IL SENSO DI UNA FINE di Julian Barnes, edizione Einaudi
pubblicato da: Mirna - 22 Settembre, 2012 @ 4:57 pmVincitore del Man Booker Prize 2011
Ma chi decreta che  un romanzo è  migliore di tanti altri?
Il pubblico, i giurati del concorso ?
 Voi siete d’accordo sulla scelta dei romanzi vincitori dei vari premi letterari ?
Quali lo hanno meritato appieno e quali no?Â
 Sono rimasta un po’ perplessa che questo libro abbia vinto il  premio (evidentemente non ce ne erano migliori in giro per la Gran Bretagna) , ciononostante l’ ho letto con piacere, pur  senza sprofondare in emozioni o illuminazioni come leggendo Marylinne Robinson.
 Ma come  ripeto spesso, i gusti dei lettori sono personali, un libro può piacere a seconda del momento in cui te ne appropri, delle tue aspettative, del tuo percorso di Lettore.
Il senso di una fine mi ha interessato perchè si parla di TEMPO e di  MEMORIA, le nostre coordinate esistenziali e  perchè l’io narrante, Tony Webster – un uomo come tanti altri – ci fa intravvedere che il cerchio della sua vita si chiuderà risolvendo un enigma.
Si parte dalla sua giovinezza, da un ambiente di studenti intellettualoidi che cercano sì  di studiare, per poi trovare un lavoro e formare una propria famiglia, ma nel frattempo sono ossessionati dal sesso e dalle letture scolastiche. Si interrogano sulla filosofia, sul darwinismo sociale, sulla poesia di Ted Hughes e parlano, parlano, e  di Weltanshauung, di suicidio, di vita e di morte.
Ed escono conle  ragazze .
Presto all’iniziale gruppetto di tre amici si inserirà Adrian Finn, il più intelligente e maturo del gruppo. Ed intorno a lui e a Veronica, la ragazza di Tony, la storia si dilaterà , restringerà , fino a giungere ad una fine che forse un senso ce l’ha o forse no.
Non si può raccontare la trama, i fatti emergono un po’ alla volta come in un gioco di scatole cinesi. Certo dopo la metà del libro vuoi arrivare alla fine per conoscere la verità .
Nel frattempo ci si può soffermare a riflettere proprio sul Tempo e sulla Memoria perchè i nostri accadimenti, come ricorda il protagonista, riferendosi ad una lontana interrogazione di storia, si modificano negli anni. “Come la storia è fatta con le menzogne dei vincitori e con le illusioni dei vinti” anche il nostro passato viene modificato da noi, lentamente, irrevocabilmente. E in Tony Webster la memoria ha buttato polvere su importanti fatti di gioventù, proprio perchè se ne voleva dimenticare.
Ormai Tony ha più di sessant’anni e si rende conto che non avrebbe immaginato la sua vecchiaia così, cioè con se stesso che guarda indietro dal punto che ha  raggiunto nel futuro.
E’ divorziato, apparentemente tranquillo,  ma all’improvviso riappare dal passato l’enigmatica figura di Veronica, la sua ex ragazza e uno strano lascito di 500 sterline da parte della madre di lei. Perchè?
I nodi giungono al pettine: i ricordi imperfetti, i fatti volutamente dimenticati , le inquietudini del passato riemergono. E la sua  vita, come diceva Adrian,  appare soltanto come un “accumulo e non un ‘addizione e una crescita.”
Romanzo avvincente.
Di questo libro e di altri si potrà parlare lunedì 24 settembre, ore 17,30, all’Angolo-Papiro del Libri & Caffè di via Galilei.
Ho letto il senso di un fine i primi giorni della scorsa estate, già siamo in autunno. E ancora mi sento turbata, e ancora mi sento divertita, e ancora non ho risolto l’enigma della trama, se mai enigma ci sia.Certo un piccolo capolavoro, tutt’altro che minimalista però,come questo magnifico romanzo, non può essere discusso negli spazi sincopati dei blog, dove la semplificazione totale è legge.Insomma Tony sbaglia fino alla fine, non capisce, si arrovella ma non capirà mai. Potrebbe immaginare ma non lo fa, vuole trovare un ordine, quello che non esiste nella vita, non certo nella sua , vissuta tutta nel “rispetto delle norme”, come potessero le norme, le convenzioni assicurarci il bene.Insomma Barnes sembra volerci dire che non c’è senso alla fine? Che il senso è nel mentre, nel durante, nel frattempo? Alla fine, parlo per me, sono ancora sicura di quello che ricordo della mia vita? nel bene e nel male. E, per il piacere della lettura, di chi è figlio “il figlio di Adrian”, e perchè Veronica scrive a Tony “La legge del sangue”? E perchè i ragazzi del gruppo di handicappati la chiamano Mary?E come è stato il rapporto di veronica col padre e col fratello? e perchè la madre di Veronica (e del figlio di adrian?) lascia a Tony la sua eredità , visto che lo ha conosciuto appena? E qui si potrebbe discutere, allegramente, a lungo e io, in attesa di compagnia, continuo a farlo con me stessa. Ma questo è un dei migliori libri che io abbia mai letto.
E’ vero , dei libri ocorre parlare e ribattere, concordare o dissocarsi, limitante, anche se utile e sollecitante alla lettura, una pagina di blog vari. Ciò che ammiro in Camilla è il suo affezionarsi con passione ai personaggi, al suo entrare nella storia, alla sua sicurezza di giudizio., alla difesa a spada tratta dei libri che le piacciono. D’altra parte una lettrice accanita ed esigente e raffinata come lei ha raggiunto una maturità critica eccezionale. Devo ringraziarla per i molti consigli di lettura che ci dà .
“Il senso della fine” è avvincente, scritto bene, ma a me ha lasciato qualcosa di irrisolto, forse per i troppo misteri. Perchè irrisolti?
Dobbiamo attivarci noi o è soltanto il protagonista narrante che non l’ha capito e quindi noi lettori ne saremo per sempre all’oscuro?
Come ogni bravo scrittore Barnes ci lancia interrogativi esistenziali e sta in noi – bravi lettori – trovarli, leggerli a seconda del nostro vissuto – farli nostri.
Io non trovo sia un capolavoro, trovo sia un buon libro, accattivante, con l’attenzione sul Tempo e sulla Memoria che per me sono sempre intriganti, qualche volta sentivo l’abilità estrema di chi conosce bene i gusti del pubblico…
Tempo, Memoria… e se i Maestri Zen avessero ragione? se esistesse solo il presente? il qui e ora?
Se domani esiste(rà ), allora vediamoci di nuovo al Papiro per raccontarci di letture!
Sono trascinanti sia le parole positive ma prudenti di Mirna, sia quelle entusiastiche di Camilla (ciao, Camilla!). Conto proprio di leggere questo libro.
E a proposito di memoria e di premi letterari, voglio dire che mi è piaciuto molto “La collina del vento”, il libro che ha vinto il Campiello. Qui la memoria ha una funzione grande: di conservazione e trasmissione di esperienze e valori, come è ovvio che sia, ma anche di rivelazione e chiarificazione finale che dà al romanzo una struttura circolare.
Alla mia età sento sempre più importante il valore della memoria, perchè sento che ahimè mi sfugge, dunque diventa via via più preziosa…
Tornando a “La collina del vento” di Abate, mi sento di dire che l’evocazione di luoghi, profumi, colori e atmosfere tocca, a mio parere, vertici di poesia.
Un caro saluto a tutti, in attesa di incontrarci oggi pomeriggio con Mirna al Papiro caffè!
Ciao Maria Teresa. Con poco entusiasmo , da tempo, sto pensando di leggere LA COLLINA DEL VENTO- sulla memoria sono piena si sospetti e non credo che ne possa scaturire, dalla memoria intendo, qualcosa di semplice e, men che meno “puro”. solo i giovani, che non hanno sedimentato un passato, possono ricordare innocentemente. Alla poesia della memoria non credo, la memoria è un agglomerato di pulviscoli volatili e impalpabili e imprendibili in continuo , incessante movimento. Tuttavia si costruisce il proprio presente e , a volte, si immagina il proprio futuro basandosi su quel che vorremmo fosse il nostro ricordo. @ Andrea . certo che esiste solo l’attimo fuggente, senza scomodare i maestri Zen. Per questo la lettura di storie, la letteratura insomma, che ci racconta storie che non mutano, è una grande , meravigliosa arte dell’umanità .ciaociao
@ Mirna– ho un libro rossissimo, di Astoria, che ti fa bene come un centro benessere : vorrei portartelo, come una tisana sopraffina. ciao bella.
Bello l’incontro di lunedì al Papiro: per me è un’isola felice a cui approdare sicuro di trovarvi i tesori di letture che magari non farò mai, o farò tra molto tempo o a breve, ma che comunque mi dicono di esistere, come esistono i loro lettori, dando loro un senso, dall’inizio fino alla fine!
E poi ho letto STONER. altra storia rispetto a IL SENSO DI UNA FINE, altri anni, altro mondo, niente ironia, niente gioco. solo la pesantezza della vita quando la si deve affrontare senza nulla, dopo un’infanzia di solitudine e miseria. Eppure STONER è un bel romanzo,eppure Stoner si fa amare e le sue incapacità , la sua vita devota, il suo amore assoluto e cieco per la giovane moglie e, soprattutto per il suo lavoro di professore, a cui è arrivato con fatiche improbe che non riesce del tutto a capire, ci commuovono .Stoner è un naive, un uomo del tutto disarmato e ingenuo che combatte fieramente. Indimenticabile.