LA VITA ACCANTO di Mariapia Veladiano

pubblicato da: admin - 5 Aprile, 2011 @ 12:28 am

scansione0003Un bravo scrittore deve essere un grande, grandissimo lettore.

 E la Veladiano ce ne dà conferma in questo suo romanzo vincitore del Premio Calvino 2010.

E i lettori accaniti se ne rendono gioiosamente conto ed entrano nella sua storia con complice attesa senza rimanerne delusi.

Appena iniziato a leggere di questa bambina bruttissima, quasi un “mostro” ho ricordato “L’homme qui rit” di Victor Hugo dove si racconta di Gwinplan, un bambino rapito  e mutilato  in modo che sul suo viso apparisse un eterno ghigno. Deriso da tutti è  da giovane adulto amato da Dea, la fanciulla cieca che “vede” la sua bellezza interiore.

E così è per Rebecca costretta a stare perlopiù nascosta in casa per non suscitare orrore e scherno ed amata solo da pochissime persone: una cara amica delle elementari, anch’essa “diversa” perchè grassissima, dalla sua tata, forse da suo padre assente, ma  –  pensa lei - non dalla madre che appena dopo il parto  entra in una grande depressione e non parla più. Della madre Rebecca non conosce persino il suo odore, mentre invece è circondata dagli effluvi di alghe e gallinelle in cova del fiume Retrone che circonda la sua casa.

Il suo affacciarsi nel mondo dopo le elementari è doloroso. Qualcosa di terribile le accade e la Veladiano è abile nel dosarci questo evento.  Ma ci fa sentire quanto terribile sia ciò che prova il diverso che sente il peso del disgusto degli altri. 

 “Avevo imparato il mio posto. Stavo seduta come una statua…una bambina brutta è grata a tutti per il bene che le vogliono, sta al suo posto…una bambina brutta è figlia del caso, della fatalità, del destino, di uno scherzo della natura…”

Ma il destino le ha riservato come compensazione un grande talento musicale riconosciuto da il Maestro De Lellis che la porterà anche nella sua grande casa a conoscere la madre, un tempo famosissima concertista.

E qui nella vecchia, ma non troppo, signora De Lellis che si veste solo di bianco come durante i suoi  passati concerti, ritroviamo un altro rimando letterario, anzi due: Miss Havisham di “Grandi speranze“, la mancata sposa che rimane per tutta la vita con l’abito nuziale dentro la sua casa preparata inutilmente per il banchetto di nozze e “La donna in bianco” un feuilleton del 1859 di Wilkie Collins, romanzo pieno di mistero e di annegamenti, di solitudine, di follia …come ne “La vita accanto“.

Rebecca dunque scoprirà misteri e segreti sia sulla signora De Lellis che su sua madre.

Un romanzo-gioiellino che sembra attuale nei rimandi all’ambientazione ma che rimane sospeso in una particolare dimensione come la nebbia che sale dal fiume onnipresente.

Un piccolo classico rivisitato.

Non racconto tutto perchè scopo del Blog è quello di sollecitare a leggere, leggere, leggere…

Posso solo dirvi che Rebecca sentirà finalmente il profumo della madre ormai morta perchè esso sarà liberato dalla boccetta della sua essenza preferita: lavanda e vaniglia.

Ciò mi ha particolarmente commossa e mi ha fatto ripensare a mia madre che profumava di geranio. Indimenticabile.

E  vostra madre?

 

P.S.

Sono andata a leggere il commento di Cristina V.  E’ interessante vedere quante diverse sensazioni un libro suscita nelle persone. Ed è proprio il bello di questo nostro confronto. Grazie Cristina.

 Ed ora aspettiamo  te, carissima Raffaella.

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  1. Sei straordinaria, cara Mirna, le tue recensioni sono le migliori che si possano fare. Il riferimento a V. Hugo,c on l’uomo che ride, è stupendo, e così tutti gli altri. Spero che questa recensione su Veladiano tu la mandi alla casa editrice. Te ne sarebbe grata e ne varrebbe davvero la pena. Hai un talento eccezionale, un’attenzione e un’acutezza che mi lasciano, appagata e sbalordita. E non ti ringrazierò mai abbastanza per questa perfetta recensione che mi affretto a stampare. Lo sapevo, lo sapevo che mi avresti fatta felice. Ciao talentuosa.

  2. Il profumo di mia madre era la violetta di parma,e tutto di lei aveva, appena sfumato, vago ma persistente, profumo di violetta.Ciao bella Mirna. A grandi speranze e a Wilkie collins non ci sarei mai arrivata. Grazia ancora. li riprenderò in mano quei libri, per sentire il profumo della signora de lellis e della povera mamma di Rebecca, a cui mi sono affezionata per sempre.

  3. Ma quanto leggete, e quanto profondamente!
    Io “passo” nel senso che aspetto la prossima mano, o – se preferite – I give in, mi arrendo. Temporaneamente, s’intende. Nel frattempo sto ri-leggendo Gomorra, alla luce dei recenti eventi di politica interna … sapete …cerco conferme …
    Complimenti a lettrici e commentattrici. No, non è un errore di battitura, volevo proprio scrivere commentattrici di questo nostro bellissimo palcoscenico letterario e amicale. A quando una serata fra di noi, per conoscerci, ri-conoscerci e brindare? Potremmo utilizzare il caffè della libreria di Via Galilei a Trento ad esempio. Oppure noleggiare un pulmino o andare in treno e trovarci al caffè Pedrocchi di Padova. O forse il massimo sarebbe un caffè a Trieste, ma è un po’ troppo fuori mano, per tutti. Peccato. E voi cosa ne dite? Buona lettura a tutti! Riccardo

  4. Avete mai visto il film Elephant Man, diretto da David Lynch, tratto da un romanzo basato su una storia vera? Anche qui il protagonista è un uomo deforme, come Rebecca allontanato e deriso dal mondo, un mondo che sa essere crudele con il diverso. Ma la storia di Rebecca è più delicata, e la Veladiano è una maestra delle descrizioni, delle sensazioni, come Mirna ha ben detto.
    Io l’altra volta ( nel post misteriosamente sparito, a volte la tecnologia fa brutti scherzi)avevo citato una frase di Rilke di cui ora non ricordo le esatte parole ma che pressappoco diceva : “ Non lasciatevi ingannare dalle apparenze ; nella profondità sta la legge”. E’ bellissima a mio avviso. Lasciarsi ingannare dalle apparenze è molto facile. Il diverso ci spaventa e io ho letto lo storia di Rebecca come un messaggio universale, profondo ed inquietante. A volte non riusciamo nemmeno a dare un nome alle nostre paure, sappiamo che la bimba si chiama Rebecca solo dopo alcune pagine. Anche il mostro creato dal dottor Frankenstein ( e che noi chiamiamo guarda caso come il suo creatore, la sua proiezione) non aveva un nome. La protagonista scrive : “ Naturalmente io ho un nome, Rebecca, Ma l’ho scoperto davvero solo il primo giorno di scuola, quando la maestra Albertina ha cominciato a chiamarmi per nome e non ha più smesso”. Dare un nome significa riconoscere l’identità di una persona, toglierlo è negarla per sempre…Che altro dire… Mirna ha già detto tutto e così bene , sono d’accordo con Camilla.Un abbraccio
    P.s Magari trovarsi Riccardo, sarebbe bellissimo…

  5. Mi ha telefonato Renata di Recco – la nostra Lettrice che non sa usare il PC – mi ha detto che ha già comprato il libro di Diane Athill che la sta un po’ consolando con la sua scrittura asciutta e razionale e presto acquisterà quello della Veladiano. Dice che leggere questo Blog è un “disastro” perchè non fa altro che comprare libri. Ma ne è contentissima.
    Poi mi ha detto che proprio oggi Augias ha intervistato la Veladiano…come se io e lui ci fossimo messi messi d’accordo!
    “La vita accanto” ha suscitato tantissimi stimoli in noi, rimandi letterari, cinematografici come Elephant man citato da Raffaella, innamoramenti per personaggi particolarissimi come è la mamma di Rebecca della quale ci sarebbe tanto da analizzare…e via così. E’ questa la ricchezza della lettura e del nostro approccio con essa simile o dissimile che sia. E molti di questi nuovi autori ci vengono consigliati da Camilla che mi piace paragonare a un motore importante del
    Blog.

    Ieri sera durante la serata accademica di Cristina l’autore di un interessante libretto sui suoi “percorsi a piedi”, il simpatico Margonari, ci ha illustrato anche con immagini il suo cammino lungo la via Francigena. Che interessante. Ma lascio la parola a Maria Teresa che ha promesso ci dirà qualcosa in più domani.
    Come sempre le serate di Cristina sono piene di stimoli, curiosità, letizia. Marisa ci ha parlato degli angoli meno conosciuti di Trento e Gianfranco mi ha promesso che scriverà un post su un romanzo avvincente di Grisham.
    Eh, sì, occorrerà un incontro fra noi “golosi” della lettura e se non sarà il Tommaseo o il San Marco di Trieste o il Pedrocchi di Padova potrebbe essere, come dice Riccardo, il caffè-libreria di Trento.

  6. A Renata di Recco mi permetto di dire che i soldi spesi in libri belli (nel senso che ci fanno un bene dell’anima e ci danno un piacere di stare al mondo con tanti spiragli di luce in più nella testa)sono spesi benissimo. A volte penso(come una specie di Diana Athil) che la mia eredità potrà raccontare tante cose attraverso i miei libri: per questo, forse, amo tanto le novità letterarie, perché i classici hanno già parlato, e oramai nessuno può rivelarsi attraverso loro. Sono un patrimonio comune a tutti e non sarà attraverso Virgilio o Cervantes o Dante o Manzoni eccetera che i miei eredi (di libri) potranno pensare”ma guarda quella nonna lì cosa divorava, cosa sottolineava,…” e si faranno , forse, delle domande utili e insomma potranno stupirsi e ricordare con un briciolo di interesse reale della loro ava. E sarà il mio amico Banville a parlare loro di me,e la grande Strout,e PaulaFox (che era a Roma anche lei!!con Peter Cameron) e tanti altri scrittori con gli occhi e la mente piena di presente e di futuro, tanti scrittori vivissimi che hanno permesso a me di amare loro (intendo i miei eredi di libri) in maniera un pochino meno “classica” e un tantino più capace di amarli come personcine nuove. Insomma i libri “freschi” , ogni volta che ne leggo uno da scaffale di Damasco, mi tolgono la polvere del tempo dagli occhi e dalll’anima. E sono i miei maestri di vita. Ma cosa vado mai dicendo ??ciao a tutti

  7. Ti ringrazio, cara Mirna, e sono contenta di intervenire sulla serata di lunedì a casa di Cristina, perchè anche io -che già conoscevo un po’ Gian Paolo Margonari- l’ho conosciuto meglio e ho trovato affascinante la sua filosofia del camminare. Ma devi sapere che non ha scritto solo un libro sui percorsi effettuati, bensì tre o forse quattro (uno insieme ad altri autori) e ne ha in preparazione un quinto! E’ un vulcano di curiosità per i luoghi che attraversa e le persone che incontra; è un coinvolgente comunicatore di quel che ha fatto, visto e provato. E infatti l’altra sera tutti eravamo catturati dal suo parlare e mostrare immagini. Credo che, anche dopo, ci sia rimasto addosso molto del suo intervento.
    Ho letto nel 2007, quando è uscito, il libro di cui ha parlato ieri sera, che ha il simpatico titolo UN UOMO A ZONZO SULLA VIA FRANCIGENA, echeggiante Jerome, cui Gian Paolo stesso fa riferimento ad un certo punto. Sì, perchè nel racconto del cammino fatto ci sono tanti, ma proprio tanti riferimenti letterari, storici, artistici, filosofici, linguistico-etimologici ecc ecc. Uno prende in mano questo volumetto (peraltro non piccolissimo, se pure sicuramente maneggevole) e crede di trovare un filone. Invece no, ne trova moltissimi. Non so se faccio bene a svelare tanto e forse dovrei chiederlo a Margonari stesso, visto che abita qui nel nostro condominio, ma… la tentazione è forte e vado avanti: ci sono anche sue poesie!! E quale amante della poesia e del buon vino io stessa, non posso fare a meno di trascrivere tre versi sul vino-Re Brunello di Montalcino: “Conquistato… godo il tuo bacio… di liquido velluto.”
    Direi proprio che questo libro si legge con grande piacere, come è stato piacevole ascoltare Gian Paolo mentre parlava. Simpaticissimo, vero Mirna e tutti voi che c’eravate?
    E’ molto interessante il discorso su “camminare” e “viaggiare a piedi”. Gian Paolo dice che, se camminare fa bene (e lo sappiamo tutti, soprattutto noi signore di una certa età…), viaggiare camminando fa meglio.
    Camminare è solo il movimento fisico-meccanico che sta alla base della ben più articolata attività umana del viaggiare a piedi, la quale comprende anche l’impegno della mente: curiosità, intelligenza, sensibilità, voglia di conoscere l’Uomo. Insomma, il camminare diventa viaggio a piedi quando ci sono motivazioni e obiettivi, quando oltre alle gambe si usa la testa!
    Quando il “vostro cammino” si trasforma in viaggiare a piedi? E con quale modalità?

  8. Anch’io, come Riccardo, domenica ho fatto la prima uscita della stagione in bicicletta.
    Ieri ne parlavo entusiasta a Mirna e lei mi ha detto “Perchè non scrivi? Scrivi !!”
    Eccomi. Perchè entusiasta ? NOn solo per la splendida giornata in mezzo alla natura nel momento dell’esplosione della primavera.
    Lo scorso anno, oltre alla Banca del Tempo, dove ho conosciuto Mirna, ho iniziato a frequentare anche un’altra associazione, la UISP – Sport per tutti, che con il suo gruppo GRANDETA’ propone uscite in bicicletta, cercando di abbinare sport e cultura, desiderio di movimento e di conoscenza.
    Il tema delle proposte di quest’anno è “Memorie in bicicletta”, memoria del lavoro, dei conflitti, della resistenza ed è un programma molto ricco e vario che spazia dalla visita alla Risiera di San Sabba, al campo di concentramento di Mauthausen. al Tirolo ,alla Baviera ad altre tappe importanti della storia recente dell’Italia.
    Domenica l’obbiettivo, dopo una sosta a Rovereto per partecipare alla manifestazione Vivicittà, era Borgo Sacco, per una vista all’ex Manifattura Tabacchi, aperta proprio per l’occasione. La Manifattura ha iniziato la sua attività nel 1854 , impiegando per la prima volta manodopera femminile (vi lavoravano fino a 1800 donne contemporaneamente): ciò permetteva maggiori utili, essendo le donne notevolmente sottopagate rispetto all’uomo. Ciò nonostante, il lavoro è stato un grande fattore di emancipazione e di crescita sociale della donna dell’epoca. Ci ha accompagnato nella visita Nives, una ex zigherana( così venivano chiamate le operaie della fabbrica), che ha lavorato lì per trent’anni, fino alla chiusura nel 2008. Ciò che mi ha più colpito è stata la passione , la commozione e anche l’orgoglio con cui Nives ci ha raccontato la storia della vita, dei sacrifici, delle conquiste, della solidarietà di quelle donne. Il lavoro, duro, con ritmi e orari pesanti, malsano; le lotte per ottenere maggiori riconoscimenti e condizioni di vita migliori (la mensa, l’apertura del primo nido aziendale, nel 1919 …);la nascita di gruppi di mutuo aiuto versando parte del salario per solidarizzare con compagne in difficoltà.
    Ci ha raccontato che la sua mamma, anche lei zigherana, abitava ad 8 chilometri di distanza dalla Manifattura, e che ogni mattina la portava con sè in braccio, al lavoro, come facevano anche tutte le altre, con percorsi a volte più lunghi. Storie di collette tra lavoratrici per costruire una passerella sul Leno che abbreviasse il percorso o per una statua di ringraziamento alla Madonna, per assolvere ad un voto fatto durante la seconda guerra. Storie che ci appartegono.
    Voglio ringraziare Nives con la frase che è il filo conduttore del programma UISP 2011
    ” Ci vuole coraggio per ricordare e forza per ricostruire; ci vuole un grande amore per divulgare “.
    Ciao a tutti

  9. Ogni mattina all’alba guardo il cielo… mi piace il rosso e la diversa luminosità che inonda le cose e le persone; tutto sembra immobile quasi eterno e mi viene di sperare e gioire per un attimo. Penso allora che ciò che è fuori ed estraneo da noi ci può definire e riempire l’Anima. Tutto allora si capisce, perfino l’odio e l’indifferenza. Rebecca ci riesce anche in “isolamento” perchè invisibile, ponendosi da “brutta” dall’altra parte, quella dell’immobilità, e osserva le cose e le persone capendone, in ultimo, l’odore e l’ipocrisia.
    Meraviglia Mirna affabulatrice, magica… Camilla “motore” e quanto lo è per me… la sensibilità e la curiositàdi tutti, grazie cari.

  10. i profumi della madre? mia madre fumava le Turmac rosse, io di quello ho ricordo, forse più negli occhi che nel naso,un odore vagamente acre e penetrante.
    Ma certo mio figlio ricorderà sempre nel naso il mio profumo, che uso fedelmente da ben 50 anni, il diorissimo, dolce e inconfondibile, che sa di mughetto.
    Mio padre usava invece un’acqua di colonia Atkinsons che a me quasi infastidiva ma che ora vorrei ovunque ora,pur di riavere un soffio di lui.
    Bravi trentini, mi sembrate molto occupati e indaffarati, e…. sportivi!
    Io sto leggendo Javier Marias nel mio gruppo di lettura (anzi, lo sto ri-leggendo), autore interessantissimo, molto molto bravo a scrivere e anche parecchio cerebrale, insomma decisamente peculiare e -direi – da non mancare assolutamente.

  11. Gianpaolo a piedi, Rina in bicicletta … ed io? Ho iniziato a pedalare quando abitavo a Monza. Prima nel parco, subito dopo in Brianza. Che impressione, le prime volte! L’aria in faccia, i profumi della terra, si, anche in Brianza! Il sabato mattina presto dormono tutti … e tu, a pochi km da Milano, pedali a fianco di campi di granoturco, attraversi paesini (con ville che non vi dico!) accarezzati dal profumo del pane fresco, senti cantare un gallo (ma va?), vedi sullo sfondo le Grigne ed il Resegone (E il sol ridea calando dietro il Resegone)… ma quando mai, vicino a Milano? Aveva dell’incredibile! E qui a trento? Pensate, mi è stato confermato che quando un “talian” (come me) si trasferisce a Trento, per i primi due mesi continua ad esclamare quanto sia bello vedere i monti da casa, dalla strada, dall’ufficio!
    In bici riesci a cogliere la bellezza di un vecchio muretto, di una cancellata in ferro battuto (ad esempio di quella attorno ad una enorme villa di Arcore!), di un’edicola con la sua Madonnina, di vecchie cascine in mattoni rossastri, alcune trasformate in abitazioni di lusso, altre rimaste “vere”, a ricordarci che le auto di lusso non sono commestibili, mentre la polenta si.
    Poi, da “allenato”, ho iniziato a “viaggiare pedalando” km e km, spinto dalla poesia della bicicletta e dal “viaggiare pedalando”:

    Bici, perchè?

    Perché
    in una chiesetta al Ghisallo
    riposa sospesa
    antica reliquia a pedali.
    Perché
    insieme a lei
    tu scali la vetta
    compagno soltanto a te stesso.
    Perché
    ti ha insegnato
    ad alzare più spesso lo sguardo
    a scrutare che cielo farà.
    Perché
    sempre incontri qualcuno
    che non ha timore
    di aprire la sua vita al vicino.
    Perché
    con il vento dei sogni
    giocando
    ritorni un poco bambino.
    Perché
    restituisce
    ad un uomo affannato
    profumi di suoni e colori.
    Perché
    in salita
    ricorda ad ognuno
    che volendo e insistendo si può.
    E poi, … perché no?

    Buona bici a tutti!

    Riccardo Lucatti, Trento 2010

  12. Alexander Lonquich, grandissimo musicista, diceva di alcune musiche di Schumann (e io aggiungo, di Schubert), che si srotolavano al ritmo di un viaggio in carrozza, calme ma costanti, con lievi sobbalzi. Ecco, la carrozza, ma anche la bicicletta e il “viaggio a piedi” e mi collego ai commenti di Maria Teresa, Rina e Riccardo, hanno il dono di lasciarci scorgere cosa attraversiamo, il paesaggio e i colori, gli odori. Solo ora mi rendo conto che sia in macchina e sia in treno, i miei occhi vorrebbero soffermarsi sul “la’” ma gli sguardi ne vengono sospinti via. E’ il destino della nostra civilta’? Pensate che negli USA gran parte della rete ferroviaria che pure esiste ancora, e’ stata abbandonata all’emergere di General Motors e della “macchina per tutti.” Un gran peccato, il treno – a patto che non sia superveloce – conserva ancora questo legame con un viaggio “umano, ricco di eventi sensoriali. Se penso che sarei potuta andare a New York City da Ithaca in treno…
    Cara Raffaella, sabato andro’ a vedere una versione teatrale (ma al cinema) di “Frankenstein” del regista Danny Boyle, raccontato questa volta tutto dalla parte dell’ “anonima” creatura. Non vedo l’ora.

  13. RICOPIO IL COMMENTO DI STEFANIA AL PRECEDENTE MIO POST “DA QUALCHE PARTE VERSO LA FINE” perchè mi sembra riassuma sia i commenti del libro sia la filosofia del Blog.

    STEFANIA Says:

    Aprile 7th, 2011 at 14:02 e

    Ciao a tutti – che soddisfazione leggervi in sequenza di argomenti appassionanti! La “puntata” di questo post mi ha ricordato – forse per la prima volta – gli scambi del “Potato Peel Society,” ve la ricordate? All’inizio tutti partono con lettere univoche, si spiegano le ragioni, i gusti, le personalita’; dopo qualche tempo ecco il miracolo: i soggetti della Fuga formano i Divertimenti, ovvero c’e’ interazione, dialogo, anche se non aiutato dalla presenza verbale. Siete (siamo) a questo punto: una sinfonia di strumenti diversi che cercano un’amalgama, e’ da festeggiare.

    A proposito del libro trattato qui, solo un piccolo commento che riporta una “perla” di saggezza del mio maestro MB che ho visto ieri (eh gia’, sono negli States….). Lui e’ un ragazzo del ‘35 e, altro che rinunciare!! Va avanti come un carro armato. Stavamo prendendo un cappuccino a casa sua e il discorso ha preso questa piega: “a una certa eta’ uno non ha piu’ paura di fare cose poco ortodosse, o di ‘offendere’ gli ascoltatori (lui e’ un grande artista), ma fa esattamente cio’ che vuole e che si sente in quel momento.” Ai nostri sguardi di “neonati” un po’ ottusi, ha aggiunto: “beh, deve esserci pure qualcosa di buono nell’invecchiare!” Humor inglese e un po’ yiddish, quale e’ lui.

  14. Forse l’unico elemento che scarseggia nel bel libro della D. Athil èproprio lo humor un po’ yddish, come dice Stefania, del suo maestro. Quello manca alla signora Athil: è acuta, intellligente, profonda, ma trovo che lo humor yddish sarebbe capace di modificare completamente quella punta di cinismo e di durezza che , alla fine della lettura, lascia leggermente “distanti” inaspettatamente, dall’autrice di”da qualche parte, verso la fine”. Perchè poi la parola “fine” mi sembra una parola esagerata commisurata alla morte di un individuo.
    @Stefania . ti sembra Stefania che si tenda ad un’amalgama? Ci vorrebbe un direttore d’orchestra.O lo abbiamo già? Tantissimi auguri a te per la tua musica.

  15. Grazie Camilla!! Si’ mi sembra che l’atmosfera della festa (letteraria) si sia scaldata e cominci l’apice del divertimento. Ma no, niente direttore, il Konzertmeister e’ piu’ che sufficiente!

  16. No se si si creer o que mas pensar.

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