sediamo in un ambiente accogliente e tipico come desideravamo.
Ci salutano con shalom, naturalmente. Mangiamo il loro antipasto con falafel e altre polpettine, salsine varie, cous cous alle verdure, ridendo e  facendoci fare foto dai pazienti ragazzi .
Finisco con una pregiata grappa ebraica.
E intorno a noi c’è Venezia, colorata di oro e brulicante di voci, c’è  San Marco che ti strema con la sua bellezza, i campielli talvolta silenziosi e magici; un’opera d’arte in cui puoi camminare, fermarti, bere un caffè, salire l’ultimo ponte moderno quello che i veneziani non amano, il Calatrava. Ma che si sta inserendo con il suo vetro al colore dellle cupole.
Un’ubriacatura di sensazioni vitali, di energia, di desiderio di essere eterni, di felicità .
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LibrIncontri …con bollicine finali
pubblicato da: Mirna - 29 Maggio, 2015 @ 7:13 amIn modo ancor più fluente si parla di libri con un calice di bollicine. Abbiamo deciso per l’ ultimo incontro al Cafè de la Paix di iniziare con le nostre recenti letture per poi finire con i propositi per l’estate. Il romanzo  di Corrado Augias, Il lato oscuro del cuore (Einaudi) che ho appena terminato ha interessato Gemma ed Elvira. E’ un lavoro impegnativo quello che Augias ha affrontato: psicoanalisi e desiderio di mettere in pratica ciò che  la protagonista ha studiato. Clara, satura e arricchita dagli studi su Freud, Jung, Breuer e non solo – perchè la buona  letteratura affonda le sue tematiche nel lato oscuro di ognuno di noi – cerca di capire, analizzare ed aiutare Wanda l’altra protagonista.  Ci sono molti personaggi con le loro vite e i loro problemi esistenziali, dalla ricerca del lavoro e dell’identità , dall’invecchiamento  alla ricerca dell’amore. Ciò che mi ha intrigato soprattutto è scoprire che Augias ha la mia stessa passione e che ha letto moltissimi libri di psicoanalisi da L’nterpretazione dei sogni di Freud, ai famosi casi clinici come la Storia di Dora o di Anna, a Schnitzler che Freud riteneva un suo sosia tantolo lo  scrittore austriaco penetrava nel profondo abisso.
Nadia vuole leggere un po’ di “gialli” per rilassarsi e si propone di iniziare la Trilogia di Izzo , mentre un delizioso libro di  Hwang Sun Mi  “La gallina che sognava di volare” sarà letto da perecchi di noi.-  (Bompiani )
ORO ROSSO di Tom Hillenbrand
pubblicato da: Mirna - 21 Maggio, 2015 @ 5:18 pmRingrazio la casa editrice “Atmosphere  libri” che mi ha inviato questo bel thriller da leggere e recensire.  Un’edizione elegante, maneggevole di facile lettura.
Visitate il suo sito  www.atmospherelibri.it  e scoprirete i progetti interessanti di questa casa editrice.
Con Tom Hillenbrand, qui al suo secondo  thriller culinario – il primo “Frutto del diavolo” premiato col Friedrich Glauser Prize – entriamo ancora una volta nella vita dello chef lussemburghese Xavier Kieffer, un aitante cinquantenne legato sentimentalmente a Valerie, un’importante critica gastronomica di Parigi.
Interessante innanzitutto conoscere un po’ meglio il Lussemburgo, questo piccolissimo granducato incastonato nell’Europa occidentale. Non se ne sente mai parlare in verità ; la piccola capitale divisa fra città alta e città bassa è descritta nei particolari dallo scrittore tedesco. Conosciamo gli speroni di rocce che suddividono i quartieri, il suo fiume e i tipici locali . E naturalmente la gastronomia. Sebbene in questa storia si parli di sushi. Infatti il sottotitolo è “Vivere e morire per il sushi”.
Tutto inizia al Museo d’Orsay dove l’ambizioso sindaco di Parigi vuole offrire ai suoi importanti ospiti una cena “omakase” a sorpresa cucinata dal maestro sushi Mifune. Naturalmente Valerie e Kieffer sono tra gli ospiti e così assisteranno di persona  alla morte improvvisa del giapponese.
Avvelenamento? Intossicazione da tetrodotossina del pesce palla? Impossibile immaginare che un esperto mondiale di sushi non sappia riconoscere le parti pericolose di un pesce.
Il sindaco propone a Kieffer di indagare soprattutto sulla pesca del raro e famoso tonno pinna azzurra.
E si scopriranno cose terribili. Terribili, ma interessanti.
Per gli amanti della cucina giapponese ci sono indicazioni e ricette (con un glossario in appendice), ma per gli animalisti c’è l’amara verità circa lo “sterminio” dei tonni, a partire dalle nostre famigerate tonnare.
Infatti verso la fine del romanzo ci ritroviamo vicino a Favignana dove scopriremo la veritÃ
Un libro interessantissimo e nello stesso tempo di gradevole lettura per via di alcuni  personaggi divertenti  gran mangiatori e bevitori.
La foto ritrae il mio amico Vincenzo, amante  del sushi e del Giappone.  Gli  consiglierò di leggere questo libro.
Un pomeriggio d’arte e di bellezza all’Androna II
pubblicato da: Mirna - 18 Maggio, 2015 @ 7:54 amCi sono momenti delle nostre giornate  che si imprimono in modo particolare in un’ immediatezza emotiva che poi nel ricordo si dipanano facendoci sorridere appagati. Brevi tratti di tempo e di spazio che possono risultare perfetti e che ti danno, come scriveva Frida Kahlo,  “la certezza dell’esistere in cui ci si sente indiscutibilmente vivi. Sentire, guardare, partecipare. Gioire. “
Complici il sole caldo di maggio, l’antica Androna di Trento, la compagnia di amici e un evento elegante e interessante. Le opere d’arte di Cati Briganti come cornice a belle bambine, ragazze e signore che sfilavano su un tappeto rosso indossando le creazioni di Imaya: Â abiti tagliati e cuciti in laboratori artigianali. Bellissimi. Come belle erano le indossatrici. Da Nadia Ioriatti a Lhamo e Connie.
“La Bellezza è ciò che ci porta verso lo stupore” scrive Tonino Guerra mentre Keats diceva che Bellezza è Verità .
Ci sono  musica, i  colori delle spezie e dell’estate, un desiderio di aprirsi e spogliarsi da sovrastrutture formali, lo sguardo attento alla versatilità femminile, a tutte le sfumature  che l’abito può regalare al nostro essere donne.
Non a caso Cati Briganti limita la passerella con un manichino drappeggiato di colori.
Cita De Chirico, ma la  sua opera qui è a tutto tondo, si può accarezzare, annusare, interagire con essa diventando parte della scultura. Ci sono altri pezzi di questa giovane artista: visioni naturali create usando legni antichi, carta e specchi attraverso i quali allontanarsi dall’illusione  che ci  riproduce realisticamente per diventare più consapevoli della nostra frammentazione in tanti altri da noi. La cornice ci può sempre riunire e far rinascere.
Siamo uno, nessuno, centomila.
L’arte contemporanea di Cati ci regala espressioni nuove agganciate però a un passato ricco di storia e di valori nei quali la Donna e la sua visione del mondo ricreano vibrazioni  ed emozioni.
La bellissima cornice di legno incorniciata a  sua volta da leggera carta bianca che sembra un velo  e con lo specchio nel centro è un mondo femminile ricchissimo di suggestioni arcaiche e nuove: un filo rosso che può collegare storie e pensieri e l’eterno esserci e non esserci che rimbalza dallo specchio, oggetto muliebre per eccellenza.
Artista da conoscere senza dubbio.
Al Cafè de la Paix per parlare di libri ed altro
pubblicato da: Mirna - 13 Maggio, 2015 @ 6:55 amCome sempre ritrovarsi al Cafè de la Paix è rilassante e frizzante allo stesso tempo. Rilassano il verde degli alberi che si intravedono dalle finestre, così come la musica, i ragazzi sorridenti ed invece è energetico il desiderio di incontrarci tra amici e condividere gli eventi speciali che questo luogo offre già soltanto aprendosi a nuove idee multiculturali  e ai  curiosi di novità .
Così se domenica scorsa abbiamo gustato il brunch indiano –  saporito di spezie colorate e  accompagnato da tè – lunedì ci siamo incontrati per conoscere meglio Rocco Sestito e Il suo tarlo di Ruth.
Intorno ai nostri soliti tavolini e davanti a un caffè o una tisana  l’atmosfera cordiale e  attenta si riscalda grazie anche alla simpatia dell’autore che ci racconta della sua fervida immaginazione rischiando talvolta di imitare la sua protagonista per la quale la  fantasia è “una malattia”. Ma tutti siamo d’accordo che fantasticare è salutare, ci fa vivere più leggermente. Si sa infatti che ciò è prerogativa dei bambini e degli artisti. E noi , club di lettura LibrIncontri non siamo un po’ tutti amanti della lettura, scrittura, arte in generale ?  E sicuramente dentro di noi ci sentiamo ancora aperti alla meraviglia.
Maria Letizia, vice presidente de Il Giardino delle Arti, sta lavorando con Rocco ad un bellissimo progetto che vedremo il prossimo autunno. “Il salotto di Clara Maffei” dove testi e musica si completeranno. E dove si immagina che il salotto di questa dama sia stato  frequentato da  famosi compositori.
Il pomeriggio è come sempre pieno, ciò che ci racconta Rocco Sestito  sia della sua carriera di regista che della sua voglia di scrivere si  aggancia alle nostre curiosità e ai libri letti. E scritti. Sì, perchè tra noi ci sono anche published writers come Santo, Carla, Annamaria e naturalmente la nostra bellissima Nadia “Tinta di aria”. A questo proposito il suo libro è stato presentato a Mezzolombardo venerdì scorso in un elegante palazzo cittadino. Presentato da Maria Teresa nel suo modo chiaro e avvincente siamo stati felici di ascoltare ancora alcune pagine di Nadia Ioriatti  che ci regala sempre nuovi spunti di riflessione grazie ai suoi “corsivi di vita”.
Pensavo dunque a quanto importante sia la lettura e il nostro scambiarci titoli, impressioni, pensieri. Il nostro gruppo è ben amalgamato e possiamo dire che  questo ritrovarsi sta diventando sempre più un appuntamento atteso con ansia  . Ognuno di noi ha sempre qualche cosa di interessante da raccontare, sia un viaggio, sia un libro particolarmente avvincente, sia un accadimento significativo.
E poi c’è Masi che legge a richiesta un racconto  di Rocco “Contando sotto la pioggia” , c’è  Riccardo che cerca l’Infinito e lo legge dallo Smarthphone. Anche la tecnologia è al servizio di noi golosi di alti pensieri e di Bellezza.
E si aggiungono nuovi amici e nuove sollecitazioni alla lettura e allo stare bene insieme.
ASTRAZIONE OGGETTIVA e degustazione preziosa
pubblicato da: Mirna - 6 Maggio, 2015 @ 4:48 pmUn’oretta magica, ieri alla Galleria Civica di via Belenzani: Giovanna Nicoletti, esperta d’arte ci ha illustrato questa significativa mostra che chiuderà fra qualche giorno.
Ricerca del colore, dell’astrazione dal soggettivismo, delle linee pure, di analisi del nuovo. Il gruppo dei sei artisti trentini con l’obiettivo comune di indagare e sperimentare le relazioni tra linea e colore per ottenere una percezione visiva innovativa dello spazio pittorico sottoscrivono nel 1976 un manifesto teorico del loro metodo e della loro Weltanschauung artistica. Â .
Consiglio caldamente la visita sia per la  mostra sia per lo  spazio di questa  succursale del Mart.
Essenzialità ,  eleganza e piacere …anzi ieri  piaceri multipli.
Non solo la spiegazione di Giovanna Nicoletti  ( che ho seguito spesso nelle sue lezioni all’UTEDT dove  ha spiegato l’arte moderna in un modo intrigante ) davanti alle bellissime opere di Schmidt, Senesi, Mazzonelli, Pellegrini, Wenter Marini e al presente Cappelletti , ma un accostamento sinestetico della vista al gusto e all’olfatto .
Sì, perchè l’entusiasta  Italo Maffei ci ha introdotto alla degustazione consapevole di parecchi ottimi vini. Con un’attenzione sempre centrata sulla profondità del colore, sulla  luce, sulle  sensazioni e  percezioni. Ad ogni gruppo di lavori un abbinamento perfetto: possiamo dire che riuscivamo, grazie alle spiegazioni di Giovanna e di Italo, a “bere” i colori e le linee!
Dallo Spritz, tipico aperitivo degli anni Settanta, ricco, profumato , colorato a certi bianchi vorticosi di sapore e profumo, ad altri lineari e sorprendenti.
Fino ai tre Pinot bianco, rosa, rosso (ne ho assaggiato solo uno però!)  per concludere con un dolce Grechetto strepitoso …che vorrei bere ancora.
Non so se alla fine eravamo tutti prede della Sindrome di Stendhal o da una dolcissima euforia alcolica, fatto sta che i lavori  di questo gruppo di artisti è stata apprezzatissima. Colori primari, certi azzurri incredibili, la bidimensionalità trasformata in una tridimensionalità dello spazio.
Ripeto i piaceri accumulati per i nostri sensi e per il nostro desiderio di Arte e Bellezza, di Luce e di Colore sono stati tanti.
Ed infine la condivisione.
L’arte ci regala da sempre un’alternativa.
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IL TARLO DI RUTH di Rocco Sestito consigliato da “Il Giardino delle Arti”
pubblicato da: Mirna - 1 Maggio, 2015 @ 6:33 amLa fantasia mette in rapporto il mondo interno della psiche col mondo esterno della realtà e costruisce un ponte tra ciò che  si crede sia e che forse non è. E’ sempre un attraversare uno specchio per ricercare mondi paralleli e possibili a quello contingente, ma sappiamo che è dal nostro preconscio che si forgiano le fantasie che possono essere di prova o preparatorie alla vita presente.
Intrigante questo romanzo di Rocco Sestito in cui la malattia di Ruth, la protagonista narrante, altro non è che una fervida immaginazione , quindi un susseguirsi di estraniamenti da sè, una ricerca di alternative, di identificazioni estreme da esseri umani ad animali per provare l’emozione di un Tutto vivente. E’ quasi sentirsi in possesso di poteri divini e soprattutto una ricerca di emozioni complete.
Ruth  si presenta così “Mi chiamo Ruth. Ho trentasei anni. Sono malata. Cioè, penso di avere una malattia rara, e d’altronde non saprei come definirla: sono una visionaria. Ogni persona che incontro e che abbia un qualcosa, anche di insignificante, che attiri la mia attenzione, stimola la mia immaginazione e mi fa inventare delle storie. Anzi, più che inventare, le vivo , letteralmente.”
Il libro di Sestito scrive della scrittura e immagina l’immaginazione tanto è ricco e articolato per cui questo  libretto di 120 pagine è in realtà molto più spesso perchè le storie raccontate sono tantissime.  Possiamo leggere alcune pagine trovandoci in una storia d’amore tra una bellissima mora e un timido impiegato per poi ritrovarci nelle vesti o meglio nella pelle di un generoso cane. E tutto questo grazie a Ruth che con il suo occhio attento riesce a penetrare nella vita delle persone e a creargliela ex novo.
Il tarlo di Ruth si legge con golosità e nello stesso tempo a spicchi , sì come gli spicchi  di un caleidoscopio che forma la sua immagine colorata per poi lentamente crearne un’altra.
Ne escono racconti veri e propri oppure brevi parentesi di esistenze talvolta tristi, talvolta allegri come “Contando sotto la pioggia” dove la protagonista inizia a voler contare le gocce di pioggia per finire poi a contare le monetine cadute nel suo ombrellino riverso. Ma attenzione non è Ruth che racconta questa storia , ma una sua amica che le ha dato un suo scritto da leggere. (Sappiamo che Ruth lavora in una casa editrice).
E qui sta la grande abilità di Rocco Sestito, autore di cortometraggi di fiction, drammaturgo e regista, perchè ci propone storie che sembrano scaturire da una teoria di scatole cinesi.
Un giorno accanto a Ruth su una panchina si siede un barbone che le racconta  di come ha trovato fogli sparsi ricolmi di riflessioni e poesie che gli hanno fatto cambiare vita.  Quindi una storia dentro una storia e così via.
Insomma un libro da leggere come un affresco: non si sa se sotto esiste un altro dipinto, non si sa se è compiuto o meno. Da leggere sicuramente con calma, un po’ alla volta perchè la ricchezza è tanta, l’immaginazione è galoppante.
Da non trascurare certamente i monologhi sui colori rubati da Ruth a un attore antipatico nel suo camerino. Si mescolano persino i generi, da pagine diaristiche, a poesie, a fiabe, a racconti veri e propri.
Rocco Sestito ci regala un’antologia  che ci fa  gustare le fantasie di Ruth e proprie  senza sensi di colpa perchè l’immaginazione dà  voce ai nostri desideri, e come scrive Ethel S. Person nel suo “Sogni ad occhi aperti” “…senza immaginazione, la coscienza sarebbe imprigionata nel presente dei sensi o nel passato dei ricordi e si negherebbe la contemplazione di infinite alternative e possibilità …”
Devo ringraziare Il Giardino delle Arti che mi ha permesso la conoscenza di questo autore e la possibilità di introdurlo  anche nel  mio gruppo di lettura.
Rocco Sestito sarà nostro ospite al Café de la Paix lunedì 11 maggio, alle ore 17.00
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Andar per castelli con il gruppo degli Accademici
pubblicato da: Mirna - 27 Aprile, 2015 @ 8:59 amEd in Trentino è facile.
Castel Toblino si raggiunge in poco meno di mezz’ora da Trento e sempre, in qualsiasi stagione e con qualsiasi tipo di luce ti incanta.
Perché è romanticamente disteso su uno specchio d’acqua che si colora e trascolora a seconda di nebbiolina, pioggia, sole, ombre. Intorno i monti rocciosi ci regalano quel tanto di mistero che aleggia nelle sue sale antiche. Sembra vi circolino almeno cinque fantasmi. Due coppie di amanti e un religioso. Ma tutti  conoscerete le sue leggende.
Certo è che per me  sta per diventare  una meta di caffè  domenicali mattutini sulla terrazza che guarda il lago e gli aironi cinerini e il verde…
Ma non solo…  ieri con il gruppo dell’Accademia di Cristina abbiamo unito l’util-culturale al dilettevole. Il tutto organizzato dalla splendida  Francesca Endrizzi. Verena ci ha poi  spiegato la struttura del castello, l’importanza della vinificazione, ci ha mostrato il lavoro importante che l’attuale proprietario sta compiendo per riportare alla luce delicati e bellissimi affreschi alcuni attribuiti al Fogolino accompagnandoci per scale, scalette, cantine.
E noi ci siamo aggirati in stanze grandi e piccole cercando di capire che cosa mai avrà provato Claudia Particella mentre aspettava il suo amante , il Cardinale Madruzzo, in una piccola saletta tutta affrescata.  Pensate che  ne era stato intrigato persino Benito Mussolini, ospite per un po’ nel castello,  che nel 1910 scrisse un romanzo “L’amante del Cardinale.Claudia Particella”. E così abbiam parlato di libri sebbene l’autore non mi piaccia.
Scale, scalette più o meno ripide e poi il giardino con il rosmarino in fiore, la salvia profumata, le peonie,  i corbezzoli.
Terrazzini, cappella, mura merlate e sempre l’acqua intorno a noi.  Credo che sia proprio per questo che Castel Toblino sembri un castello magico, fiabesco, misterioso, un luogo che all’esterno ci regala sensazioni di dolcezza e desiderio di abbandono e all’interno ci riporta alla durezza della realtà  e forti emozioni come le sue prigioni e le sue pietre.
Una bella domenica mattina culminata alla Cantina Hosteria Toblino dove ci aspettavano un piatto goloso di ravioli e filetto in crosta e un corposo vino rosso.