L'ANNO DI NOI DUE, di David Gilmour
pubblicato da: admin - 7 Giugno, 2011 @ 7:12 pmChe romanzo particolare e bello e intenso! Scelto dal solito tavolo espositivo della nostra Biblioteca perchè parla di cinema.
Films che accompagnano un anno difficile di un figlio adolescente. Ma ci si accorgerà presto che il periodo difficile lo è anche per il padre premuroso, attento, a tratti persino invadente” nei confronti del suo ragazzone diciassettenne, simpatico a tutti ma che soffre, soffre terribilmente ad andare a scuola.
David Gilmour, documentarista e critico cinematografico,  racconta una storia vera: di se stesso che in un momento di stasi lavorativa osserva “al miscroscopio” il malessere del figlio Jesse che fatica a studiare, che soffre nel doversi mettere a tavolino ed eseguire i compiti. “ Un pomeriggio…mentre il tempo si trascinava lentamente, mi accorsi di un leggero sibilo nella stanza. Da dove veniva? Da lui, da Jesse. Ma cos’era? Lo studiai. Era una specie di sbuffo, appena accennato; era la certezza dell’inutilità di ciò che stava facendo. Per una strana forma di osmosi provai io stesso quella sensazione.”
Con coraggio incosciente, con amore viscerale David propone al figlio di lasciare la scuola : “Se non vuoi più andare a scuola, non sei costretto a farlo”
 Jesse è un bravo ragazzo, ubbidiente, che vuol far contenti i genitori, ma a questa inaspettata domanda scatta in piedi, emozionato, ” Mi permetti di abbandonare la scuola?”
C’è un contratto però da rispettare: guardare insieme tre films a settimana. Film scelti ad hoc dal padre che in questa “educazione cinematografica” insegna al figlio a diventare grande.
Scelta come dicevo coraggiosa da parte del padre che evidentemente nel torpore mesto del figlio ha riconosciuto parte di se stesso e con un’incredibile preveggenza gioca d’azzardo sul futuro del figlio.
Mi chiedevo leggendo se questo padre non fosse infantile egli stesso, se avesse potuto aiutare invece il figlio lasciandolo “crescere” da solo, ma alla fine ho dovuto dargli ragione. Il suo intuito, la forza della sua passione e per il figlio e per il cinema riescono a far trovare la strada più adatta a Jesse. Così facendo David “perderà ” il figlio che , scoperto finalmente ciò che ama fare, inizierà da solo un capitolo nuovo della sua vita. Devid pensa  amaramente ” I figli passano la vita ad andarsene” e ricorda con struggente nostalgia il loro film club quando il divano di casa era diventato “la scuola”, la complicità , la condivisione, l’insegnamento del “vecchio” al giovane.
Quanti bei film vengono analizzati! Da Truffaut a W.Allen, da Herzog alla Dolce vita di Fellini, da Scorsese a Hitchcock tutti infarciti di aneddoti, curiosità e divagazioni che mettono a nudo il cinema sia come Grande Illusione, sia come grande emozione della vita vera. Diceva Groucho Marx “Preferisco guardare un film che vivere. Almeno nei films c’è una trama…”
Come i libri anche i bei film possono aiutare a dirimere i nodi ingarbugliati delle proprie esistenze e a donare consolazione, ricchezzza, divertimento.
E’ deliziosamente spassoso quando i due divorziati genitori di Jesse parlano  di questa nuova “scuola” che il figlio  sta seguendo con interesse, turbamenti, identificazioni. A seconda di ciò che sta vivendo il ragazzo il padre gli propina il film giusto e lo fa con una passione travolgente. Lo aiuterà a superare le ricorrenti crisi amorose, le depressioni, i momenti di sbornie.
La scena finale della Dolce vita con Mastroianni che cammina sulla sabbia a piedi nudi, la ragazza che lo chiama da lontano…lui che non vuole capire, e poi lo sguardo della giovane rivolto agli spettatori che sembra chiedere “e voi, cosa volete fare della vostra vita?” aiuterà moltissimo Jesse in uno sei suoi fondamentali momenti di ricerca del sè.
E nelle pagine finali, nascosto nell’oscurità  di un locale alternativo per ascoltare  il figlio cantare e suonare nella sua Band, David  farà  riecheggiare nella sua mente le parole di uno dei suoi film preferiti “Una vita al massimo”:
“Sei il mio eroe, sei il mio eroe, sei il mio eroe.”
Mi viene in mente quello che a mio sommesso avviso è stato il miglior film educativo dei nostri tempi: “L’attimo fuggente” (Dead Poets Society), del 1989, diretto da Peter Weir.
Sono certo che voi tutti l’avrete visto e magari rivisto. Che dire? Ogni considerazione che io potrei fare al riguardo sarebbe sicuramente scontata e probabilmente condivisa. Non è facile commentare il “bene assoluto”: si commenta da solo. A me basta ricordarlo.
Andrò questa stessa mattina in biblio a cercare questo libro. Quante storie mi sono venute in mente per analogia! Trovo magnifico che un padre possa comprendere il profondo disagio, il senso di inutilità che può capitare a un adolescente rispetto alla scuola. che a volte sembra respingere , sembra umiliare , sembra escludere chi, in quel delicato periodo della propria crescita, non entra nella angusta cruna della “norma”. E molto spesso non è una maturazione più lenta a rendere la fragile personcina in evoluzione disadatta ma è proprio una particolare e raffinata sensibilità , un bisogno assoluto di “altro” che ne decreta il rifiuto da parte dell’istituzione. E allora questo papà è molto interessante. Lui attraverso il cinema, diviene il maestro di vita. Lui fa davvero quella educazione dei sentimenti che la scuola, ovviamente, non riesce a dare e spesso nessun altro dà . Grazie Mirna , una buona dritta e un raro papà .
Richard Yates : di questo autore, molto famoso per Revolutionary Road, che non ho letto, ho appena finito “Disturbo della quiete pubblica”. Un libro angosciantissimo, desolatissimo su un ometto che vende spazi pubblicitari, sposato con una moglie che non ama, benestante, e che beve tantissimo. Tutti bevono tantissimo in questo libro. Ragazze, vicini di casa, scrittori.
Un’america degli anni 60, micidiale e implacabile, coi suoi miti intellettualoidi del piffero, un’analisi impietosa di un precipitare umano ,l’ inabissarsi dentro una spirale di alcool e sbandamento psichico, fino all’esplosione,con un grande finale.
Un libro/ caso-clinico, molto ben giocato e condotto, con dialoghi allucinanti, storie allucinanti, alienate si sarebbe detto una volta, ora solo normali.
Povera america. E bravo Yates che ce la spiattella lì senza tante storie, e ci tira dentro a capirne i meccanismi sociali e umani che spolpano gli individui.
Si parla molto di Alcolisti Anonimi, tutor, di
L.A-Hollywood,di case in affitto,bar da persone sole, e del mondo del cinema.
Si parla molto dell’america (intesa come USA). Cioè della nostra cattivissima coscienza.
Fra i pochissimi statunitensi che mi sento di consigliare, anche se lontanissimo dai miei gusti, ma un libro molto illuminante.
Ma ora torno in Europa! sto rileggendo ( udite udite) Gadda – La cognizione del dolore ( il sublime lombardo) e poi mi dedicherò Alla Fine di Scimone, in onore di Camilla.
Un libro che mi intriga… Dopo la letteratura è il cinema la mia arte preferita… Il film ” L’attimo fuggente” è meraviglioso, concordo con Riccardo. Proprio oggi una mia collega mi ha chiesto se le ” cedevo ” un’ora per vederlo insieme ai ragazzi di una terza ( media). Che coincidenza… Io avevo 15 anni quando è uscito e sono andata al cinema due volte perchè ero rapita la prima volta e dovevo ri-gustarmelo.Grazie per aver riportato a galla anche questi ricordi. Uno dei film che mostro anche volentieri ai miei ragazzi è Gran Torino di Clint Eastwood.. E il vostro film preferito degli ultimi anni?
Non sono d’accordo che “L’attimo fuggente” sia un bel film. Mi spiego. Bravo, anzi bravissimo, come sempre, Robin Williams e tutto il cast. Affascinante l’atmosfera del college, ammirevole l’intelligenza degli students e la loro ricerca di quel di più che dovrebbe fare la differenza.
Però….però credo che l’immagine di insegnante che ne esce non sia del tutto positiva. E infatti Neil Parry, non uno ma LO studente, non regge. Forse troppo invadente, la personalità del professor Keating, un po’ troppo autoreferenziale. E soprattutto, secondo il mio modesto parere, poco rispettosa della libertà . E’ magnetico, sprigiona positività , ragionevolezza e voglia di affidarsi a lui ma non mette al centro i suoi studenti, al centro c’è lui, con le sue convinzioni e la sua sicurezza e non la sua disponibilità a mediare, ad aiutare a trovare una ragione nei legittimi dubbi degli studenti, soprattutto in Neil. Non che il padre sia ammirevole, ma non penso che un/un’ insegnante possa frapporsi così tra studente e famiglia. Io ho avuto l’impressione, e ho visto il film più di una volta, che Neil si sia sentito “braccato” tra due figure troppo forti, e ha sentito di non avere scampo.
Mi è piaciuto molto di più “The Man Without a Face” (L’uomo senza volto).
Chuck, questo delizioso ragazzino come ce ne sono tanti (troppi?) nella scuola di oggi, riesce a “formarsi” davvero grazie all’aiuto del prof. McLeod, che lo aiuta a crescere accompagnandolo nella scoperta del significato di quello che fa, (bellissima la lezione di geometria con la pala!!) facendosene una ragione e quindi destinandolo al successo perchè è lui che è messo nella condizione di scegliere il meglio per se stesso. Niente gli viene imposto, ma tutto gli viene proposto con convinzione, dimostrandogli, con l’esperienza diretta, che quello che sta facendo può essere utile e conveniente per lui. Senza altri fini se non quello di tenerci a lui.
Non me ne voglia Riccardo…..
@Cinzia … figurati se te ne voglio! Ci mancherebbe altro!
Però, un libro al giorno, che successo … ed ora anche un film (quasi) al giorno!
Prima di tutto L’anno di noi due non l’ho trovato. Sarà ancora dalla mia Mirna, l’ho prenotato. Io sono molto interessata al ruolo paterno, alla capacità di un padre di comprendere i figli per quello che sono in quel momento preciso della vita in cui “danno problemi” in cui rifiutano – in questo caso la scuola, in cui diventano “difficili” . Per il padre generalmente la scuola è un tabu. E un tabu sono anche la competizione e il primeggiare. Hai vinto! Vincerai!Eccetera. Perciò un papà che pensa davvero allo stato intimo di suo figlio e ai suoi reali bisogni, senza anteporre il conformismo del “dover essere” mi sembra una grande e rara avventura d’amore. Che poi il padre si faccia aiutare dal cinema o dalla letteratura o dalla musica eccetera nulla toglie all’essenziale : il suo amore puro. Mi interessa molto anche leggere come questo papà sappia fare uso dei film e sappia discuterne con il figlio. insomma non ci sono tanti libri come “L’anno di noi due” e mi sembra interessantissimo.
Anche per me l’attimo fuggente è meraviglioso.
@Cristina. Yates è tutto bello e dolente. Revolutionary Road è un grandissimo romanzo, ispirato- dice il suo autore- all’eterna storia di M. Bovary. Se leggerai SCIBONA (ho letto che di deve pronunciare skibona) avrai molto, molto da fare. Io l’ho letto attentamente due volte e lo tengo ancora in caldo perchè di tanto in tanto lo devo riaprire.
Quanto amo i giovani scrittori talentuosi e grandiosi (è ovvio che ce ne sono pochi). Gadda, insomma, che sofferenza leggere Gadda.
L’attimo fuggente – secondo me .- è un film che infonde passione, coraggio, entusiasmo, che fa capire che si può osare e pensare oltre. Certo il teacher è vagamente manipolatorio, ma i ragazzi se ne libereranno, avere un grande maestro è sempre un’opportunità a due facce, ma è meglio avere un grande maestro )pur coi risxchi s egnalati) che maestri mediocri. Certo un ottimo maestro forse è meglio, ma quell’ardore epico-sentimentale del film tiene dentro i migliori e- visto l’ambiente – lo si può ben capire.
Non so se è un grande film, è un film commovente, fatto di passioni e anche cadute, insomma è un film “eroico”, e questi, per i ragazzi, sono sempre ( penso io) utili a indicare che si può volare alto, anche più in alto.
E’ l’ambiente -by the way – descritto in Tutte le anime di Javier Marias, chiuso, soffocante, elitario, snob, rigido. E se non c’era un Robin Williams come se ne usciva?
A proposito di film, grandissimo ( come sempre loro) Il ragazzo con la bicicletta dei belgi fratelli Dardenne. Anche questo un film da far vedere agli adolescenti.
Questi Dardenne ( di cui ricordo il grandissimo Rosetta di alcuni anni fa) hanno una mano e un occhio per questa età difficile ( e loro scelgono creature incerte e malcerte, svantaggiate, ferite oltre che adolescenti) che sono davvero magistrali, magistrali pietosi e durissimi col mondo adulto.
Ciao trentini.
L’attimo fuggente: formativo, soprattutto per genitori ed educatori.
proverò a cercare il libro anch’io … per mia figlia: da due anni ha scoperto la sua passione per il Cinema e la cosa mi diverte un po’: dopo essermela portata dietro a vedere “Piccolo Budda” ai tempi della scuola materna e averle proposto i primissimi e semiarcheologici cartoni animati in bianco e nero, pensavo di aver determinato guasti profondi e invece… L’attimo fuggente è fatto di passione ma sul mondo dell’adolescenza il miei preferiti sono “Stand by me – Ricordo di un’estate”, “i 400 colpi” e uno sconosciuto “La frattura del miocardio” registrato su videocassetta e proposto più volte a Gardolo. E’ un film tenero sull’amicizia e sul legame tra compagni ma anche triste sull’impossibilità o difficoltà del dialogo con gli adulti.
Però il mondo della scuola dipinto in “La scuola”…
errore ….. orrore Buddha!!
Un altro libro grandioso, grazie Mirna. Questo padre talentuoso che si appassiona al figlio tanto da condiverne dei segreti ad “hoc” per la sua vita attraverso il cinema, il mondo che più appartiene al padre. Un adulto, un genitore fa riflettere solo se della sua passione ne fa strumento per donare entusiasmo, lasciando il pensiero libero. Appassionare il figlio all’amore come meglio si può. Il mio papà lo ha fatto, dopo che ho smesso di sentirmi “menomata”, attraverso il linguaggio della natura, semplice e profondo.
L’attimo fuggente un esempio bellissimo di coraggio, amicizia e fedeltà al proprio sogno, senza intralcio.
Vi abbraccio tutti.