DIARIO, di Anna Frank

pubblicato da: admin - 28 Marzo, 2010 @ 6:16 pm

2779567[1]200px-Anne_Frank_stamp[1]Questo blog ha senso per me, e mi risulta più facile e spontaneo scrivervi,  se seguo le “intermittenze” del cuore. E con questo intendo ciò che l’esterno da me o il mio sgomitolamento interiore porta immediatamente ai  miei  pensieri.

Ieri sera in Tv ho visto  “Ulisse”, la trasmissione di Alberto Angela, in cui si parlava di diaristica. Naturalmente l’ho seguita con interesse soprattutto la parte riguardante Anna Frank. Ho rivisto con emozione e partecipazione spezzoni del bellissimo film e mi sono ancora commosssa  per la sua storia. Tutti abbiamo letto e riletto il suo diario. E si continua a proporlo alle nuove generazioni perchè la sua vicenda drammatica ed intensa va di pari passo con la sua sensibile analisi dei  turbamenti dell’adolescenza. Sappiamo che Anna nasce a Frankfurt am Mein  in una agiata famiglia di ebrei tedeschi. Dopo le leggi razziali del 1933 i Frank emigrano ad Amsterdam, ma con l’invasione dell’Olanda da parte di Hitler, sono costretti a nascondersi. Si rifugiano nella soffitta dell’edificio dove il padre di Anna lavorava. Riescono a viverci, insieme ad altre persone, dal 6 lugli0 1942 al 4 agosto 1944 , quando la polizia tedesca fa irruzione nell’alloggio segreto. Tutti i rifugiati sono condotti nei campi di concentramento dove moriranno. L’unico sopravvissuto è  il signor Frank il quale, terminata la guerra, ritrova il diario della figlia e lo fa pubblicare.

Per Anna scrivere di sè, delle sue giornate è un aiuto fondamentale, una via di fuga, non solo per riuscire a trovare anche in una vita di clausura motivi di interesse, riflessioni e critiche, ma per crescere con consapevolezza, e volontà di diventare una persona giusta. Attraverso le sue pagine possiamo ripercorrere non solo la storia di una  reclusione obbligata, ma  il percorso, anche se troppo breve,  di una crescita personale. Anna riceve il diario per i suoi 13 anni e lo concluderà appena quindicenne.

Per me fu così significativa la lettura di questo diario  che nel settembre del 1959  cominciai subito a scriverne uno tutto mio. Avevo 15 anni. Anna Frank era morta  nel mio stesso anno di nascita. Un abisso storico e sociale, fortunatamente, ci separava pur in un lasso di  tempo così breve. Ma dentro di me  c’erano le stesse sue emozioni e domande sulla vita in generale.  Come lei anch’io prometto nella prima pagina di essere sincera, e come lei mi sento sola. Proprio nelle ultime sue pagine Anna riflette e concorda  su una frase letta da qualche parte  “La gioventù, in fondo è più solitaria della vecchiaia.”  Concordo pienamente, mi sono sentita più sola da adolescente che adesso. Proprio la necessità di vincere la solitudine spinge molti di noi a scrivere un diario. Ieri sera ho riletto alcune pagine del mio primo quaderno ( ne avrò circa 20, 21..) ma ad un certo punto mi sono accorta che non ne avevo voglia, mi sembrava di leggere di qualcuno in cui non mi riconosco più. Preferisco rileggere i miei appunti più recenti perchè mi aiutano a ricordare gli avvenimenti recenti e a farmi comprendere la strada che sto percorrendo in questi anni. I quaderni del 1959 parlano di una ragazzina triste, un po’ sola, con tanti desideri che sembrano irrealizzabili. Inoltre mi accorgo che non ero sincera come promettevo all’inizio, scrivevo non di com’ero, ma di come sarei voluta essere.

E’ meglio che mia figlia li  raccolga  tutti in uno scatolone e li mandi direttamente  a Pieve Santo Stefano, provincia di Arezzo, alla Casa del Diario, dove vengono raccolti tutti i diari, anche quelli delle persone comuni. Chissà fra 100 anni qualcuno troverà interessante leggere che una quindicenne il 27 marzo 1960  scriveva: “Sono andata a fare un giro in bicicletta, sola, per mezz’ora. Mi sono messa la gonna a pieghe, le scarpe basse…pedalavo lentamente…”

Nascondo il quaderno nell’armadio bianco e mi ripropongo di immergermi nel presente e nel futuro immediato.

Chi scrive il diario sa che esite una Casa che li raccoglie con amore…

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SHAKESPEARE, per la giornata mondiale del teatro

pubblicato da: admin - 27 Marzo, 2010 @ 8:33 pm

scansione0015Oggi,  27 marzo, per la prima volta in Italia si celebra la giornata mondiale del teatro. Finalmente!  Il teatro che fin dall’antichità ha messo in scena  la nostra condizione umana e ci ha sollecitato a raggiungere una certa coscienza critica, è senz’altro un’espressione artistica immediata, di alto valore sociale. Drammi e commedie. La mia amica Maria Teresa, socia dell’Accademia delle Muse, potrebbe parlarci con competenza della storia del teatro, io accenno “soltanto” a  William Shakespeare che si potrebbe considerare il padre del teatro “moderno” in quanto  precursore nell’introspezione della nostra anima. Maria Teresa scrive che è  d’accordo “…per la straordinaria capacità di scolpire e scavare caratteri e casi umani con grande forza e nello stesso tempo costruire vicende anche complesse, intrecci talora moltepici, vivaci, brillanti…”. Di Shakespeare si ama proprio la sua arte umanissima, ricca, vivida piena di sfumature che va dalla delicatezza poetica alla godereccia sensualità della vita.

Nell’introduzione a questo volume della U.T.E.T.  si legge che Shakespeareper vastità di visione e profondità di risonanza umana” viene paragonato al nostro Dante. La sua opera è grandiosa: 154 sonetti, 38 testi teatrali suddivisi in tragedie, commedie e drammi storici. La forza e la modernità di quest’inglese, soprannominato “il Bardo di Stratford”, sta in una naturale capacità di immedesimarsi in ogni carattere ed immaginare tutto ciò che gli altri sono e che, potenzialmente,  potrebbero diventare.  Riesce con profonda empatia  ad insinuarsi nei pensieri e nei sentimenti dei suoi personaggi. Ecco perchè Re Lear, Otello, Lady Macbeth, Ofelia, Romeo,  Giuletta , Shylock, Amleto, Falstaff , Miranda, le comari di Windsor…sono diventati parte del nostro immaginario. Li sentiamo amici, li conosciamo, perchè sono, per taluni aspetti, come noi.

Egli riesce a spaziare  con facilità e naturalezza dalla freschezza o  schietta comicità delle commedie al dramma esistenziale filosofico delle tragedie. Per scrivere del suo teatro occorrerebbero giorni e giorni di lettura e studio. Questo volume racchiude tre lavori esemplari: una commedia, un dramma e l’ultimo suo lavoro prima della morte avvenuta nel 1612.

“Sogno di una notte di mezza estate ( “The midsummer Night’s Dream”) vista e gustata  a teatro da tutti noi , io credo: le nozze di Teseo e Ippolita, le scaramucce fra  Oberon e Titania nel bosco incantato frequentato da fate e geni, come l’indimenticabile Puck. E’ la sua commedia più caratteristica che racchiude lati comici, grotteschi, satirici e momenti di alta poesia  che si snodano tra prodigi e sogni. Nella fiaba già si preannuncia una trattazione filosofica che si coglierà infine  nella “Tempesta”. Qui si troveranno pacatezza e serenità, quasi un superiore distacco dalle tormentate inquietudini terrene. Io l’ho vista all’Auditorium l’anno scorso e l’ho apprezzata proprio nel conclusivo e sereno messaggio :”Oh, meraviglia! Com’è stupenda l’umanità! Oh, mondo nuovo e bello che contiene una tal gente”. Si racconta di Prospero, un saggio mago che riesce comandare a se stesso e a tutti gli elementi; si avvale dei suoi poteri sovrannaturali soltanto per far trionfare la giustizia e debellare le forze del male. E’ consolante pensare che Shakespeare, identificatosi con Prospero, avesse raggiunto nella maturità un calmo equilibrio .

Ma c’è anche lo Shakespeare delle tragedie, in primis per me quella eccezionale di “King Lear” che Verdi avrebbe tanto voluto musicare. In questo volume è racchiuso l’Amleto, una delle esperienze centrali della sua opera perchè imperniata sui rapporti dell’uomo con se stesso, con la vita ultraterrena, con la società terrena, con i genitori e amori, con gli amici , con la cultura, con la vita politica ed economica del suo tempo . Ecco la modernità e l’attualità:  qui ci sono i temi fondamentali dell’essere umano, i nostri tormenti  e soprattutto i nostri dubbi.

Da ricordare infine lo Shakespeare attore e azionista del Globe Theatre, una struttura in legno di forma esagonale, aperto in centro,  che poteva contenere 3000 persone, molte anche in piedi. Frequentatissimo.  Poi distrutto è stato ricostruito fedelmente, pochi anni fa, nello stesso luogo in riva al Tamigi.

Andare a teatro allora come oggi è emozionante, un dono che dovremmo farci più spesso.

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IN VIAGGIO SU UNA GAMBA SOLA, ovvero lo spaesamento

pubblicato da: admin - 26 Marzo, 2010 @ 7:50 pm

scansione0027Che differenza tra la scrittura pacata e rilassante di Jane Austen e quella di Herta Muller, premio Nobel per la Letteratura! Nelle pagine di “In viaggio su una gamba sola” le frasi giungono brevi e forti come martellate pneumatiche. E gli stessi pensieri rarefatti,  sono a volte incompleti, anch’essi spezzettati. Sensasione ansiogena mentre la si legge, ma simbologie,  similitudini e metafore poetiche: ” E i sogni, lunghi come le notti e le stagioni. Sogni al di fuori della testa, nei quali topi e conigli, talpe e uccelli usavano gli stessi passaggi”.

La motivazione del suo premo Nobel recita: “Con la concentrazione della poesia e la franchezza della prosa ha rappresentato il mondo dei diseredati”. E in questa storia, in parte autobiografica, la protagonista Irene è una rifugiata politica nella Germania dell’Ovest del 1987. Fuggita dalla Romania di Ceausescu perchè ha rifiutato di collaborare con la Securitate, la polizia segreta del regime, Irene cerca di ritrovare una nuova dimensione, ma riesce a farlo “su una gamba sola.” Vive un’estate slegata a metà tra la nostalgia dell’altro paese e la ricerca dell’adattamento al nuovo.

“Irene ebbe anche un altro sospetto. Quello di mantenere in testa una nostalgia piccola e dispersa, per non doverla ammettere. Di tradire la nostalgia nel momento in cui saliva. E per soffocarla di costruire edifici di pensieri sopra i sentimenti.” Franz, il suo giovane amante, la accusa “ Volevi di più? Volevi la nostalgia perchè tu eri piena della tua. Adesso sei qui, e io sono qui, in questa stanza. E la tua nostalgia è la stessa, come se tu ed io non fossimo qui.! Hai la nostalgia dei bambini …che non sanno quello che vogliono.”

Racconto di alienazione, spaesamento in cui le sensazioni fisiche scivolano o penetrano sulla pelle. Giornate in stazioni  squallide, immersi nel freddo interiore, vento che si insinua su alberi con “più legno che foglie“.

Sensazione di sdoppiamento: “Talvolta Irene aveva il sospetto di essere entrambe le cose: spiegazzata e stirata alla perfezione. “

Scarni dialoghi con domande senza punto interrogativo. Pensieri come pugnali, quasi avulsi dal sè ” chiari…ordinati…Irene li tirò fuori, per portarli davanti alla fronte. Poi li spinse indietro, nella parte anteriore della testa. Come fossero schedari. “

Qualche spiraglio di consolazione nelle violaciocche e speronelle profumate nella città che comincia a piacerle. “Irene si accorse per la prima volta che quella strada le piaceva e anche quella giornata. E la giornata di domani.”

Herta Muller è riuscita a tenermi avvinta con queste parole così dense di significati reconditi, mi ha ricordato che tante porte pericolose  che sembrano chiuse possono aprirsi e farci entrare in parti dolenti dell’esistenza umana. La vita è così: luci e ombre, gioie e dolori. Raccontare e condividere non può altro che far bene all’anima.

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EMMA, e la conquista del buon senso

pubblicato da: admin - 25 Marzo, 2010 @ 9:45 pm

fotocamera 002scansione0026Il filo conduttore di questo blog è l’intrecciarsi dei miei pensieri giornalieri con la letteratura. Ogni libro di cui parlo è legato intimamente al mio sentire quotidiano. Perchè oggi Jane Austen? Perchè avevo bisogno di una “boccata” di equilibrio, saggezza, buon senso ed ottimismo. Ieri sera ho cominciato a leggere per curiosità lo scritto di Norah Vincent “Nei panni di un uomo” preso in biblioteca, pensando mi sarebbe  interessato conoscere che  cosa aveva scoperto la scrittrice travestendosi da uomo e frequentando per 18 mesi luoghi prettamente maschili. Ma dopo “essere stata con lei” al bowling, in locali di lapdance…mi sono stancata. E l’interesse di scoprire i segreti maschili è scemato. Sappiamo che uomini e donne sono diversi, meno male, ma ogni individuo è diverso e lo si può conoscere solo dialogando a tu per tu. Che cosa c’è di più intrigante che scoprire lentamente come sono fatti gli altri?

Per farla breve, più tardi riporterò il libro in biblioteca e continuerò invece a sfogliare “Emma” l’ultimo romanzo scritto di Jane Austen, che io lessi a 21 anni. Allora avevo la vista buona, ora faccio fatica a ripercorrere i caratteri piccolissimi di questa edizione  “Garzanti per tutti.” (Prezzo: Lire 350).

Pubblicato nel 1816 è un’opera in un certo senso perfetta nella quale al fresco entusiasmo di “Pride and Prejudice” (- ah,   proposito, proprio l’altra sera ne ho rivisto per l’ennesima volta la versione cinematografica …l’ultima scena da brividi di emozione…il signor Darcy  che nell’ alba velata di nebbia avanza a grandi passi con il mantello svolazzante verso la deliziosa Elizabeth. ..-) Jane prosegue in una acutezza della maturità a scandagliare gli animi umani.  Questo per sottolineare che anche attraverso una scrittrice vissuta  200 anni fa si possono capire uomini e donne nella loro peculiare differenza.

Emma è un ritratto femminile realistico proprio per le  sue virtù e i suoi difetti.  Ha il vizio di volere plasmare il destino degli altri, pensando di capire i loro desideri, ma è anche una persona generosa, riflessiva, portata al dialogo costruttivo. C’è molto di Jane in Emma, non solo  accomunate dalla vita tranquilla ed agiata, ma soprattutto dello stesso occhio indagatore sulla realtà umana e sociale. Entrambe vivono nella campagna inglese e frequentano la nobiltà terriera.

Il salotto per Jane Austen diventa la palestra delle sue osservazioni; inizia a scrivere su un angolo del tavolo descrivendo con bonaria ironia, senza moralismo, il comportamento e le vicissitudini delle persone a lei vicino. Al centro dei suoi romanzi c’è il buon senso come direttiva del vivere umano ed anche il suo linguaggio è sempre filtrato dalla ragione.

 Emma, eroina moderna che pensa di poter far a meno del matrimonio, lentamente cresce e si rende conto che può accettare anche la vita a due,  e dopo aver smussato il suo  carattere troppo prudente si abbandona a un più “romantico” arricchimento di spunti e modi d’essere sposando il saggio Mr. Knithley.

In questi giorni ho bisogno di serenità, equilibrio e dello sguardo realisticamente fiducioso di Jane Austen. Libro amico, dunque, che conforta.

Lettura che gratifica. Oggi ho ricevuto il commento dalla stessa  Alessandra Cenni, autrice di “Cercando Emily Dickinson“. Ne sono onorata e felice. Cercatelo nel commento del post del 10 marzo.

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IL GIARDINO SEGRETO,e il desiderio di rinascere

pubblicato da: admin - 24 Marzo, 2010 @ 6:23 pm

Una giornata così bella e piena di luce non appaga  completamente il mio desiderio di primavera. Non basta la serena passeggiata lungo il Fersina con una cara amica, non è sufficiente il mio comodo divano immerso nella luce del primo pomeriggio. Sento prepotente il desiderio di fiori, farfalle, cinguettii e profumi nuovi da catturare a tu per tu con la Natura. Ho voglia di un giardino, sia dentro che fuori. Ripenso allora al giardino segreto dell’omonimo romanzo di Frances Hodgson Burnett che ha incantato tanti adolescenti e adulti che si sentono ancora fanciulli. La storia è avvincente e romantica, persino un po’ gotica, dato che si svolge nell’immancabile maniero misterioso che si erge solitario nella brughiera inglese.

La protagonista principale è Mary Lennox, costretta a tornare in Inghilterra dall’India perchè rimasta improvvisamente orfana. Lo zio, Lord Archibald, la ospita nel suo castello , ma non si fa vedere molto, incupito com’è dal dolore insormontabile per la morte della sua giovane moglie Lilias.

Mary ha un caratteraccio, è testarda, indipendente, disubbidiente e ben presto si accorge che nel castello vive  segregato e protetto all’inverosimile il figlio di Lord Archibald, Colin, colpito  da una debilitante ed incomprensibile malattia. Sarà Mary con la sua irruente vivacità e trasgressione a far capire a Colin che egli non è ammalato veramente, ma che teme solo di esserlo, condizionato dall’ansia protettiva del padre.

Questo romanzo pubblicato nel 1909 non ebbe il successo meritato, come invece aveva avuto il precedente  romanzo della  Hodgson Burnett, “Il piccolo Lord,” perchè troppo audace nel messaggio pedagogico : i bambini vanno educati sotto stretta tutela degli adulti, e non possono agire in modo così libero, autonomo e trasgressivo. Dopo gli anni ’70 invece conobbe il successo che tuttora perdura. Ne sono stati tratti anche alcuni film, l’ultimo dei quali è veramente stupendo.

E’ il giardino il co-protagonista della storia: il giardino che Lilias aveva curato tutto per sè, ma che alla sua morte, viene chiuso a chiave dal marito disperato. La chiave sotterrata.

Mary, curiosa, vitale, scopre il giardino, ne ricerca la chiave e la trova grazie a un pettirosso. Ed allora la ragazzina che deve crescere nonostante la perdita dei genitori, rinnovare la sua vita in un altro contesto rinasce insieme al giardino che curato, grazie alla sua attenzione e al suo amore, in primavera risplenderà di fiori e alberi bellissimi.  Rose, gigli, lilium, anemoni e cespugli, e farfalle, api  e uccellini, il tripudio della bellezza e della vita.

Che voglia di giardino! E pensare che lontano nello spazio e nel tempo ne avrei uno, delizioso e montaliano. Per ora mi soffermo nel giardinetto intimo dei ricordi e dell’immaginazione.

Qual è il vostro giardino desiderato? Dove sostare a riposare,  meditare o leggere?

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A RINASCERE SI IMPARA, di Marcello Farina

pubblicato da: admin - 23 Marzo, 2010 @ 6:57 pm

Lanciaia6scansione0024Dopo l’interessante lezione-conferenza sul Romanticismo tenuta da  don Marcello Farina all”Università della Terza età, sono corsa a riprendere in mano il suo libro che porta il sottotitolo Filosofia per tutti.  Si tratta dei suoi contributi pubblicati settimanalmente sul quotidiano “L’Adige”, in cui egli “traduce” per il lettore comune e frettoloso i ragionamenti e il pensiero dei grandi filosofi. Don Farina ci spiega con parole chiare, lucide, essenziali  i molteplici aspetti della nostra esperienza umana, dalla gioia al dolore, dal peccato al perdono, dall’amore,  al dubbio, alla morte. Le  sue personali riflessioni critiche del quotidiano, riflessioni illuminate, tolleranti, affascinanti sono intrecciate ai pensieri di filosofi, teologi, scrittori, soprattutto del Novecento, il secolo appena trascorso e che da molti è stato definito “il secolo dell’ansia”.

Diventa necessario perciò in quest’epoca frettolosa, di individualismo e di malessere latente, decifrare ancora e sempre noi stessi e il mondo che ci circonda. La ricerca della verità  è un nostro dovere, diceva Platone, anzi è il nostro fine ultimo. E Kant prosegue, secoli dopo,  dicendo che essendo la nostra Ragione limitata dobbiamo sempre cercare, non avere il timore di conoscere. Cercare la felicità attraverso la Morale, saper cogliere la bellezza del mondo attraverso il sentimento del Bello.

Marcello Farina scrive “Assomigliamo a dei cristalli, belli ma fragilissimi: basta pochissimo perchè tutto possa andare in pezzi“. Pensavo proprio ieri come noi umani siamo dei funamboli, camminiamo sempre in bilico, basta poco a farci precipitare: relazioni umane insoddisfacenti, malattie improvvise, solitudine, precarietà. Viviamo in tempi in cui ci sente “inscatolati” in ruoli e immagini preconfezionati dai quali però dobbiamo avere il coraggio di uscire, pena un’omologazione coatta e un irrisolto male di vivere. Riacquistiamo dunque la libertà dell’essere con la nostra forza del pensiero.

Pensare è certo faticoso, imprudente e azzardato. Ma solo pensando si riacquista dignità e si può procedere a testa alta dentro le sfide di oggi.” ci consiglia don Farina.

In “A rinascere si impara“si sottolineano i nostri dilemmi esistenziali, si trova una guida per il nostro percorso di crescita, si ritrovano le inquetudini del giovane Holden e  gli immaturi cronici come Peter Pan che rifiutano di crescere per non affrontare la realtà.

Ma soprattutto si parla di etica e di rispetto per gli altri. “La mia libertà inizia proprio dove comincia la tua”, anche se Kafka scriveva ” La via verso il prossimo è per me lunghissima.” Ma sempre Etty Hillesum nel suo Diario ci dimostra la virtù della semplicità e una lezione ineguagliabile:quella  di chiarire il mistero del senso e dell’insensatezza del nostro umano dolore risolvendoli in amore.

Possiamo leggere di politica, laicità e religione e di speranza nelle  pagine chiare di questo sacerdote e filosofo che tutta la città di Trento ama  e ammira. E soprattutto dell’incoraggiamento a crescere per rinascere ogni giorno, come i fiori di primavera.

P.S. Questa volta è certo che la foto è stata scattata da Enza.

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BEAUTIFUL TOSCANA, una lettera d'amore

pubblicato da: admin - 22 Marzo, 2010 @ 7:34 pm

toscanaLIBRO BEAUTIFUL TOSCANATutti amiamo la Toscana. E’ il suo fascino dolce di terra nel cuore dell’Italia, di culla del nostro Rinascimento e della nostra lingua che ci ammalia. Ma ancor di più sembra essere amata dagli inglesi e dagli americani  che hanno comperato case e casali nelle sue valli ridenti di girasoli, ulivi e vigneti. Questo libro di Frances Mayes è la continuazione del suo primo romanzo  “Sotto il sole della Toscana“, dove lei racconta in modo minuzioso ed appassionato l’acquisto di una casa e la sua ristrutturazione nelle val di Chiana aretina, vicino a Cortona. “Bramasole” è il nome dato alla casa, che dopo mesi e mesi di lavori, fatta crescere come un bambino amato, diventa il centro della nuova vita di Frances e di suo marito.

Pur continuando a tornare  a San Francisco per lavoro, è nella sua casa  in Toscana che la scrittrice si sente preda della felicità del vivere quotidiano. E’ una dolce vita, come scrive, proprio perchè scoperta, amata  e conquistata, da assaporare come vino prezioso.

Quale felicità che le ombre dei cipressi segnino di larghe strisce scure la strada inondata di sole; quale felicità nel mio primo giorno di ritorno a Cortona…” così inizia “Beautiful Toscana “che è una dichiarazione d’amore non solo per questa regione, ma per tutta l’Italia. Da “Bramasole” infatti Frances e il marito partiranno per conoscere a fondo l’animo, i paesaggi, la cucina italiani. Ne risultano pagine piacevolissime dedicate anche al Veneto e  alla Sicilia  per le quali oltre  alla curiosità e all’interesse culturale, emerge un desiderio di abbandono quasi sensuale alle emozioni che esse  suscitano.

L’Italia per Frances Mayes è il luogo della vacanza dell’anima, delle scoperte esteriori ed interiori, il famoso “altrove” che noi ricerchiamo e che forse abbiamo a portata di mano.

“L’Italia è il giardino d’Europa” ci  ripeteva la maestra alle elementari. Ogni interrogazione di geografia iniziava con questa proposizione enunciativa. Io ne ero fierissima: quando mi trovai in Inghilterra e in Germania continuavo a ripetere orgogliosamente “Noi siamo i figli di una civiltà millenaria, di una civiltà superiore…” Non so se possiamo continuare a ripeterlo, ma io mi sento molto italiana ed anche toscana. Mio padre era della provincia di Pistoia. Il mio sangue è mezzo toscano e mezzo emiliano, come l’Appennino.

In casa c’era una sorta di “guerra fredda” fra la pratica e lavoratrice mamma emiliana e il papà sognatore, “discendente” di Dante, Leonardo, ecc. Lui  si sentiva intellettualmente superiore solo per l’aria respirata alla nascita e durante la sua giovinezza. Abitavamo a Carpi, ma lui tornava spessissimo in Toscana per comperare il pane, l’olio, i fagioli di Sorana, la finocchiona (mia madre brontolava, brontolava…), ma lui diceva che appena passata la Porrettana gli passava il mal di testa!

Toscana, grande amore a Primavera soprattutto, quando si andava a visitare i nonni e gli zii. Le scampagnate di Pasquetta sulle colline, San Giminiano dalle cento torri, i cipressi di Bolgheri …

E Cortona. La Mayes nei suoi libri parla di un negozietto del centro  dove c’è un merlo parlante. ” …per via passo accanto a Caruso, il merlo che vive in una gabbia davanti a una bottega di antiquariato…” Che emozione quando leggendo queste righe ho ricordato che mio marito Piero intrattenne una “conversazione” proprio con il succitato merlo quando  una decina di anni fa ci trovavamo in quella deliziosa cittadina perchè Stefania doveva suonare nella Sala Consigliare.

Ma come detto prima in questo libro si parla anche del Veneto  e delle sua acque, di Venezia soprattutto, della sua magia :”Venere a Venezia. Noi a Venezia.” La Mayes legge della passione  di Byron per alcune dame veneziane, cerca di vedere attraverso i suoi occhi i palazzi  rosati dall’aurora.

E poi la Sicilia: ancora in cerca della primavera. Palermo : “aria profumata, palme, e il mare  di un intenso azzurro…Le palme svettano ovunque. Amo le palme perchè ricordo  ciò che disse  W. Stevens – La palma all’estremo limite della mente“. Le palme sono dovute agli arabi venuti nel IX secolo, ma anche le fontane, le spezie, il gelato, le cupole.

Le palme, le cupole – rosse dorate, verde acqua o grigio verde – sono il simbolo di Palermo.” Chiedo ad Enza se è d’accordo.

Ed infine un menu siciliano: caponata, zucchine alla menta, olive piccanti, spigola di mare in crosta di sale, torta al limone con mandorle tostate. Mancano i cannoli e la cassata, ma Enza mi ha detto che si possono gustare anche a Trento.

A proposito di Enza: sua è la foto di destra. Grazie!

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MERINI, la presenza di Orfeo

pubblicato da: admin - 21 Marzo, 2010 @ 6:42 pm

scansione0023E’ la giornata mondiale della Poesia. Obbligatorio parlarne ed  io lo faccio come se volassi , tanto la poesia volteggia intorno a me. E come non parlare di Alda Merini, nata il ventuno di marzo?

 Da poco scomparsa, ora, di lei sappiamo quasi tutto. Ce n’è voluto del tempo prima che tornasse alla ribalta. Il suo primo libro di versi fu proprio questo: “La presenza di Orfeo” pubblicato nel 1953.

Non avete veduto le farfalle / con che leggera grazia / sfiorano le corolle in primavera?scriveva allora.

In giovinezza la poesia è proprio una farfalla che ci trascina in voli densi di profumi misteriosi ed Orfeo, con il suo canto, è  desiderato e necessario.

Orfeo novello amico dell’assenza, / modulerai di nuovo dalla cetra / la figura nascente di me stessa.

Nata a Milano nel 1931, apprezzata da Pasolini, Giorgio Manganelli, Luciano Erba (il mio docente di letteratura francese!), Davide Turoldo, entra presto nell’oscurità editoriale per la sua malattia mentale.  Proprio con il 1965 inizia il terribile  periodo di internamento in manicomio  che durerà fino al 1972, con parziali rientri in famiglia dal marito e la prima figlia Emanuela. Durante queste pause nascono incredibilmente altre tre figlie, tra cui l’amatissima Barbara.

Nella sua poesia fantasmi che ritornano dai luoghi frequentati dalla follia, ma  anche lucidità speciale e poetica. Quando scrive può vincere i suoi terrori e la sua diversità.  L’ultima raccolta, prima dei vent’anni di silenzio, è intitolato “Tu sei Pietro” in cui si fondono gli impulsi religiosi con quelli cristiani e pagani.

Morto il primo marito si risposa con un poeta tarantino e si trasferisce al sud. Anche qui le ombre della mente non le danno tregua, è ricoverata in un ospedale psichiatrico. Poi nel 1986 ritorna al nord dove inizia una cura con la psichiatra Marcella Rizzo alla quale vengono dedicate molte liriche:

Tu, anima / a volte mi sospingi in avanti / ancora perchè io cammini da sola, / come un bimbo che esiti a partire, / e io cigolo come l’onda…

E finalmente la notorietà, anche se non remunerativa,  degli anni Novanta. Abitava a Milano, in via Porta Ticinese 53. Conosco l’indirizzo perchè Stefania, incantata dai suoi versi, voleva andarla a trovare ed aveva trascritto l’indirizzo sull’agenda di casa.

Sono nata il ventuno a primavera / ma non sapevo che nascere folle, / aprire le zolle / potesse scatenare la tempesta…” scrive nel 1982

La poesia ti scava nel profondo, se ti inabissi in essa puoi trovare pericoli e mostri, ma essa ti può trascinare ad altezze sconosciute.

Scrivere poesie è spesso doloroso, ma la conoscenza passa attraverso siepi spinose e baratri.

Se qualcuno cercasse di capire il tuo sguardo/ Poeta difenditi con ferocia / il tuo sguardo sono cento sguardi che ahimè ti hanno / guardato tremando.” Sono i primi versi  di “Vuoto d’amore” di Alda Merini

 Emily Dickinson ,   di cui ho letto  una ennesima splendida biografia (che piacere entrare nel suo mondo !) sa lucidamente che “maneggiare” la poesia è come tenere una bomba in mano. Essa può deflagrare e ferirti, ma ti dà anche un grande potere. Insomma  essere Poeti è un dono o una sofferenza?

Per Emily (ormai siamo amiche! )  è stato un riscatto da una condizione che non poteva accettare, ma soprattutto un dono “regale” che se dapprima la  emargina nella “differenza” le permetterà, un giorno, un eterno riconoscimento:

“Mi fu dato dagli dei/ quand’ero bambina…/ Lo tenni nella mano – / senza posarlo mai/ non osavo mangiare – o dormire – / per paura che sparisse.

“Ricchi” sentivo dire / correndo verso scuola / da labbra agli angoli di strade / e lottavo con il sorriso. /

Ricchi!  Ricca  – ero io – / ad assumere il nome dell’ oro  – / a possedere l’oro –in solidi lingotti / la differenza – mi rendeva audace. “

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QUATTRINI IN BANCA di P.G.Wodehouse

pubblicato da: admin - 20 Marzo, 2010 @ 6:33 pm

DSCF0192scansione0021Ogni volta che mi affaccio alla finestra e vedo quelle dirimpetto aperte,  ripenso all’inizio di un esilarante romanzo di Wodehouse, quando Jeff, il personaggio principale, non sapendo dove nascondere alcuni disgustosi dolcetti appena portatigli dalla governante, decide di liberarsene. Ma come? Di fronte a lui, allo stesso piano ci sono alcuni uffici. E uno è  vuoto: ne può vedere l’interno. Evidentemente Chimp Twist,  l’investigatore privato che lo occupa, è  stato chiamato altrove.  Jeff è uno scrittore e  perciò  è abituato a valutare e risolvere circostanze scomode. Pensa che Twist  al ritorno potrà  trovare, quasi con gratitudine, una discreta provvista di pasticcini croccanti. “Con una precisione di tiro che faceva fede del suo occhio sicuro e della fermezza della  sua mano, egli principiò a traferire il contenuto del piatto al di là del cortile.”

Naturalmente la storia prosegue in un crescendo di situazioni comiche e di malintesi irresistibili. Intanto l’investigatore, un ambiguo personaggio, è chinato sotto la scrivania per cercare qualcosa e quando si sente arrivare addosso proiettili, anche se dolci,  (uno persino in mezzo agli occhi) si nasconde repentinamente nell’armadio. Jeff  lo scorge, perciò decide di andarsi a scusare, ma ovviamente non trova nessuno nella stanza. E proprio in quel momento arriva la bellissima Anna per assumere l’ investigatore privato … e Jeff, innamoratosene all’istante, decide di prendere il posto di Chimp Twist.  La segue quindi nella bellissima magione di campagna dove dovrà cercare i gioielli nascosti da qualche parte dallo smemorato zio  di Anna, Lord Uffenham il quale, per mantenersi , ha dovuto affittare la sua casa e lavorarvi come maggiordomo.

Se sei saggio ridi” è stampato sui libri di Wodehouse un po’ più recenti di questo. Soltanto ricordare e sfogliare questo libretto ormai a pezzi mi  fa sorridere e mi toglie la malinconia.

Mi sembra di vedere la campagna inglese nel suo massimo fulgore di prima estate e questi personaggi che agiscono in una buffa commedia dei malintesi senza drammatizzare nulla. L’amena caccia al tesoro comincia dal finto investigatore, da quello vero nel frattempo ingaggiato da una coppia di ladruncoli, mentre per la magione si aggira l’ inquilina , l’autoritaria  signora Cork, che dirige  una bizzarra colonia di seguaci delle dotttrine  Ugubu, praticanti  il vegetarianesimo  e  le danze tribali.

Un’altra scena che mi torna spesso in mente riguarda il  nipote della signora Cork,  che pur avendo il divieto assoluto di mangiare carne, passeggia canticchiando per i sentieri della country per arrivare nel pub del villaggio e divorare un gustosissimo pork-pie. Oltre a sorridere mi sento anche l’acquolina in bocca al pensiero di un saporito pasticcio di maiale.

Naturalmente tutto finirà bene.

Chissà se questo romanzo è ancora rintracciabile. (Titolo originale “Money in the bank” ). Vi assicuro  che è irresistibile.

Naturalmente, da lettrice onnivora quale sono, ho letto anche tutti gli altri romanzi di questo straordinario autore. Fra l’altro fanno bene alla salute: i medici consigliano di ridere almeno 12 minuti  al giorno. Riusciamo a farlo?

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NOSTALGIA DI PRIMAVERA, di Mirna Moretti

pubblicato da: admin - 19 Marzo, 2010 @ 6:12 pm

scansione0020Oggi sono autoreferenziale perchè presento il mio primo libretto di poesie, stampato nel 1963 da una Casa editrice di Carpi. Costava 400 Lire! Le liriche contenute sono tipiche di un’adolescente un po’ solitaria, già protesa a  cogliere i “momenti d’essere”, ma  anche a riconoscere e prevedere le ferite che la vita può infliggere. E la nostalgia è il sentimento predominante e prefigurato. Più tardi scriverò ricordando una sera sul balcone con mia madre:

Quando a sera si acquietano i merli/ e il vento tace, dimentico del sole/

i miei occhi si azzurrano di stelle / e di ricordi che volano nel cuore…………..

…….Una felicità che già sapevo persa /s’intrecciava  col tenero languore / di un sonno ormai prossimo e sicuro.

Il titolo al mio libretto venne scelto dall’editore proprio per la poesia centrale :

Di nostalgia si muore

Un’immensa nostalgia / di cose perdute/ mi avvince/ insieme a questo / vento d’aprile.

Un profumo di sogni / spezzati e smarriti / mi entra nel cuore / con l’odore dei fiori / di tiglio. / E di nostalgia si muore.

Parlo di nostalgia oggi perchè la partenza di mia figlia, che non vedrò per quasi tre mesi, mi ha immalinconito. Mi potranno comprendere madri e figlie che hanno un rapporto basato non solo sull’amore, ma sulle consonanze del cuore e del pensiero. 

Se nell’adolescenza  percepivo già la perdita del momento vissuto intriso di profumo di tiglio,  profumo che ancor oggi  mi “riporta ” giovinetta lungo i viali emiliani  in primavera, ora so, per le ferite del mio cuore,che sono le persone care assenti che mi  “fanno morire di nostalgia”. Mentre non  è lacerante  per me la nostalgia della giovinezza con i  suoi brividi e i suoi incantamenti; sempre posso farli rivivere col ricordo o la scrittura; i luoghi perduti  si possono ritrovare ancor più rotondi e reali,  l’ho provato proprio qualche giorno fa a Carpi. Nostalgia sublimata.

L’immaginazione, la lettura, il pensare possono riempire lo spazio e il tempo perduti, perchè  questi sembrano sempre esistere in una armonica circolarità.

Parto dalla mia stanza silenziosa/ verso il mio futuro-passato, /lungo sentieri di sole secco e leggero.

Passi gioiosi sulle strade/ della mia America irraggiungibile./

Come vorrei musica/negli occhi e bel cuore. /Come vorrei cantare!

Ora che ho scritto – che valore terapeutico favoloso è la scrittura – sto meglio. So che Stefania dopo il concerto a Varese, sarà con Marco  nella loro  bella casa di Chiavari,  poi ripartirà per la sua America…raggiungibile forse , più avanti, anche da me.

Questo blog, che mi prende un’ora o due di tempo al giorno,  è una  ricerca preziosa  di “intermittenze del cuore”, mie e vostre.  Aspetto le vostre parole, dunque.

Scrivere e raccontarsi come medicina dell’anima.

 

  

 

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