IL BALLO, di Irène Némirovsky
pubblicato da: admin - 1 Marzo, 2010 @ 7:47 pmPresento oggi un altro breve romanzo della Némirovsky, “Il ballo” perchè strettamente intrecciato ad alcune tematiche di “Jezabel”. Fra queste  l’ambiente mondano della Parigi alto borghese degli anni’20, l’ipocrisia sociale, la rivalità madre-figlia.
Il racconto è brevissimo ma scritto in modo chiaro, essenziale e folgorante. L’autrice riesce a descrivere in poche pagine la meschinità dei nuovi ricchi che s’affacciano al “bel mondo”, bramato come bene supremo e il rapporto negativo fra una madre ambiziosa dedita esclusivamente ai piaceri mondani e un’ adolescente desiderosa di attenzione e tenerezza .
La quattordicenne Antoinette riceve solo rimproveri dalla madre tutta presa ad organizzare il ballo che la legittimerà come parte della Parigi “bene”: “Questa marmocchia mi sta sempre tra i piedi…Mi hai di nuovo macchiato il vestito con le tue scarpe sudicie…Stupida!” “Sta dritta. Almeno tenta di non sembrare gobba.”
Antoinette si sente annientata, ma nei suoi sogni cominciano ad apparire uomini che l’ammirano e la accarezzano come Andrea Sperelli e altri personaggi letterari.
Quando cerca un bacio materno, la madre sbotta “Ma lasciami in pace, m’infastidisci! ” Il pensiero predominante di quest’ultima è l’importante ballo per “far crepare d’invidia” il mondo modesto dal  quale proviene, prima delle insperate e fortunatissime operazioni in borsa del marito.
La ragazzina vorrebbe partecipare al ballo, ma la madre sbotta ” Sappi, mia cara, che io comincio soltanto adesso a vivere, capisci, io, e che non ho intenzione di avere tra i piedi una figlia da marito…”. Ed anche questo aspetto si ricollega al personaggio di Gladys Eisenach per la quale esiste prepotente la rivalità fra giovani e “vecchi”, persino fra madre e figlia!
Ma anche i giovani sono egoisti, a loro sembra inconcepibile di non potere avere  tutto: “Sono io che voglio vivere, io, io…Sono giovane , io. Mi derubano, si prendono la mia parte di felicità sulla terra…”
Non c’è amore fra le due, ma soltanto egocentrismo ed ambizione. La ragazzina si vendicherà  poi crudelmente gettando gli inviti, che doveva spedire, nella Senna. E il ballo non ci sarà .
Scritto nel 1930 quando Irène ha 27 anni, e subito dopo il suo primo romanzo di grande successo “David Golder”, questo racconto, come altri,  denuncia dolorosamente l ‘arido rapporto che la scrittrice aveva con la madre.
Sappiamo che Irène Némirovsky nasce a Kiev nel 19o3. Il padre, un ricco banchiere ebreo, è costretto con la famiglia a rifugiarsi in Francia dopo la Rivoluzione del 1917.
La giovane Irène è affidata ad una governante francese perchè la madre, disinteressata alla sua educazione, è tutta presa dalla mondanità di Parigi. Irène leggerà molto e comincerà a scrivere in francese. Il suo talento è indiscutibile e la critica manifesta la sua ammirazione a questa giovane donna elegante e mondana che riesce a scandagliare così profondamente l’animo umano. Nei suoi personaggi femminili possiamo ritrovare costantemente  la figura della madre desiderata e “odiata”.
Irène scrive e pubblica, sposa un ricco banchiere, ha due figlie, ma con l’avvento del Nazismo, e nonostante la sua conversione al Cristianesimo, sarà deportata ad Auschwitz dove morirà  di tifo nel 1942.
Uniche superstiti le due figlie, Denise ed Elisabeth che in una valigia serberanno i manoscritti della madre, tra i quali il celeberrimo “Suite francese,” pubblicato in Italia nel 2004.
La domanda prepotente che affiora alla mia mente: ma può esistere rivalità fra madre e figlia?
E un ‘altra riflessione: il pronome personale  io è forse la parola più usata?
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Credo che possa esistere rivalita’, fra persone magari un po’ fragili e con poca autostima. Avere un figlio – e in particolare del proprio sesso – puo’ potenzialmente scatenare reazioni complesse in una persona con dei nodi irrisolti. In realta’, se sereno, il rapporto madre e figlia e’ ricco di complicita’ e tenerezze (tranne lo “stare dritta” che ritorna in tutte le madri verso tutte le figlie apparentemente). Si tende a dire che il rapporto madre-figlio sia il piu’ forte in assoluto ma non so se sono d’accordo; forse si esprime su canali diversi, piu’ inconsci, mentre fra madre e figlia e’ piu’ sviscerato, piu’ condiviso. Questo almeno credo, non so se le altre lettrici (o lettori) siano d’accordo… Certo che quando e’ difficoltoso, potrebbe essere molto penoso…
Per quanto riguarda la parola IO, mi ha sempre fatto specie l’uso della maiuscola in inglese “I”, che di fatto corrisponde ad una precisa visione del mondo e dell’individuo e che credo sia la parola piu’ usata in assoluto nelle lingue anglosassoni.
Si, credo che purtroppo la rivalità , almeno per quella che è la mia esperienza, esista in modo forte e talvolta drammatico soprattutto tra donne. Ne ho fatto esperienza all’università – era un ambiente prevalentemente femminile e la rivalità era palpabile. Mi piacerebbe che non esistesse: con i miei figli maschi non l’ho mai sentita……forse per questo li ho, appunto, desiderati maschi anche rinunciando alla complicità che dicono possa nascere tra madre e figlia? Mah….
Un libro bellissimo che ho letto sulle donne e che mi viene in mente in questo momento è “L’albergo delle donne tristi” di Marcela Serrano, dove alcune donne convivono con le loro brutte storie passate accomunate solo dalla volontà di stare insieme e di aiutarsi….
Condivido pienamente con Stefania (ciao!) l’opinione, fondatissima sull’ “I “maiuscola dei nostri amici inglesi!
Non ho mai vissuto rivalità con mia madre, almeno così mi sembra di ricordare. Lei ha rappresentato, in coppia con mio padre, il porto sicuro della famiglia. Certo il rapporto non è stato facile soprattutto durante l’adolescenza e buona parte della giovinezza, sicuramente legato a problemi generazionali. Infatti l’esigenza di sentirmi più libera ha fatto sì che me ne andassi via di casa (forse troppo tardi!), migliorando così il rapporto. Con il mio sesso non ci sono mai stati molti problemi, anche se qualche volta scattava la competizione, soprattutto se c’erano di mezzo uomini, oppure sul lavoro. Di solito però ho lasciato campo libero, perchè lo trovavo puerile oltre che stancante. Ho forse usato troppo il pronome IO? Daltronde per ogni azione è difficile non partire da SE’…
Ho letto “Il ballo” qualche anno fa e mi è tornato in mente l’altra sera, dopo avere visto a teatro “La madre” con la bravissima attrice (tre volte Premio Ubu) Maria Grazia Mandruzzato. Il testo è ripreso da Luca Scarlini dall’originale “Lettere di una noviziaâ€, di Guido Piovene. Se “Il ballo” vi è piaciuto, dovete vedere questo spettacolo.
Stefania, interessante questa sua nota sull’uso maiuscolo del pronome “I” in inglese, talmente evidente eppure non mi era mai capitato di osservarlo.
Saluti.
He that does amiss may do well. – English Proverb
Georgia OKeeffe~ If you take a flower in your hand and really look at it its your world for the moment.