UMBERTO SABA, da Poesia italiana del Novecento
pubblicato da: admin - 27 Gennaio, 2010 @ 4:51 pmSaba in ebraico significa pane; il nostro poeta, che in realtà si chiamava Poli, lo assunse per amore della madre ebrea, abbandonata dal marito.
Oggi, 27 gennaio, Â ho ripensato a lui e alla sua poesia :
                                                                                                                                                                                             La capra
                                                                                                                                                                                   Ho parlato a una capra:
Era sola sul prato, era legata.
Sazia d’erba, bagnata
dalla pioggia, belava.
Quell’uguale belato era fraterno
al mio dolore. Ed io risposi, prima
per celia, poi perchè il dolore è eterno,
ha una voce e non varia.
Questa voce sentiva
gemere in una capra solitaria.
In una capra dal viso semita
sentivo querelarsi ogni altro male,
ogni altra vita.
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Saba usa parole semplici, (troviamo la sua poetica nei versi “Amai trite parole…m’incantò la rima fiore amore”, ma ciò che scrive  lo sentiamo  fortemente e immediatamente nel cuore,  e in questa poesia riusciamo a percepire sia il dolore del popolo ebraico perseguitato, sia il  dolore dell’umanità intera.
“La capra dal viso semita” è un verso prevalentemente visivo e Sanguineti, che ha curato questa antologia, dice che probabilmente Saba non si riferisce coscientemente agli ebrei, ma si aggancia d’istinto ai pregiudizi iconografici sugli israeliti.
Qualche altro critico pensa addirittura a un probabile conflitto con la cultura ebraica, sorto a causa dell’austerità e della severità della madre. La mancanza del padre, la madre costrittiva dalla quale vuole liberarsi spingono Saba a sottostare a un trattamento psicoanalitico dopo  il quale forse sorge in lui il desiderio di distacco dalla cultura materna.
Mi piacerebbe leggere dai miei ex-alunni, che quest’anno sosterranno l’esame di maturità , cosa hanno imparato circa la poesia di Saba in generale.
Ripassiamo velocemente: il poeta nasce a Trieste nel 1883, frequenta le scuole commerciali senza conseguire il diploma (i poeti non hanno bisogno di diplomi o lauree!), s’imbarca come mozzo sulle navi, si stabilisce a Salerno dove si sposa, poi torna a Trieste e qui apre una libreria antiquaria, Â tuttora gestita da un gentile signore; durante la seconda guerra mondiale, costretto dalle leggi razziali, soggiorna a Parigi e a Roma, nascosto presso una famiglia amica.
Nel 1951 gli viene conferita la laurea honoris causa. Muore nel 1957.
Che cosa ricordate di Saba? Le poesie dedicate a sua moglie Lina?  Ulisse?  O forse quella dedicata a quella bellissima città azzurra che è Trieste?
………………………………….
Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore:
come un amore
con gelosia.
………………..
La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva.
Gli alunni della mia ultima terza media, in gita scolastica a Trieste, l’hanno  imparata a memoria.; erano così orgogliosi di recitarla mentre “salivamo l’erta” e vedevamo il “muricciolo” o la “sassosa cima”.
Naturalmente abbiamo anche visto con sgomento il ghetto ebraico e la Risiera di San Sabba.
Mi piace la poesia di Saba… Era così tanto tempo che non ne leggevo qulche verso… Chissà perchè, sono una lettrice vorace ma prediligo i romanzi e a volte dimentico la bellezza di una poesia…
E non sono mai stata a Trieste… E’ possibile? Devo rimediare…
Sono stata a Trieste. Dopo Miramare, la visita alla città con l’inevitabile percorso che guidava ai luoghi di Joyce, Svevo e alla libreria di Saba, oltre che San Giusto e la risiera. Ci accompagnava, ricordo, per ciò che ha detto di sè, un personaggio che ho definito “sveviano” o forse così a me è parso, viste le atmosfere e i ricordi letterari legati a quella città che, oltre che azzurra, era accarezzata dal cosiddetto “borino”. Un luogo evocativo così come il contenuto della bellissima poesia. D’ora in poi guarderò le capre in maniera totalmente diversa…
Indimenticabile la gita a Trieste! Ed indimenticabile anche la poesia “A mia moglie”! Ricordo ed anzi rimpiango i bei momenti passati insieme, tra i quali ovviamente vi sono le gite. Ricordo però che sono stato l’unico a salire “l’erta” fino a San Giusto, perchè tutti preferirono andare per shopping.
Di Saba adoro l’attaccamento a quello che scrive, che viene dal cuore: Trieste, la moglie Lina ecc. che fanno letteralmente immedesimarsi nei suoi versi (almeno per quanto mi riguarda)… O forse mi piace solo perchè avremo due modi di vedere le cose uguali?? Mah, “ai posteri l’ardua sentenza”!
Anzi, se devo riconoscere l’attaccamento di Saba a Trieste, si potrebbe dire che è una sorta di Fabrizio de Andrè in anticipo con la sua “Creuza de ma”. Non so come mi è venuto in mente questo parallelo, forse perchè entrambi “cantori” di una terra di mare…
Caro Luigi, hai ragione, Città di mare… Trieste e Genova, due poeti…Saba e De Andrè…parole stupende di entrambe.
Adoro la canzone che hai citato.
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