REVOLUTIONARY ROAD, quando i sogni si frantumano

pubblicato da: admin - 21 Febbraio, 2010 @ 7:18 pm

locandinafilmrevolutionary_road_gossipNewsDetailQuesto bellissimo romanzo di Richard Yates, pubblicato negli Stati Uniti nel 1961, è diventato famoso dopo il film di Mendes.

E’ la storia avvincente  di una giovane coppia,  tipica della middle class americana degli anni’50, che si illude di essere perfetta, speciale, felice. April a Frank sono belli e  giovani, benestanti, lui lavora a Manhattan, lei è la casalinga ammirata e apprezzata dal vicinato.  La loro apparente realizzazione e soddisfazione sembra vivere e alimentarsi proprio dall’ammirazione degli altri i quali legittimano il loro ingannarsi; i due giovani “recitano” su un palcoscenico per sentirsi diversi, convincendo se stessi e gli altri di avere raggiunto ciò che desideravano. Una bella casa, due figli sani, serate con gli  amici, un’aura di distacco dalla banale quotidianità.

Ma a un certo punto qualcosa comincia a sgretolarsi: i falsi sorrisi stereotipati  e gli sguardi rancorosi di April, la grigia  monotonia del lavoro di Frank li renderanno consapevoli che ciò che hanno raggiunto è solo apparenza. Cominciano a rendersi conto che i loro grandi sogni non si sono avverati. Nè i sogni artistici, nè una più ampia realizzazione umana.

Quanto di ciò che hanno raggiunto era veramente il loro desiderio? E quanto invece era l’ambizione di mostrare agli altri ciò che la stessa società plaude e si aspetta dai cosiddetti “vincenti”? E’ una società costrittiva che ti “imprigiona” in ruoli che fai diventare tuoi?  Una società che ha perso l’innocenza e dalla quale, ricordiamo, il giovane Holden vorrebbe distanziarsi.

Il loro “spirito libero” in effetti non esiste, sono racchiusi in uno stereotipo.  April  decide allora per sè e per il marito una fuga a Parigi per rivoluzionare la loro vita e realizzare vecchi sogni, rifiutando un’altra maternità; Frank invece  non riesce a condividere questa ansia  frettolosa della moglie. Nascono le incomprensioni, il distacco, la crisi.

E’ illuminante il fatto che a vederli come veramente sono - lei infelice, lui un po’ codardo  – sia il personaggio del pazzo, simbolo della pura sincerità.

Richard Yates scrive con uno stile impeccabile e un ritmo un po’ ansiogeno che ci tiene legati e ci fa partecipare all’insoddisfazione dei protagonisti.

Sono  le grandi speranze, le “Great Expectations” di cui racconta Dickens, o l’ambizione del Grande Gatsby non raggiunte che frantumano l’equilibrio di questa coppia all’apparenza soddisfatta?

La fuga a Parigi per April sarebbe stata una liberazione dalla claustrofobica linda casetta in cui  si sentiva cancellare?

Riuscire a mantenere il marito significava finalmente il riscatto della donna “mantenuta” ?

Forse Frank ed April sono rimasti infantilmente egoisti o forse sono stati insinceri quando hanno scelto una vita che, dovevano immaginare, avrebbe  spezzato i loro sogni. Non sono riusciti a fare il salto: la libertà vuole coraggio e i falsi alibi della rinuncia per un altro a volte è soltanto codardia.

Una vita di coppia ha bisogno che ognuno dei due elementi sia soprattutto onesto con se stesso.

Oggigiorno forse è più facile. O no?

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  1. Grazie Mirna di proporre sempre autori splendidi. Ho scoperto Yates da un anno circa e consiglio molto anche Easter parade e Undici solitudini. L’atmosfera è sempre opprimente ma nello stile di Yates.Vorrei un giudizio sul film. Com’è? Non l’ho visto…

  2. Il film e’ implacabile Raffaella, ti lascia spossata e scornata. Sembra che la fine sia necessaria ed inarrestabile. E’ girato magistralmente. Specialmente quando la coppia va a scegliere la casa, casa che appare allo stesso tempo linda e graziosa e FINITA. Gli attori sono bravissimi, ca va sans dire. Ovviamente si puo’ dibattere a lungo sulla condizione femminile anche nell’Occidente civilizzato, uno stato di lussuosa inedia, un inane passare di ore e di giorni aspettando il marito la sera e vedendo i tuoi figli crescere, senza scopo, senza miglioramento, senza cambiamento. Concordo ovviamente sugli stereotipi sociali e sulla “maschera” quotidiana (Pirandello insegna) che ci sentiamo obbligati ad indossare. Mi chiedo se si possa arrivare nella nostra societa’ ad una libera espressione dell’individuale o se in fondo tutti, ma proprio TUTTI noi agiamo mossi dai fili di un grande burattinaio che pero’ e’ solo la proiezione e il ricettacolo delle nostre paure. Nell’era della liberta’ e della ricerca individuale della felicita’ (nell’Occidente, s’intende) i limiti sono piu’ forti che mai e ce li autoimponiamo. Non sono sicura che oggi sarebbe piu’ semplice per una coppia districarsi fra malesseri e idiosincrasie.
    Io ovviamente ho battuto i piedi per terra guardando il film e mi urlavo dentro che April e Frank sarebbero dovuti andare senz’altro a Parigi. Meglio munirsi di un anti-stress durante il film.

  3. Non ho letto il libro, ma ho visto il film e da esso traspare soprattutto la solitudine. Infatti tutti i personaggi, seppur circondati da persone e affetti, sono disperatamente soli e alla ricerca della felicità. Essi sono alla ricerca di un futuro, di qualcosa di meglio e le loro frustrazioni rappresentano ciò che resta del sogno americano. Infatti il film è ambientato negli anni cinquanta e indica le contraddizioni di un Paese che non si è ancora ripreso dalla guerra e ne critica diversi aspetti, come la decadenza e il materialismo, idee che costituivano l’ideologia dominante dell’America di quegli anni.
    Sogni non avverati quindi, forse dovuti alla mediocrità della coppia incapace di seguire o riconoscere un vero ideale che neanche la famiglia, pur costituita, rappresenta. L’Europa ridiventa così un mito e Parigi sembra quasi la soluzione della loro profonda crisi, ma non sarà così.
    Non so se la realtà descritta in una storia ambientata negli anni cinquanta americani possa essere trasportata nella realtà di ciò che avveniva qui nel dopoguerra, forse no, ma il discorso sull’onestà della coppia è universale, almeno qui in Occidente. Raggiungere la felicità insieme dovrebbe essere l’obiettivo e il presupposto appunto la reciproca onestà d’intenti. Che questo sia un’utopia può anche darsi, ma almeno provarci può essere una speranza come “Parigi”.

  4. Grazie cara Stefania della recensione del film . Credo che avrei avuto le tue stesse reazioni che ho un pò provato anche con la lettura del romanzo, anche se quella l’ho presa a piccole dosi ed è stata di minore impatto rispetto al film. Comunque come dicevo ho letto anche altri due romanzi di Yates, e meritano nonostante ti lascino l’amaro in bocca…